BITINIA (A. T., 88-89)
Col nome di Bitinia si suole intendere la regione dell'Asia Minore limitata a nord dal Mar Nero, a occidente dal Bosforo, dal Mar di Marmara e dall'ultimo tratto del corso inferiore del Rindaco, a oriente dal corso inferiore del Partenio, e verso l'interno da una linea convenzionale che dal corso del Rindaco va in direzione di oriente per l'Olimpo Misio e il corso medio del Sangario fino ai contrafforti occidentali del monte Orminio e quindi in direzione sud-nord fino al corso medio del Partenio. Questo territorio così delimitato, corrispondente all'uso numismatico, non corrisponde però esattamente ai confini del regno di Bitinia, quali furono nei diversi momenti del suo sviluppo al tempo dei suoi sovrani indipendenti (v. oltre), né alla Bitinia provincia romana (per cui v. ponto e bitinia). La regione è prevalentemente montuosa, ma lungo le coste e le valli fluviali si hanno anche estese pianure, specialmente nel tratto costiero che dal Sakarya o Sangario inferiore va fino a Scutari, la cui penisola è appunto in gran parte pianeggiante. Estesi tratti pianeggianti e bassi si hanno del resto in tutta la parte occidentale della regione, ricca di fertili vallate, dove si trovano i laghi Manyas, di Apollonia (Abuliond), di Nicea (Iznik) e di Sabança, quest'ultimo ricco di pesci. I monti della Bitinia formano intorno al Mar di Marmara come una cornice orografica distaccata e indipendente dagli altri rilievi. La penisola di Cizico, dominata dal Kapu Dağ, la penisola delimitata dai golfi profondi di Gemlik e di Izmid (Nicomedia) e quella di Scutari sono da considerarsi come tre masse di origine vulcanica, divise dal resto della regione da un sistema di depressioni che dalla foce dell'Esepo (Gönen Çai) nel Golfo d'Artace (Erdek) corre fino alla foce del Sakarya ed è segnata dalla serie lacustre surricordata. La catena più importante della Bitinia è però quella del KeŞiŞ Daǧ o Olimpo di Bitinia, alto 2550 m., che s'eleva a S. della zona depressa lacustre, in mezzo a un'ampia regione di basse colline e di pianure paludose e si allaccia a S. e a SE. con le regioni montuose dell'interno. L'idrografia è rappresentata, oltre che dai laghi sunnominati, dai numerosi corsi d'acqua che nel loro corso superiore corrono in profonde e spesso ampie valli dai fianchi solitamente ripidi e boscosi, mentre nel loro corso inferiore attraversano aperte e fertili pianure alluvionali. I principali sono il Sangario e l'Adranos. Quanto alla vegetazione, la Bitinia è regione di passaggio tra la zona mediterranea e la pontica. Mentre sulle coste del Mar di Marmara predominano le macchie, e l'economia trae i maggiori vantaggi dalla coltura degli olivi e dei gelsi, dai frutteti e dai vigneti, a oriente del Sangario invece, predominano ancora i densi boschi di ottimo legname, mentre dal Bosforo al Sangario ai boschi di latifogli si frappongono fertili campi di grano e di mais e prati ubertosi piantati di meli e di prugni. Procedendo dalla costa verso l'interno, le diminuite precipitazioni mutano e impoveriscono la flora: alla macchia e ai campi subentrano i pascoli e le steppe adatte alle grosse greggi di pecore e capre. La parte più fertile della Bitinia però è quella fra il lago di Subangia e il Golfo di Nicomedia, dove si hanno estesissime coltivazioni di tabacco, ricchi frutteti e campi fertilissimi. Esteso a quasi tutta la regione è l'allevamento del baco da seta. Fra gli animali domestici, nelle regioni a coltura intensiva troviamo i bovini e numerosi anche gli asini e i muli, mentre negli altipiani interni e a E. del Sangario prevalgono gli ovini e i caprini. Non mancano i prodotti minerali: ottima antracite nella zona di Eraclea (45.000 tonn. annue), zinco nel distretto di Ismid e manganese in quello di Brussa.
I centri principali sono: Brussa (v.), ai piedi dell'Olimpo, nella valle del Nilüfer, antica metropoli dell'impero ottomano, ricca di moschee, di minareti e di palazzi, notevole per l'industria della seta e dei cuoi, e per i suoi bagni di acque ferruginose e sulfuree; Adah-bazarī (v.), centro della zona agricola, e città industriale (tabacco e cuoi) e commerciale importante; Iznik, l'antica Nicea, un tempo residenza dei re di Bitinia, ora ridotta a povero villaggio sulle rive del lago omonimo; Izmid, ora Kocaeli (v.), l'antica Nicomedia, ottimo porto sul mar di Marmara a cui convergono le due ferrovie dell'interno, quella per Adah-bazarī e Boli e l'altra più importante EskiŞehir-Angora; Scutari (v.) sul Bosforo; Eraclea (v.); Gemlik; e nell'interno Bolu (v.), Beipazarï (20.000 ab.) e Bilecik (v.).
Il regno di Bitinia.
