BIOSFERA
La b. è il massimo sistema di organizzazione biologica. Quasi completamente autosufficiente, la b. comprende tutti gli organismi presenti sulla terra; questi interagiscono con l'ambiente costituendo con esso un sistema unico in equilibrio stazionario che bilancia il flusso energetico in entrata, l'energia solare, con quello in uscita, la dispersione termica nello spazio. La b. è dunque l'insieme degli ecosistemi della terra, globalmente considerati, cioè nella totalità delle reciproche interazioni funzionali. Dal punto di vista strutturale la b. è costituita dalla litosfera (rocce, sedimenti, crosta terrestre e nucleo della terra), dall'idrosfera (acque sotterranee e di superficie) e dall'atmosfera; dal punto di vista funzionale essa è un'entità autoregolante in grado di mantenere costantemente l'''ordine'' nel sistema tramite il controllo dell'ambiente sia chimico-fisico che biologico. In pratica, come definito da J. E. Lovelock (1979), la terra può essere considerata un superecosistema con numerose funzioni interattive e a feedback che permettono di mantenere relativamente costanti le condizioni di esistenza, come, per es., la temperatura o la composizione chimica degli oceani. La b. può essere considerata un sistema cibernetico che, a differenza dei sistemi costruiti dall'uomo, non è mediato da controlli esterni come termostati, chemiostati, ecc.; esso è invece un sistema a controllo interno e generalizzato, in quanto svolto da numerosissimi sottosistemi a feedback che interagiscono e cooperano per la stabilità del sistema principale.
Recentemente (R.A. Kerr 1988) è stata messa in dubbio l'interpretazione della b. in termini di controllo cibernetico, mentre è stato posto in evidenza il ruolo principale degli organismi nel controllo e mantenimento dei parametri chimici e fisici.
Esistono in merito due diverse ipotesi sul tipo di controllo che gli organismi realizzano sulla terra: quella di V.I. Vernadsky (1945), della cosiddetta noosfera (dal greco nous, "mente"), che teorizza il predominio dell'uomo nel determinare le caratteristiche della terra, e quella di Lovelock (1979), la cosiddetta ''ipotesi di Gaia'' (la dea greca della Terra Madre), secondo cui il controllo della terra è esercitato da tutti gli organismi che la abitano, esclusi gli uomini. Questi due concetti vanno ormai gradualmente fondendosi in una nuova nozione di b. che tenga conto di ambedue (R. Serafin 1988). Anche se non è possibile dimostrare sperimentalmente la veridicità dell'ipotesi di Gaia, è comunque vero che la pressione selettiva esercitata dall'uomo sulla b. è diventata attualmente sempre più forte. Sappiamo bene quanto l'inquinamento influisca sull'andamento naturale dei processi della b. (per es., l'effetto serra) e sappiamo anche quanto sia importante una sua prevenzione che eviti di stressare, oltre il punto di non ritorno (il limite di resilienza), l'intricata rete biorigenerativa che sta alla base della vita sul nostro pianeta. La b. resta infatti l'unico sistema di supporto della vita dell'uomo, e ciò presuppone che l'uomo paghi tutti i benefici che da esso riceve mediante servizi che ne implichino la protezione di ciascuna sua parte e delle rispettive funzioni vitali come unica condizione per continuare a riceverne i benefici.
Flusso di energia attraverso la biosfera. - La radiazione solare, fonte unica di energia per la terra, arriva sul nostro pianeta in ottemperanza alle leggi della termodinamica e svolge lavoro, dissipandosi a ogni passaggio.
L'energia solare si dirige verso la terra con un tasso medio di circa 5 milioni di kcal/m2/anno; questa enorme quantità di energia subisce una prima netta riduzione durante il passaggio attraverso l'atmosfera, dove nuvole, vapor acqueo e altri gas ne assorbono elevate quantità. A livello degli autotrofi, infatti, il tasso è di circa 1÷2 milioni di kcal/m2/anno, variabile a seconda della localizzazione geografica e della situazione climatica. Metà circa di questa quantità di energia viene assorbita dallo strato autotrofo e solo l'1% − il 5% in condizioni ottimali − viene convertito in sostanza organica tramite la fotosintesi. Durante il passaggio lungo le catene alimentari questa energia viene ulteriormente dissipata.
