BISTABILITÀ
Il concetto di bistabilità: definizioni generali. - Consideriamo un sistema generico, che può essere fisico, chimico, biologico, ecologico, e così via. Tale sistema è caratterizzato da un certo numero di parametri i cui valori possono essere tenuti fissi. A mo' di esempio, consideriamo i casi di 1) un pendolo fisico costituito (fig. 1A) da un'asta a fissata in uno dei suoi due estremi P, e 2) una pallina sferica b che si muove su di una guida c a forma di parabola (fig. 1B). Nel primo caso i parametri sono la lunghezza dell'asta, le coordinate del punto fisso e il coefficiente che caratterizza l'attrito cui è soggetto il pendolo nel suo movimento; nel secondo, i parametri sono dati dal raggio e dalla densità della pallina, dall'ampiezza della parabola, dalle coordinate del vertice e dal coefficiente di attrito tra la pallina e la guida. Quando il valore di un parametro può essere variato agevolmente dal punto di vista operativo, il parametro viene detto di controllo. Lo stato del sistema è descritto da una o più variabili, tali che la conoscenza del loro valore a un certo istante permette di predire l'evoluzione successiva del sistema stesso. Nel caso 1) le variabili sono l'angolo che l'asta individua con la verticale, e la velocità angolare dell'asta; nel caso 2) le variabili sono la posizione di b lungo la parabola e la sua velocità. Mediante le leggi della meccanica, la conoscenza dello stato del sistema in un istante iniziale permette di calcolare il movimento del pendolo e della pallina. Da un punto di vista matematico, l'insieme dei possibili stati di un sistema costituisce uno spazio, che viene denominato spazio delle fasi. Uno stato viene detto stazionario se, una volta in questo stato, il sistema vi permane indefinitamente, finché non venga disturbato dall'esterno. Il pendolo si trova in uno stato stazionario quando è verticale (verso il basso o verso l'alto) con velocità angolare nulla; l'unico stato stazionario nel caso 2) è quello della pallina sul fondo della parabola con velocità nulla. Supponiamo ora di spostare un poco il sistema da uno stato stazionario S, e di lasciare poi il sistema libero di evolvere spontaneamente. Se questo ritorna in S, tale stato è detto stabile; se il sistema si allontana ulteriormente da S, tale stato è detto instabile; se il sistema né si avvicina né si allontana da S, tale stato viene detto di stazionarietà indifferente. Nel caso 1) lo stato stazionario del pendolo verso il basso (l'alto) è stabile (instabile); nel caso 2) l'unico stato stazionario è stabile. Affinché esista uno stato stazionario stabile, è necessario che il sistema presenti un'evoluzione di tipo irreversibile e dissipativa. Nei due esempi considerati, il carattere irreversibile-dissipativo della dinamica è dovuto alla presenza di attrito.
Un sistema è detto monostabile quando possiede un solo stato stazionario stabile. Per qualunque condizione iniziale, che non corrisponda a uno stato stazionario, il sistema evolve, nel corso del tempo, verso lo stato stazionario stabile. Entrambi gli esempi da noi sinora considerati rientrano nel dominio della monostabilità. Un sistema è detto bistabile quando possiede due distinti stati stazionari stabili. In questo caso lo spazio delle fasi può essere diviso in due regioni contenenti ciascuna un solo stato stazionario stabile; se il sistema si trova inizialmente in una di queste due regioni, evolve verso lo stato staziona rio stabile che si trova all'interno della regione stessa. Tali regioni vengono chiamate domini d'attrazione dei due stati stazionari stabili. Un esempio di sistema bistabile è dato da una pallina che si muove con attrito sulla guida a due buche indicata in fig. 1C. Se la pallina ha inizialmente velocità nulla e si trova alla destra (sinistra) del punto U, si muove verso il punto Vs (Vd) in cui alla fine si ferma, eventualmente dopo qualche oscillazione. Con ovvia generalizzazione della definizione precedente, un sistema è multistabile quando possiede due o più stati stazionari stabili. È importante osservare che, affinché un sistema sia bistabile o multistabile, è necessario che sia governato da una legge di evoluzione temporale nonlineare, nel senso che le equazioni differenziali che descrivono la dinamica del sistema non devono essere di tipo lineare.