L'estensione del regno di Bitinia variò assai nel corso dei due secoli che durò la dinastia affermatasi indipendente e con titolo regio da Ziaela a Nicomede III (297-74 a. C.). Il nome di Bitinia derivò da una popolazione trace passata in Asia secondo Eusebio già nel sec. X, più probabilmente verso il 700 a. C., e che non si estese oltre la penisola limitata dal golfo di Astaco, dal Bosforo, dal Ponto e dal corso inferiore del Sangario. Dopo il sec. VII cominciò ad essere colonizzata dai Greci; fece parte del regno di Lidia, e passò poi sotto il dominio persiano. Le colonie greche conservarono una più o meno estesa autonomia, e i Bitinî, all'incirca dal 430 a. C. in poi, furono soggetti a dinasti nazionali pressoché indipendenti e minacciosi per le stesse città greche della costa.
La lista di questi dinasti, che pare si siano succeduti di padre in figlio, ci è tramandata da Memnone, il quale menziona Doedalsos, Boteiras, Bas (che visse 71 anni e morì dopo 50 anni di regno), Zipoite (morto a 76 anni dopo 48 di regno), e Nicomede I. È evidentemente errata la notizia di Appiano che sulla Bitinia abbiano regnato 49 re; sostanzialmente vera quella di Dionigi d'Alicarnasso, conservataci da Sincello, che in Bitinia abbiano regnato otto sovrani per lo spazio di 223 anni. Questi sovrani sono: Zipoite, Nicomede I, Ziaela, Prusia I, Prusia II, Nicomede II Epifane, Nicomede III Filopatore, e l'usurpatore Nicomede IV Socrate Chrestos. Un riferimento sicuro per la cronologia degli antichi dinasti si ha nel fatto che Zipoite viveva al tempo della battaglia di Corupedio (282 a. C.) e al principio del regno di Antioco Sotere di Siria; e quando scoppiò la guerra di Antioco contro Antigono Gonata (279) gli era già succeduto il figlio Nicomede, quindi nel 280 a. C. Durante la signoria di Bas (circa 377-328 a. C.) la conquista di Alessandro spezzò definitivamente i pochi vincoli che univano ancora i Bitinî ai Persiani; ma Calas, che Alessandro aveva lasciato in Asia Minore come satrapo della Paflagonia e della Bitinia, fu sconfitto dal dinasta bitinio Bas, che si mantenne di fatto indipendente. E non riuscirono ad affermare qui contro Zipoite il loro dominio effettivo né Antigono Monoftalmo, né Lisimaco. Anzi Zipoite seppe, attraverso i rivolgimenti prodotti dalle guerre dei Diadochi, non solo conservare i dominî appartenenti già alla sua famiglia, ma anche allargarli. Però quando Tolomeo, generale e nipote di Antigono il vecchio, passò dalla Cappadocia all'Ellesponto, Zipoite che stava assediando le città greche di Astaco e di Calcedonia fu costretto a togliere l'assedio, a stringere alleanza con Tolomeo e a dare ostaggi (315 a. C.). Dopo la battaglia di Ipso il posto di Antigono nella maggior parte dell'Asia Minore fu preso da Lisimaco (301), il quale rinnovò il tentativo di far valere la sua autorità effettiva anche sopra la Bitinia. Pare che in questo oscuro periodo di lotte sia stata distrutta Astaco; tuttavia Zipoite si mantenne vittoriosamente contro due generali di Lisimaco, dei quali uno fu vinto ed ucciso, l'altro fu respinto dalla Bitinia; Lisimaco stesso, intervenuto personalmente contro Zipoite, fu da lui sconfitto. È probabile che con queste vittorie Zipoite abbia potuto allargare i confini del suo dominio, conquistando il territorio di Nicea, e abbia allora invece del titolo di dinasta assunto il titolo regio. Con la dichiarazione dell'indipendenza del regno di Bitinia da parte di Zipoite va connessa la più antica era di Bitinia, che datava dal 297 a. C.; e a somiglianza dell'anno macedonico anche l'anno dell'era di Bitinia doveva cominciare coll'autunno. Verso la fine del regno di Lisimaco, quando Seleuco di Siria intraprese contro di lui la guerra che ebbe il suo epilogo nella battaglia di Corupedio (282), Zipoite, insieme con Eraclea del Ponto ed altri ribelli, si schierò dalla parte di Seleuco, e pare che dei soldati bitinî abbiano preso parte alla battaglia decisiva. Così Zipoite rivendicò un'altra volta la sua indipendenza, che poi difese del pari contro i Seleucidi, e rinnovò il suo tentativo espansionista invadendo il territorio di Eraclea che sembrava acconciarsi al dominio di Seleuco; ma è dubbio se abbia tolto agli Eracleoti Tio, Ciero e i territorî della Tinide. Alla morte di Seleuco il figlio e successore Antioco I ripeté l'errore, già commesso dal padre, di volere cioè la sottomissione effettiva di popolazioni che anche ai precedenti conquistatori avevano ubbidito solo di nome, come Eraclea, la Bitinia, la Cappadocia. La repressione delle tendenze autonomistiche nell'Asia Minore fu affidata da Antioco allo stratego Patrocle, il quale dalla Frigia distaccò il suo luogotenente Ermogene di Aspendo, affidandogli l'incarico di una spedizione contro Eraclea e la Bitinia. Con Eraclea Ermogene poté stringere facilmente un accordo; ma nella guerra contro i Bitinî cadde in un'imboscata tesagli dal vecchio Zipoite; l'esercito seleucidico fu tagliato a pezzi ed Ermogene perdette la vita (281/80 a. C.). Pare che dopo la vittoria su Antioco, Zipoite abbia fondato Zipoition presso il monte Lipero o meglio Lipedro; ma la sua ubicazione è ignota.
