RITORNI, Carlo
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 87 (2016)
Nacque a Finale di Modena (oggi Finale Emilia) il 6 giugno 1786 dalla contessa Barbara Scaruffi di Reggio e da Taddeo, finalese di nascita, stimato funzionario fatto conte dal duca Ercole III nel 1793. Per le ultime generazioni della famiglia Ritorni la sottocapitale del ducato estense fu patria adottiva: a Reggio, Taddeo era stato fatto venire giovane ed educato dall’accreditato parente Gioseffo (1723-1795), canonico in cattedrale e poi vicario generale di monsignor Francesco Maria d’Este, letterato di qualche fama e fondatore nel 1747 della locale Accademia degli Ipocondriaci. E a Reggio, morto Taddeo (1803), tornarono a risiedere definitivamente la madre e il figlio Carlo; il quale prese presto a distinguersi tra i nobili della città: fu tra le guardie d’onore di Napoleone I (1808) e poi del reintronizzato duca austro-estense Francesco IV (1814); e già nel 1811 aveva raccolto in un gran volume manoscritto proprie traduzioni di Orazio e Catullo, da cultore di belle lettere emulo del padre e del nonno, entrambi Ipocondriaci.
Di questi ben più eterodosso fu però Carlo, per indole, vena intellettuale e interessi ardentemente dominanti per la musica e il teatro (senza disdegnare l’architettura). Il primo suo biografo reggiano, che lo conobbe di persona, in poche pagine pur encomiastiche ne rimarcò più volte i «costumi illibati sì, ma strani e originali», il «modo […] particolare […] di vestire e di presentarsi», la «straordinaria bizzarria […] non disgiunta […] da brio e festevolezza» (Manzini, 1878, pp. 442, 456, 457).
Ritorni coltivò del resto assiduamente il genere poetico dell’epigramma comico (quattro raccolte date alle stampe nel 1826, 1841, 1850 e 1851, in una fluviale produzione manoscritta); ironie, caricature o sarcasmi costellano le sue pagine di critica e trattatistica, in molte delle quali si dimostrò altresì – come nella vita reale, vissuta riccamente di rendita – quanto mai puntiglioso, pedante e meticoloso, tanto che lo studio più profondo su di lui ha evidenziato tale «ineffabile doppiezza» come «qualità […] d’ermafroditismo intellettuale» (Seragnoli, 1987, p. 273).
Ben in vista nell’ambiente locale (anche in politica: fu consigliere comunale dal 1819), verso i quarant’anni cercò e ottenne attenzione negli ambienti teatral-musicali del nord Italia pubblicando presso Nobili in Bologna, e anonimi (per vezzo nobiliare, visto quanto poi si spese per diffonderli), dapprima i Consigli sull’arte di dirigere gli spettacoli (1825), un trattatello in forma epistolare dedicato ai principi d’una buona gestione pubblica dei teatri, che Ritorni voleva applicati da un direttore unico con ampie prerogative e competenze, indi gli Annali del Teatro della città di Reggio anno 1825 (seguiti a ruota dalle retrospettive Memorie de’ spettacoli rappresentati in Reggio dall’anno 1807 all’anno 1824; ambedue 1826), una miscellanea di resoconti e riflessioni critiche sugli allestimenti d’opera, ballo e teatro di parola, arricchita d’altri testi gestional-teatrali, poetici o satireggianti (e da lui poi continuata con regolarità nei 14 anni a venire). Entrambe le operette rientrano in un filone in voga nella pubblicistica coeva, soprattutto milanese. Così, dei Consigli omaggiò un’autorità in materia, Angelo Petracchi (già militare, cronista e funzionario nel ventennio napoleonico, appaltatore del teatro alla Scala nel 1816-20, estensore nel 1821 di un trattato analogo), che se ne complimentò caldamente avviando contatti diretti con Ritorni. E ai successivi Annali 1826, conclusi da una minuziosa Epistola tecnico-impresariale dello stesso Petracchi, dedicò una recensione lusinghiera l’autorevole Robustiano Gironi sulla Biblioteca Italiana (XLVII, 1827, pp. 448-450): «anche l’Italia vanta finalmente i suoi giornali di teatro», esordiva, considerando insieme la testata milanese I Teatri.