Nel caso di sistema bistabile, è desiderabile che questo possa essere fatto transitare dall'uno all'altro stato stazionario, e viceversa, in modo controllato. È possibile ottenere ciò se esiste un parametro di controllo λ tale che il sistema sia bistabile nell'intervallo λ1〈λ〈λ2 e monostabile per λ〈λ1 e λ>λ2. Precisamente, se chiamiamo x una variabile del sistema e mettiamo in grafico i valori stazionari stabili di x in funzione di λ, otteniamo uno dei grafici indicati in fig. 2. Le curve in fig. 2 sono costituite da due rami distinti. Se il valore di λ viene gradualmente aumentato, in corrispondenza del valore λ2 il sistema transita dall'uno all'altro ramo. Se a questo punto il valore di λ viene diminuito, per ragioni di continuità il sistema rimane nel ramo in cui è passato finché, in corrispondenza del valore λ1, si verifica la transizione alla branca originaria. Si ha in tal modo un ciclo di isteresi che può avere le forme indicate in fig. 2. Nel caso del sistema in fig. 1C, il ciclo è ottenuto variando la forma della superficie c, il cui profilo dipende dal parametro λ secondo la legge y=−λx-x2/2+x4/c. In fig. 3, da A a G, viene mostrato un esempio di come, variando il parametro λ, cambi il profilo σ su cui si muove la pallina; mettendo in grafico, in funzione di λ, i valori delle coordinate x corrispondenti ai punti stazionari stabili Vs e Vd si ottiene il ciclo indicato in fig. 3H; tali coordinate soddisfano l'equazione λ=x3−x.
Avere isteresi significa che lo stato del sistema non dipende univocamente dal valore del parametro λ, ma è determinato dal modo in cui abbiamo precedentemente variato il parametro stesso. In altre parole il sistema ha memoria del suo passato. Pertanto, in generale, è possibile utilizzare i sistemi bistabili per funzioni di memoria: nei casi A e B di fig. 2, per es., i due rami del ciclo possono funzionare da livello "0" (ramo inferiore) e livello "l" (ramo superiore) di un elemento di memoria binario. Occorre osservare a questo proposito che la presenza di rumore, cioè di fluttuazioni casuali, nel sistema può provocare passaggi spontanei e incontrollati dall'una all'altra branca del ciclo. Pertanto una memoria bistabile risulta affidabile solo se il livello di rumore è sufficientemente basso. Fenomeni di b. sorgono in una grandissima varietà di campi, anche completamente diversi tra di lo ro, nell'ambito generale della scienza dei sistemi nonlineari. Citiamo a mo' di esempio la meccanica, il magnetismo, l'elettronica, la fluidodinamica, la chimica, l'ottica. Quest'ultimo caso risulta particolarmente interessante per le sue potenziali applicazioni all'elaborazione ottica dei dati e, più in generale, alla creazione di strumenti ottici per il calcolo.
La bistabilità ottica: descrizione del fenomeno. - Numerosi sistemi ottici nonlineari presentano comportamento bistabile: per es. alcuni tipi di laser, o un cristallo nonlineare posto in una cavità ottica. Tuttavia, il nome di b. ottica per eccellenza è stato conferito a un fenomeno ben preciso. Questo sorge in un sistema che, al contrario del laser, non amplifica o genera radiazione, ma al contrario l'attenua, e per questo motivo è detto ''passivo''. Consideriamo una cavità ottica risonante, come la cavità Fabry-Perot in fig. 4A. I due specchi M1 ed M2 hanno coefficiente di trasmissione T, il che significa che quando un fascio di radiazione d'intensità I incide su di uno degli specchi, una frazione TI viene trasmessa mentre una frazione (1−T)I viene riflessa. La funzione della cavità ottica è principalmente quella di selezionare frequenze precise del campo elettromagnetico. Infatti solo opportuni modi del campo, con definite strutture spaziali e frequenze, possono oscillare stazionariamente nella cavità. Ora iniettiamo nella cavità il fascio di luce emesso da un laser, d'intensità II costante nel tempo, e di frequenza risonante o quasi risonante con una delle frequenze della cavità. Consideriamo dapprima il caso della cavità vuota (fig. 4A). Il fascio incidente viene in parte trasmesso (IT) e in parte riflesso (IR). Quando iniettiamo il campo incidente vi sarà un transiente durante il quale la luce entra nella cavità, ma alla fine il sistema raggiunge uno stato stazionario in cui IT e IR sono costanti nel tempo. In questo regime l'intensità trasmessa risulta proporzionale all'intensità incidente, con una costante di proporzionalità che dipende dal coefficiente di trasmissione T e dal grado di risonanza tra il campo incidente e la cavità (fig. 4C). In particolare, nel caso di perfetta risonanza si ha trasmissione completa. Il caso interessante è quando la cavità è riempita di materiale opportuno, risonante o quasi risonante con il campo incidente. Come si vede in fig. 4B, la cavità contiene un campione di lunghezza L. Indichiamo con α il coefficiente di assorbimento del materiale per unità di lunghezza. In questo caso, l'intensità trasmessa nello stato stazionario diventa una funzione nonlineare dell'intensità incidente. La quantità che determina il comportamento stazionario del sistema è il rapporto