Poco dopo Zipoite venne a morte e gli successe il figlio Nicomede I (280 a. C.), il maggiore dei quattro figli lasciati dal sovrano defunto. Antioco era spinto naturalmente a riparare alla sconfitta di Ermogene, e forse credette di poter profittare della crisi che agitò il regno di Bitinia alla morte di Zipoite, perché a Nicomede contrastò il regno suo fratello, di nome, come il padre, Zipoite. Nicomede, di fronte alla nuova minaccia di Antioco, cercò di trar vantaggio dallo spirito d'indipendenza delle popolazioni del nord dell'Asia Minore, e ricercò ed ottenne l'alleanza di Eraclea, la quale in questo momento con notevoli sacrifizî finanziarî allargò il suo dominio al territorio della Tinide, e ottenne Ciero a occidente e Tio alla foce del Billeo, forse non da Nicomede, ma piuttosto dai piccoli dinasti locali. L'accordo fra Nicomede ed Eraclea fu facile, perché questa città con la nuova alleanza si assicurava meglio l'indipendenza contro Antioco e si garantiva col riconoscimento del re bitinio il dominio su queste località che aveva ridotte sotto il suo potere. Una politica contraria a Nicomede seguì naturalmente suo fratello Zipoite, il quale forse col favore di Antioco, che non mancò di assicurarsi dei partigiani in questa parte dell'Asia Mlnore, riuscì a costituirsi un proprio dominio ribellandosi al fratello, e si rivolse contro Eraclea per ritoglierle il dominio che s'era formato sulla costa del Ponto. Come si svolgesse la guerra tra Nicomede e Antioco ci è ignoto; pare solo che questa guerra, che si svolse per terra e per mare, non abbia dato luogo a successi notevoli per nessuna delle parti. Durante questa guerra un fatto nuovo intervenne a mutare le direttive di Antioco e ad allargare per effetto del giuoco delle alleanze il campo della lotta. Infatti Nicomede trovò un nuovo alleato in Antigono Gonata, il quale, morto Tolomeo Cerauno, accampò di nuovo le sue pretese alla successione nella parte europea del regno di Lisimaco, il che portava ad un urto fra Antigono ed Antioco, che accampava pretese uguali. Della guerra marittima contro Nicomede sappiamo solo che le flotte avversarie di Bitinia e di Siria si fronteggiarono per qualche tempo e si separarono senza essersi data battaglia. Certo si è che, scoppiata la guerra tra Antioco e Antigono, il conflitto contro Nicomede dovette passare in seconda linea. La pace che pose termine a questa guerra fu conclusa fra Antioco e Antigono sulla base che il primo restasse libero in Asia, rinunziando alle sue pretese sulla Macedonia e la Tracia, il secondo restasse libero nella sua politica in Europa, rinunziando ad ogni intervento in Asia. È da ritenere che nella pace fosse compreso in qualche modo anche Nicomede, il quale però senza l'alleanza con Antigono non si sentiva più del tutto sicuro di fronte ad Antioco; questi, indirettamente almeno, poteva sempre intrigare contro di lui, dando aiuti al fratello ribelle Zipoite. Allora Nicomede si rivolse per aiuto ai Galli che s'accampavano intorno a Bizanzio e concluse con loro un accordo regolare, invitandoli a passare lo stretto sotto i loro capi Leonnorio e Lutario (278 a. C.). Come partecipi dell'accordo coi Galli appaiono Nicomede e Bisanzio, Eraclea, Calcedonia, Tio, Ciero che sono espressamente nominate. Sostenuto dai Galli e aiutato da Eraclea, Nicomede riuscì vittorioso contro Zipoite e in conseguenza della vittoria crebbe la sua potenza e si allargò il suo dominio con l'annessione dei territorî che erano rimasti sotto il fratello; a Eraclea furono restituiti i territorî che aveva perduti, ad eccezione di Amastri. Nicomede conservava la Bitinia press'a poco nei confini che aveva intorno al 280 a. C., estesa dal territorio di Nicea a ovest fino al corso dell'Hypios a oriente. È difficile che Nicomede, occupato a rafforzare all'interno il suo regno, abbia potuto fare ulteriori acquisti territoriali di qualche importanza. I Galli ebbero come bottino i beni mobiliari dei vinti, ma non è ammissibile che Nicomede abbia diviso il regno con i Galli suoi alleati, come dice Giustino. Nel 264 a. C. Nicomede fondò sul golfo di Astaco una nuova città col nome di Nicomedia, la nuova capitale del regno, non sul posto di Astaco distrutta da Lisimaco, ma di fronte ad essa, nel luogo forse dell'antica Olbia. La nuova città ereditò la prosperità di Astaco, gli avanzi della cui popolazione furono trasferiti a Nicomedia, che divenne una delle metropoli dell'Asia. Nicomede è il primo dei re di Bitinia di cui abbiamo monete, probabilmente il primo che ne abbia coniato (tetradramme e dramme d'argento e monete di