DRACONẒIO, Blossio Emilio (Blossius Aemilius Dracontius)
Poeta latino del sec. V d. C., le cui opere furono molto lette e imitate nel Medioevo. Nacque forse a Cartagine, dove certamente fu educato e passò la più parte della vita esercitando con successo l'avvocatura. Professava la religione cristiana. In un carme ora perduto celebrò un principe straniero, probabilmente l'imperatore bizantino Zenone, e fu perciò accusato di alto tradimento e messo in prigione. In carcere scrisse la Satisfactio in 158 distici elegiaci per chiedere a Dio perdono del fallo commesso e per invocare la clemenza del re (il vandalo Gontamondo). Ottenne però la liberazione solo dal re Trasamondo, successo a Gondamondo l'anno 496. Non sappiamo niente delle sue vicende successive.
L'opera maggiore di D. è il poema De laudibus Dei (Hexaemeron), scritto anche questo in carcere. Comprende tre libri e in tutto 2347 esametri; celebra l'onnipotenza di Dio che con la bontà e con l'ira è causa di tutto il bene e di tutto il male. Draconzio non fu privo di talento poetico, ma mancò di senso d'arte, benché conoscesse e imitasse i più grandi poeti della letteratura latina, specialmente Virgilio ed Ovidio. Il poema, inorganico e pieno di digressioni, ha solo qualche pregio nei particolari.
Le altre opere di D. sono 1. Romulea; 2. Orestes; 3. De mensibus (24 esametri, 2 per ogni mese); 4. De origine rosarum (sette distici elegiaci). Oltre al carme in onore dell'imperatore Zenone, è perito quello che celebrava il re dei Vandali Trasamondo. Non gli si può attribuire con certezza il carme Aegritudo pedicae.
I Romulea comprendono dieci componimenti poetici di carattere diverso; tre epillî mitologici (II Hglas, VIII De raptu Helenae, X Medea), tre declamazioni retoriche (IV, V, IX), due epitalamî (VI e VII, quest'ultimo scritto in prigione), due carmi (I, III) in forma di dedica al maestro suo Feliciano. Il primo carme è in tetrametri trocaici, gli altri in esametri. Sono degni di nota per varî pregi i due epitalamî e il De raptu Helenae. La raccolta è incompleta. come dimostra un frammento del Florilegio Veronese.
L'Orestes è una mediocrissima tragedia in 974 esametri; non porta il nome dell'autore nella tradizione manoscritta, ma si deve attribuire a D., come primo di tutti riconobbe il Mai e poi dimostrarono il Peiper, il Rossberg, il Westhoff, il Barwinski.
L'edizione critica di tutte le opere di D. si deve a F. Vollmer, Monumenta German. hist.; Auct. antiquiss., XIV, 1905; Poetae latini minores, V, Lipsia 1914.
Bibl.: M. Schanz, Gesch. D. röm. Litter., LV, 11, Monaco 1920, pp. 58-68; F. Vollmer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 1635 segg.; E. Provana, Blossio Emilio D., in Memorie della R. Accad. delle scienze di Torino, s. 2ª, LXII (1912), p. 23 segg.