Nel medesimo biennio Ritorni volle peraltro mettere in pratica, nella propria città, le convinzioni e le competenze ostentate nei suoi scritti, atteggiandosi quasi a lord protettore delle cose di musica in Reggio. Perorò politicamente e sostenne in concreto la prima scuola musicale pubblica cittadina: perché il 1° agosto 1826 potesse aprirsi intanto con quattro classi – tenute da altrettanti musicisti stipendiati dalla comunità coi «metodi di insegnamento […] collaudati dal Sigr Maestro Bonifazio Asioli […] qui recatosi appositamente per visitare in persona le scuole» – il conte «offerse spontaneamente e senza pretese d’affitto la sua casa», nell’odierna via Secchi. Ma volle intromettersi anche nelle dinamiche cittadine del ‘dirigere gli spettacoli’: aiutò a sciogliere un’esiziale questione di ‘convenienze’ tra primi cantanti (Luigi Mari e Rosa Morandi, cui dedicò pure versi encomiastici), convinse il Comune a non ingaggiare un impresario a suo dire esoso, ne contropropose altri meno pretenziosi, tra cui uno che nel Carnevale 1825-26 diede esiti artistici tanto scarsi da suscitare dubbi circa l’autorevolezza ‘direttoriale’ di Ritorni. La quale colò a picco quando a giugno 1826 impresa e compagnia passarono al teatro della capitale, Modena: il conte garantì di persona con una grossa cifra il tenore Mari, che ormai diffidava dell’impresario quasi fallito; le vere autorità teatrali dello stato estense si rifiutarono di rimborsargliela; il cantante che resisteva ad esibirsi fu condotto in teatro a forza; Ritorni a sua volta – nonostante vari appelli al sovrano e alle leggi – venne in pratica cacciato da Modena. Al che reagì a modo suo: nel 1827 pubblicò anonimi in Milano due testi teatrali parodistici – la commedia in prosa L’impresario alle Smirne e il «melodramma buffo» Le cantatrici villane, ovvero L’impresa di Montefosco – che erano sì ricalchi, personaggi inclusi, dall’amatissimo Goldoni (il quasi omonimo Impresario delle Smirne e Il feudatario), ma soprattutto mettevano alla berlina, tra trame e dialoghi caricaturali, da un lato le malefatte dell’impresario e della direzione teatrale modenesi, dall’altro la stolidità degli stessi reggiani amanti di teatro.
A fine 1827 i volumetti ebbero un’ammiccante recensione sui Teatri, il periodico milanese diretto da Gaetano Barbieri, cui Ritorni stesso collaborava (come col Censore universale dei teatri di Luigi Prividali). Il conte poteva infatti permettersi di viaggiare vedendo spettacoli, al di là di quelli reggiani da lui presidiati per gli Annali: a Milano, ma anche a Venezia, Mantova (donde inviò un articolo a Barbieri nel 1830), Varese, Forlì, ecc. Polo d’attrazione primario era beninteso la capitale lombarda, dove risiedeva e gli faceva da intermediario – anche con Vincenzo Bellini, nel 1831 – il noto medico Luigi Ramondini, già buon conoscente di Napoleone. Corrispondente assiduo di Ritorni nel periodo 1825-1834 fu poi il citato Petracchi, e per un motivo preciso: aveva conosciuto di persona, visto lavorare e stimato molto il coreografo Salvatore Viganò, fino a farsi custode di sue carte e documenti post mortem (1821); e quando Ritorni, sempre nel 1826, concepì il progetto di un trattato su Viganò, Petracchi gli fu prezioso aiutante nella ricerca di fonti e testimonianze. L’apporto fu valorizzato nell’opera finita: al loro apparire, gli imponenti e ancor oggi importanti Commentarii della vita e delle opere coredrammatiche di Salvatore Viganò (Milano, 1838) contenevano intere sezioni di mano di Petracchi (su I titani, Otello e Mirra), che Ritorni definì suo «principale collaboratore» (p. 119).
