PRATESI, Giovanni
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 85 (2016), 2023
Nacque a Genova il 4 gennaio 1865, terzo e ultimo di tre figli, da Ferdinando Pratesi (1831-1879), coreografo, e Filomena Panizza, ballerina e mima (poi andata sposa in seconde nozze al compositore Romualdo Marenco). Fu l’epigono di una dinastia di celebri ballerini, mimi e coreografi (tra cui i nonni, Gasparo Pratesi e sua moglie Gaetana Galetti), che si erano distinti sulle scene dei maggiori teatri italiani ed esteri.
Giovanni apprese l’arte coreografica dal padre, che aveva incorporato la tradizione coreica italiana fondata su tecnica brillante ed estro mimico. Mimo nelle coreografie del padre e in quelle di coreografi quali Luigi Danesi, Achille Coppini e Luigi Manzotti, si distinse tra l’altro alla Scala nella parte di Mozdock nel balletto La sorgente (23 marzo 1889), con Maria Giuri, coreografia riprodotta da Cesare Marzagora dall’originale di Arthur Saint-Léon (La source, Opéra Le Peletier, Parigi, 12 novembre 1866), musica di Ludwig Minkus e Léo Délibes.
Contravvenendo al desiderio del padre che lo voleva impiegato di banca, Giovanni, di indole vivace ed estrosa, emigrò a Nizza, al seguito di una compagnia di artisti francesi per poi esibirsi come mimo in diversi teatri all’estero. Nel febbraio del 1890 interpretò il personaggio di Bito nel balletto Messalina di Luigi Danesi al Gran Teatro del Liceo di Barcellona. Sempre in questo teatro fu mimo in Rodope, azione coreografica di Raffaele Grassi nel febbraio del 1891 e in Excelsior di Luigi Manzotti nel marzo del 1892. Nel 1890 aveva fatto parte del cast de Le Capitaine Charlotte (dalla comédie-vaudeville di J.-F. Bayard e Philippe Dumanoir), balletto di Carlo Coppi con musiche di Marenco, che aveva inaugurato il celebre Casino de Paris con «fuochi d’artificio elettrici» (Le Gaulois, 18 ottobre 1890).
Trasferitosi a Londra, la sua interpretazione nella pantomima di Mario Costa, A Pierrot’s Life al Prince of Wales Theatre (1897) colpì il compositore George W. Byng, l’allora direttore musicale dell’Alhambra, che gli procurò l’ingaggio come coreografo in sostituzione di Carlo Coppi. Jack Ashore (8 agosto 1898, rimasto in cartellone per 8 mesi), libretto del direttore artistico del teatro Charles Wilson, fu il primo balletto creato da Pratesi che integrava anche canzoni e dialoghi. Creò poi una nuova versione di Scarpette rosse (30 gennaio 1899), su libretto di Josef Hassreiter (che ne era stato il primo coreografo), basato sulla celebre novella di Hans Christian Andersen. Vi figurava come protagonista Josephine Casaboni assieme ad attori en travesti. Sempre all’Alhambra Pratesi creò A Day Off (24 aprile 1899), che culminava nel Grand valse politique, nel quale temi scottanti di politica estera erano interpretati in chiave coreografica (Guest 1992, p. 62). Il breve balletto Napoli (21 agosto 1899, rimasto in cartellone per circa 39 settimane) riscosse a Londra molto successo, per il vivace susseguirsi dell’azione e per l’estro pantomimico dei personaggi, tra cui lo stesso Pratesi che diede una interpretazione magistrale a uno dei due contendenti della protagonista (ibid.). Il balletto fu riproposto alla Scala nella sola serata del 4 febbraio 1906, con Cecilia Cerri protagonista nel ruolo di Pazzerella, la Ballerina.
