BOCCACCI, Boccaccino, detto il Boccaccino
Figlio di Antonio, nacque a Ferrara prima del 22 ag. 1466, giorno in cui morì sua madre Diamante Oldoini (Bonetti, 1923, p. 64).
Antonio, cremonese, figlio di un Boccaccino Boccacci (Arch. di Stato di Ferrara Rogiti del notaio Giovanni Agolanti, 12 dicembre e 14 dic. 1465), era ricamatore e risulta presente alla corte estense a Ferrara dal 1468 al 1499 (Campori, p. 51).
Il B. è documentato per la prima volta nel 1493 (Alizeri, 1873, pp. 374 s. nota) a Genova, impegnato a una pala (non pervenutaci) per gli eremitani di S. Agostino. Nella stessa città è presente l'anno dopo un Giovanni Boccaccino pittore, figlio di Agostino, da Cremona (Alizeri, p. 377: una ricerca recente non ha individuato i documenti citati dall'Alizeri). Il 1º apr. 1497 Antonio Costabili, corrispondente a Milano del duca d'Este, annuncia a quest'ultimo che è riuscito a far uscire di prigione il B. e che lo manderà quanto prima a Ferrara (A. Venturi, La R. Gall. estense, Modena 1882, p. 38): con la città estense il B. aveva frequentissimi rapporti per l'attività del padre che, tra l'altro, forniva parati per quella cattedrale.
Nel 1499 il B. riceve dal duca estense doni e un alloggio, e partecipa al concorso, giudice il Mantegna, per la decorazione del duomo di Ferrara. L'anno dopo figura iscritto nella lista dei salariati ducali (Venturi, 1889, p. 445).
Nel 1499, secondo una cronaca riportata dal Campori (p. 53), il B. avrebbe ucciso sua moglie; ma la prima moglie del B., Adriana di Farfengo, da cui nacque il figlio Camillo, era ancor viva nel 1504; è possibile, come propone il Calvesi, che la notizia si riferisca a un delitto commesso verso una donna con la quale il B. viveva more uxorio. Seconda moglie del B. fu Lucrezia del Zappa, dalla quale ebbe altri tre figli: Diamante, Fabrizio e Ottavio.
Altre notizie sul B. sono connesse alla sua attività pittorica: quanto ne scrive il Vasari non è che trasposizione fantastica dell'atteggiamento polemico del Vasari stesso verso il pittore cremonese.
Morì a Cremona tra il 14 genn. 1524, giorno in cui fece testamento (Sacchi, pp. 223 s.), e il 26 dic. 1525, giorno in cui risulta esser stato scritto l'inventario "bonorum heredum celebris pictoris ..." (ibid., pp. 225-227).
Dopo Bonifacio e Benedetto Bembo, il B., fin verso la fine del secondo decennio del Cinquecento, è la personalità pittorica preminente a Cremona, che catalizza i molteplici aspetti della cultura artistica locale alimentata dagli apporti delle regioni finitime. Se i Beati agostiniani, affrescati nel 1497 nella chiesa di S. Agostino in Cremona (ora in parte nella Pinacoteca di Cremona), sono ancora generici e convenzionali nei colori e nelle inflessioni psicologiche, più decisi orientamenti in senso ferrarese sono in un "trittichetto" di raccolta privata a Spino d'Adda, con la Crocifissione, che si richiama al Marmitta, e a questo ancora, con maggior autorità di stile, fa pensare la miniatura del libro del "Jesus", dedicato al fanciullo Massimiliano, attribuita al B. dal Longhi. Al soggiorno ferrarese sono assegnabili le due tavole con i Funerali della Vergine, rispettivamente della Pinacoteca di Ferrara e del Louvre, l'una dall'altra di poco distanziate; le Madonne di San Gallo (raccolta privata), della Ca' d'oro di Venezia, del Museo di Padova, e alcuni affreschi recentemente scoperti nell'oratorio della Concezione in Ferrara (Calvesi). La conversione dalla tradizione nordica, lombarda, con qualche incidenza fiamminga, a un più sostenuto idealismo formale, già sollecitata dalla conoscenza del Bramante e del Bramantino, è agevolata infine dall'esempio del Costa. Dalla Santa martire di Cremona (proprietà Carotti) anteriore all'andata a Ferrara, al Cristo morto di Varsavia (Museo Nazionale), al Cristo benedicente della raccolta Horne (Firenze), databili al 1499, è sensibile il processo di un adeguamento della forma a un concetto architettonico di struttura, che sarà alla base del futuro classicismo del Boccaccino.