Nella loro corrispondenza del 1828 si fa menzione, per averne referenze quale possibile partito per una dama milanese, di un cugino primo di Ritorni che per lui sempre fu una figura ingombrante: il conte Giovanni Grilenzoni, carbonaro condannato a morte dal ducato estense ed esule in Ticino sin dalle cospirazioni del 1821-22, e dal 1833 attivissimo seguace di Mazzini (cfr. DBI, vol. LIX). Non si sa se questa parentela e i trascorsi repubblican-napoleonici dei suoi corrispondenti consonassero con le opinioni politiche di Ritorni. Certo è che nel febbraio-marzo ‘rivoluzionario’ del 1831 fu eletto nel «corpo amministrativo» provvisorio di Reggio, e che prima (1830) e dopo di allora passò più volte il confine svizzero per incontrare il proscritto. A maggio 1833 lo zio Bernardino Grilenzoni, morendo, nominò Ritorni esecutore testamentario e gestore interinale unico dei cospicui beni di famiglia: nell’impossibilità di trasmetterli al primogenito, contumace e quindi soggetto a confisca, vennero destinati ai futuri figli di lui o della sorella. Nondimeno, nel settembre seguente in Lugano, Ritorni passò in segreto al cugino un gran patrimonio di 60.000 lire austriache.
Rientrato Francesco IV in Modena e impiccato Ciro Menotti, dopo il 1831 la stretta autoritaria del governo austro-estense divenne forte anche in campo culturale, mentre Ritorni improntò sempre più i suoi scritti civico-teatrali negli Annali ai toni polemici e irridenti di un esperto tanto conclamato quanto mal sopportato in patria. Su Reggio giocò anche un fattore più personale, ossia l’ostilità viepiù crescente tra lui e Luigi Cagnoli, intellettuale e docente di spicco in città sin dall’epoca repubblicana, ma dal 1828 anche controllore dell’ortodossia politico-culturale estense quale capo censore locale. E appunto nel 1832 Cagnoli rifiutò una prima volta il visto agli Annali (unico però di tre censori) denunciandone la vocazione al «dileggiamento delle autorità amministrative». Ritorni rimpolpò allora lo scarno volumetto ristampandovi in coda le allusive Cantatrici villane del 1827, ove in un personaggio, tal faccendiere Pertichino, Cagnoli si sentì personalmente sbertucciato. Scontato che nel 1833 Ritorni non venisse scelto come nuovo direttore reggiano agli spettacoli (carica d’emanazione ducale), la tensione montò nei due anni seguenti ed esplose nel 1835: Cagnoli prima ottenne d’essere revisore unico degli Annali; poi fece uscire sull’organo ‘di regime’ La Voce della Verità un violentissimo attacco al periodico (Abuso dello spirito, a criptica firma «L.F.»), con passi incriminati tratti dalle ultime quattro annate; e infine si adoperò perché anche i censori della pontificia Bologna, dove gli Annali da sempre si stampavano, inducessero l’editore Nobili a restituire a Ritorni i manoscritti in lavorazione. Il conte provò a resistere. Editi già gli Annali 1834 in formato dimezzato, li ridusse a poche decine di pagine nel 1835 e 1836, mentre nei tre anni successivi smerciò semiclandestinamente gli ultimi della serie, sempre più smilzi e sotto il titolo Memorie […] per servire agli Annali del 1838 e 1839, sotto false indicazioni editoriali (Lipsia, Weidmann), adottate del resto nel 1837 anche per la proibita Apologia degli Annali del teatro di Reggio […] fatta da un articolo della gazzetta “La Voce della Verità” (un tentativo di rintuzzare punto per punto l’attacco del 1835). Ma le cronache critiche ritorniane erano ormai zittite: pietra tombale due ulteriori, tracotanti articoli della Voce nel luglio 1838, il primo firmato da Cagnoli venuto allo scoperto.
Nel panorama intellettuale estense qualcuno continuò ad apprezzare Ritorni e le sue idee. Il poeta Antonio Peretti – talento reggiano che nel 1840, venticinquenne, il duca nominò suo poeta di corte sebbene ne fossero note le propensioni politiche novatrici – nel 1839 gli richiese dei pareri sui propri libretti d’opera e di redigere una biografia di Asioli; e nel 1841 volle ergersi a difensore del suo buon nome presso il sovrano sottoponendogli la Apologia. La fine della belligeranza sugli Annali consentì peraltro a Ritorni di stilare gli Ammaestramenti alla composizione d’ogni poema e d’ogni opera appartenente alla musica (Milano 1841), un trattato di storia e teoria sull’opera in musica e il ballo teatrale che a molti argomenti affrontati negli anni precedenti – primo tra tutti l’ideale d’una autentica tragedia in musica, avvicinato a suo parere da Bellini con La straniera e Norma – diede forma più meditata, organica e incisiva.