denominato parametro di bistabilità. Aumentando C, si trova che la curva stazionaria dell'intensità trasmessa in funzione dell'intensità incidente dapprima sviluppa una parte in cui il cosiddetto ''guadagno differenziale'', ossia la derivata dIT/dII, è maggiore dell'unità (fig. 4D). In questa condizione, il sistema funziona da transistor ottico. Se infatti moduliamo l'intensità incidente in modo abbastanza lento da permettere al sistema di seguire la curva stazionaria (variazione adiabatica dell'intensità incidente), la modulazione viene trasferita al fascio trasmesso e, come si vede dalla fig. 4D, l'ampiezza di modulazione risulta maggiore nel fascio trasmesso che nel fascio incidente. Se ora aumentiamo ulteriormente il parametro C, la curva stazionaria sviluppa una parte con pendenza negativa e assume una forma a S (fig. 4E). Nell'intervallo I↓〈II〈I↑ il sistema ha tre soluzioni stazionarie, ma quella che giace nella parte con pendenza negativa è instabile e perciò il sistema è bistabile. Se aumentiamo adiabaticamente l'intensità incidente da zero fin oltre I↑, e poi torniamo indietro, il sistema percorre un ciclo d'isteresi e, in queste condizioni, può funzionare da memoria ottica. Infatti nell'intervallo I↓〈II〈I↑ (fig. 4E) gli stati inferiore e superiore sono lo 0 e l'1 di un elemen to di memoria, e controllando opportunamente l'intensità inciden te si può far commutare il sistema dall'uno all'altro stato, come illustrato in fig. 5.
Il fenomeno della b. ottica fu predetto nel 1969 da A. Szöke, V. Daneu, J. Goldhar e N. A. Kurnit e venne osservato sperimentalmente per la prima volta in vapori di sodio da H. M. Gibbs, S. L. McCall e T. N. C. Venkatesan presso i laboratori della Bell Telephone nel 1976. La teoria analitica e i principi fisici della b. ottica e degli svariati fenomeni a essa collegati fu sviluppata principalmente da R. Bonifacio e da L. A. Lugiato. Dal 1976 in poi, la b. ottica è stata oggetto di un grandissimo numero di indagini sia teoriche sia sperimentali, rivolte da una parte all'analisi dei suoi aspetti fondamentali, dall'altra allo sviluppo delle sue applicazioni.
I principi fisici della bistabilità ottica. - Il fenomeno della b. ottica sorge dalla combinazione della nonlinearità nell'interazione radiazione-materia e di un meccanismo di retroazione (feedback). Analizziamo ora il ruolo di questi due elementi nel caso dei due principali tipi di b. ottica.
a) Bistabilità assorbitiva. - Questo tipo di b. fu proposto storicamente per primo. Qui la nonlinearità sorge dalla saturazione del coefficiente di assorbimento del mezzo risonante con la radiazione. Com'è noto, un aumento dell'intensità del fascio che attraversa il materiale provoca una diminuzione dell'assorbimento di radiazione per unità di lunghezza; quando l'intensità del fascio diventa molto maggiore della cosiddetta ''intensità di saturazione'' del materiale, il mezzo risulta praticamente trasparente al passaggio della radiazione. Consideriamo ora una cavità ottica riempita di materiale assorbente risonante con la radiazione incidente, la cui frequenza coincide anche con una delle frequenze della cavità. Quando l'intensità incidente è piccola, la trasmissione della cavità è bassa a causa della presenza dell'assorbitore. Quasi tutta la radiazione incidente è riflessa all'indietro dalla cavità. Un aumento della potenza incidente provoca l'inizio del processo di saturazione del mezzo. Ciò permette al campo interno alla cavità di crescere, il che a sua volta aumenta la saturazione. Questo ciclo di retroazione positivo causa la commutazione del sistema dal ramo a bassa trasmissione a quello ad alta trasmissione. D'altra parte, se si diminuisce la potenza incidente dopo che il sistema è commutato, il campo interno alla cavità è ora sufficientemente intenso da mantenere la saturazione dell'assorbitore; di conseguenza la potenza trasmessa rimane grande. Il sistema ritorna allo stato ''spento'' per un valore dell'intensità incidente sensibilmente inferiore a quello necessario per portarlo allo stato ''acceso''; di qui l'effetto d'isteresi.