bronzo); le sue monete furono coniate secondo il piede attico, e il suo esempio fu seguito dai suoi successori. Nicomede aveva sposato in prime nozze una frigia Ditizela e in seconde nozze Etazeta. Dalla prima moglie ebbe un figlio, Ziaela, e pare una figlia, Lisandra; dei diversi figli che ebbe dalla seconda moglie conosciamo il nome di uno solo, Zipoite. Ziaela, che era l'erede legittimo del regno, perseguitato dalla matrigna, aveva dovuto abbandonare la corte e rifugiarsi presso il re d'Armenia. Etazeta inoltre indusse Nicomede ad escludere dalla successione il figlio del primo matrimonio e a designare per testamento come suo successore il figlio nato da lei, ponendo madre e figlio sotto la protezione delle repubbliche e dei re amici (Antigono e Tolomeo, e le città di Bisanzio, Eraclea, e Cio), che dovevano vigilare sull'esecuzione del testamento. Quando Nicomede morì (circa 255 a. C.), i Bitinî stettero per il rispetto della volontà del defunto, ed Etazeta, che era la vera reggente del regno per il figlio, cercò di rafforzare la sua posizione sposando un fratello di Nicomede. Ma Ziaela, il figlio escluso dal potere, s'accinse a riconquistare il regno con un esercito in cui si trovavano anche dei Galli Tolistobogi. Dopo un breve periodo di lotta, in cui si alternarono successi ed insuccessi delle due parti, i due contendenti, con la mediazione degli Eracleoti, che avevano avuto una parte importante nella guerra, conclusero la pace, probabilmente dividendosi il regno. Ma l'accordo non dovette avere lunga durata, perché troviamo poi Ziaela unico sovrano di Bitinia; gli altri figli di Nicomede e di Etazeta dovettero andarsene in esilio, e più tardi troviamo Zipoite esule in Macedonia e pretendente al trono di Bitinia. Il regno di Ziaela pare che abbia segnato un notevole progresso per l'ingrandimento territoriale dello stato. Se sono confuse a questo riguardo le notizie di Giustino, ci è tramandato tuttavia che Ziaela fondò la città di Zela in Cappadocia e conquistò Cressa in Paflagonia. Certo egli non si spinse cosi addentro nella Cappadocia da fondarvi Zela; ma Cressa è identificata con Crateia (l'odierna Gerede) nel bacino superiore del Billeo, e ci indica l'importanza delle conquiste fatte da Ziaela ad oriente. Anche una parte della Frigia, detta poi Epitteto, fu conquistata da lui; e a questo tempo deve riferirsi se non la fondazione almeno la nuova denominazione di Bitinion nella pianura Salonia. Non sappiamo se Ziaela abbia fatto conquiste degne di nota anche verso sud; forse l'allargamento del regno di Bitinia in questa direzione è dovuto a Prusia. Il rafforzamento della Bitinia, come degli altri stati dell'Asia Minore, era agevolato dopo il 240 a. C. dal distacco di questa regione fino al Tauro dalla sovranità dei re di Siria, operato da Antioco Ierace in danno di suo fratello Seleuco II Callinico. Questi dopo la sconfitta di Ancira aveva dovuto riconoscere l'usurpazione dell'Ierace, e Seleuco III non riuscì a riconquistare questa regione contro Attalo I. Se Acheo combatté vittoriosamente contro Attalo per Antioco III, gli si ribellò tosto e contribuì all'indebolimento dell'impero dei Seleucidi, che non riuscirono più ad affermare la loro solida potenza a nord del Tauro e non furono più una grave minaccia per i dinasti autonomi dell'Asia Minore. Ziaela aveva saputo profittare di queste circostanze favorevoli, anzi aveva dato una sua figlia in moglie ad Antioco Ierace, e lo aveva sostenuto anche nella sua guerra contro Attalo di Pergamo. Ziaela cercò di disfarsi in un banchetto di alcuni capi dei mercenarî galli che avevano combattuto con lui e Antioco contro Pergamo, ma fu da essi prevenuto e ucciso (228 a. C.).
A Ziaela succedette suo figlio Prusia 1 (circa 228-182 a. C.), principe talvolta debole e vile per opportunismo, ma senza dubbio anche dotato di capacità politica e di valore personale. Poco dopo il suo avvento al trono Rodi fu colpita da un violento terremoto, ed egli come tutti gli altri sovrani mandò aiuti (227), e più tardi fu alleato di Rodi nella guerra contro Bisanzio (220). In questa guerra egli occupò il santuario all'ingresso del Ponto che i Bizatini avevano fortificato, prese tutto il territorio della costa asiatica che apparteneva a Bisanzio e distrusse le fortificazioni nemiche che vi si trovavano; ma alla conclusione della pace, con cui Bisanzio prometteva di non imporre dazî per la navigazione nel Ponto e si stabiliva pace e amicizia con Prusia, questi restituiva tutte le località conquistate sulla costa asiatica del Bosforo, le navi prese e i prigionieri senza riscatto.
