BIONE di Flossa presso Smirne
Poeta greco, vissuto verso la fine del sec. II a. C. Non abbiamo dirette notizie della sua vita, ma probabilmente ha valore cronologico la serie canonica dei bucolici, nella quale si trova per ultimo. Visse probabilmente in Sicilia, e pare l'attestino i richiami continui alla Sicilia nell'Epitafio in suo onore, scritto da un suo scolaro o ammiratore, e la predilezione che il poeta dimostra per la leggenda di Galatea, tanto cara ai Siciliani. Che sia morto di veleno pare accennato in alcuni versi dell'Epitafio (116 segg.). Si dedicò particolarmente al genere bucolico e le sue poesie furono riunite in una silloge, col nome di Βουκολικά, donde Stobeo ha tratto parecchi frammenti. A noi sono rimasti, oltre ai quindici frammenti tramandati da Stobeo, un paio di versi ricordati da Orione, il tratto dell'Epitalamio di Achille e Deidamia, d'incerta tradizione manoscritta, e l'Epitafio di Adone, pervenutoci senza il nome di Bione, ma attribuito a lui dal Camerarius e come tale accolto dalla critica posteriore. Ma dell'opera di Bione non è possibile dare sicuro giudizio: tolto il frammento dell'epitalamio e l'Epitafio, gli altri frammenti non ci permettono di determinare (salvo il fr. 3) neppure se si tratti di veri idillî bucolici o di epillî, e se fossero o no dialogati. Il poeta si compiace di chiamare i proprî carmi "piccole canzoni" o "piccoli canti d'amore" e queste stesse determinazioni ci fanno pensare piuttosto a carmi brevi proprî dell'arte ellenistica che non a vere e proprie azioni mimiche quali richiedono le bucoliche del tipo teocriteo. Il titolo Bucoliche poteva essere derivato anche dall'argomento campestre o dai personaggi introdotti a cantare. Il poeta imitò certamente Teocrito, come palesa l'Epitafio di Adone che imita l'idillio I e il XV di Teocrito, ma se ne discosta di molto nello spirito e nel gusto che apparisce proprio dell'età ellenistica seriore. Si notano infatti l'amore per l'erudizione (fr. 2, 18); la predilezione per i bozzetti campestri (fr. 4) e familiari (per gli Amorini che curano il corpo di Adone; fr. 1, v. 80 seg., cfr. la pittura pompeiana n. 340 Helbig), proprî della pittura parietale e dell'epigramma; la ricerca dei concetti e dei contrasti di pensieri con virtuosità di forma (fr. 9, 10); la passione dei quadretti con la grazia birichina propria delle odi anacreontee (fr. 5, 17); lo spunto polemico nell'allusione a leggende, specialmente di metamorfosi (per Giacinto fr. 11, contro Nicandro?). Manca invece ogni nerbo e vigore. Il quadro bucolico sembra un pretesto al poeta per manifestare la sua erudizione mitologica (fr. 2), ma nel mito egli rappresenta innamorati ellenistici, non gli eroi della tradizione. Quando alza il tono, diventa gonfio, come nell'Epitafio di Adone, nel quale, imitando Teocrito, cercò invano d'introdurre un'armonia ritmica, pur senza una simmetria schematica delle parti, con l'uso del ritornello o con la ripetizione della medesima frase "è morto Adone", che apporta monotonia e pesantezza per quanto possa pensarsi che essa sia stata suggerita dall'uso liturgico delle Adonie.
La tendenza morale è manifestata spesso da concetti e sentenze, nonché da proverbî (fr. 15). Il poeta cantò in lingua dorica, come attesta l'Epitafio per la sua morte, ed ebbe cura anche della metrica, prediligendo il dattilo, con uso parco e determinato dello spondeo, come avevano cominciato i primi ellenisti e fisseranno con norme ed uso rigido i tardi epici dell'età greco-romana.
I frammenti sono pubblicati in generale insieme con quelli di Mosco e nelle edizioni teocritee. Ricordiamo le edizioni di G. Hermann, Berlino-Lipsia 1849; Chr. Ziegler, Tubinga 1868; Ahrens, Lipsia 1854; ed. teocritee del Meinecke, Berlino 1856; dell'Ameis, Parigi 1862. Traduzioni italiane di G. B. Vicini, 1781, di L. Rossi, Parma 1796, di G. M. Pagnini, 1786, ristampata in Poeti greci minori, Firenze 1869.
Bibl.: Cfr. E. Hiller, Beitr. z. Textg. der griech. Bukoliker, Lipsia 1888; U. v. Wilamowitz, Die Textgesch. d. griech. Bukol., Berlino 1906; id., Bion von Smyrna, Adonis, Berlino 1900; F. Bücheler, Bions Grablied auf Adonis, in Jahrb. f. Philol., LXXXVII (1863), pp. 106-113 e Rhein. Mus., XXX, pp. 33-41; Stein, De Moschi et Bionis aetate, Tubinga 1893 (che fa scendere B. alla prima metà del sec. I a. C.); R. Peiper, Der Refrain bei gr. u. lat. Dicht., I Bions. Epitaph. auf Ad., in Jahrb. f. Ph., LXXVII (1863), pp. 617-623, 726-766; Hunst, De Theocr. versu heroico, in Diss. Vindob., I, 1887, pp. 12-14; G. Kaibel, in Hermes, XVII, p. 423; G. Knaack, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. clas. Altertumswiss., III, coll. 481-482; F. Susemihl, Gesch. der gr. Litter. in d. alex. Zeit, I, p. 233 segg.; C. Cessi, La poesia ellenistica, Bari 1912, p. 439 segg.