Fosse, Bob (propr. Robert Louis)
Coreografo, ballerino, regista e attore cinematografico statunitense, nato a Chicago il 23 giugno 1927 e morto a Washington il 23 settembre 1987. Come ballerino coniugò la leggerezza e il controllo di Fred Astaire, di cui si considerava erede, con l'atletismo di Gene Kelly; come coreografo si collocò nella tradizione del musical hollywoodiano, unendo le prospettive di Busby Berkeley con il ritmo euforico di Stanley Donen. Nei film diretti tra il 1969 e il 1983 è però presente anche una precisa ricostruzione dei set e delle atmosfere del mondo dello spettacolo, e l'oggettività del ritratto biografico viene spesso volutamente esasperata da una propensione verso le forme del melodramma. Ottenne nel 1973 un Oscar per Cabaret (1972), oltre a una nomination per Lenny (1974) e due (regia e sceneggiatura) per All that jazz (1979; All that jazz ‒ Lo spettacolo continua); con quest'ultimo vinse anche la Palma d'oro al Festival di Cannes.
Figlio di un cantante di varietà poi divenuto commesso, cominciò a danzare nei vaudevilles dall'età di tredici anni. A partire dal 1942 lavorò nei nightclub come presentatore, ma curando occasionalmente anche le coreografie. Nel frattempo continuava a frequentare l'Amundsen High School della città natale, dove si diplomò nel 1945. Dopo due anni di servizio militare nei reparti di intrattenimento della marina, nel 1947 si trasferì a New York, dove studiò arte drammatica all'American Theatre Wing. Nel 1948 iniziò la carriera di ballerino, debuttando nello spettacolo Call me sister. Nel 1953, firmato un contratto con la Metro Goldwyn Mayer, si recò a Hollywood, dove fu attore, ballerino e cantante nei musical The affairs of Dobie Gillis di Don Weis, Give a girl a break (Tre ragazze di Broadway) di Donen e Kiss me Kate (Baciami, Kate!) di George Sidney. In quest'ultimo fu anche assistente di Hermes Pan (che gli affidò un intero numero), cimentandosi così per la prima volta con la coreografia a livello professionale. Tornato a Broadway, intraprese la carriera di coreografo, ottenendo un'enorme popolarità con gli spettacoli The pajama game (1954) e Damn yankees (1955). Di nuovo a Hollywood, fu attore e coreografo di My sister Eileen (1955; Mia sorella Evelina) di Richard Quine, e coreografo delle versioni cinematografiche dei suoi precedenti spettacoli, The pajama game (1957; Il giuoco del pigiama) di George Abbott e Donen, e Damn yankees (1958) ancora di Abbott e Donen, in cui si esibì anche in un numero di danza. Esordì dietro la macchina da presa con Sweet charity (1969; Sweet charity ‒ Una ragazza che voleva essere amata), basato sul suo musical del 1966 ispirato a Le notti di Cabiria (1957) di Federico Fellini: F. fu così il primo, dai tempi di B. Berkeley, a cui fu affidato il completo controllo sia della regia sia della coreografia di un film di Hollywood. Fu però Cabaret (tratto dallo spettacolo del 1966 di J. Masteroff, F. Ebb e J. Kander, che ricalcava la commedia I am a camera di J. Van Druten, a sua volta ispirata ai racconti di Ch. Isherwood raccolti in Goodbye to Berlin) che espresse in pieno le potenzialità visive del suo cinema. Con questo film, che ricostruisce con estrema precisione il clima e gli ambienti di Berlino negli anni dell'avvento del nazismo, F. riformulò la struttura del genere nell'alternanza tra la dimensione tragica (simile al senso decadentista di disfacimento rappresentato nel cinema di Luchino Visconti) e il ritmo dei numeri musicali (tra questi resta celebre Money, money, money, cantato dalla protagonista Liza Minnelli assieme a Joel Grey). Con quest'opera, che ottenne otto Oscar, F. fu lanciato definitivamente come regista. Diresse poi Lenny, il suo unico film interamente non musicale, ricostruzione in bianco e nero della vita del comico Lenny Bruce (interpretato da un grande Dustin Hoffman), che alla fine degli anni Sessanta si fece notare per i suoi show caratterizzati da un linguaggio volutamente provocatorio e volgare. Nell'opera viene eliminata ogni barriera tra dimensione pubblica e privata e, attraverso un montaggio frenetico e violenti primi piani, risulta progressivamente accentuata la graduale distruzione del protagonista. Con Lenny lo stile sempre più definito del cinema di F. incrociò anche quel 'cinema della protesta' hollywoodiano degli anni Settanta che si caratterizzava proprio per lo smascheramento dei meccanismi repressivi della società statunitense. All that jazz (che ottenne quattro Oscar) è un'altra opera sospesa tra musical e biografia, in quanto storia di un regista di Broadway alle prese con l'allestimento di uno spettacolo. In essa sembrano affiorare alcune tracce autobiografiche, simili a quelle presenti in 8 ¹/₂ (1963) di Fellini. è il film forse più imperfetto ma anche più personale di F., che si dimostrò capace di mettere in scena i propri deliri mentali, e soprattutto la propria paura della morte. L'ultima opera realizzata dal regista fu Star 80 (1983), ricostruzione della vita di Dorothy Stratten, una spogliarellista di "Playboy" che al termine delle riprese di They all laughed (1981; E tutti risero) di Peter Bogdanovich venne uccisa dal marito, geloso della sua relazione con il regista. Il film, che combina i movimenti e le prospettive del musical con la struttura del film-inchiesta, presenta una visione ormai del tutto amara e disincantata del mondo dello show business. Il libretto scritto nel 1975 da F. e F. Ebb per il musical Chicago (di cui F. fu anche regista e coreografo) ha costituito la base per il soggetto e la sceneggiatura dell'omonimo film diretto da Rob Marshall nel 2002. Alla vita e all'opera di F. si è ispirato nel 1999 il musical Fosse di R. Malby Jr, Ch. Walker e A. Reinking, che utilizza le sue coreografie originali.
K.B. Grubb, Razzle dazzle: the life and work of Bob Fosse, New York 1989; M. Gottfried, All his jazz: the life and death of Bob Fosse, New York 1990; M. Beddow, Bob Fosse's Broadway, Portsmouth (NH) 1996.