BISOGNI (fr. besoins; sp. necesidades; ted. Bedürfnisse; ingl. needs)
Gli scopi della vita umana non si possono raggiungere senza beni materiali di cui si possa disporre. Il desiderio di questi beni, congiunto alla conoscenza delle loro attitudini all'appagamento, costituisce il bisogno. La qualità e quantità dei bisogni si rannoda alla costituzione fisiologica e psichica dell'individuo, all'ambiente sociale ed economico, allo stato della tecnica e della produzione, potendo, di regola, diversi beni congiuntamente o disgiuntamente valere al conseguimento di una medesima soddisfazione.
Se l'individuo non conosce le qualità dei beni in rapporto alla soddisfazione dei bisogni, non ha alcun desiderio di disporne, e non sente il bisogno nel senso economico della parola. Viceversa ove tali beni non abbiano attitudine effettiva a quella soddisfazione, ma egli ritenga che l'abbiano, il bisogno si manifesta, determinato dal fine che a volta a volta domina la sua condotta. È utilità in senso soggettivo e può riferirsi anche a ricchezza che non conferisce la benessere e all'elevazione morale, come la morfina per il morfinomane, l'alcool per l'alcoolizzato. È tuttavia caratteristica del progresso sociale la prevalenza in larga sfera e la diffusione sempre maggiore di quei bisogni che giovano, con la loro soddisfazione, al miglioramento materiale e spirituale. E soddisfazioni di tale ordine sono anche da considerare coefficienti di progresso economico, potendo esse concorrere ad aumentare la produttività del lavoro, a stimolare in più ampia misura il desiderio effettivo di accumulazione.
Vi ha un processo di specificazione e di incremento nello svolgersi dei bisogni, sì che ne aumenta la varietà. Come alla nascita basta all'infante un po' di latte e un caldo involucro, ma a poco a poco gli divengono indispensabili alimenti più varî, vestiti, giocattoli, e con lo scorrere degli anni si manifestano in lui sempre nuove esigenze, così nelle società primitive quasi soltanto si presentano bisogni attinenti alla conservazione dell'esistenza, presto accompagnati da altri attinenti all'ornamento della persona, e successivamente i desiderî aumentano e si moltiplicano, specie per l'impulso di distinzione e per il raffinamento delle aspirazioni determinato dalla cultura. Tante soddisfazioni di bisogni, che parevano superflue, più tardi si ritengono rispondere appena a un minimo di vita conveniente al proprio grado e alla propria posizione sociale; altre, rispondenti a questo minimo di vita conveniente, si reputano più tardi necessarie; talune, che si iniziano come occasionali, tendono a presentarsi con periodicità regolare e a consolidarsi. E vi ha la tendenza dei bisogni a propagarsi dalle classi più agiate e più intellettuali alle inferiori nel rispetto della ricchezza e del sapere; nella maggior parte dei paesi d'Europa e d'America il tenore di vita dei lavoratori si è elevato notevolmente nell'utimo cinquantennio, e se la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza può sostenersi che sia cresciuta in talune zone, pur tuttavia è indubitato che un incremento assoluto di redditi si è verificato per parecchie schiere di operai e che soddisfazioni di bisogni attinenti a esistenza più confortevole, prima quasi esclusivamente consentite a chi godesse di cospicue rendite, sono oggi consuete a famiglie operaie.
Di fronte all'espansività dei bisogni si trovano pochi beni illimitati e gratuiti, salvo che in periodi di scarsa popolazione, in cui anche la terra può considerarsi relativamente esuberante. Con l'incremento demografico, in talune condizioni divengono limitati anche beni in altre condizioni illimitati, come l'acqua. E altri beni o sono vincolati ad alcuni punti del territorio e non sono suscettibili di aumento, o lo sono con sforzi sempre più che proporzionali al rendimento, e quasi tutti debbono con dispendio di energia, combinazione e coordinamento di varî elementi, insomma con elaborazione produttiva, rendersi idonei alla soddisfazione dei bisogni. Mentre per i beni illimitati e gratuiti nessuna norma di uso razionale si impone, poiché quando difetti una porzione di essi ne rimangono altre sufficienti all'appagamento dei bisogni, per i beni limitati occorre una cura intesa a trarne il maggior beneficio con il minimo dispendio. Il principio economico o del minimo mezzo si fonda appunto su questo rapporto fra la quantità e il carattere dei bisogni e la quantità e il carattere dei beni. Alcuni bisogni potranno rimanere insoddisfatti, ma dal complesso dei beni disponibili si tende a conseguire la massima soddisfazione.
