Biodiversità
Per b. si intende la diversità biologica, ossia l'insieme della differenziazione, della variazione e della complessità della vita sulla Terra. La Convenzione sulla diversità biologica, stipulata a Rio de Janeiro nel 1992, ha stabilito che "diversità biologica significa diversità, in accordo con i significati di differenziazione, variazione, variabilità, complessità e ricchezza negli organismi viventi, da qualsiasi fonte essa derivi, inclusi tra gli altri gli ecosistemi terrestri, marini e acquatici in genere, nonché i complessi ecologici di cui questi fanno parte". La b. include quindi "la diversità all'interno di una specie, tra specie diverse e degli ecosistemi" (Bisby 1995).
Forme di biodiversità
La b. può essere studiata mediante l'identificazione, la descrizione e la differenziazione degli elementi e dei loro componenti (approccio descrittivo) o l'analisi causale delle relazioni tra i diversi elementi di una biocenosi, come l'assorbimento, la trasformazione, il passaggio e l'elaborazione dell'energia e della materia (approccio funzionale). Fin dal Neolitico e, soprattutto, dopo la rivoluzione industriale l'uomo ha modificato gli ecosistemi in molte parti del mondo, alterandone la b.; uno studio sulla b. deve quindi includere i sistemi uomo-ambiente. Le diverse forme di b. possono essere classificate utilizzando differenti tipologie, descritte di seguito.
Diversità degli elementi
È possibile discutere questa forma di b. sotto vari aspetti: diversità tassonomica e sintassonomica, diversità delle forme di vita, diversità trofica, diversità fenologica, diversità genetica e specifica delle popolazioni, diversità biochimica, diversità delle interazioni.
Diversità tassonomica (di specie) e sintassonomica (di cenosi). - I livelli della diversità di varie specie nonché la diversità delle cenosi possono essere a loro volta distinti in diverse unità spaziali, a seconda che ci si riferisca alla diversità di specie in una determinata area (diversità rx), ai gradienti ambientali che caratterizzano la transizione tra diversi biotopi (diversità b e f3), ai paesaggi intesi come insiemi di comunità (diversità y).
Diversità delle forme di vita. - Riguarda il complesso delle caratteristiche morfologiche, fisiologiche ed etologiche che si sono evolute come adattamento a particolari condizioni ambientali. Specie con caratteristiche simili appartengono spesso a diverse categorie sistematiche, ma hanno acquisito caratteri analoghi in risposta ad analoghi adattamenti (analogie). Al contrario, specie strettamente imparentate possono mostrare caratteri diversi in risposta a diversi cammini adattativi (omologie). Per gli animali, le forme di vita possono essere classificate, per es., in accordo con i loro regimi alimentari (fitofagi, zoofagi, parassiti, filtratori, detritivori), o le modalità di locomozione (scavatori, striscianti, arrampicatori, saltatori, volatori, corridori).
Per quanto riguarda le piante, le diverse forme di vita si possono distinguere sulla base delle modalità di sopravvivenza durante le stagioni sfavorevoli, o degli adattamenti all'equilibrio idrico (xerofile, mesofile, igrofile, idrofile).
Diversità trofica. - Prevede la classificazione degli organismi in produttori, consumatori e decompositori, e nelle ulteriori suddivisioni di questi livelli.
Diversità fenologica. - Indica la classificazione delle strutture temporali, quali le variazioni diurne e stagionali, i fenomeni periodici annuali (per es., le fioriture, la comparsa di un insetto, le migrazioni).
Diversità genetica e specifica delle popolazioni. - Prevede la caratterizzazione della variabilità genetica e dello spettro dei genotipi, dei fenomeni di omozigosi, eterozigosi e deriva genetica, dei tassi di mutazione delle singole popolazioni, e di altri parametri simili.
Diversità biochimica. - Riguarda, per es., alcuni costituenti delle piante, quali gli alcaloidi, che sono in una certa misura importanti come difesa biochimica contro i fitofagi, o che costiruiscono essenze attrattive per gli animali floricoli.
Diversità delle interazioni. - Le specie creano fra loro complesse interazioni (connessioni biocenotiche), che possono essere suddivise in interazioni probiotiche (per es., mutualismo, simbiosi, commensalismo) e antibiotiche (per es., predazione e parassitismo). Queste interazioni contribuiscono alla stabilizzazione numerica (quasi stabilità) nella composizione delle specie, e quindi del sistema.
Meccanismi che generano diversità
I processi fondamentali che generano la b. possono essere distinti in processi che producono effetti su scala temporale evolutiva (speciazione, radiazione adattativa) e processi che producono effetti su scala temporale ecologica.