Questo tipo di b. richiede grandi potenze incidenti per la commutazione del sistema, il che è antieconomico e crea problemi tecnologici come il riscaldamento del materiale causato dal notevole assorbimento. Per questo motivo non è stato mai considerato seriamente per le applicazioni pratiche.
b) Bistabilità dispersiva o rifrattiva. - È il tipo di b. ottica più utilizzato. Esso è basato sulla dipendenza nonlineare dell'indice di rifrazione dal campo elettrico (v. ottica non lineare, App. IV, ii, p. 701). Per es., si considera una dipendenza dal tipo n0+n2I, dove n0 è la parte dell'indice di rifrazione che non dipende dall'intensità I della radiazione; la costante n2 misura la nonlinearità del mezzo. Le frequenze proprie della cavità riempita di materiale dipendono dalla lunghezza ottica, quindi dall'indice di rifrazione del mezzo. Dipendono perciò dall'intensità di radiazione presente all'interno della cavità stessa: è questo il punto chiave per capire il funzionamento del sistema. La frequenza del campo incidente viene scelta in modo tale da essere vicina a una delle frequenze della cavità nel limite d'intensità nulla, ossia quando l'indice di rifrazione è uguale a n0. Si trova tuttavia abbastanza fuori risonanza da dar luogo a una trasmissione molto bassa. Un aumento dell'intensità incidente produce un aumento dell'intensità del campo interno. Poiché l'indice di rifrazione dipende dall'intensità, tale aumento sposta la frequenza della cavità in modo da avvicinarla alla risonanza con il campo incidente. A sua volta, ciò provoca un aumento dell'intensità del campo interno. In tal modo, abbiamo di nuovo un ciclo di retroazione positivo che porta il sistema a commutare dal ramo a bassa trasmissione a quello ad alta trasmissione. Una volta avvenuta la commutazione, una diminuzione dell'intensità incidente non provoca il ritorno del sistema al ramo a bassa trasmissione, poiché ora il campo interno alla cavità è abbastanza intenso da mantenere la risonanza tra la frequenza della cavità e quella del campo incidente; ciò produce l'effetto d'isteresi. L'intensità incidente, necessaria per ottenere la commutazione, risulta inversamente proporzionale alla costante n2 della parte nonlineare dell'indice di rifrazione; per questo motivo è necessario utilizzare materiali che presentino nonlinearità ''giganti''. L'ampiezza del ciclo d'isteresi, cioè la differenza tra le intensità incidenti per cui avvengono le commutazioni all'insù e all'ingiù, può essere variata controllando la lunghezza della cavità ottica. Si può, per es., diminuire l'ampiezza fino a ridurla a zero; in questo limite la curva stazionaria prende la configurazione a guadagno differenziale, che viene utilizzata nel transistor ottico.