Negli anni 1897-1898 il Teatro Carignano di Torino aveva organizzato una stagione interamente dedicata a Romualdo Marenco, che commissionò al figliastro Giovanni l’azione mimica in 4 atti de La figlia di Boby (poi riproposta al Politeama Genovese il 18 dicembre 1897 con 12 repliche, al Politeama di Novi Ligure il 14 gennaio 1898 e al Crystal Palace di Londra nell’agosto dello stesso anno). Questo lavoro, assieme alla pantomima Dolores, costituiva parte del repertorio che Pratesi portava in tournée con la propria Compagnia italiana di azioni mimiche musicate (Brocca 1895).
Nel 1900 Pratesi fu invitato al Casino de Paris in sostituzione di Egidio Rossi.
Il fenomeno dell’attraversamento di rotte geografiche prestabilite da parte degli artisti italiani, molti dei quali provenienti dalla Scala, consente di indagare i molteplici modi attraverso cui la danza si produce. Questi modi riguardano luoghi fisici o immaginari, ambienti sociali e sfere d’influenza per-corsi dai danzatori con più disinvoltura rispetto ai colleghi della prima metà dell'Ottocento. Questi nuovi fenomeni, inevitabilmente legati a fattori economici e di potere, consentono al danzatore di reinventare il proprio sé, di emulare l’altro e di giocare un ruolo chiave nel realizzarsi come individui.
Pratesi, da uomo del suo tempo, seppe abilmente interpretare le esigenze dettate dall’industria dello spettacolo, alla ricerca di nuovi espedienti per attrarre un pubblico sempre più numeroso. Questo grazie anche alla versatilità della sua formazione che, molto apprezzata all’estero, integrava non solo diversi generi e stili della danza, ma tendeva ad attribuire un ruolo importante al ballerino maschio in scena, ruolo che in Francia continuava a essere penalizzato.
Al Casino de Paris Pratesi creò Cadet-Roussel, rimasto in cartellone dal 2 ottobre 1900 al 1° marzo 1901. Si trattava di un grand ballet-pantomime, un genere ibrido tra mimo e danza con grande impiego di masse di figuranti, ballerini e mastodontiche scenografie. La musica era di Henri Cieutat; prima ballerina era Angèle Héraud, che danzava en travesti nella parte del cadetto (Gutsche-Miller 2010, p. 401). In Italia il fenomeno del ‘Ballo grande’, che ebbe il suo massimo esempio nell’Excelsior (1881) di Manzotti, dovette il suo successo alla complessa macchina teatrale che mise in scena masse di corpi di ballo (tra ballerini, mimi e ‘tramagnini’, come erano chiamati i figuranti) e una maestosa scenografia per narrare gli eventi con soggetto ora simbolico, ora storico e allegorico. Dal punto di vista coreografico furono esaltati quei caratteri tipici della tradizione coreica italiana che, risalenti a Salvatore Viganò e a Gaetano Gioja, erano stati incorporati, per esempio, nei lavori di Luigi Danesi e Giuseppe Rota. Nel ‘Ballo grande’ il coreografo italiano, vero e proprio deus ex machina, regolava i movimenti delle masse, lasciando però i primi ballerini liberi di creare i passi a loro piacimento. Pratesi in questo senso era seguace del canone manzottiano, dal quale si allontanava talvolta, grazie a una più moderna sensibilità.
