BIOFEEDBACK e tecniche di rilassamento
In psicofisiologia il termine biofeedback (BFB; comp. da bio-, "vita", e dall'ingl. feedback, "retroazione") definisce un insieme di tecniche intese a produrre il controllo di attività biologiche non immediatamente accessibili alla percezione e al controllo intenzionale. Generalmente tali tecniche consistono nella rilevazione mediante elettrodi o trasduttori di una funzione fisiologica che il soggetto è istruito ad aumentare o a diminuire, e, mediante circuiti elettronici, nell'amplificazione del segnale bioelettrico e nella restituzione al soggetto di un segnale acustico o visivo che varia in funzione delle variazioni dell'intensità dell'attività soggetta a monitoraggio. Per quanto vi siano svariati esempi di precursori, come l'uso di indicatori (displays) visivi per la rieducazione della voce negli audiolesi e l'autosservazione dell'elettromiogramma (EMG) nella riabilitazione motoria, le tecniche di BFB sono state definite consensualmente e studiate come tali solo durante gli anni Sessanta.
Nel 1969 è stata fondata la BFB Research Society prevalentemente da parte di psicofisiologi nordamericani impegnati in tre aree di ricerca. La prima riguardava la falsificazione dell'assioma che le attività viscerali, controllate dal sistema nervoso autonomo, potessero essere soggette a modificazioni mediante condizionamento classico (di Pavlov) ma non mediante condizionamento operante (di Skinner) che si riteneva applicabile solo alle risposte mediate dalla muscolatura striata. Con paradigmi operanti e di BFB veniva dimostrata la modificabilità dell'attività vascolare periferica, della frequenza cardiaca e delle risposte psicogalvaniche che studi paralleli su animali curarizzati suggerivano avvenissero senza la mediazione del sistema muscoloscheletrico. La seconda area di ricerca riguardava il controllo dei potenziali neuromuscolari responsabili della contrazione di singole unità motrici o di interi muscoli mediante la restituzione al soggetto del suono amplificato prodotto dai potenziali EMG. Tecniche di BFB EMG venivano anche proposte con successo per l'induzione del rilassamento muscolare generale. La terza area di ricerca riguardava lo studio dei correlati soggettivi di diversi ritmi elettroencefalografici (EEG) e in particolare del ritmo alfa che si dimostrava poter essere prodotto volontariamente e per tempi prolungati mediante BFB EEG. Il riscontro di coincidenze fra le sensazioni soggettive esperite durante la produzione volontaria di ritmo EEG alfa e quelle caratteristiche di stati di meditazione (zen, yoga) motivava un diffuso interesse anche extrascientifico per questo tipo di BFB.
Negli anni Settanta l'agevole definizione quantitativa delle variabili implicate nelle procedure di BFB ha stimolato una considerevole produzione di ricerche sperimentali sull'entità delle modificazioni e sul tipo di feedback (FB) più efficace. È difficile individuare una funzione fisiologica per la quale non sia stata tentata con qualche successo la modificazione tramite BFB; a quelle già citate possono essere aggiunte la temperatura cutanea, la salivazione, la secrezione acida dello stomaco, le condizioni endoesofagee.
Rispetto all'accumulo di dati empirici la spiegazione del fenomeno ha ricevuto un'attenzione relativamente ridotta. Per quanto il concetto di FB sia centrale in neurofisiologia e nella teoria dei sistemi, il modello concettuale inizialmente più diffusamente adottato è stato quello del condizionamento operante (CO).
Schematicamente questo prevede che una risposta predefinita come operante (R), preceduta o meno da uno stimolo discriminativo (SΔ), sia seguita da uno stimolo (S) tale da aumentare (rinforzo) o ridurre (punizione) la probabilità della successiva emissione della risposta; così in un BFB per il controllo dell'aumento della temperatura cutanea, l'innalzamento del tono di un suono contingente alla riduzione della temperatura agirebbe da punizione e l'abbassamento del tono da rinforzo.
La spiegazione del BFB in termini di CO presenta una serie di problemi. Nel BFB è stata riconosciuta la maggiore efficacia e privilegiato l'uso di FB analogici (in cui il FB è continuo e varia proporzionalmente alle variazioni della funzione fisiologica) rispetto ai FB binari (in cui il FB è presentato solo quando la funzione fisiologica è al di sotto o al di sopra di una soglia prestabilita); ciò da un lato rende difficile l'applicazione dei principali paradigmi sperimentali del CO che consistono nella manipolazione delle contingenze e dei programmi di rinforzo, e dall'altro indica che è più rilevante la quantità dell'informazione retroagita che non quella dei rinforzi somministrati. Nel CO è dimostrata la maggiore efficacia dei programmi a rinforzo intermittente rispetto a quelli a rinforzo fisso; ma presentando segnali di FB binari non ogni qualvolta si verifica una modificazione fisiologica prestabilita ma secondo programmi a intermittenza si ottengono risultati inferiori; anche ciò indica che la quantit'a dell'informazione retroagita è più importante delle contingenze di rinforzo. Infine la questione della possibilità di una condizionabilità operante di funzioni controllate dal sistema nervoso autonomo in assenza di mediatori muscolo scheletrici o cognitivi è ancora dibattuta e, richiedendo controlli assai complicati e poco compatibili con le applicazioni terapeutiche del BFB, ha contribuito alla disaffezione degli operatori per la teoria del CO del BFB.
