BOCCALE (fr. bocal; sp. bocal; ted. Humpen; ingl. mug)
Il nome deriva dalla parola latina baucalis (gr. βαύκαλις), che significava un vaso da bere o da rinfrescare il vino, fabbricato specialmente nelle celebri vetrerie di Alessandria (Athen., XI, 28, p. 784; Anth. Palat., XI, 244). Anche un altro vaso che certo doveva somigliargli, la baucalia (βαυκαλία), non è conosciuto che per l'accenno di qualche antico scrittore.
Ciò che s'intende oggi comunemente per boccale è un rozzo recipiente a corpo quasi globulare, a piede piatto, a collo cilindrico o a rocchetto, con un'ansa verticale cilindrica o a nastro. Completamente sconosciuto nell'antichità greca e romana, che per bere usava specialmente il cantaro, la kylix, lo scifo, il rhyton e il poculo, è invece diffuso nell'età preistorica. Lo troviamo nella ceramica neolitica primitiva di Schussenried (Württemberg): in Italia è per la prima volta fra i vasi usati dai palafitticoli, poi nella ceramica dei terramaricoli e dei Siculi.
Bibl.: Ch. Daremberg e E. Saglio, Dict. des antiq. grecques et rom., I, Parigi 1877, p. 683; J. Déchelette, Man. d'archéol. préhist., celtique et gallorom., I, Parigi 1908, p. 548; R. Forrer, Reallex. d. praehist., klass., u. fruechristl. Altert., Berlino 1907, p. 261; T. E. Peet, The stone a. bronze age in Italy a. Sicily, Oxford 1909, pp. 282, 482.
Con questo nome s'indicava anche un'antica misura di capacità largamente usata in Italia specialmente per liquidi. Corrispondeva: a Bologna, a l. 1,310; Firenze l. 1,140; Milano l. 0,787; Modena l. 1,131; Stato Pontificio (fino al 1871) per il vino e l'acquavite, l. 1,823, per l'olio, l. 1,053; Torino l. 0,684.