BLASONE
. È il disegno simbolico che rappresenta la nobiltà d'una casata o di una città (arma). In senso esteso è la scienza araldica stessa. L'etimologia del nome è incerta. Alcuni la pongono nel tedesco blasen, il suonar del corno quando si faceva l'appello dei cavalieri entro lo steccato del combattimento nei più antichi tornei della Germania; altri nell'antico francese blason, che significa elogio, descrizione di virtù. Intorno al blasone s'è creato un proprio linguaggio tecnico, per il quale, come, in genere, per maggiori particolari sul blasone, v. araldica, specialmente la parte sugli scudi.
Il blasone popolare (fr. blason populaire; ted. Titulatur). - Il termine blasone, trasportato dall'araldica nella paremiografia, serve a designare quella speciale classe di motti che si riferiscono a paesi, città e provincie, traendo motivo da caratteri locali, prodotti, mestieri, abitudini, avvenimenti veri o presunti, spesso faceti. Per il loro carattere in prevalenza ingiurioso, tali motti meritarono i titoli di "dileggi e scherni", "maldicenze paesane" o "intercomunali", "epiteti e motteggi"; ma il nome più adoperato è quello di blasone, introdotto nel folklore dal Rolland e poi con gran successo adoperato dal Gaidoz e dal Sébillot. In Italia si propenderebbe a sostituirlo con "soprannome" e "nomignolo", che richiamano alla memoria la cantilena attribuita al Martin Cieco da Lucca o a Darinel Ritio detto il Piacentino, col titolo: Nomi e cognomi di tutte le città et provincie. Per la forma si possono raggruppare in tre categorie: filastrocche, ritornelli, strambotti.
Se ne ebbero in passato, come se ne hanno in ogni nazione nell'epoca nostra, ove talvolta sono recitati, al suon dell'organetto, dai cantastorie, sulle piazze dei villaggi. I blasoni, per il loro significato di dileggi, sono stati detti "rappresaglie cantate" da alcuni studiosi, i quali han creduto di doverne rintracciare le origini nelle sanguinose gare dei municipî e dei castelli medievali; ma essi sono, il più delle volte, sorti a scopo informativo, specie in passato, quando erano destinati, sotto forma di detti e avvertimenti ritmici e rimati, a sostituire le guide e gl'itinerarî, per chi praticava i traffici e i commerci, che presentavano difficoltà e pericoli.
Bibl.: H. Gaidoz e P. Sébillot, Le blason populaire de la France, Parigi 1884; Reisenberg-Düringsfeld, internationale Titulaturen, Lipsia 1863; R. Corso, Saggio sopra i blasoni popolari calabresi, in Riv. critica di cultura calabrese, I (1921), p. 204 segg.; R. Lombardi-Satriani, Il blasone popolare, Laureana di Borrello s. a.; B. Migliorini, Spunti di motteggio popolare: i soprannomi etnici e locali, in Atti del I Congr. naz. delle tradizioni popolari, Firenze 1930, pp. 105-114.