Nacque il 18 aprile 1920 nel rione di San Jacopino a Firenze.
Figlio unico di Ida Poggesi, casalinga, e Carlo Gozzini, ragioniere di banca alla Federico del Vecchio, entrambi di appartenenza cattolica. Frequentò il corso inferiore dell’Istituto tecnico Galilei di Firenze, dove ebbe come insegnante Ferdinando Tirinnanzi, dantista, critico teatrale e cinematografico, che determinò in misura dominante la sua formazione e lo invogliò a studiare il greco, il latino e la filosofia (in particolare Soren Kierkegaard e Nicolaij Berdjaev), nonché le Enneadi di Plotino, filosofo tra i fondatori del neoplatonismo, in cui G. vedeva il prototipo di un esistenzialismo mistico, estatico, a tratti religioso.
A 17 anni G. si iscrisse all’Università di Firenze alla facoltà lettere e filosofia, dove conobbe Adolfo Oxilia (allievo di Giorgio Pasquali), con cui prese la tessera del partito fascista e partecipò alle attività del Guf (Gruppo universitario fascista), collaborando alle riviste Goliardia fascista e Critica fascista. Nel corso del 1937, durante il corso di letteratura italiana di Giuseppe De Robertis sul poeta-condottiero D’Annunzio, entrò in contatto con Geno Pampaloni, insieme al quale, nel successivo periodo del suo servizio militare durante la guerra, dopo essere sbarcato in Corsica per combattere i tedeschi, G. fece ben 52 mesi di servizio nelle truppe speciali destinate a Malta ma sbarcate “pacificamente” nell’isola, tanto da meritare un Croce al valore per la Liberazione a Firenze che rivendicò sempre come tutt’altro che simbolica. Mentre Pampaloni discuteva la tesi di laurea sulla poesia dannunziana con Luigi Russo a Pisa, Mario si laureava, nel 1942, con una tesi dal titolo La crisi del paganesimo in Apuleio, con relatori Ettore Bignone e Paolo Eustachio Lamanna.
Grazie ad Oxilia conobbe lo scrittore Giovanni Papini, con la sua più recente ansia religiosa che lo pervadeva, che lo introdusse nella rivista Primato di Giuseppe Bottai e che lo mise in contatto con don Giuseppe De Luca, che ambiva recuperare quei valori religiosi, sia in ambito artistico che letterario, che si riteneva fossero andati perduti. Dopo la Liberazione, insieme a Papini e Oxilia (e ad altri giovani - tra cui Attilio Mordini, Adriana Zarri, Silvano Panunzio, Valerio Tonini, Bruno Nardini, tutti ferocemente critici nei confronti della nascente Democrazia cristiana) diede vita, nel 1946, alla rivista L’Ultima, un progetto di impegno letterario-escatologico con sullo sfondo un carattere civile-religioso, quanto più lontano possibile dall’estetica crociana che allora dominava la cultura italiana.
La ricerca inizialmente filosofico-letteraria di G. divenne progressivamente sempre più teologica, prima affiancando all’esistenzialismo l’urgenza della lettura dei grandi maestri della tradizione cattolica, dei padri della chiesa, dei dottori di ascetica, in particolare san Tommaso e sant’Agostino, e il fascino della Sacra Scrittura. Fu in questo contesto culturale che, nel 1944, il giovane Mario ebbe modo di conoscere e frequentare nella sua casa romana, grazie all’intercessione di Nicola Turchi ch’era stato suo professore di Storia delle religioni all’Università di Firenze, una personalità che influì molto - probabilmente più di ogni altro - sulla sua formazione intellettuale, ovvero Ernesto Buonaiuti. In quegli anni il sacerdote modernista stava scrivendo la sua autobiografia Il Pellegrino di Roma, dove rielaborava e ribadiva la sua convinzione che il cristianesimo rappresentasse un vasto programma di riforma sociale e che la salvezza dell’umanità passasse attraverso il ripristino dei valori delle prime comunità evangelico-cristiane. Il libro su Plotino che Buonaiuti, nel 1944, gli consigliò di scrivere non vide mai la luce perché quest’ultimo morì e così G. rientrò a Firenze e, grazie all’interessamento di Papini, nel 1946 Enrico Vallecchi gli propose un contratto di collaborazione con la sua storica casa editrice fiorentina, che lui accettò.