Un'accettazione crescente ha avuto, specie tra quanti utilizzano il BFB in contesti applicativi, il modello cibernetico, e più segnatamente la teoria della consapevolezza. Nei termini della cibernetica ogni sistema complesso al fine di regolare le variazioni del suo stato utilizza informazioni relative alla sua attività retroattivamente, come segnale d'errore. Incrementando, compatibilmente con le capacità di elaborazione del sistema, le informazioni di FB relative a una data funzione fisiologica, aumenterà anche il controllo della funzione stessa. In quest'ottica la teoria della consapevolezza sostiene che, rendendo il soggetto cosciente di alcuni aspetti di una risposta fisiologica (o di suoi correlati interni o esterni), questi ne potrà acquisire il controllo. In termini più rigorosi la teoria prevede che la consapevolezza, definita come capacità di valutare la conformità di una risposta fisiologica a istruzioni assegnate da sé o da altri, sia accresciuta dall'aumento del FB sensoriale, e sia condizione necessaria e sufficiente a garantirne l'apprendimento del controllo. Per la sua rispondenza al senso comune e accettabilità anche in contesti non behavioristici, la teoria della consapevolezza gode di maggiore accettazione implicita o esplicita; tuttavia gli studi in cui si è cercato di definire consapevolezza e controllo e di analizzarne le relazioni non hanno dimostrato chiaramente che la discriminazione sia necessaria e sufficiente a garantire il controllo di funzioni fisiologiche.
Oltre che come strumento di ricerca sulla fisiologia del controllo delle attività motorie, elettroencefalografiche e vegetative, il BFB ha ricevuto inizialmente un'entusiastica accettazione per le sue applicazioni terapeutiche e riabilitative, incoraggiata dal basso costo delle attrezzature e dalla relativa semplicità della tecnica, e successivamente mitigata dai numerosi resoconti sperimentali che, utilizzando controlli più rigorosi, non replicavano effetti mirabolanti dati per scontati. Le ricerche più recenti hanno portato a una drastica revisione dell'ingenua convinzione che qualsiasi funzione fisiologica sia controllabile e modificabile a piacimento e al riconoscimento dei limiti omeostatici propri dei sistemi fisiologici; in effetti le modificazioni in incremento e decremento tramite BFB non vengono apprese con uguale facilità e il controllo viene esercitato in misura preponderante nella gamma delle variazioni connesse con l'attivazione della funzione. Per es. è relativamente agevole far apprendere l'incremento della frequenza cardiaca o la riduzione di una frequenza precedentemente elevata, ma non lo è altrettanto il ridurla apprezzabilmente rispetto al livello normalmente osservato in condizioni di riposo.
Le applicazioni terapeutiche del BFB hanno perseguito due strategie principali. La prima è definibile come ''diretta'' ed è intesa a modificare l'andamento di una specifica variabile fisiologica ritenuta rilevante nel quadro di una data sindrome. Applicazioni dirette di comprovata efficacia sono quelle del BFB EMG per la riabilitazione muscolare, meno diretto ma pure efficace è il controllo dell'attività vasomotoria mediante BFB della temperatura periferica per il trattamento delle emicranie. L'altra strategia, definibile come ''indiretta'', consiste nel facilitare il raggiungimento di uno stato basilare di generale rilassamento attraverso il controllo di singole componenti fisiologiche di tale stato (tono muscolare e frequenza cardiaca ridotti, vasodilatazione periferica, ecc.). In generale le applicazioni dirette sono privilegiate in campo riabilitativo, mentre quelle indirette lo sono nel trattamento degli stati d'ansia e dei disturbi funzionali psicosomatici o connessi allo stress. Nelle applicazioni indirette il BFB si affianca alle altre due tecniche di rilassamento (TR) più diffusamente utilizzate in psicofisiologia clinica: il training autogeno (TA) e il rilassamento progressivo (RP).