Intanto si accostò alla Macedonia, sposando Apama figlia di Demetrio l'Etolico e sorella del re Filippo V, da cui egli pensava di poter ricevere aiuti in quel contrasto di ambizioni dei dinasti dell'Asia Minore, onde conseguirvi, con tempestivi e accorti interventi, successivi ingrandimenti territoriali. Nella prima guerra tra Filippo e i Romani Prusia dimostrò apertamente di aver accettato l'alleanza della Macedonia, mandando le sue navi in aiuto di Filippo, e dichiarando guerra al re di Pergamo, sicché Attalo dovette abbandonare la Grecia per accorrere alla difesa del suo regno, né poté più intervenire in Grecia perché costretto a restare nel regno dagli attacchi di Prusia. Perciò Prusia venne compreso nella pace di Fenice (205 a. C.) con la quale peraltro i Romani assicuravano di fronte a Filippo i loro possessi territoriali agl'Iliensi e ad Attalo, se si fossero astenuti dalle ostilità verso la Macedonia. Poco dopo troviamo Prusia in guerra con Cio, importante città greca sulla Propontide, e in suo aiuto intervenne Filippo che strinse Cio per terra e per mare, la prese e la distrusse come aveva preso Sesto e Perinto, e in Asia Calcedonia e Mirlea. Prusia ricevette dal cognato questi territorî asiatici e le città rovinate che egli s'affrettò a ricostruire con nomi nuovi: Cio fu ricostruita col nome di Prusia al Mare, Mirlea risorse col nome di Apamea da quello della moglie di Prusia; non è però da escludere che Apamea sia stata fondata da Prusia II. La politica di espansione ripresa da Prusia era coronata da buoni successi, e tutto il territorio fino al Rindaco e all'Olimpo Misio, forse compresa Calcedonia, era entrato a far parte del regno di Bitinia. Scoppiata la seconda guerra tra Filippo e i Romani, Prusia, risoluto sempre a seguire opportunisticamente la via che gli pareva più sicura per avvantaggiare sé stesso ed accrescere il suo regno, abbandonò la causa del cognato proprio quando più si accanivano i nemici contro il re macedone. Così poté riprendere la politica di conquista nell'interno della Frigia, sul corso medio e superiore del Sangario. Poco prima del passaggio dei Romani in Asia (190 a. C.), intraprese la guerra contro Eraclea del Ponto, occupò Ciero e Tio, attaccò Eraclea e forse sarebbe riuscito ad impadronirsene, se nell'assalto dato alla città non avesse avuto spezzata una gamba, per cui rimase zoppo per sempre, donde il soprannome di χωκός. Eraclea rimase indipendente, ma con un territorio ristretto, circondato sulla terraferma da ogni parte dal regno di Bitinia che col possesso di Tio la separava dal regno del Ponto. Ciero, come le altre nuove conquiste, fu ripopolata con coloni greci, forse di Bisanzio e di Calcedonia, e dal nome del sovrano prese il nome di Prusia dell'Hypios. Una politica prudente egli seguì anche nella guerra di Antioco III contro i Romani. Dapprima aveva pensato di aiutare il re di Siria, ma gli Scipioni, assicurandogli l'integrità del suo regno, ne ottennero la neutralità.
