BOICOTTAGGIO (fr. boycottage; sp. boycoteo; ted. Boykott, Sperre; ingl. boycotting)
Così viene chiamato l'accordo di più persone per rifiutare di entrare in determinati rapporti o anche in qualsiasi rapporto con uno o più terzi, allo scopo di costringer questi a fare qualcosa o a desistere da un certo comportamento.
La parola deriva dal cognome del capitano James Boycott, col quale i coloni delle vaste proprietà di lord Erne troncarono ogni rapporto, per il modo inumano da lui tenuto nell'amministrare quei beni. Questi fatti e la coniazione della parola sono del 1880; ma i coloni di lord Erne applicarono un sistema molto antico e che aveva già fatto le sue prove, sia come pena temuta ed efficace sancita dalle autorità, sia come rappresaglia contro avversarî altrimenti irriducibili, sia come difesa di comunità o corporazioni contro atti che sfuggono a una classificazione fra i reati, ma per la loro ripetizione e per la loro natura costituiscono una causa o un pericolo di danno. Un esempio, non certo dei più antichi, ci viene dal sec. XVIII, ma è meritevole di ricordo; esso è il cosiddetto abatellement, ossia il boicottaggio che decretavano in Levante i consoli francesi contro i commercianti che mancavano alle loro obbligazioni; tale pronuncia importava rottura d'ogni rapporto commerciale coi boicottati, esclusi anche dal far valere le loro ragioni in giudizio.
Il boicottaggio venne adottato nel secolo scorso e nell'attuale come arma nella lotta di classe, nelle lotte prettamente politiche e anche nella lotta commerciale. La gravità che queste lotte molte volte assunsero, l'acutezza d'ingegno di chi le dirigeva in campi opposti, perfezionarono grandemente sia il mezzo in sé stesso, sia il modo di servirsene, rendendolo talvolta di portata veramente formidabile. Il suo maggior sviluppo e le sue applicazioni più importanti si trovano negli stati dove l'industria è molto progredita e diffusa, le masse operaie e i datori di lavoro più organizzati ai fini della lotta di classe e dove le condizioni dei lavoratori sono migliori: gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Germania ebbero molti e anche clamorosi casi di boicottaggio con gli scopi più diversi.
Praticamente il boicottaggio viene promosso da una o più persone che ne assumono l'iniziativa e per lo più ne hanno la direzione e la sorveglianza: l'iniziativa non solo consiste nella sua proclamazione da parte degl'interessati, ma ancora più nel procurarsi il fattivo consenso degli altri gruppi, che hanno interesse a dare prova di solidarietà, di forza della classe, del partito, o dell'organizzazione oppure parteggiano per i promotori ritenendo fondamentalmente giusta la causa che essi difendono; o anche temono rappresaglie o altri danni da parte dei promotori, qualora ricusino la loro cooperazione: quest'ultimo caso può dar luogo al boicottaggio secondario contro i renitenti ad aderire alle proposte dei promotori. Si stabilisce quindi fra tutti costoro un accordo diretto a impedire che il boicottato possa stabilire rapporti del genere determinato dai promotori, o di qualunque genere, con chicchessia. Il boicottaggio termina, o perché il boicottato ha dovuto cedere alle pretese dell'altra parte, e questa talora impone ancora una multa o altra simile penalità, o perché i boicottanti recedono dal loro atteggiamento, sia questo recesso dipeso da intromissione di terzi, sia da mancanza di forze nei boicottanti, o da altro motivo.
Il boicottaggio, come lo sciopero e la serrata, non ferisce solo il boicottato, ma colpisce anche i boicottanti e i terzi estranei con le sue ripercussioni, quanto più grande è il numero di coloro che dall'una o dall'altra parte vi partecipano.
Le istanze per risarcimento di danni proposte dai boicottati contro i promotori del boicottaggio ebbero varia fortuna negli stati ove questo fenomeno si presentò con maggior frequenza e gravità; e anche nella dottrina nostra e straniera si hanno divergenze notevoli di opinioni. In genere si può dire che l'esame della questione ha come premessa fondamentale la libertà d'ognuno di contrattare con chi meglio crede; si va poi ricercando, se l'accordo di più persone per non contrattare con altri sia o non sia lecito: e la liceità viene desunta dall'offesa al buon costume arrecata dai mezzi e dallo scopo del boicottaggio, o dalla teoria dell'abuso del diritto, o dalla volontà di ledere altrui inerente all'accordo, o infine dagli effetti del boicottaggio sul boicottato.
La nostra magistratura si è dovuta occupare solo in sede penale di taluni fatti occorsi nell'esecuzione di boicottaggi dichiarati per ragioni prevalentemente economiche, e in quelli riconobbe gli estremi del reato contro la libertà del lavoro (articoli 165 e 166 cod. pen.). Solamente pochi, sebbene autorevoli, giuristi hanno portato, presso di noi, la loro attenzione su questo fenomeno delle lotte economiche e politiche, in relazione col diritto privato, senza giungere però a conclusioni concordi.
La questione sulla liceità o meno della proclamazione e attuazione del boicottaggio, e degli accordi fra coloro che debbono porlo in atto, ha mutato completamente aspetto in Italia dopo le leggi sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi del lavoro e sulle associazioni, enti o istituti, ivi compresi i partiti, i gruppi e le organizzazioni politiche anche temporanee. Ora che la regolamentazione giutidica dei rapporti di lavoro è sostanzialmente passata dal campo del diritto privato nel dominio del diritto pubblico, il boicottaggio, arma di lotta, mezzo che danneggia anche chi l'usa e chi a esso non ha parte o interesse, fonte per sua stessa natura di turbamenti sempre notevoli, spesso profondi e duraturi dell'operosità della nazione, risulta certamente contrario al nuovo concetto dell'ordine pubblico e al vigente ordinamento dello stato, e devono perciò esser ritenuti illeciti tutti quegli accordi che tendano ad esso come a loro obietto.
Per ciò che riguarda il diritto penale, l'art. 515 del progetto definitivo di un nuovo codice penale (1929) configura espressamente il reato di boicottaggio, punendolo con pena restrittiva della libertà personale.
Bibl.: G. Carrara, Il boicottaggio, Milano 1924: se ne trova anche una succinta trattazione in F. Ferrara, Teoria del negozio illecito nel diritto civile italiano, Milano 1914, p. 274 segg.; L. Barassi, Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano, II, Milano 1917, pp. 59 seg., 77 segg. Per la dottrina estera si vedano specialmente: Germania: R. Maschke, Boycott, Sperre und Aussperrung, Jena 1911. Stati Uniti: W. Harry, Boycotts and Labour struggle, New York 1914. Inghilterra: R. Hofherr, Le boycottage devant les Cours anglaises, Parigi 1923. Francia: G. Scelle, Le droit ouvrier, Parigi 1920; e in P. Pic, Traité de législation industrielle, 4ª ed., Parigi 1912, p. 191 segg.