La soddisfazione dei varî bisogni tende a essere economica, nel senso che i meno importanti cedono il posto ai più importanti, e tutti trovano il maggiore adeguato appagamento proporzionale alla loro intensità. È una determinazione soggettiva, ma che ciascuno compie, e quindi è indubitato che avviene questa commisurazione relativa dei bisogni.
"Il massimo significato presentano le soddisfazioni dei bisogni, dalle quali dipende la conservazione dell'esistenza, e l'importanza delle rimanenti soddisfazioni viene decrescendo secondo il grado (durata o intensità del benessere, che ne dipende). Se quindi gli uomini sono nella condizione di dovere scegliere tra il soddisfacimento di un bisogno da cui dipende la conservazione della loro esistenza e quello di un altro bisogno da cui dipende soltanto il loro benessere, maggiore o minore, essi dànno la preferenza al primo e la dànno a quelle soddisfazioni di bisogni da cui dipende un grado più alto del loro benessere, vale a dire preferiscono un benessere, a pari intensità di più lunga durata, a pari durata più intenso". Ciascuna di queste categorie astratte di bisogni si decompone però in categorie concrete e "la diversità di importanza non si osserva soltanto nel soddisfacimento dei diversi bisogni, ma anche nel più o meno perfetto soddisfacimento di uno stesso bisogno. Dal soddisfacimento del nostro bisogno di nutrizione dipende generalmente la nostra esistenza, ma non tutti i cibi sono a ciò necessarî: la soddisfazione del bisogno di nutrizione ha per ciascuno tutta l'importanza della sua propria conservazione fino a quel punto in cui la vita è per essa assicurata, la consumazione susseguente ha fino ad un certo punto per gli uomini l'importanza del mantenimento del loro stato di salute, cioè del loro duraturo benessere, la consumazione a questo susseguente ha per essi unicamente l'importanza di un godimento, che va sempre più indebolendosi, finché il consumo non giunge ad un limite in cui la soddisfazione del bisogno di nutrimento è così completa che ogni altra ingestione di cibo non contribuisce né alla conservazione dell'esistenza, né al mantenimento del proprio stato di salute e non procura al consumatore neppure un godimento, ma comincia a riuscirgli indifferente". Osservazione analoga può farsi per altri bisogni, per quanto il limite della decrescenza sia più manifesto in quelli fisiologici che in quelli di carattere sociale, e la decomposizione in singoli bisogni concreti sia più o meno estesa a seconda della divisibilità del prodotto; ma può dirsi che, a partire da un dato punto, si abbia una decrescenza nel godimento che deriva dal ripetersi di una medesima soddisfazione.
I bisogni non competono fra loro per la loro rispettiva soddisfazione come categorie astratte ma come singoli bisogni concreti. così che può avvenire che bisogni appartenenti a categoria astratta di minore importanza siano preferiti a bisogni di categoria astratta di maggiore importanza, quando la soddisfazione dei bisogni concreti della prima categoria renda, per l'esposta legge del godimento decrescente, più alto il benessere conferito dalla soddisfazione del bisogno appartenente alla categoria astratta meno importante. A grado a grado noi c'interessiamo dell'incremento di benessere che in quella condizione deriva da un piccolo incremento di quella determinata ricchezza, e quindi, mentre per l'affamato il primo pezzo di pane ha un'importanza immensa e le altre porzioni ne hanno una decrescente, avviene che, in molte circostanze in cui di pane e di altri cibi si è pienamente provvisti, beni ornamentali abbiano importanza maggiore del precipuo bene di alimentazione. E di uno stesso bene l'importanza è data da quella porzione che serve al bisogno meno ragguardevole, perché, in caso di perdita o mancanza di una porzione, è evidentemente la soddisfazione di quel bisogno che viene abbandonata.