Però con l'applicazione del trattato di Apamea (188) Prusia vide in parte deluse le sue speranze; se a lui non erano propriamente sottratti dei territorî da lui occupati nella Misia, nella Frigia dell'Ellesponto, nella Grande Frigia, non potevano mancare contestazioni intorno a distretti occupati da Eumene come appartenenti già al dominio di Antioco III e che Prusia invece considerava come a sé spettanti. Cogliendo come pretesto appunto tali contestazioni egli assalì il re di Pergamo, che naturalmente si rivolse ai Romani. Ora questi per gl'impegni presi con Prusia non potevano intervenire subito contro di lui, che pure aveva presso di sé, consigliere e cooperatore nella guerra contro Eumene, Annibale. Per consiglio di Annibale venne fondata da Prusia ai piedi dell'Olimpo Misio, in una fertile pianura bagnata dall'Odrisi e dai suoi affluenti, la nuova città di Prusa dell'Olimpo, che ha conservato sempre il suo nome (oggi Brussa). Sullo svolgimento della guerra con Pergamo sappiamo solo che Prusia fu battuto da Attalo, fratello di Eumene, presso il monte Lipedro, mentre Annibale alla testa della flotta bitinia sconfisse per mare Eumene, che poco mancò non venisse fatto prigioniero. Allora intervennero, mediatori fra i contendenti, i Romani, che mandarono T. Quinzio Flaminino ambasciatore a Prusia per chiedere la consegna di Annibale, come esigeva ormai l'interesse della repubblica romana. Prusia anche in questo caso volle vilmente comprare l'amicizia dei Romani; ma non poté compiere del tutto il tradimento del suo ospite, perché Annibale si diede la morte in Libissa (183 a. C.). Prusia per effetto dell'intervento romano dovette forse abbandonare ad Eumene qualche tratto della Frigia Epitteto; ma in realtà mettendosi sotto la protezione di Roma, con cui deve aver stipulato un trattato d'alleanza, egli consolidava assai il regno di Bitinia. Questo regno, sotto Nicomede I, Ziaela, Prusia I, s'era venuto allargando in tutte le direzioni, con l'aiuto dei mercenarî galli e della Macedonia, verso l'interno dell'Asia Minore, in danno dei Misî, dei Frigi, dei Paflagoni, e occupando le città greche della costa fra Cizico e Tio, eccettuata la sola Eraclea. Dominato da una dinastia di principi traci ellenizzati, il regno bitinio abbracciava quasi tutto il territorio compreso fra la foce del Rindaco, l'Olimpo di Misia, il corso medio del Sangario, il bacino del Billeo e il corso del Partenio, territorio che rimase ai successori di Prusia (meno Tio che passò sotto Eumene) e costituì dopo il 74 a. C. la provineia romana di Bitinia. Del resto abbiamo monete dei due Prusia coniate a Nicomedia, Prusa, Nicea, Tio, Apamea, Calcedonia, Bitinio, Cio. Se Nicomede I può essere considerato come instauratore della dinastia bitinia, Prusia I va considerato con più ragione il vero fondatore del regno di Bitinia. A Prusia I succedette circa il 181 a. C. suo figlio Prusia II, che ereditò la lunga rivalità contro il regno di Pergamo, ma il cui regno segnò un arresto nei progressi territoriali della Bitinia, che del resto avrebbe potuto assai difficilmente fare ancora guadagni di qualche conto. Fu un principe per altezza d'animo assai inferiore al padre, d'animo fiacco e servile, adatto quindi più del padre a regnare in un tempo in cui con la servile remissività verso i Romani poteva conservare incolume lo stato bitinio di cui non poteva allargare i confini. Per quanto la politica dei re di Bitinia fosse orientata contro il regno di Pergamo, Prusia fu spinto a combattere a fianco di Eumene contro Farnace re del Ponto. Questi improvvisamente con un colpo di mano s'impadronì di Sinope, e poi con l'occupazione di Tio a danno di Pergamo minacciava Eraclea del Ponto e la Bitinia, mandò un suo stratego Leocrito nella Galazia, e s'apparecchiò egli stesso a invadere la Cappadocia. Prusia ed Eumene si unirono quindi con Ariarate IV di Cappadocia contro di lui, provocando l'intervento romano; ma la lentezza del senato nel decidere la contesa spinse i dinasti in lotta a concludere la pace fra loro (179). Intanto in Macedonia a Filippo V era succeduto Perseo, e anche Prusia II si strinse come già suo padre al re macedone di cui sposò la sorella Apama, mentre Perseo sposò Laodice figlia di Seleuco IV di Siria, mirando a ricostituire l'aggruppamento delle potenze ostili a Roma, rimasto scosso con la morte di Filippo. Questo accordo, per le condizioni stesse in cui sorgeva, era assai debole; difatti quelli che erano i nemici di Pergamo e perciò di Roma, quando scoppiò la guerra tra Perseo e i Romani (171), non si mantennero stretti fra loro e con la Macedonia, ma furono quasi tutti più o meno volentieri per Roma; fra essi anche Prusia. Egli non volle prender le armi contro Perseo e neppure impegnarsi contro Roma; rimase in attesa con l'intenzione di accostarsi in tempo utile a chi accennasse a prevalere. Ma durante lo svolgimento della guerra rispettò l'alleanza stretta con Roma e aiutò anche i