– Locuzione (in lingua Hausa “la cultura occidentale è sacrilega”) comunemente impiegata per indicare il movimento fondamentalista islamico Jamāʿat Ahl al-Sunna lil-Daʿawah wa al-Jihād (in arabo “Gruppo del popolo della Sunna per la propaganda religiosa e la Jihad”), fondato nel 2002 dall’imām della moschea di Maiduguri (stato federato del Borno, Nigeria nord-orientale) Muḥammad Yūsuf con l’obiettivo di combattere la corruzione e l’ingiustizia, ritenute il prodotto del contatto con l’Occidente, e di imporre la sharī‛a (legge sacra dell’Islam) come strumento di giustizia sociale. Nata come una setta dai metodi violenti ma non ascrivibile alle frange estreme del jihadismo, l’organizzazione ha assunto posizioni radicali a partire dal 2009, dopo una sollevazione popolare guidata da Yūsuf che ha provocato centinaia di morti e la sua stessa uccisione. A partire dall’anno successivo B.H. ha iniziato, ispirandosi alle azioni dei Taliban e grazie a legami progressivamente più stretti con l’Aqmi ("al-Qā‘ida nel Maghreb islamico") e l’organizzazione somala al-Shabāb, a compiere una serie di uccisioni e attacchi a bersagli locali quali sedi governative e chiese cristiane, per poi estendersi a obiettivi nazionali dopo le elezioni presidenziali del 2011 e la nomina di G. Jonathan, cristiano del Sud la cui vittoria ha sovvertito il tacito accordo di un’alternanza alla presidenza tra personalità musulmane e cristiane. Nel 2012 il governo ha proclamato lo stato di emergenza in alcune aree del Paese e dispiegato migliaia di militari, ma il confronto tra le forze eversive e l'esercito – che talora non è stato in grado di distinguere tra membri dell’organizzazione e civili, inasprendo ulteriormente tensioni sociali e violenze – non è riuscito a impedire che B.H. estendesse il suo controllo su molte aree del settore nord-orientale. Gli attacchi sono proseguiti negli anni successivi, generalizzandosi a interi villaggi (si stima che, al 2015, essi abbiano cagionato l’uccisione di 13.000 individui e un milione di sfollati), attraverso assalti kamikaze, spesso eseguiti da bambini, e compiendo rapimenti di massa, come quello di 276 studentesse di Chibok perpetrato nell’aprile 2014 o quello avvenuto nel marzo 2015 a Damasak, dove sono state rapite almeno cinquecento persone. Nel 2015 il gruppo jihadista ha inoltre moltiplicato gli attacchi contro i paesi vicini, segnatamente in Niger, Ciad e Camerun, potendo contare su un numero stimato di 30.000 combattenti; mentre lo stato di emergenza permane in molte aree del Paese, le elezioni presidenziali tenutesi nel marzo 2015 sono state segnate dalle violenze perpetrate dal movimento fondamentalista, che ha assaltato numerosi seggi elettorali e ucciso circa quaranta persone. Negli anni successivi il movimento fondamentalista è andato progressivamente perdendo terreno: nel 2016 l’esercito nigeriano ha liberato ampie zone del Paese che erano cadute sotto il suo controllo, mentre nel 2017 attraverso negoziati con il governo federale e grazie alla mediazione della Croce Rossa Internazionale e del governo svizzero hanno riacquistato la libertà 82 delle 276 studentesse rapite nel 2014, e nel 2018 le 110 ragazze rapite a febbraio a Dapachi, nel nord-est del Paese, sono state rilasciate il mese successivo.