La quantità di energia che ''si perde'' sotto forma di calore ha però enorme importanza in quanto mantiene la terra a una temperatura compatibile con la vita e permette il riciclo dell'acqua e dei nutrienti. La quantità di energia necessaria a questi scopi è infatti enorme: basti pensare che per il riciclaggio delle acque è necessario circa un quarto del flusso di energia solare sulla terra. Nella tabella vengono riportate le percentuali di energia dissipata per le maggiori attività nella biosfera.
Evoluzione della biosfera. - La b. è, per definizione, un su perecosistema e, al pari dei singoli ecosistemi della terra, mostra un'evoluzione (su scala temporale ovviamente diversa) che dipende dall'interazione di fattori allogeni − forze geologiche e climatiche − e di processi autogeni, che sono il risultato delle attività della componente vivente.
Quando iniziò la vita sulla terra (più di 3 miliardi di anni fa) si ritiene che le condizioni ambientali del nostro globo fossero decisamente diverse: l'atmosfera era costituita fondamentalmente da azoto, idrogeno, anidride carbonica e vapor acqueo; probabilmente erano presenti anche cloro, idrogeno solforato, ammoniaca, ossido di carbonio, metano e altri gas, in quanto l'atmosfera primordiale era il risultato delle attività vulcaniche. Si trattava dunque di un'atmosfera riducente, con assenza quasi totale di ossigeno che peraltro non permetteva la formazione della fascia di ozono. Di conseguenza la superficie terrestre era direttamente e continuamente investita dalla radiazione ultravioletta, nota per la sua azione letale su tutti gli organismi viventi. Tuttavia è proprio alla presenza di questa radiazione che si deve l'evoluzione chimica delle sostanze organiche che hanno permesso la comparsa della vita sulla terra.
All'inizio infatti la vita dovette svilupparsi nell'acqua − che assorbe gli ultravioletti − sotto forma di organismi anaerobi (cioè di microorganismi che possono vivere solo o anche in assenza di ossigeno) che sfruttavano l'energia delle sostanze organiche tramite fermentazione. Queste forme di vita sono rimaste limitate per milioni di anni in quanto il processo di fermentazione non soltanto è poco efficiente, ma veniva inoltre utilizzato su scarse quantità di materiale organico, cioè quelle sintetizzate in superficie dall'interazione della radiazione ultravioletta con i composti inorganici presenti nelle acque. Probabilmente, data la scarsità di sostanza organica, la pressione selettiva favorì la comparsa e l'affermazione dei primi organismi fotosintetici. Questi organismi avevano a disposizione un meccanismo biochimico molto più efficiente della fermentazione e quantità elevate di nutrienti. Il grande cambiamento iniziò di qui, con la comparsa dei cianobatteri, che utilizzavano l'energia solare per produrre sostanza organica a partire da sostanze semplici, e che rilasciavano ossigeno come composto secondario. L'ossigeno si diffuse in tal modo nell'atmosfera, aumentando man mano di concentrazione con l'affermarsi degli organismi fotosintetici; ciò, inoltre, permise il costituirsi dello strato di ozono, che riducendo il passaggio delle radiazioni ultraviolette, favorì la graduale colonizzazione di tutta la terra da parte degli organismi viventi. A questo seguì un'esplosione di organismi pluricellulari di struttura sempre più complessa, che portò a un eccesso di produzione rispetto alla respirazione: nel Paleozoico l'ossigeno e l'anidride carbonica si stabilizzarono ai livelli attuali e la fossilizzazione di residui vegetali in periodi in cui il rapporto P/R era maggiore di 1, hanno costituito la base dei nostri combustibili fossili.
Bibl.: V. I. Vernadsky, The biosphere and the noosphere, in American Scientist, 33 (1945), pp. 1-12; J. E. Lovelock, Gaia, a new look at life on earth, New York 1979; R. A. Kerr, No longer willful, in Science, 240 (1988), pp. 393-95; R. Serafin, Noosphere, Gaia and the science of the biosphere, in Environmental Ethics, 10 (1988), pp. 121-37; E. P. Odum, Ecology and our endangered life-support systems, Sunderland (Massachusetts) 1989.