Agli inizi del Cinquecento egli non figura più a Ferrara e l'Andata di Cristo al Calvario, già nella chiesa di S. Domenico di Cremona (Londra, National Gallery) riassume le esperienze ferraresi del pittore con infiltrazioni umbre nel paesaggio, ma già con l'annuncio di quella sua umanità atteggiata e dignitosa, idealisticamente tipizzata, e con alterne incidenze ritrattistiche, che sarà rappresentata dai futuri affreschi. Ma la mancanza di notizie a Cremona nel quinquennio successivo ci induce a pensare a un primo viaggio del B. a Venezia all'inizio del secolo. Le otto tempere con Storie bibliche provenienti dalla collezione Costabili di Ferrara (che sono ora rispettivamente conservate a Londra, National Gallery, inv. 3103, 3104, all'Accademia Carrara di Bergamo, a Roma, in palazzo Colonna, nella collezione Visconti Venosta) preparano la conversione dal cromatismo aspro, proprio dei cremonesi, a quello tonale dei veneti già avvertibile nel S. Gerolamo della Pinacoteca (firmato) e nella Crocifissione del duomo di Cremona. Nel 1506 il B. affresca a Cremona il grande catino absidale del duomo con Cristo in trono fra i ss. Imerio,Marcellino,Omobono e Pietro con allusioni paleocristiano-bizantine, intese in senso moderno, e richiami a Giovanni Bellini. Di un anno dopo è l'Annunciazione sull'arco trionfale dello stesso duomo, ripresa da analoghe composizioni del Cossa, del Costa, del Panetti, ma soprattutto palpitante di un protogiorgionismo - nuovo nell'ambiente cremonese - innestato nel solenne telaio prospettico di un'architettura bramantesca.
Dopo il 22 dic. 1509 il B. non è più nominato nei registri della cattedrale, e fino al 1511 non si hanno notizie di sue opere datate in Cremona. Che in tale periodo egli si trovasse a Venezia lo lasciano intendere i dipinti ascrivibili a questi anni e che fanno capo alla pala (Vergine in trono con Bambino e santi) della chiesa veneziana di S. Giuliano. Questi dipinti dimostrano che egli guardò soprattutto al Giambellino: dalla Sacra Conversazione del Museo Correr, alla Madonna e santi dell'Accademia, alla Madonna di palazzo ducale, alla Sacra Conversazione della Galleria Doria di Roma. S'avvicinano alla pala di S. Giuliano, ispirata alla "maniera grande" del Bellini, la Madonna col Bambino della Kunsthalle di Amburgo (n. 743), la replica del Museo Civico di Vicenza, e la Madonna in trono col Bambino della collezione Liechtenstein di Vaduz (proveniente dalla chiesa di S. Francesco a Cremona e datata 1511). Quest'opera segna una svolta nel senso di una ripresa di soluzioni formali in cui maturava un tutto particolare manierismo arcaico, ferrarese-düreriano. Questo periodo si chiude con la Madonna di Brera. Nella Madonna giàa Bucarest, e nel Cristo benedicente della Pinacoteca di Monaco, come è consuetudine al pittore, sono ripresi temi compositivi precedenti con inflessioni e varianti propense a un giorgionismo di marca ferrarese: così nella Madonna giàdella raccolta Crespi, ora a Boston in collezione privata, in quella del Museo Correr, nel Presepe del Museo di Capodimonte a Napoli.
La mancanza di notizie del B. a Cremona dal 1511 al 1514 e la rispondenza con la cultura ferrarese intorno al 1511-12, induce a ritenere che egli in tale periodo riprendesse contatto con la città estense. D'altra parte confermano il secondo soggiorno ferrarese gli influssi boccaccineschi nell'Ortolano e la formazione del Garofalo che rispecchia il momento veneto del cremonese. D'impronta ferrarese sono le ante d'organo ora nella chiesa di S. Michele di Cremona, con interventi del Ricca, impostate secondo concetti prospettici bramanteschi di cui il B. dovette avere conoscenza tramite il Pseudo-Bramantino: un'esperienza che doveva confermare l'orientamento classicheggiante, volto verso ricuperi rinascimentali del maestro; risonanze della lezione formale del Pseudo-Bramantino sono ancora nella Madonna col Bambino e due pastori della Galleria Estense di Modena. Tra il 1513 e i primi mesi del 1514 il B. si recò a Roma.
Gli otto affreschi con cui il B. inizia la Vita di Maria nella navata centrale del duomo di Cremona nel 1514, segnano una ripresa di quell'interesse artistico di cui diveniva centro predominante la cattedrale nei momenti più propizi alla vita cittadina, quale quello successivo alla dominazione veneta, che vide la vittoria della lega santa e la restituzione della città a Massimiliano Sforza: l'accoglienza trionfale a Massimiliano, entrato nella città nel 1512, è riecheggiata nella parata cerimoniale dell'Incontro di Gioacchino e Anna e nella Sposalizio della Vergine. Ma mentre il B. ancora lavorava agli affreschi, il duca, sconfitto a Marignano, era esiliato in Francia e mutavano i tempi.