Il 14 gennaio 1904 avvenne il felice debutto di Pratesi alla Scala come coreografo di Bacco e Gambrinus. Il balletto in sei quadri, musica di Marenco, costumi di Alfredo Edel, libretto di Gustavo Macchi e protagonista Cecilia Cerri (Cupido), fu replicato per 30 sere e rimase in repertorio per diversi anni. Si trattava di una schermaglia tra Bacco, Dio del vino, e Gambrinus, re della birra, per conquistarsi i favori di Venere. Tra le prime ballerine spiccavano Emma Bessone e la russa Olga Preobraženska. La critica apprezzò le «figurazioni nuove, affascinanti […] la polka delle Kellerine […] un turbine di gaiezza briosa, tutta giovanilità civettuola. La danza della birra è una vera effervescenza di motivi. Il gran ballo della vendemmia è tutto un quadro, un baccanale irradiante la più gioconda e stramba spensieratezza» (Musica e musicisti, n. 4, aprile 1904). Il balletto fu rappresentato poi nell’aprile dello stesso anno al Teatro Argentina di Roma, in occasione di una delle due serate di gala per la visita in Italia del presidente della Repubblica francese Émile Loubet. Nell’edizione messa in scena alla Scala (4 gennaio 1912, con 5 repliche), riprodotta da Vincenzo Dell’Agostino, figurò per una sola sera nella parte di Venere la celebre Margaretha Geertruida Zelle (in arte Mata Hari), conosciuta presso il salotto milanese di Filippo Tommaso Marinetti, frequentato da Pratesi. Seguì poi sempre alla Scala il balletto Luce (25 febbraio 1905), musica di Marenco e costumi dell’esordiente Luigi Sapelli (in arte Caramba). Con le sue 33 repliche, il balletto – una fantasmagoria di quadri colorati – voleva narrare, come si legge nel libretto, non eventi storici o passioni umane, ma «sol di forme e suoni/ Ai sensi ora diletto, ed or riposo» (Ballo Luce 1905). Pratesi poi creò, ancora per la Scala, Les Porte-Bonheur (3 marzo 1908), un balletto di mezzo-carattere in tre quadri, musica di Riccardo Drigo e costumi di Caramba. L’effetto, oltre alle figurazioni, era da ricercarsi nella sapiente mescolanza dei colori dei costumi e delle scene.
Di lì a poco alla Scala si sarebbe avuta una ventata di novità con l’arrivo dei Ballets russes di Sergej Djagilev, che nel 1911 allestirono Cléopâtre e Schéhérazade con le coreografie di Michail Fokin (francesizzato Michel Fokine). La potente sferzata conferita alla cultura artistica dai Ballets russes, che tanta eco ebbero di pubblico e di critica in Paesi come Francia e Inghilterra, in Italia non diede effetti duraturi. Nel 1907 Pratesi collaborò con il Circo Albert Schumann a Berlino per alcune pantomime, tra cui St Hubertus, su musica di Dominik Ertl. Nel 1912 (11 gennaio) fu di nuovo a Londra, ove partecipò alla fortunata produzione di Hop O’ My Thumb (Pollicino) al Royal Theatre Drury Lane. La Prima guerra mondiale rallentò molto gli allestimenti teatrali. Alla Scala, per esempio, nella stagione 1916-1917 i balletti furono sacrificati e nel 1918 la Scuola di ballo chiuse, con inevitabili conseguenze per la didattica.
Quando Pratesi vi ritornò come coreografo stabile nelle stagioni 1925-1926, 1926-1927 e 1927-1928, la situazione era mutata: la scuola aveva riaperto e sin dalla fine del 1925 aveva potuto beneficiare degli insegnamenti di Enrico Cecchetti, che concluse la sua leggendaria carriera di maestro di fama internazionale presso il teatro scaligero, lasciando un’impronta significativa sui primi ballerini della Scala perfezionatisi con lui, dei quali Pratesi si avvalse, per esempio nel balletto Il Convento veneziano, ossia la protezione di Tersicore (7 febbraio 1925, con 8 repliche), una commedia coreografica in 2 atti e 2 quadri, musica di Alfredo Casella. Nella parte di Tersicore danzava Cia Fornaroli; Mariola era interpretata da Rosa Mascagno e Lelio, il suo innamorato, da Ettore Caorsi.