L'utilità di tale frazione viene designata coi nomi di utilità limite, utilità finale, utilità marginale (v. le voci relative).
Dalle cose sinora esposte deriva anche che, ove l'individuo abbia beni che possano valere alla soddisfazione di bisogni di vario genere, tenderà a distribuirli fra le varie applicazioni in tal guisa che l'ultima unità gli conferisca in ciascun caso il medesimo godimento. Egli comincerà dalle soddisfazioni ritenute nelle sue condizioni concrete le più intense, e passerà alle successive quando il grado di godimento derivante dal prolungarsi delle prime le eguaglierà a quelle derivanti dalle susseguenti; e via via sottraendo all'una e aggiungendo all'altra, a seconda della prevalenza utilitaria, tenderà a raggiungere un punto di equilibrio, paragonabile al livello raggiunto dai liquidì nei vasi comunicanti. Il caso tipico è la disposizione di un reddito monetario, in cui la distribuzione tenderà a verificarsi in guisa che l'ultima lira destinata a ogni uso conferisca il medesimo godimento. Di questa proposizione si ha una riprova considerando ciò che si verifica nell'evenienza di una diminuzione di reddito, nella quale si esamina attentamente quali soddisfazioni debbano ridursi, come in quella di aumento, nella quale si esamina quali debbano accrescersi, e come proporzionatamente dedicarsi l'increnento alla relativa intensità delle soddisfaz10ni che si iniziano. E si tien conto, nella ripartizione del reddito, fra le varie soddisfazioni, anche dei bisogni futuri; si riguarda il fabbisogno per un dato periodo e i beni che durante quel periodo saranno disponibili: taluni bisogni futuri sono rinnovazione di bisogni presenti, altri nuovi potranno prevedersi nella loro misura probabile, altri nella qualità e non nella quantità.
Questa valutazione di bisogni futuri è diversa per varî individui e per la stessa persona in varie condizioni, ma di regola, a pari intensità, il bisogno presente è preferito, essendo il futuro attenuato, considerato nel momento attuale, per la sua incertezza e la sua distanza. Ma se la sua intensità è maggiore di qualche bisogno presente e tale rimane anche se sia assoggettata a un coefficiente di riduzione in ragione composta dell'incertezza e della distanza, il bisogno futuro prevale (v. sconto; interesse).
Nella società, nel suo complesso, data la divisione del lavoro, ciascuno non produce che parte piccola o nulla della ricchezza che consuma, e consuma una parte notevole di quella prodotta da altri, così che appunto mediante lo scambio si procaccia grande quantità del fabbisogno. Per l'intreccio degl'interessi personali, senza un ordine prestabilito da alcuna autorità, le popolazioni si trovano, in linea normale, approvvigionate. La disposizione dei prodotti idonei alla soddisfazione del proprio immediato bisogno suppone che una produzione precedente sia stata intrapresa appunto in previsione della richiesta dei prodotti compiuti, e quanto più la tecnica è perfezionata, tanto più è complesso il numero di anelli di cui consta la catena produttiva, richiedendosi macchine e strumenti e beni che producano altre macchine e strumenti e beni, valevoli poi con una serie di elaborazioni, a far ottenere i prodotti compiuti. È dalla previsione della domanda del prodotto compiuto che risulta l'entità della produzione di tuttì i beni strumentali.