Il TA è stato proposto negli anni Trenta sulla base di esperienze di auto ipnosi dallo psichiatra tedesco J. Schultz (1884-1970) come addestramento ad autogenerare stati di profondo rilassamento simili a quelli raggiunti nell'ipnosi evitando il ricorso a un ipnotista. Gli esercizi, da eseguire gradualmente sotto la guida di un operatore, prevedono che il soggetto impari ad autoindurre, mediante frasi autosuggestive, nell'ordine: sensazioni di pesantezza nelle braccia, nelle gambe e in tutto il corpo; sensazioni di calore negli stessi distretti; pulsazioni calme e regolari del cuore; andamento regolare del respiro; calore nella regione dell'addome innervata dal plesso solare; sensazioni di fresco alla fronte. Il TA di rilassamento (esercizi ''inferiori'') può eventualmente essere seguito da un'ulteriore serie di esercizi ''superiori'' di autogenerazione di altri fenomeni ipnotici (visualizzazione di colori, di oggetti e di concetti astratti) da utilizzare in un contesto psicoterapeutico a orientamento psicodinamico. Nei paesi anglosassoni, in cui il TA è stato diffuso solo a partire dalla fine degli anni Cinquanta dallo psichiatra canadese W. Luthe, ha avuto maggiore diffusione il rilassamento progressivo (RP). La tecnica è stata originariamente sviluppata a partire dagli anni Trenta da un fisiologo di Chicago, E. Jacobson, sulla base di studi elettromiografici e nella convinzione, ispirata alla teoria ideomotoria del pensiero, che l'assenza di attività muscolari, in particolare oculomotorie e fonatorie, coincidesse con la calma psichica. Il RP si basa sull'addestramento graduale a discriminare le sensazioni di tensione e di rilassamento muscolare mediante la successione per diversi muscoli di esercizi di contrazione, focalizzazione dell'attenzione sulla sua localizzazione e sui suoi correlati propriocettivi, distensione e apprezzamento delle conseguenti sensazioni di rilassamento. Gli esercizi sono progressivamente sostituiti dalla pratica a percepire le sensazioni mentali associate alla distensione e all'utilizzarle per indurre stati di rilassamento.
La tecnica originaria per il rilassamento generale prevede esercizi per circa cinquanta muscoli da praticare gradualmente per un'ora al giorno per circa 60 giorni con due sedute a settimana. L'utilizzazione del RP non come terapia a sé stante, ma come componente di interventi terapeutici cognitivo comportamentali (desensibilizzazione sistematica, self management), ha motivato lo sviluppo di tecniche brevi che possono essere apprese in sei o sette sedute di 20 minuti ciascuna e che si differenziano dalla tecnica di Jacobson per l'uso di autosuggestioni di tipo immaginativo e dello sforzo negli esercizi di tensione. Il razionale psicofisiologico che sottende le TR è dato dall'idea che in veglia gli organismi si trovino in stati di attivazione/deattivazione, le cui componenti cognitive motorie e viscerali sono integrate a livello ipotalamico e troncoencefalico e che sono schematicamente rappresentabili su un continuum ai cui estremi si trovano lo stato d'allarme e quello di rilassamento. Il primo (altrimenti definito di attivazione fisiologica o stress) consegue tipicamente a situazioni che comunque impegnano le risorse dell'organismo; il secondo a situazioni di ridotta interazione con l'ambiente o che non richiedono dispendio di energie o delle risorse difensive dell'organismo. Assumendo che lo stato di allarme e quello di rilassamento non possano verificarsi nello stesso momento, il raggiungimento dello stato di rilassamento potrà ridurre gli stati di eccessiva o inappropriata attivazione generale (stati d'ansia) o di specifiche funzioni fisiologiche (disturbi psicosomatici).
Si ritiene generalmente che, rispetto alle TR cognitivo-verbali, il BFB presenti vantaggi connessi alla disponibilità di misure obiettive del progresso dell'addestramento, mentre le prime faciliterebbero il controllo di pensieri intrusivi e la generalizzazione dell'apprendimento. Tuttavia nessuna ricerca ha dimostrato la maggiore efficacia di una delle tecniche; mentre maggiore efficacia è stata riscontrata per trattamenti che integravano BFB ed esercizi di rilassamento. Nell'applicazione del BFB e delle TR vi è un crescente riconoscimento che i benefici terapeutici discendono, oltre che dalle modificazioni fisiologiche indotte dalle tecniche, da una serie di fattori più generali − per es. la ristrutturazione cognitiva del problema da parte del paziente e la sua percezione di poter fare qualcosa per affrontarlo − verosimilmente comuni a tutte le psicoterapie e che inducono a raccomandare l'esclusiva applicazione delle TR da parte di psicoterapeuti esperti.
Bibl.: J. A. Schultz, Das autogene Training, Stoccarda 1932 (trad. it., Milano 1980); E. Jacobson, Progressive relaxation, Chicago 1938; D. A. Bernstein, T. D. Borkovec, Progressive relaxation training, Champaign (Ill.) 1973; Biofeedback: theory and research, a cura di G. E. Schwartz e J. Beatty, New York 1977; E. B. Blanchard, L. H. Epstein, A biofeedback primer, Reading (Mass.) 1978 (trad. it., Torino 1983); Biofeedback: principles and practice for clinicians, a cura di J. V. Basmajian, Baltimora 1983 (trad. it., Padova 1985). Riviste: BFB & Self Regulation, dal 1976; American Journal of Clinical Biofeedback, dal 1978.