Il suo più grande successo fu il balletto Vecchia Milano (10 gennaio 1928), soggetto di Giuseppe Adami, musica di Franco Vittadini, primi ballerini: Rosa Piovella Ansaldo (Fanny), Cia Fornaroli (Fioretta), Placida Battaggi (Chiara Stella), Vincenzo Celli (Paoletto) e Alfredo Menichelli (Emilio D’Adda). In questa azione coreografica, suddivisa in 8 quadri, si succedevano alcuni episodi della storia patriottica di Milano intorno al 1858. La città era stata ricostruita nei suoi luoghi più caratteristici, quali lo storico Caffè Martini, la Madonnina e la Scala nei suoi esterni e interni, rievocati con quel felice espediente di ‘teatro nel teatro’. La critica fu tuttavia discorde, in quanto, come qualcuno affermò, si era: «tornati all’antico, imitando modelli e ricalcando forme fuori d’uso in voga più di mezzo secolo fa […] alle cabalette, alle cavatine, ai passi di bravura, ai concertati e a tutti gli appiccicaticci ed alle cianfrusaglie del virtuosismo tecnico fine a se stesso» (Recensione in Il Popolo d’Italia, 11 gennaio 1928). Altri applaudirono il ritorno della tradizione coreografica italiana, che sembrava essere stata spazzata via dalla moda «snobistica ed insolente del balletto russo» (Dr Navarra, s.d. ma 1928).
Il balletto fu riprodotto alla Scala il 16 febbraio 1932 da Leonid Mjasin (francesizzato Léonide Massine), il più importante coreografo dei Ballets russes dopo Fokin. Pratesi aveva allestito d’altro canto una propria versione di Petruška di Fokin alla Scala il 20 marzo del 1927 con scene e costumi di Nicola Benois. Cia Fornaroli danzava nel ruolo della Ballerina, Vincenzo Celli in quello di Petruška, Enrico Mascagno in quello del Moro ed Enrico Cecchetti nel Ciarlatano. Il 15 marzo 1928 Pratesi creò le danze per La leggenda di Giuseppe, libretto di Harry Kessler e Hugo von Hofmannsthal, musiche di Richard Strauss e i movimenti delle masse a cura del regista Ernst Lert (Veroli 2001). Celli e Fornaroli interpretarono i primi ruoli.
Pratesi è anche ricordato per la sua versione di Excelsior, che chiuse la parabola ascendente del capolavoro manzottiano. Rappresentato al S. Carlo di Napoli il 17 gennaio 1931, il ‘gran ballo’ «fu un grandioso spettacolo inneggiante al Progresso… del Fascismo» (Excelsior. Documenti e saggi, 1998, p. 7). Tra i quadri, resi attuali alla luce di un diverso contesto sociale e politico, spiccava quello dedicato a Guglielmo Marconi, che rappresentava il naufragio di un piroscafo salvato grazie al lancio di un S.O.S. Alla Scala Pratesi riprodusse, sempre di Manzotti, Sieba (14 gennaio 1933), di ambientazione nibelungica, con Attilia Radice protagonista. Nello stesso anno (23 aprile) creò il balletto Danze campestri, aggiunto alla terza recita di Don Pasquale di Gaetano Donizetti per una serata di gala (Gatti, 1964, p. 213).
Non di minor rilievo fu la sua attività di coreografo per i balletti delle opere. Il Nerone di Arrigo Boito (1924) alla Scala fu un grande successo, grazie al colossale impiego delle masse:120 coristi, 500 comparse, 40 ballerine, 20 secondi ballerini e 50 tramagnini. Protagonista fu Cia Fornaroli. Apprezzate furono inoltre le sue coreografie per Turandot (Teatro alla Scala, 25 aprile 1926).
Creò i movimenti scenici che animarono il Padiglione Eritreo, allestito in occasione dell’Esposizione internazionale di Milano nel 1906.
Sposato con Adele De Paolis, dalla quale ebbe l'unico figlio, Fernando, Pratesi si ritirò nella quiete di Noli (Savona), dove morì il 13 ottobre 1938 (Atto di morte n. 20, 1938, Registro stato civile del Comune di Noli).
