BOICOTTAGGIO
Il delitto di boicottaggio è previsto nel capo 1°, titolo 8° del vigente codice penale fra i delitti contro l'economia pubblica. Trattasi di una nuova incriminazione. L'articolo 507 cod. penale dispone: "Chiunque, per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504 e 505 (vale a dire: a scopo contrattuale o politico o di coazione all'autorità, o di solidarietà o di protesta), mediante propaganda o valendosi della forza e autorità di partiti, leghe o associazioni, induce una o più persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessarî al lavoro, ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali, è punito con la reclusione fino a tre anni. Se concorrono fatti di violenza o di minaccia, si applica la reclusione da due a sei anni". È un delitto comune (chiunque può esserne soggetto attivo, anche se non rivesta la qualità di datore di lavoro o di lavoratore), di cui soggetto passivo è la nazione, e non la persona boicottata. L'interesse, infatti, violato dal delitto è l'interesse della pubblica economia "nell'aspetto concernente l'ordine del lavoro" (Manzini). Il delitto è materiale, ma alla sua consumazione non è necessario che un danno alla pubblica economia siasi effettivamente verificato. È ammissibile il tentativo. È da notarsi che quando il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha determinato dimostrazioni, tumulti o sommosse popolari, la pena è aumentata (art. 510), mentre è raddoppiata per i capi, promotori od organizzatori (art. 511). La condanna per delitto di boicottaggio importa l'interdizione da ogni ufficio sindacale per la durata di cinque anni (art. 512).