Nacque il 27 aprile 1807 a Barbaresco di Alba (Piemonte) da genitori di modeste origini: Giovanni Battista e Maria Teresa Racca.
Nel 1828, appena terminato il servizio militare di leva, si sposò con Anna Maria Calissano, figlia di commercianti del suo stesso paese, ma di migliori condizioni sociali, che si presuppone possa aver aiutato Giuseppe nell'apertura della sua prima attività di fornaio nel centro di Alba.
La nascita della prima figlia Teresa Anna Maria il 24 marzo 1832 segue di poco la scomparsa, dovuta ad una epidemia, della madre e della sorella, e precede di soli due anni la morte della giovane sposa appena venticinquenne, avvenuta il 4 settembre 1834.
Furono questi eventi luttuosi a portare quasi certamente a maturare la decisione di trasferirsi presto a Torino.
Qui, quasi subito, entrò nella bottega già affermata di Giovanni Francesco Pressenda e ne divenne allievo.
Per quanto Pressenda, originario di Lequio Berria, fosse quasi conterraneo del Rocca e tutti gli atti dimostrino una lunga e fattiva relazione tra i due, non vi sono prove concrete di eventuali contatti precedenti diretti di quest'ultimo con l’arte della liuteria e con la musica prima del trasferimento nella capitale sabauda, benché Romano Marengo riporti nella sua memoria del 1903 (op. cit.) ch’egli si fosse già cimentato nella costruzione di un contrabbasso utilizzando il legno di una madia quando aveva solo 18 anni, cioè nel 1825.
Tuttavia è certo che Giuseppe, appena risposatosi il 16 dicembre 1837 con Caterina Barone di Torino, volle tentare di aprire una propria bottega con l'aiuto finanziario ricavato per tramite del padre dalla dote della prima moglie. Ma un’altra grave malattia, che colpì questa volta entrambi i coniugi, trascinò la giovane famiglia verso nuove difficoltà economiche ed il bisogno di urgenti cure inaspettate. Alla fine, comunque, Rocca riuscì ad aprire il suo laboratorio in via Po 10, in una casa della congregazione della Santissima Annunziata, nel centro della città e non distante dal Pressenda e, all'inizio, fu proprio il suo maestro a dargli lavoro, permettendogli di poter continuare l'attività che svolgeva nella sua bottega, ma in maggiore libertà.
Nuove difficoltà e lutti segnarono la vita del Rocca negli anni successivi: nel 1839 morì il padre Giovanni Battista, lasciandogli una serie di problemi legati all'eredità in Alba, e il 23 gennaio 1842 morì anche la seconda moglie Caterina.
Nel 1843, dopo essersi sposato per la terza volta nel1842 con Giuseppina Quarelli, nacque il primo figlio maschio Giovanni Battista, al quale seguirono presto Francesco ed Enrico (1847), l'unico che lo seguirà con successo nell'arte della liuteria in un periodo più tardo.
Verso la fine degli anni Quaranta si trasferì in Contrada Nuova e via delle Rosine 4, ma il 13 dicembre 1850 anche Giuseppina, avendo contratto la tubercolosi, lo lasciò solo con la giovane famiglia.
Nell'estate del 1851, all'età di 44 anni, Giuseppe si sposa ancora, a Genova, con la giovanissima Emilia Serafina Dòdero e da questo momento la sua attività si divide tra Genova e Torino, pur spostando il domicilio nel capoluogo ligure, ove ebbe contatti anche con i colleghi Antonio Gibertini e Nicolò Bianchi.
Ma anche questo matrimonio si conclude di lì a poco con la morte prematura della moglie.
Un ultimo tentativo lo fece sposando nel 1856 la sarta Filomena Defranchi, ma la sua vita era ormai segnata da dolore, alcool e sregolatezza, ed intorno al 1857 il suo laboratorio si trovò alternativamente presso diversi indirizzi di Torino. A Genova stabile nel 1858, ma ancora a Torino nel 1861, in via Po 57, vicino alla sua prima sede di vent'anni addietro, e definitivamente a Genova dal 1863.
Morì a nella città ligure in tragiche circostanze il 27 gennaio 1865. Il suo corpo fu trovato in un pozzo degli orti adiacenti il Bisagno a Porta Pila, di proprietà del marchese Raffaele Luigi de Ferrari.
Pur avendo partecipato a molte esposizioni e mostre Giuseppe Rocca, forse anche per via della concorrenza della bottega dei Guadagnini ancora molto attiva a Torino durante la sua epoca, non ottenne subito i riconoscimenti meritati e sperati: medaglie di incoraggiamento gli furono assegnate nel 1844 alla quarta Esposizione d'Industria e di Belle Arti di Torino e a quella di Genova del 1846, e ancora a Torino del 1850. Nel 1851 partecipò, senza ottenere premi particolari, alla Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations di Londra. Ricevette una medaglia di bronzo nel 1854 alla Esposizione di Genova, ma soltanto una menzione d'onore a quella di Parigi del 1855. Di nuovo a Torino del 1858, ottenne infine un riconoscimento alla Esposizione di Firenze del 1861.
Ma è il tempo che alla lunga ha dato ragione a questo valente artefice. La vicinanza al mercante Luigi Tarisio avvicinò Rocca ad alcuni capolavori di liuteria classica che allargarono il suo orizzonte artistico ben oltre quello ricevuto dal suo maestro e risulta chiaro il suo intuito professionale quando, verso i primi anni Quaranta, decide di focalizzarsi sullo studio e la probabile libera interpretazione del modello, di due capolavori assoluti che ancora oggi rappresentano l'apice dell'arte liutaria: lo Stradivari 1716 detto 'il Messia' ed il Guarneri del Gesù detto 'Alard' del 1742.
In particolare i modelli e lo stile di quest'ultimo hanno interessato molto Rocca ed egli è stato uno dei primissimi liutai italiani ad usarli dopo Guarneri stesso, precorrendo gusti e tendenze che vedranno protagonista, nei decenni successivi, anche la liuteria francese.
Dal punto di vista stilistico Giuseppe Rocca ha mostrato personalità e carattere, anche se non sempre i suoi lavori rivelano coerenza nella qualità esecutiva - a causa della vita piena di turbolenze e dei numerosi spostamenti - ma la sonorità è sempre stata curata con sapienza e intuito, riuscendo a combinare spesso le caratteristiche essenziali dei due esemplari classici cremonesi preferiti. Ha prediletto vernici sottili, ambrate e rosso brune, e il nero ai contorni delle chiocciole, scelte che esprimono sempre eleganza ed una esecuzione sicura.
La sua produzione ha compreso non soltanto tutta la famiglia degli strumenti ad arco fino al contrabbasso, ma anche alcuni strumenti a pizzico. Oltre al figlio Enrico, che ha recuperato la professione paterna più tardi, si può considerare suo allievo anche Alessandro Montovani.
Oggi questo autore piemontese è considerato uno dei maggiori liutai italiani dell'Ottocento.
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