BOGINO, Giambattista Lorenzo, conte
Nato a Torino il 21 luglio 1701 da padre notaio, laureatosi in legge nel 1718, era precocemente salito in fama come giureconsulto, e il re Vittorio Amedeo II, acuto conoscitore di uomini, l'aveva nominato a 22 anni sostituto procuratore generale; poi, nel punto di abdicare, volendo attorniare il figlio di abili consiglieri, lo promosse consigliere di stato e referendario nel Consiglio dei memoriali, accordandogli insieme la lucrosa carica di guardasigilli. Nel 1731 il re Carlo Emanuele III lo condusse al campo contro gli imperiali in qualità di auditore generale dell'armata con la giurisdizione di auditore generale di guerra; e nel 1735 lo nominò auditore generale delle milizie e primo referendario nel Consiglio dei memoriali, incaricandolo poi dell'ispezione sulle leve dei reggimenti provinciali. Nel 1742, all'aprirsi delle ostilità contro gli Spagnoli, eletto primo segretario di guerra, il B. mostrò istancabile attività, previdenza meravigliosa, prontezza di rarissimo ingegno, forza d'animo superiore alla fortuna. È suo precipuo merito se le trattative, aperte dalla Francia nel 1746 per staccare il regno di Sardegna dall'alleanza con Maria Teresa, allorché le sorti del regno parevano disperate, furono rotte malgrado le larghe offerte; e a lui si deve l'idea e la preparazione del colpo di mano comandato dal gen. austriaco Leutrum, che allora liberò la fortezza di Alessandria e volse le sorti della guerra, stornando il pericolo di un predominio assoluto dei Borboni in Italia.
Ottenne nel 1749 il titolo comitale, e godette la piena fiducia del re, che, dopo l'allontanamento dell'Ormea, lo consultava su tutte le questioni di governo; a lui si deve il perfezionamento del regime stradale a scopi militari e commerciali; l'escavazione del porto di Limpia presso Villafranca e il primo inizio d'una marineria militare a difesa della Sardegna, per attivarne il commercio, e rendere più intenso lo sfruttamento delle miniere di Val d'Aosta e poi dell'isola. A lui si deve inoltre la riforma del sistema monetario, che introdusse uniformità di monete nel regno, dopo che era andato a vuoto il suo progetto di un regime monetario uniforme in Piemonte, Lombardia e in seguito in tutta Italia.
Né trascurò il B. di promuovere gli studî; ché per sua iniziativa fu mandato all'estero il capitano di Robilant a studiare i sistemi metallurgici più perfezionati, e poi fu aperta nell'Arsenale di Torino una scuola di chimica metallurgica, dotata di laboratorio, e fu infine creato il magistrato delle miniere. Incaricato a più riprese dei negoziati con la S. Sede, egli seppe condurli a definitiva conclusione dopo che si erano agitati per un secolo, e ottenne anche dalla chiesa un ricco assegno di beni in favore dell'università di Torino. Solo nel 1750 ebbe, di fatto, il grado di ministro di stato, benché da tanti anni ne esercitasse le funzioni, ed in tal veste negoziò un trattato con l'Austria, in base al quale fu stabilita piena armonia fra i due stati limitrofi.
A lui, incaricato nel 1759 di sovrintendere pure alle cose sarde, si deve se l'isola incominciò a perdere alquanto della rozzezza e desolazione in cui era caduta sotto la dominazione spagnola e ad accostarsi spiritualmente alla patria italiana. Per suo ordine si riattarono strade; si istituì un pubblico servizio postale; si prosciugarono paludi; si migliorò l'agricoltura, introducendo anche la coltura del tabacco e del gelso; si attivarono miniere; si riformarono i monti frumentarî, destinati a liberare gli agricoltori dalle usure.
Grande cura pose nell'amministrazione della giustizia, colpendo severamente e rapidamente i criminali e i loro complici, reclutati spesso nella classe dei feudatarî, e fornendo i tribunali regi e feudali di buoni giudici; nel 1770 istituì due consolati per la giustizia mercantile, e fece raccogliere in un testo le sparse leggi; restrinse privilegi ecclesiastici e feudali, che erano d'inciampo al corso della legge punitiva. Anche l'arbitrio dei feudatarî nell'imporre servitù ai contadini, tanto gravi che ne veniva persino scoraggiata la procreazione, fu limitato con l'istituzione di consigli comunali sottoposti alla tutela regia, e si preparava sotto i suoi auspici la spartizione dei vasti beni comunali incolti fra i municipali; ma la morte del re Carlo Emanuele III impedì la benefica trasformazione. Per promuovere l'istruzione interamente decaduta curò l'erezione di scuole secondarie e di seminarî, la stampa di libri, la risurrezione delle università di Cagliari e di Sassari; ed egli diede inoltre all'isola un'impronta di italianità, prescrivendo nelle amministrazioni e negli atti pubblici l'uso della lingua italiana al posto della spagnola, sino allora in uso.
Integerrimo nell'amministrazione delle finanze, da lui ristorate, d'ingegno cauto e sagace, versatissimo nelle cose legali e di amministrazione, aveva indole fiera e incrollabile, senza riguardi alle persone, per quanto altolocate; onde fu temuto e odiato dalla nobiltà e dagli ambienti militari, e da questi messo in cattiva luce presso il principe ereditario (Vittorio Amedeo III) che, appena successo al padre, lo tolse duramente di carica. Ritiratosi in villa, trascorse serenamente gli ultimi suoi anni, dilettandosi delle relazioni con letterati, tra cui il Beccaria e il Denina, e occupandosi della redazione di opere che glorificavano il suo morto sovrano o trattavano di migliorie da introdursi nella sua prediletta Sardegna. Acutamente previde i mali che sarebbero venuti al suo paese dal nuovo indirizzo finanziario, e all'Europa dalla spartizione della Polonia, dall'intervento francese in America e soprattutto dall'assonnarsi dei governi di fronte alle sorgenti concezioni politiche. Morì a 83 anni il 9 febbraio 1784.
Bibl.: D. Carutti, Storia del regno di Carlo Emanuele III, voll. 2, Torino 1859; G. E. de Sainte Croix, Relazione del Piemonte, con note di A. Manno, Torino 1876; P. Balbo, Vita del conte G. B. Bogino, in Misc. di st. it., XXI (1883); E. de Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri del secolo XVIII, II, 97 segg.; A. Pino-Branca, La vita economica della Sardegna Sabauda, Padova 1929.