La b. ottica di tipo assorbitivo e dispersivo può essere descritta in modo unificato per mezzo di una teoria semplice nel caso in cui la cavità ottica è di tipo ad anello (fig. 6A) e il materiale è descritto come un insieme di atomi a due livelli. Ovviamente, un atomo possiede infiniti livelli energetici, ma gli unici livelli essenziali sono i due tra cui avviene la transizione indotta dalla radiazione. Indicando con E1 ed E2 (E2>E1) le energie dei due livelli, consideriamo la frequenza di transizione di Bohr
dove h è la costante di Planck. D'altra parte indichiamo con ν0 la frequenza del campo incidente, e con νc la frequenza di cavità più vicina a ν0. In relazione alle tre frequenze νa, ν0 e νc s'introducono a) il parametro di fuori risonanza atomico
dove Γ è la larghezza di riga associata alla transizione atomica, e b) il parametro di fuori risonanza della cavità
dove c è la velocità della luce nel vuoto ed ° è la lunghezza totale della cavità. Si noti che entrambi i parametri Δ e δ sono adimensionali. Similmente, consideriamo due quantità adimensionali corrispondenti rispettivamente al campo incidente EI e al campo trasmesso ET, entrambi presi il modulo:
dove Is è l'intensità di saturazione associata alla transizione tra i due livelli e T è il coefficiente di trasmissione degli specchi della cavità. L'equazione di stato stazionaria, che lega le due grandezze y e x, risulta particolarmente semplice nel limite
costanti e arbitrari,
per cui si ha:7
Una volta assegnati i parametri C, Δ, θ, l'equazione [8] può essere risolta rispetto a x per ogni valore di y, e in tal modo si ottiene la curva stazionaria del campo trasmesso in funzione del campo incidente. Per dati valori di Δ e θ, vi è un valore minimo del parametro C al di là del quale si ha b.; nel caso risonante Δ=θ=o tale valore minimo è C=4. La b. assorbitiva corrisponde appunto alla situazione risonante; al contrario, la b. è di tipo dispersivo quando il parametro di fuori risonanza atomico Δ diventa molto grande.
Il fenomeno della b. ottica sorge in un sistema lontano dall'equilibrio termodinamico, ma presenta un'analogia immediata alle transizioni di fase del primo ordine nei sistemi all'equilibrio. Per es., nel caso assorbitivo Δ=θ=o le curve y(x) ottenute dalla [8] variando C sono analoghe alle curve di Van der Waals per la transizione liquido-vapore, con le quantità y, x e C che giocano rispettivamente il ruolo di pressione, volume, e temperatura (fig. 6B). Per C〈4, y è una funzione monotona di x, per cui non vi è b. ma solo la possibilità di azione transistor. Per C=4 (curva critica) il grafico presenta un punto di flesso con tangente orizzontale. Infine per C>4 la curva sviluppa un massimo e un minimo, il che corrisponde a bistabilità. Infatti per ym〈y〈yM si trovano tre soluzioni stazionarie xa〈xb〈xc, e la soluzione xb è instabile. Perciò scambiando gli assi x e y otteniamo immediatamente il ciclo d'isteresi della luce trasmessa in funzione del campo incidente.
Come abbiamo visto, la b. sorge in un sistema composto da una cavità ottica contenente un materiale nonlineare. Vi sono varianti in cui uno di questi due elementi manca. Per es., alcuni tipi di se miconduttori permettono di evitare l'uso della cavità, perché il necessario meccanismo di retroazione sorge in modo intrinseco at traverso processi termici o elettronici. D'altra parte, in altri siste mi detti ibridi la cavità non contiene materiale nonlineare, perché la nonlinearità è generata artificialmente per mezzo di procedimenti elettro-ottici.
Materiali non lineari e dispositivi: verso il computer ottico. - Il fenomeno della b. ottica è stato ormai osservato in un gran numero di materiali e su di un ampio intervallo di lunghezze d'onda. La tabella (p. 395) mostra un elenco parziale, indicando la temperatura a cui si opera, la lunghezza d'onda, e l'intensità incidente necessaria per ottenere la commutazione. Quando il materiale è un semiconduttore e la b. è di tipo rifrattivo, il tempo di risposta del sistema è determinato dal tempo di ricombinazione delle coppie elettrone-buca generate dalla radiazione; tale tempo è indicato in tabella. Nei vari materiali, la nonlinearità può sorgere attraverso meccanismi diversi, per es. elettronici o termici.
Da un punto di vista pratico, i materiali più interessanti sono quelli che permettono di realizzare dispositivi miniaturizzati di dimensioni dell'ordine di qualche micron. Questo risultato è stato raggiunto per la prima volta nel 1979, in modo indipendente e pressoché simultaneo, dal gruppo della Bell Telephone diretto da H. M. Gibbs e S. L. Mc Call, usando GaAs, e dal gruppo della Heriot-Watt University di Edimburgo guidato da S. D. Smith, usando InSb. Da un punto di vista pratico, si richiede che i dispositivi ottici godano di altre proprietà oltre alla miniaturizzazione: a) alta velocità di operazione, i tempi di commutazione dovrebbero essere dell'ordine del ps; in tal modo la velocità dei corrispondenti dispositivi elettronici verrebbe superata di un fattore mille; b) basso consumo di energia: l'intensità incidente, necessaria per ottenere la commutazione, dovrebbe essere dell'ordine di qualche W/cm2; c) il dispositivo dovrebbe operare a temperatura ambiente.