Fra i bisogni che vengono considerati e classificati dall'individuo sono pure i bisogni collettivi, che derivano a lui dall'appartenenza non solo a libere associazioni, ma a consorzî politici, quali stato, provincia, comune. Anche l'azione di questi consorzî politici è storicamente diversa in varî periodi, ma in ciascun momento vi ha un insieme di fini che non potrebbe essere raggiunto, nella vita individuale o nella società non organizzata, in alcun modo, o in modo così conforme al generale interesse, come può esserlo dal consorzio politico, e altri che potrebbero essere assunti dai privati, ma che si controllano dallo stato, perché altrimenti verrebbe compromesso qualche scopo ritenuto di pubblico beneficio. Questi fini sono voluti dagl'individui quali membri del consorzio politico, e vengono a determinare una serie di bisogni, soddisfatti mediante beni, per la maggior parte forniti sotto forma d'imposte dal contribuente; la forma è coattiva, ma questi prelevamenti dalla ricchezza individuale tendono ad essere stabiliti in ragione dell'apprezzamento che viene fatto dell'importanza dei bisogni collettivi rispetto agl'individuali. Vi sono taluni fini perseguiti dallo stato, come quelli della sicurezza esterna e interna e dell'amministrazione della giustizia, che costituiscono quasi la condizione essenziale della soddisfazione dei bisogni individuali anche più urgenti: la sicurezza di godere i frutti del proprio lavoro e del proprio risparmio è elemento che conferisce all'energia produttiva e all'accumulazione. Altri fini, p. es. quelli che riguardano l'istruzione nei varî suoi rami, senza essere condizione assoluta di soddisfazione di bisogni individuali, sono pure molto ragguardevoli e sono fini che l'individuo apprezza in maggiore o minor grado quale membro dell'associazione politica, che in ragione della propria ricchezza almeno in parte valuta il bisogno correlativo; per modo che un bisogno collettivo più urgente dovrebbe prevalere a uno individuale meno urgente, e l'insieme della ricchezza data ai consorzî politici per il soddisfacimento dei bisogni collettivi non dovrebbe impedire a ciascun individuo l'appagamento di bisogni individuali, che stima più urgenti. Molte sono le condizioni perturbatrici di questa distribuzione economica, anche perché gli organi dello stato dovrebbero interpretare queste valutazioni diverse degl'individui. Prevalgono talora erronee valutazioni da parte degli organi dei consorzi politici, e talora interessi di classi politiche si sovrappongono a detrimento di questa distribuzione, ma a lungo andare la tendenza fondamentale riprende il suo impero.
Bibl.: Gli economisti classici hanno trattato fugacemente dei bisogni o non ne hanno affatto discorso, ritenendo l'argomento non appartenente strettamente alla scienza economica. È caratteristico, come dice il Marshall, che non vi sia cenno sui bisogni nel Manuale di economia politica del Bentham, sebbene le sue profonde indagini, svolte nei Principî di morale e di legislazione, e nella sua opera Sugli impulsi delle azioni umane, abbiano esercitato una grande influenza. Una classificazione minuta dei bisogni si trova in Hermann, Staatswirtschaftliche Untersuchungen, Monaco 1832, 2ª ed., 1874; E. Hearn, Plutology, Londra 1864.
Ma l'indagine approfondita della dottrina dei bisogni data dall'indirizzo anglo-austriaco, che li ha studiati in relazione all'utilità finale e al valore. Rinviando per la bibliografia relativa alle voci utilità; valore, citiamo soltanto alcune principali opere nelle quali l'argomento dei bisogni è più specificamente considerato: W. S. Jevons, The Theory of political economy, Londra 1871, 2ª ed., 1879, trad. in Biblioteca degli economisti, serie 3ª, II, torino 1895; C. Menger, Grundsätze der Volkswirtschaftslehre, Vienna 1873, trad. it. col titolo Principî fondamentali di Economia, 1ª ed., Roma 1907, 2ª ed., Bari 1925; M. Pantaleoni, Principî di Economia pura, Firenze 1889; A. Marshall, Prìnciples of Economics, Londra 1890, 8ª ed., 1922, trad. it., in Biblioteca degli economisti, serie 4ª, IX, Torino 1905; F. Čuhel, Zur Lehre von den Bedürfnissen, Innsbruck 1907. Precorse l'indirizzo anglo-austriaco H. H. Gossen nel libro Entwicklung der Gesetze des menschlichen Verkehrs, Brunswick 1854: il suo lavoro rimase quasi sconosciuto, finché non lo menzionò il Jevons.
Per lo svolgimento storico dei bisogni possiamo rimandare a opere di psicologia e sociologia: cfr. per tutti G. Tarde, Psychologie économique, Parigi 1902, spec. I, p. 202 segg.