Il B. riportò da Roma nella città padana le prime nozioni di Raffaello, ch'egli certo rimeditò a Firenze studiando gli affreschi di Andrea del Sarto nel chiostro dell'Annunziata. I temi poi del ciclo della Vita della Madonna delle stampe del Dürer suggerirono una traccia al pittore. Gli elementi di ritmo, di simmetria, di prospettica scansione spaziale, se costituiscono i dati di una sintassi classicistica, rappresentando il momento arcaico-ideale della cultura del B., articolano purtuttavia una trama di connessioni interne, episodiche, poeticissime - paesaggi elegiaci, ambienti pittoreschi, costumi ricchi e variati - che rivelano la natura analitica, patetica, naturalistica del pittore. Con la Circoncisione la più intensa espressività, il senso di partecipazione collettiva dei personaggi all'azione, l'asimmetria illusionistica dei prospetti architettonici, certa trascuratezza nella resa degli abbigliamenti, rivelano una prima frattura nel calmo stile boccacciniano: qualche eco già del Romanino e il risolversi della parata in azione più diretta e comunicativa sono segni delle pressioni esercitate sull'anziano maestro dai pittori della nuova generazione sovvertitrice e rivoluzionaria ai quali venne affidata la prosecuzione del ciclo.
Ritroviamo il B. nella cattedrale nel 1518 con la Disputa di Gesù nel tempio. Agli anni intermedi appartengono lo Sposalizio di s. Caterina dell'Accademia di Venezia, la Madonna adorante tra s. Giuseppe e s. Gerolamo di Budapest (Museo Nazionale), la Zingarella degli Uffizi, la Madonna dell'Ermitage di Leningrado e quella della raccolta Davies nel Metropolitan Museum di New York. Nell'affresco con la Disputa ricordi e impressioni raffaelleschi riassestano l'arcaismo boccacciniano e raggiungono una eloquenza di più risentita vita morale, che pur si vale ancora dell'originario naturalismo, reso più plastico dal riaddensarsi della tonalità pittorica. La stessa che si coglie nella tavola della Pinacoteca di Cremona con la Madonna in trono tra s. Vincenzo e s. Antonio (1518, firmata). A questo periodo tardo appartengono gli Evangelisti Giovanni e Matteo (eredi Contini-Bonacossi) e la Madonna col Bambino della collezione Kress di New York (Longhi, p. 71, fig. 228). Il neoraffaellismo padano-emiliano in corso tra il 1510 e il '20 rientrava nella vicenda stessa della pittura del B. che non ignorò, tra l'altro, nella vicina Piacenza, la Madonna di s. Sisto: Raffaello significò per il pittore una posizione ancora di equilibrio classico formale a sostegno del cromatismo giorgionesco, nel momento in cui lampeggiava tra Venezia e Ferrara un sommovimento pittorico.
Fonti e Bibl.: Si veda, per una bibliografia completa sino al 1956, A. Puerari, Boccaccino, Milano 1957, pp. 239-246; allo stesso volume si rimanda per il regesto (pp. 209-220) e per il catalogo delle opere. Si veda inoltre: G. Vasari, Le vite..., a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, pp. 581-585; VI, ibid. 1881, p. 459; L. N. Cittadella, Notizie... relative a Ferrara..., Ferrara 1868, II, p. 156 (per Antonio); F. Sacchi, Not. pittoriche cremonesi, Cremona 1872, pp. 38-48, 180-182, 186, 223-227; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno..., I, Genova 1873, pp. 373-376; G. Campori, I pittori degli estensi, Modena 1886, pp. 51 (anche per Antonio), 53; A. Venturi, La Galleria del Campidoglio, in Arch. stor. dell'Arte, II (1889), p. 445; C. Bonetti, Not. genealogiche riguardanti la famiglia Bochaci, in Note e appunti di storia cremonese, Cremona 1923, pp. 64 s.; A. Venturi, Un capolavoro del Boccaccino in Roma, in L'Arte, XXVIII (1925), pp. 128-30; R. Longhi, Officina ferrarese. 1934... 1940... 1940-45, Firenze 1956, ad Indicem; R. Longhi e R. Cipriani, in Arte lombarda dai Visconti agli Sforza (catalogo), Milano 1958, pp. XXXV, 159; M. Calvesi, Nuovi affreschi ferraresi, in Bollettino d'arte, XLIII (1958), pp. 309, 321 s. nota 5; M. Gregori, Un frammento cremonese, in Paragone, X (1959), 109, pp. 53-55; U. Thieme F. Becker, Künstler-Lexikon, IV, pp. 149 s. (sub voce Boccaccino, Boccaccio I); Encicl. Ital., VII, pp. 218 s. (sub voce Boccaccino, Boccaccio).