Negli anni seguenti il conte continuò a impegnarsi per la comunità cittadina, fino a divenirne nel 1849 «Conservatore» (grosso modo un odierno assessore), sebbene per periodi protratti soggiornasse nel suo podere appena a sud della città. Frutto di quel decennio più distaccato da spettacoli e teatri fu il trattatello Le notti in Rivalta (Modena 1849), a capitoli immaginati come altrettante «veglie» rurali ma pur sempre dedicati ai principi d’una buona amministrazione civica. Ritorni continuò anche a tutelare il cugino esule mazziniano, sia quando nel 1840 nominò proprio erede a testamento il comune parente acquisito conte Domenico Sauli di Forlì (marito di Clementina Grilenzoni), sia quando nel 1848 si oppose giudizialmente al figlio di questi – nel frattempo per i moti rivoluzionari Giovanni Grilenzoni era rientrato a Reggio, dovendone però presto fuggire di nuovo – che pretendeva di subentrargli nella gestione dell’eredità ‘congelata’.
Quando nell’aprile 1851 un incendio distrusse il teatro di Reggio il civico fervore per gli spettacoli sfociò in un ambizioso progetto – l’erezione di un edificio teatrale ben più grande e lussuoso, con relativa ridefinizione urbanistica della zona nord della città storica – nel quale si rispecchiarono istanze e uomini più affini al riformismo post-quarantottesco del nuovo duca Francesco V. Tra loro l’ormai settantenne Ritorni, che col giugno 1855 fu nominato podestà della città (facente funzioni per un anno, poi effettivo fino alla caduta del ducato nel 1859) a coordinare tra l’altro le fasi dell’allestimento finale e dell’apertura del nuovo teatro. L’estensore di tante pagine di teoria gestional-teatrale si ritrovò così a governare concretamente – quasi da plenipotenziario, come sempre aveva perorato – l’intrico di scelte necessarie per inaugurare il nuovo Teatro Municipale (21 aprile 1857), tra architetti, decoratori, pittori di scene e sipari, musicisti, impresari, cantanti. Le sue responsabilità generali lo chiamavano peraltro anche a decisioni d’ogni altro ambito, che talvolta furono forse condizionate dalla sua indole elitaria e stravagante, se nel dopo Unità si volle scrivere di lui che «non si mostrò troppo esperto della publica azienda […] perché le riforme da lui introdotte […], più ideali che pratiche, non corrispondevano al bisogno» (Manzini, 1878, p. 445).
Morì il 27 marzo 1860. Aveva vissuto soltanto pochi mesi sotto il nuovo regime politico, ma aveva fatto in modo che nell’ambito pubblico locale la sua memoria perdurasse. Dopo che il cugino Grilenzoni, tornato a Reggio con l’aura del patriota risorgimentale, vide annullata la sua condanna ancien régime, con conseguente riappropriazione del patrimonio di famiglia, il conte Carlo rifece testamento sei giorni prima di morire: nominò erede pressoché universale – eccettuati un vitalizio alla propria governante e una villa di campagna lasciata al cugino stesso – l’ente assistenziale principale della città, legando in particolare «all’Ospedale delle donne» il cospicuo patrimonio (poi inventariato e valutato 224.342,37 lire italiane). Fu una scelta che l’ex proscritto Grilenzoni – avido e ingrato, a quanto pare – cercò a più riprese di far annullare o ridurre a proprio favore, per vie amministrative o giuridiche; fronteggiato però, nel 1861-62, da amministratori delle opere pie determinatissimi ed efficaci nell’assicurare che il lascito del reggiano acquisito Carlo Ritorni beneficiasse tanti concittadini posteri bisognosi e infermi.