Sinora non sono stati ancora realizzati dispositivi che soddisfino tutti questi requisiti simultaneamente, anche perché in alcuni materiali le condizioni a) e b) risultano in competizione tra di loro, nel senso che tanto minore è l'energia di commutazione, e quindi tanto più accentuata è la nonlinearità, tanto maggiori risultano i tempi di risposta del sistema e viceversa. Tuttavia, la ricerca di nuovi materiali e nuove architetture per i dispositivi continua molto vigorosamente, e si registra un continuo progresso nelle prestazioni.
La possibilità di realizzare dispositivi ottici che, funzionando per es. da transistor o memoria, possono sostituire i corrispondenti dispositivi elettronici, ha portato alla nascita di una nuova disciplina nell'ambito della fisica e della tecnologia dell'informazione, denominata fotonica perché i fotoni sostituiscono gli elettroni nella loro funzione di portatori di energia e d'informazione. I vantaggi principali dei dispositivi fotonici sono la loro maggiore velocità, l'ampiezza della banda di frequenza sulla quale possono trasportare informazione, e soprattutto il parallelismo. Infatti, due fasci elettronici interferiscono elettrostaticamente, e perciò devono essere isolati in fili conduttori di corrente elettrica. Ciò non è necessario per i fasci di fotoni, che non interagiscono tra di loro. Questa circostanza permette d'ideare dispositivi ottici formati da una lastra di materiale nonlineare estesa nella direzione trasversale rispetto a quella di propagazione della radiazione luminosa, in modo da potervi inviare un gran numero di fasci di luce paralleli fra di loro. Le due facce della lastra, attraversata dalla radiazione, sono ricoperte di materiale riflettente per ottenere la cavità ottica. Ciascuno dei fasci provoca un'operazione, matematica o logica, distinta e indipendente dalle operazioni prodotte dagli altri fasci. Ovviamente vi è una limitazione alla distanza tra i vari fasci quando questi attraversano il materiale, perché se due fasci interagiscono con la stessa porzione di materiale inevitabilmente interferiscono fra di loro; tuttavia le limitazioni di questo tipo sono molto inferiori che nei dispositivi elettronici. I fasci di radiazione trasmessi dalla lastra possono essere manipolati in modo semplice e poco costoso, per es. per mezzo di lenti o di ologrammi, e possono essere inviati in altre lastre, realizzando così una cascata di elementi ottici che offre possibilità illimitate di elaborazione dell'informazione.
La meta più ambiziosa della fotonica è la realizzazione di un computer completamente ottico. Mentre i computer elettronici tradizionali hanno una configurazione essenzialmente sequenziale, eseguendo un'operazione dopo l'altra, il computer ottico può avere un'architettura massivamente parallela, che risulti molto più simile a quella delle reti neuroniche del cervello umano. Gli anni recenti hanno testimoniato notevoli progressi nell'ambito dell'optical computing nella direzione indicata dalla b. ottica. Per es., sono stati realizzati diversi tipi di porte logiche, ed è stato costruito il primo primitivo processore ottico digitale; quest'ultimo risultato è stato conseguito nel 1986 dallo European Joint Optical Bistability Project finanziato dalla Commissione delle Comunità Europee. Le ricerche in questo campo proseguono con grande energia sia negli Stati Uniti, sia in Europa, sia in Giappone. Tuttavia, è ovvio che l'intero campo dell'optical computing si trova nella sua prima infanzia, ed è impossibile per ora prevederne gli sviluppi e definirne precisamente i limiti. Ci si può ragionevolmente aspettare risultati soddisfacenti almeno in tutti i casi in cui l'impiego dell'ottica presenta vantaggi evidenti, come nel campo del riconoscimento di strutture (visione robotica) o della realizzazione di memorie bidimensionali.
