BIZZACHERI (Bizzacari, Bizzocheri, Bizacarri)
Mancano notizie biografiche di questo architetto, attivo in Roma negli ultimi decenni del sec. XVII e nei primi del XVIII. Tradizionalmente riconosciuto come allievo di C. Fontana, lavorò in realtà prima con C. Rainaldi, di cui, quasi certamente, fu erede per l'attività professionale: dal 1689-90, infatti, il B. risulta architetto del convento di S. Lorenzo in Lucina, per il quale il Rainaldi aveva lavorato a lungo, mentre, analogamente, proseguiva i lavori rainaldeschi a S. Silvestro in Capite. Se l'attribuzione della terza cappella a destra della chiesa di S. Maria in Montesanto a piazza del Popolo è esatta, troveremmo inoltre il B. attivo, oltre che con il Rainaldi, anche con il Fontana.
A proposito del rapporto di collaborazione fra il Rainaldi ed il B., va inoltre considerata la recente ipotesi di una collaborazione di quest'ultimo, insieme con altri aiuti, per il completamento del fronte interno di una delle ultime opere rainaldesche: la chiesa di Gesù e Maria al Corso.
Il B., comunque, sviluppò nella sua opera alcuni motivi propri all'ultima fase dell'attività del Rainaldi, cercando di innestare su impianti e organismi classicisti liberi repertori barocchi, in cui si sintetizzano, in tono minore, molti motivi propri alle maggiori soluzioni del Seicento romano. Nella facciata della chiesa di S. Isidoro, annessa al collegio degli Irlandesi (iniziata nel 1622 da A. Casoni per i frati della riforma spagnola di S. Francesco), il B. usa un linguaggio sospeso fra la volontà di sottolineare le membrature struttive, e l'intelaiatura architettonica ad esse connessa, e l'episodicità di una decorazione parietale "stiacciata" - che la profondità chiaroscurale del portico fa ulteriormente risaltare - inserendola in un contesto che, se si esclude il disegno del cornicione finale, è certo lontano dai modelli del Barocco maggiore.
Per tale via il B. approda a quello che è stato definito il "barocchetto" romano, di cui dà una personale interpretazione, vagamente ironica, pronto però a tornare a una più composta maniera classicista. La sagrestia della chiesa di S. Maria in Trastevere, per quanto debba essere considerata un'opera di limitato impegno, è abbastanza indicativa della tendenza del B. ad una sorta di revival neocinquecentista. Tale tendenza, del resto, può essere considerata come una delle costanti di gusto del B., volta per volta contenuta o forzata a seconda delle sue particolari intenzioni espressive e secondo una sua intima "disponibilità".
Secondo la testimonianza del Pascoli, sono da attribuire al B. il restauro del palazzo Negroni al Clementino e l'aggiunta, sul lato sinistro, di una nuova ala al palazzo di S. Luigi dei Francesi, che si presenta con una interessante facciata settecentesca: ma l'attribuzione è dubbia. Tale facciata peraltro - se l'attribuzione al B. potesse essere verificata - testimonierebbe una sua presa di posizione estremamente decisa a favore di un barocchetto tendente al rococò, di considerevole maniera e vigore: in specie nel grande finestrone centrale, che con la sua concavità definisce uno spazio espressivo che informa di sé l'intero tessuto della facciata.
Secondo alcuni autori, è del B. l'interno della chiesa del SS. Nome di Maria al Foro Traiano, sicuramente invece dell'architetto francese Dérizet. Notizie di guide, non ancora controllate, gli attribuiscono il disegno della fontana di piazza S. Maria in Cosmedin a Roma (1715) - che viene da altri attribuito a G. Sardi, autore della demolita facciata settecentesca della chiesa - e la costruzione dell'ingresso e del muro di cinta della villa Aldobrandini in Frascati.
Vanno ascritte al B. la cappella di S. Nicolò di Bari alla Maddalena che, secondo le testimonianze del Titi e del Pascoli, gli venne affidata da G. Torri, e dove l'architetto tentò un'espressione personale del tema cromatico-coloristico barocco, ed alcuni lavori nella cappella del Monte di Pietà iniziata da G. A. de Rossi, per la quale, anche se il colorismo accentuato dell'opera può far pensare alla precedente, l'intervento va limitato alle sole rifiniture; sempre secondo il Titi e il Pascoli il B. è l'autore del convento. È ancora attribuibile al B., come si è accennato, la terza cappella a destra della chiesa di S. Maria in Montesanto, chiesa dove era stato già attivo come aiuto del Rainaldi (l'attribuzione è del Titi, ma non è riconfermata dal Pascoli). Nella cappella, comunque, si può rilevare una contraddizione figurativa riferibile alla dicotomia "barocchetto-neocinquecentismo".
Nell'archivio corsiniano è inoltre conservato un disegno planimetrico del B. riferibile ad un progetto di parziale restauro o ristrutturazione di una porzione del Ghetto di Roma. Il B. fu architetto della casa Pamphili fino alla sua morte: carica che lasciò al suo migliore allievo, Gabriele Valvassori. Recentemente, anzi, è stata avanzata l'ipotesi che a questi, piuttosto che al B., debba essere attribuito il fantasioso muro di cinta della villa Aldobrandini a Frascati.
La data della morte del B. è alquanto incerta, ma con una certa approssimazione la si può far risalire al 1720 circa.
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