Romani, sebbene assai più tiepidamente di Eumene, mandando navi ausiliarie alla flotta romana nell'Egeo; è tuttavia assai dubbio se nella primavera del 168 a. C. abbia tentato, come i Rodî, una mediazione fra i belligeranti. Se pur lo fece, cercò dopo Pidna di cancellare quell'atto con la servilità umiliante di cui diede prova recandosi a Roma, dove fu splendidamente accolto e dove si profuse in servili piaggerie davanti al senato (167). Il senato, che voleva trovare un contrappeso alla cresciuta potenza di Pergamo, mutò quindi, per calcoli interessati, il suo atteggiamento verso gli antichi favoriti Pergamo e Rodi, e porse benevolo ascolto, se pur non diede immediata soddisfazione, alle richieste di territorio fatte da Prusia a spese dei Galati, o meglio di Eumene. E l'insuccesso di Eumene, che volle recarsi a Roma per dissipare i malintesi e che giunto a Brindisi dovette tosto riprendere la via del ritorno, ebbe come conseguenza non solo la resistenza dei Galati, ma anche le nuove brighe di Prusia che, aizzando contro Eumene tutti i possibili avversarî, riuscì a provocare una guerra dei Pisidi di Selge contro il re di Pergamo. Poi lo stesso Prusia mosse guerra contro Attalo II (156) e lo ridusse in condizioni difficili, spingendosi nelle sue scorrerie fino al saccheggio del Niceforio presso Pergamo e all'assedio di questa città. La guerra si chiuse con l'intervento romano; Prusia si obbligò a consegnare 20 navi da guerra ad Attalo e a pagare 500 talenti, e alle città di Metimna, Ege, Cime ed Eraclea del Ponto furono liquidati 100 talenti come indennità per i saccheggi patiti; ma le condizioni territoriali quali erano prima della guerra non furono modificate (154 a. C.). Poco dopo Attalo poté vendicarsi di Prusia, quando si aprì un'altra volta la questione della successione di Bitinia. Prusia aveva avuto da Apama un figlio, Nicomede, che era stato mandato a Roma per compiervi la sua educazione; ma cercò di escluderlo dalla successione al trono, come aveva già fatto Nicomede I; anzi tentò di farlo assassinare per favorire i figli natigli da un secondo matrimonio con una sorella del dinasta trace Diegilis. Ma Nicomede, avvertito a tempo, si ribellò al padre e in Berenice sulla costa dell'Epiro prese il diadema; passato in Asia con gli aiuti di Attalo II poté entrare nella Bitinia dove le popolazioni scontente di Prusia lo accolsero favorevolmente come nuovo sovrano. Prusia ricorse ai Romani i quali mandarono in questa occasione in Asia l'ambasceria sarcasticamente dileggiata da Catone; abbandonato da tutti ottenne ancora 500 Traci da Diegilis, coi quali si rafforzò sull'acropoli di Nicea e quindi passò a Nicomedia, dove trovò infine la morte per ordine del figlio ai piedi dell'altare di Zeus Sotere (149 a. C.); e forse allo stesso modo fu tolto di mezzo anche il figlio minore a cui Prusia voleva destinata la successione. Nicomede II Epifane fu un re popolare che cercò di risollevare la Bitinia e volle ellenizzarla. Sotto di lui la Bitinia godette di un periodo abbastanza florido, grazie alle risorse del regno fertile e popolato e all'attività commerciale delle città greche; un segno della floridezza delle finanze sono le abbondanti emissioni monetarie, anche di stateri d'oro che erano proprî solo delle maggiori dinastie. L'esercito bitinio doveva pure essere assai forte con adeguata cavalleria, come anche la marina da guerra. Come è stato dimostrato da Th. Reinach, il lunghissimo regno di Nicomede II Epifane, che la cronologia vulgata faceva durare dal 149 al 94 circa, va diviso nel vero e proprio regno dell'Epifane (non oltre il 107), e in quello del figlio di lui Nicomede III Evergete, la cui esistenza, rivelata da un'iscrizione delfica, è confermata da probanti indizî storici e numismatici. Mentre resta dubbio a quale fra i due dinasti vada attribuito l'aiuto prestato ai Romani nella guerra contro Aristonico (133-129), e la lunga contesa per il possesso della Grande Frigia con Mitridaie V re del Ponto, è certo che a questo terzo Nicomede Evergete, principe colto e munifico, si debbono tra l'altro i tentativi per impadronirsi della Paflagonia, e poi della Cappadocia; egli la invase e sposò la reggente Laodice, vedova di Ariarate VI e sorella di Mitridate Eupatore; ma questi intervenne, scacciò dalla Cappadocia i presidî bitinî e restituì il regno al figlio di sua sorella. Un nuovo intervento romano (95 a. C.) obbligò Nicomede e Mitridate ad abbandonare la Paflagonia e la Cappadocia. Nicomede aveva sposato in prime nozze Nisa, forse non una ballerina, ma una principessa di Cappadocia, dalla quale ebbe un figlio, Nicomede; poi da una concubina greca gli nacque un altro figlio, Socrate; infine sposò Laodice dalla quale non ebbe figli. Ora pensò a regolare la successione riconoscendo come legittimo il solo primogenito Nicomede; il secondogenito Socrate con la madre e la sorella furono mandati a Cizico ed ebbero 500 talenti. Poco dopo Nicomede morì forse di