Fenomeni legati alla bistabilità ottica. - Accenniamo ora a due speciali effetti fisici che possono sorgere nei sistemi ottici bistabili.
a) Oscillazioni spontanee. -Variando opportunamente i parametri di un sistema bistabile, si può ottenere che un segmento del ciclo d'isteresi diventi instabile. Questa situazione si verifica più facilmente nel ramo superiore del ciclo. In questo caso, il sistema ha due possibilità. La prima è di ''precipitare'' nello stato del ramo inferiore che corrisponde allo stesso valore del campo incidente. La seconda e più interessante possibilità è che il sistema si porti verso un nuovo regime in cui l'intensità trasmessa non è più stazionaria, ma presenta oscillazioni che non si smorzano mai. In tal modo, il sistema trasforma la radiazione incidente, stazionaria nel tempo e perciò ''continua'', in radiazione impulsata o ''alternata''. Le oscillazioni vengono dette spontanee perché sorgono senza alcuna modulazione dei parametri del sistema, che rimangono perfettamente costanti nel tempo. Tale fenomeno è stato predetto teoricamente da R. Bonifacio, M. Gronchi, L. A. Lugiato e L. M. Narducci ed è stato osservato sperimentalmente da H. J. Kimble e collaboratori all'università del Texas ad Austin, e da Macke e collab. all'università di Lille. A seconda dei valori dei parametri, le oscillazioni possono essere semplicemente sinusoidali o presentare configurazioni più complesse, con un'illimitata gamma di varianti, sino ad arrivare al comportamento ''caotico'', in cui la sequenza temporale è completamente aperiodica. È questo un esempio del cosiddetto ''caos deterministico'' (v. caos e complessità, in questa App.), in cui l'irregolarità dell'evoluzione temporale non deriva dalla presenza di fluttuazioni stocastiche (rumore), ma sorge direttamente dalle equazioni dinamiche del sistema. La possibilità di comportamento caotico nella b. ottica fu predetta teoricamente da K. Ikeda.
b) Stati schiacciati del campo elettromagnetico. - Il progresso nella precisione e nella sensibilità delle misurazioni ottiche è di fondamentale importanza in molti campi della tecnologia avanzata come, per es., le comunicazioni ottiche, l'interferometria e i giroscopi laser. In tutti questi casi le prestazioni sono limitate dal rumore nella sorgente di radiazione, cioè dalle fluttuazioni casuali della frequenza, dell'intensità e della fase del campo elettromagnetico intorno ai loro valori medi. La soppressione di ogni causa strumentale di rumore è ormai arrivata a tal punto, che in alcuni esperimenti in fisica fondamentale s'incontra il rumore intrinseco, inerente alla natura stessa della luce: il rumore quantistico che sorge dalle regole d'indeterminazione di Heisenberg. Ricerche nel campo dell'ottica quantistica, iniziate nel 1976, hanno mostrato che, sebbene per definizione il rumore quantistico non possa essere soppresso, le limitazioni imposte dalla sua presenza possono essere aggirate generando degli speciali stati non-classici del campo elettromagnetico che sono stati denominati schiacciati (squeezed).
Gli stati ''classici'' del campo elettromagnetico sono gli stati coerenti, che si possono riscontrare per es. nella radiazione emessa da un laser ben sopra soglia. In uno stato coerente le due componenti in quadratura del campo elettromagnetico presentano la stessa quantità di rumore; questa coincide, a sua volta, con la quantità di fluttuazioni presenti nello stato di vuoto, cioè nello stato con un numero di fotoni uguali a zero, che è del resto un caso particolare di stato coerente. In uno stato schiacciato, invece, una delle due componenti presenta fluttuazioni minori di quelle degli stati coerenti, e di conseguenza, a causa delle relazioni di Heisenberg, l'altra componente possiede fluttuazioni maggiori di quelle degli stati coerenti (fig. 7). Se il rumore che influisce sul sistema proviene unicamente dalla componente schiacciata, si ha a che fare con un livello di rumore quantistico effettivamente ridotto. Gli stati schiacciati possono essere generati facendo interagire la radiazione con opportuni mezzi nonlineari, e la b. ottica fornisce uno dei principali esempi di tale procedimento. Questa possibilità è stata avanzata teoricamente da L. A. Lugiato e G. Strini nel 1982, e confermata sperimentalmente da H. J. Kimble e collab. nel 1987.
Bibl.: Dissipative systems in quantum superfluorescence, a cura di R. Bonifacio, Berlino 1982; L. A. Lugiato, in Progress in optics, vol. 21, a cura di E. Wolf, Amsterdam 1984; H. M. Gibbs, Optical bistability: Controlling light by light, New York 1985; From optical bistability towards optical computing, a cura di P. Mandel, S. D. Smith e B. S. Wherrett, Amsterdam 1987.