Opere (non citate nel testo): Lo spettatore poetico. Epigrammi, Firenze 1826; Alla celebre cantante signora Rosa Mariani: Ode “Perché temesti in prima”, Reggio 1826; Al valoroso tenore signor Luigi Mari: Ode “Sprezzo co’ saggi il canto”, Reggio 1826; Ode a Eumelo (tenore Francesco Piermarini) “Eumelo, che ne’ docili”, Reggio 1828; Al sublime tragico cantore Gaetano Crivelli […] sotto il nome di Melipselo: Ode “Il pungolo satirico”, Reggio 1829; La gioventù di Ciro, melodramma, manoscritto in Reggio Emilia, Archivio di Stato, Archivi privati: Turri, 107, 1830; Lo spettatore poetico. Epigrammi comici, Milano 1841; Lo Stradone, passeggio forense della città di Reggio, in appendice a Le notti in Rivalta cit.; Opuscolo secondo (seguito dello Stradone), Modena 1850; Epigrammi comici, Genova 1850; Lo spettatore poetico, Milano 1851; Gli autori patrii e i patrii teatri, Reggio 1855.
Fonti e bibl.: Reggio Emilia, Archivio di Stato, Archivi privati, Fondo Turri, cartelle 104-113 e 6; ivi, Atti del Consiglio Comunale, 1825- 1831; ivi, Commissione incaricata della costruzione del Nuovo Teatro Comunale; Reggio Emilia, Arcispedale Santa Maria Nuova, Archivio storico, cartelle 1860, 1861 e 1862; Reggio Emilia, Biblioteca municipale “A. Panizzi”, Sezione Conservazione e storia locale, lettere manoscritte di e a Ritorni: Manoscritti reggiani B 142/61, B 448/172, C 413/33, D 123/40, D 389/26, E 233/2, E 233/29; ivi, cronache manoscritte di Prospero Fantuzzi: Manoscritti reggiani, C 127-131, Cronaca di Reggio dal 1820 al 1861; Raccolta drammatica Curti, 5, Cronaca teatrale.
L. Peretti, Per il nobil uomo conte Ferdinando Sauli di Forlì nella causa col nobil uomo conte C. R. di Reggio davanti il Tribunale d’appello in Reggio in punto d’interinale possesso di eredità, Reggio 1848; A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena dal 1571 al 1871, I, Modena 1872; E. Manzini, Memorie storiche dei reggiani più illustri nelle scienze nelle lettere e nelle arti, Reggio Emilia 1878; Per le ben augurate nozze […] Domenico Craveri […] Bianca Brussi, Reggio Emilia 1879; F. Reyna, Il Coreodramma del signor Conte, in La Scala, 11, 15 settembre 1950, pp. 49-51; R. Cavandoli, C. R. e l’arte di dirigere i teatri, in Il teatro a Reggio Emilia; I centenario del Teatro municipale, Reggio Emilia 1957, pp. 147-154 ; M. Prati, C. R. I suoi scritti e le sue idee sul melodramma, in Bollettino storico reggiano, V, 1972; F. Cruciani - D. Seragnoli, I luoghi teatrali a Reggio nell’Ottocento, in Teatro a Reggio Emilia, a cura di S. Romagnoli e E. Garbero, Firenze 1980, II, pp. 13-68; P. Fabbri, Le memorie teatrali di C. R., “rossiniste de 1815”, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, XXI (1981), pp. 85-125; D. Seragnoli, L’industria del teatro. C. R. e lo spettacolo a Reggio Emilia nell’Ottocento, Bologna 1987; S.L. Balthazar, R.’s “Ammaestramenti” and the conventions of Rossinian melodrama, in The Journal of Musicological Research, VIII (1989), pp. 281-312; M. Conati, “La novella scuola musicale”, in Studi musicali, XXI (1992), pp. 191-208; D. Seragnoli, Il conte a teatro: C. R. ‘protoregista’?, in Tra Venezia e Saturno. Storia, drammaturgia e poesia per Paolo Puppa, a cura di R. Cuppone, Corazzano 2017, pp. 366-379; J. Sasportes, Ritorno a R., in Ritorno a Viganò, a cura di J. Sasportes e P. Veroli, Canterano 2017, pp. 303-314.