Effetti su scala temporale evolutiva. - Nei tempi evolutivi la b. è il risultato della speciazione. Un comune meccanismo di speciazione è la separazione di popolazioni della stessa specie originariamente collegate, la loro conseguente differenziazione, lo sviluppo di meccanismi di isolamento riproduttivo (speciazione allopatrica). Altro fenomeno che genera b. è la radiazione adattativa, che si verifica in condizioni particolari: per es., quando individui di una specie colonizzano un luogo ricco di nicchie ecologiche 'vacanti' (come un'isola vulcanica di recente formazione), che stimolano e permettono differenziazione; celebri esempi riguardano i fringuelli di Darwin delle isole Galapagos o i Drepanidi delle Hawaii.
Effetti su scala temporale ecologica. - In una scala temporale ecologica la ricchezza di specie di una biocenosi dipende dal numero di nicchie ecologiche che sono presenti. La nicchia ha una dimensione autoecologica e una sinecologica (ambientale): la prima include tutti i caratteri morfologici e fisiologici (per gli animali, anche quelli etologici) di una specie che sono stati acquisiti nel corso dell'evoluzione; la seconda rappresenta la somma di tutte le relazioni ecologiche effettive. La nicchia ecologica di una specie si realizza nella sovrapposizione delle due dimensioni.
Caratterizzazione degli ambienti
Il primo passo nello studio di una comunità animale e della sua diversità può essere la caratterizzazione dell'ambiente, dato che i complessi vegetazionali costituiscono unità identificabili da un punto di vista ecologico, strutturale, dinamico, corologico e sinergetico. La fase successiva è la classificazione dei microhabitat: in una foresta, per es., si distinguono diversi strati, definiti stratotopi (strato della chioma, del tronco, dell'erba), ciascuno con la sua comunità (stratocenosi); i coriotopi rappresentano invece strutture verticali le cui comunità (coriocenosi) sono indipendenti dagli strati; in un ambiente strutturalmente ricco si possono infine identificare i merotopi, cioè gli elementi strutturali che si trovano all'interno di uno stratotopo o di un coriotopo, come l'insieme delle foglie di un albero, la corteccia o i fiori, ognuno con la propria merocenosi. Strato-, corio- e merotopi combinano diversi livelli di diversità. La merocenosi degli insetti floricoli, per es., comprende una diversità sistematica molto grande: ne fanno parte infatti centinaia di famiglie. All'interno del sistema fiore-insetto esiste poi una diversità funzionale: si instaurano relazioni alimentari e relazioni legate alla diffusione del polline; il fiore diventa luogo di rifugio notturno, di riscaldamento diurno, di incontro per la riproduzione, di caccia per predatori e parassiti dei floricoli.
I fiori possono fornire essenze odorose utili per marcare i percorsi di sciamatura, come accade in alcune api. Diversità di specie e diversità funzionale sono poi sempre correlate con una diversità strutturale. Nella merocenosi di un sistema fiore-insetto questa diversità è immensa: visiva (i colori dei fiori nello spettro del visibile e dell'ultravioletto); olfattiva (la moltitudine dei profumi dei fiori); etologica (la varietà dei comportamenti dei floricoli); fenologica (la variazione diurna e stagionale della presenza dei fiori e dei loro impollinatori).
Aspetti applicativi della biodiversità
Sono state descritte circa 1,5 milioni di specie animali viventi, ma il loro numero effettivo potrebbe variare, a seconda delle stime, tra i 5 e i 30 milioni. Le zone a b. particolarmente elevata sono concentrate ai tropici: in pochi ettari di foresta tropicale si trovano più specie di alberi che nell'intera Europa, e più specie di formiche su un solo albero che in tutte le Isole Britanniche. Dal 16° al 20° sec. l'uomo ha provocato l'estinzione di una specie ogni quattro anni; dopo il 1900 ne è scomparsa una ogni anno, e il ritmo di estinzione è aumentato fino ad arrivare a più di una specie al giorno. Si stima che entro la fine del 20° sec. tra il 20 e il 50% di tutte le specie viventi sarà scomparso. In condizioni naturali, il tasso netto di crescita del numero di specie è pari a 0,37% ogni milione di anni: un valore estremamente basso. Il tasso naturale di estinzione è invece, a causa dell'uomo, aumentato di 10.000 volte. La perdita di diversità genetica a livello di popolazione accresce ulteriormente questo valore. La perdita di b. è estremamente significativa nelle foreste pluviali, in alcuni ecosistemi marini, isole, alte fasce montane, ambienti artici e subartici, savane, steppe, semideserti, grandi sistemi fluviali, mangrovie, laghi, ma anche nelle campagne in cui viviamo. La perdita di b. non può essere tollerata, per ragioni ecologiche, etiche, religiose, estetiche e culturali, e soprattutto perché la distruzione della b. è un fenomeno irreversibile e strettamente legato alla sopravvivenza dell'uomo sulla Terra. Questo principio deve essere incorporato nel concetto stesso di sviluppo sostenibile. Mantenere la b., stabilirne i principi teorici e tradurli in misure pratiche rappresenta uno dei principali compiti che l'umanità avrà di fronte nei prossimi anni del 21° secolo.
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