veleno (circa 91 a. C.), e gli succedette senza incontrare difficoltà il figlio maggiore Nicomede IV che ebbe il titolo di Filopatore. Egli si mostrò vizioso e crudele come Prusia II; cominciò con lo sbarazzarsi dei suoi parenti meno sua zia Lisandra, che egli sposò, ma che morì presto di morte sospetta. Si unì poi in seconde nozze con Nisa, figlia ed unica ereditiera di Ariarate Epifane di Cappadocia, dalla quale gli nacquero un figlio, Nicomede, ed una figlia, Nisa. Ma Socrate accusò presso Nicomede la moglie Nisa di averlo incitato a ribellarsi, sicché Nicomede ripudiò o uccise Nisa e ne considerò i figli come illegittimi; Socrate fu accolto a corte con onori ed ebbe il soprannome di ρηστός. Ma egli desiderò allora davvero di ottenere il trono e si recò segretamente a Roma dove presentò accusa contro il fratello e richiese per sé al senato il regno di Bitinia. Il senato non diede ascolto alle sue proteste e riconfermò i diritti di Nicomede (91 a. C.). Dopo tale insuccesso Socrate non poteva più tornare a Nicomedia; andatosene a Cizico uccise sua sorella per impadronirsi della sua parte di eredità, suscitando l'indignazione dei Ciziceni e di Nicomede, sicché dovette fuggire nell'Eubea. Di là passò nel Ponto a chiedere aiuti a Mitridate per tentare di conquistare la Bitinia, e Mitridate non solo li concesse, ma tentò anche, sebbene invano, di far assassinare Nicomede. Levato un esercito nel Ponto, Socrate invase la Bitinia scacciandone il fratello, prese egli stesso il nome dinastico di Nicomede e batté moneta come suo fratello con l'effigie e la leggenda dei suoi predecessori. Nicomede IV detronizzato ricorse per aiuto al senato romano; Lucio Cassio e Manio Aquilio restaurarono Nicomede, obbligando Mitridate a togliere di mezzo il pretendente, suo protetto (90). Aquilio eseguì l'incarico affidatogli dal senato senza che Mitridate opponesse resistenza; per indurlo alla guerra incitò il re Nicomede ad invadere il regno del Ponto, e quest'atto fu la causa della prima guerra mitridatica (88). Durante questa guerra la Bitinia fu occupata da Mitridate; Nicomede vinto nella battaglia dell'Amnia dovette andare in esilio, e solo con la pace di Dardano poté ricuperare il suo regno, nel quale fu effettivamente restaurato da Curione legato di Silla (84). Da allora fino alla sua morte (74 a. C.), Nicomede, sempre umile verso il senato, conservò il suo regno, che per testamento lasciò in eredità al popolo romano. Mitridate occupò ancora una volta la Bitinia nel 73, ma gli fu ritolta l'anno successivo e fu poi organizzata da Pompeo. Un tentativo di rivendicazione dei suoi diritti al regno fu fatto inutilmente da un Nicomede, figlio di quel Nicomede nato da Nicomede IV e da Nisa e che fu considerato illegittimo dal padre. Egli appare col titolo di re in un'iscrizione di Delo, e si deve identificare con quel Licomede (con lieve alterazione del nome) della famiglia reale di Cappadocia, al quale Cesare (che ebbe rapporti di famigliarità con suo nonno Nicomede IV) concesse il titolo regio e il sacerdozio di Bellona a Comana del Ponto. Una figlia di lui, Orodaltis, appare come principessa di Prusia al mare su monete di questa città.
Per la provincia romana, v. ponto e bitinia.
Fonti - Memn., c. X segg. (Müller, Fragm. Hist., III, p. 512 segg.); Polyb., IV, 50 segg.; V, 90, ecc., v. Indici, Liv., XXVII, 30; XXVIII, 7; ecc., v. Indici; Diod., XXIX, 23; XXXI, 7, 15, 35; XXXII, 19; Iustin., XXVII, 3; XXXIV, 6 e 7; XXXVIII, 1, 2, 5; Appian., Syr., 23; Mithr., 2 segg.; Gran. Licin., p. 24 segg. ed. Flemisch; Syncell., p. 525 e 593, ed. Bonn.
Bibl.: Clinton, Fasti Hellenici, III, p. 420 segg.; Droysen, Hist. de l'Hellén., II, p. 561, ecc.; III, p. 184 segg., 303 segg.; per le colonie in Bitinia, II, p. 703, e cfr. Tscherikower, Die hellenistischen Städtegründungen, in Philologus, suppl. XIX, fasc. 1° (1927), p. 45 segg.; Niese, Gesch. der griech. und mak. Staaten, II, p. 75 segg., 384 segg.; III, p. 70 segg., 327 segg., ecc.; Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., IV, i, pp. 80, 234, 671; IV, ii, p. 211 segg.; De Sanctis, Storia dei Romani, III, ii, p. 417 segg.; IV, i, p. 257 segg.; G. Perrot, Exploration archéologique de la Galatie et de la Bithynie, Parigi 1862; Waddington-Babelon-Reinach, Recueil général des monnaies grecques d'Asie Mineure, I, fasc. 2° segg.; Catal. Brit. Mus., Pontus Paphlagonia ecc., ed. by R. Stuart Poole, pp. xix seg.; xxxviii segg.; 10 esagg., tav. XXIV segg.; Th. Reinach, Trois royaumes de l'Asie Mineure, p. 89 segg.; id., Un nouveau roi de Bithynie, in L'histoire par les monnaies, Parigi 1902, pp. 167-182 (su Nicomede III Evergete); E. Meyer, Die Grenzen der hellenistischen staaten in Kleinasien, p. 108 segg.; Diest e Anton, Neue Forschungen in nordwestlichen Kleinasien, in Petermanns Mitteilungen, suppl. 116 (Gotha 1895). - Per le ere bitiniche cfr. Ginzel, Handbuch der mathem. und techn. Chronologie, III, Lipsia 1914, p. 35 seg.