Fonti e Bibl.: Messalina (recensione), in La Vanguardia, 22 febbraio 1890; Rodope (recensione), in La Vanguardia, 16 febbraio 1891; Excelsior (recensione), in La Vanguardia, 24 marzo 1892; A. Brocca, Il Politeama genovese. Cronistoria dall’anno 1870 all’anno 1895, Genova 1895; Id., Il Poli-teama genovese. Continuazione della Cronistoria dall’anno 1895 all’anno 1898, Genova 1899; Ballo Luce, libretto di Gustavo Macchi, coreografia di Giovanni Pratesi, musica di Romualdo Marenco, costumi di Luigi Sapelli (Caramba), Teatro alla Scala, Stagione 1904-1905, Milano 1905; Dr Navarra, Vecchia Milano. Azione coreografica di Giuseppe Adami, musica di Franco Vittadini, rappresentata il 10 gennaio 1928 (The New York Public Library, Jerome Robbins Dance Division, Cia Fornaroli Collection, [s.d., ma 1928], ritaglio di giornale); Recensione, in Il Popolo d’Italia, 11 gennaio 1928; G. Pratesi, Danza e coreografia. I coreografi Pratesi, 21 settembre 1939, dattiloscritto, pp. 1-9, Museo Teatrale alla Scala, Biblioteca Teatrale Livia Simoni [scen. I 61/6]; G. Tani, P., G., in Enciclopedia dello spettacolo, diretta da S. D’Amico, Roma 1954-1968, VIII, s.v.; C. Gatti, Il Teatro alla Scala nella storia e nell’arte (1778-1963), Cronologia degli spettacoli e dei concerti a cura di Giampiero Tintori, 2 voll., Milano 1963-1964; Festival internazionale del balletto: Nervi, Teatri ai Parchi, 7 luglio - 1 agosto 1981 [direttore artistico Aldo Rocchi; collaboratore alla direzione artistica per il festival Mario Porcile], Le mostre artistiche a Villa Grimaldi. Documenti e bozzetti del Lascito Pratesi, Genova 1981; I. Guest, Ballet in Leicester Square. The Alhambra and The Empire 1860-1915, London 1992, pp. 61, 63, 150, 155; C. Celi, Percorsi romantici nell’Ottocento italiano, in Musica in scena. Storia dello spettacolo musicale, diretta da A. Basso, V, L’arte della danza e del balletto, Torino 1995, pp. 117-138; R. Albano - N. Scafidi - R. Zambon, La danza in Italia dal XVIII secolo ai giorni nostri. La Scala di Milano, La Fenice di Venezia, Il San Carlo di Napoli, a cura di F. Pappacena, Roma 1998; C. Celi, P., G., in International Encyclopedia of Dance, a cura di S.J. Cohen, V, New York-London 1998, s.v.; Excelsior. Documenti e saggi/Documents and Essays, a cura di F. Pappacena, Roma 1998; P. Veroli, Baccanti e dive dell’aria. Donne, danza e società in Italia 1900-1945, Città di Castello 2001; L. Garafola - P. Veroli, 500 Years of Italian Dance. Treasures from the Cia Fornaroli Collection (catal.), Mostra tenutasi presso la Vincent Astor Gallery della New York Public Library for the Performing Arts (cfr., descrizione del Fondo e della mostra http://web-static.nypl.org/exhibitions/italiandance/web9.html), 17 ottobre 2006 - 20 gennaio 2007; Romualdo Marenco: prospettive di ricerca. Scelta di saggi dei Convegni de Festival Marenco di Novi Ligure 2002-2006, a cura di E. Grillo, Novi Ligure 2007; G. Rampone - L. Manzo - F. Peirone, Musica e spettacolo a Torino fra Otto e Novecento. Il Teatro Regio e i teatri torinesi (1895-1905) (catal.), Mostra realizzata dall’Archivio Storico della Città di Torino in collaborazione con l’Archivio Storico Teatro Regio di Torino, 22 maggio - 30 settembre 2009, a cura di Città di Torino - Archivio Storico, Torino 2009; S. Gutsche-Miller, Pantomime-ballet on the music-hall stage: The popularisation of classical ballet in fin-de-siècle Paris, Schulich School of Music, McGill University, Ph.D. Dissertation, aprile 2010; Ead., Parisian Music-Hall Ballet, 1871-1913, Rochester (New York) 2015.