Vedi BITHIA dell'anno: 1959 - 1994
BITHIA (o Bitia; in Tolomeo trovasi anche la forma Βιοία, ma è dovuta probabilmente a errore di trascrizione. Il nome Bitias appartiene all'onomastica punica)
Antica città sulla costa meridionale della Sardegna, fra il Capo di Pula e il Capo Spartivento. Nulla di essa si apprende dalle fonti letterarie, all'infuori della sua esistenza e della sua ubicazione (ma quest'ultima non precisamente indicata da Claudio Tolomeo e dagl'itinerarî romani), confermate da iscrizioni di cippi miliari. Dovette essere di qualche importanza se Plinio il Vecchio la include nel catalogo delle civitates. Una maggiore conoscenza la dobbiamo all'esplorazione archeologica, per la quale si è potuto identificare il sito di B. con quello dell'odierna Chia, frazione del Comune di Domus de Maria, in provincia di Cagliari, sulla costa presso il Capo Spartivento. I primi scavi scientifici furono condotti nel 1933 dal Taramelli, dopo precedenti saggi non sistematici di incompetenti.
Gli scavi permisero di constatare che l'acropoli era situata sui fianchi di un ripido colle (oggi sormontato da una torre di avvistamento del tempo di Filippo II), dominante un porticciuolo chiuso da scogli ed una più vasta rada sabbiosa, che si estende fino alle estreme rupi di Capo Spartivento. Sul colle furono esplorati due edifici punici, costruiti a grandi massi con malta di fango, poi in tempo romano decorati con pitture parietali e soffitti in stucco. Si accedeva all'interno di questi edifici attraverso cortili o terrazze antistanti (simili alla lolla dell'attuale casa campestre campidanese). Su quest'acropoli un abitato nuragico preesisteva allo stanziamento semitico.
La necropoli, tutta litoranea ed in parte coperta da una duna sabbiosa, s'estende lungo una striscia compresa fra l'arenile e la piana di Chia e consta di tombe puniche e romane. Delle prime alcune erano ad incinerazione, con urne e suppellettili deposte in piccole fosse, altre ad inumazione in fosse rivestite di ben disposti blocchi, con stele aniconica a segnale del sepolcro. La suppellettile, in generale, non risale più addietro del IV sec. a. C. Le tombe romane erano per la maggior parte a copertura di tegoloni del tipo "alla cappuccina". Le mani dei defunti stringevano monete di bronzo di Augusto e dei Giulio-Claudi (ma da altri indizi si desume una durata della necropoli fino a Costantino). Copiose le inumazioni puniche e romane di bambini entro anfore fittili, in cui era ritagliato uno sportello per farvi passare il cadaverino. Un mausoleo di tipo nordafricano d'età adrianea fu riutilizzato in epoca cristiana.
La scoperta di maggiore interesse fu quella di un santuario punico, consistente in un recinto all'aperto racchiudente un'edicola in blocchi d'arenaria, intonacati a stucco dipinto, numerose are ed alcuni ambienti periferici. Accanto ad uno degli altari fu rinvenuta una grande statua di arenaria del dio Bes, parte della stipe votiva (qualche terracotta figurata, vasi e monete puniche e romane) e un frammento d'iscrizione punica su lastra marmorea, menzionante la costruzione di altari e di altre aggiunte al tempio fatte dal popolo di Biten (forma punica di B.) per ordine dei suffeti e di altri cittadini (dai nomi punici), al tempo dell'imperatore Marco Aurelio. Più recentemente il medesimo tempio è stato più minuziosamente esplorato da una spedizione svedese diretta dal Kunwald, mentre il Pesce ne ha scoperto la stipe votiva (presentatasi sconvolta) nell'area fra il tèmenos e il mare, trovando circa duecento interessanti statuette fittili in forma di vasi, (simili ad altre già trovate nel centro punico di Ibiza, v.), plasmate con impressionante primitivismo, databili tuttavia non al II millennio a. C., come i consimili vasi-idoli orientali, ma ad età ellenistica, come si deduce dalla presenza di monete repubblicane e di due testine di produzione artigianale ellenistica, associate alle statuette bitiensi. Queste sembrano attestare il culto di una coppia divina, patrona della fecondità e della generazione, e rappresentano la persistenza, in piena civiltà punico-romana, di un linguaggio formale preistorico. (I materiali sono ancora inediti).
Bibl.: A. Lamarmora, Voyage, II, Parigi-Torino 1840, p. 394; E. Pais, La Sardegna prima del dominio romano, in Memorie dei Lincei, Serie 3a, vol. VII, 1881, p. 79; A. Taramelli, Scavi nell'antica B., in Boll. d'Arte, XXVII, 1933-1934 (breve notizia. Tutti gli scavi suddetti sono inediti). C. I. L., X, 2a, numeri 7996-7998; P. Meloni, I miliari Sardi, in Epigraphica, XV, 1953; id., Un nuovo miliario sardo, in Studi Sardi, XII-XII, 1955. Per l'etimologia: F. E. Moves, Die Phönizier, Bonn-Berlino 1841-50, II, i, p. 500; II, 2, p. 574.