Nella rinascita culturale e civile del secondo dopoguerra G. iniziò a immergersi sempre più nei laboratori culturali del cattolicesimo fiorentino, impegnato a conciliare le sfide della modernità, della secolarizzazione e delle diseguaglianze sociali con la rigidità e l’intransigenza della chiesa di Pio XII. In questo periodo G. si abbeverò, con crescente passione, agli scritti di Emmanuel Mounier (che conobbe nel 1947 durante un incontro organizzato dal Gabinetto Vieusseux alla presenza di Alessandro Bonsanti, Eugenio Montale e Arturo Loria), Pierre Teilhard de Chardin, Henrie-Marie De Lubac, e iniziò la frequentazione di gruppi, cenacoli, associazioni e riviste che rappresentavano le cosiddette “avanguardie cattoliche”, una sorta di coscienza critica di riserva nel mondo cattolico, con la preferenza per una religiosità dalla parte degli ultimi, l’avversione al temporalismo, la rivendicazione del pluralismo culturale e politico dei cattolici, la libertà di religione, la difesa della pace. Nel corso delle varie presentazioni e conferenze in giro per l’Italia de L’Ultima (che nel frattempo era stata acquisita da Vallecchi e potenziata), entrò in contatto, nel 1947, con Nando Fabro della rivista Il Gallo di Genova, nel 1949, con don Primo Mazzolari di Adesso, e con i sacerdoti David Maria Turoldo e Camillo de Piaz della Corsia de’ Servi di Milano, ma soprattutto ebbe modo di conoscere meglio Enrico Bartoletti, biblista di grande levatura e rettore del seminario fiorentino (poi divenuto vescovo di Lucca e segretario generale della Conferenza episcopale italiana), don Divo Barsotti, teologo esperto di Bibbia e cristianesimo russo (che celebrò nel 1954 il suo matrimonio con Vilma Occhipinti, una delle prime donne a laurearsi in teologia in Italia, e che tenne a battesimo i suoi tre figli, Giovanni, Bernardo e Anna), ed Ernesto Balducci (che conobbe nel 1947 a Firenze in occasione della presentazione del libro di Papini Lettere agli uomini di papa Celestino VI), padre scolopio e fondatore del circolo caritativo e d’impegno cristiano Il Cenacolo, poi protagonista dal 1957, insieme a Mario, della stagione della rivista Testimonianze (insieme a Ludovico Grassi, Danilo Zolo, Vittorio Citterich, Federico Setti, Fernando Cancedda e Luciano Martini), un giornale che avanzava la richiesta di un più dinamico rapporto del cristianesimo con la realtà sociale, compreso il rapporto con i non credenti, con la modernità, con la scienza.
Più difficili i rapporti con don Lorenzo Milani (lo conobbe in occasione di un invito a tenere una lezione sull’esistenzialismo alla scuola di San Donato a Calenzano nel 1953), che non disprezzò mai il valore riformatore della tensione dinamica della sua azione culturale e teologica ma che fu molto diffidente nei confronti del mondo intellettuale cattolico “borghese” di cui G. faceva parte, soprattutto dopo l’allontanamento di Dossetti dalla Dc. Proprio come Dossetti - che G. ammirò e che conobbe nel 1951 a una conferenza al Chiostro nuovo in via degli Alfani a Firenze grazie all’amico comune il magistrato Gian Paolo Meucci - aveva intuito il cruciale nodo teologico e politico dei credenti, ovvero il tema dell’autonomia dei cattolici impegnati nella vita pubblica, la critica all’unità in un solo partito, la responsabilità di decidere gli strumenti economico-statali con in quali dar vita a forme di giustizia sociale più avanzata, fino alla questione della confessionalità delle istituzioni su basi teologiche.
Allo stesso modo ebbero una forte influenza su G. due personalità democristiane “atipiche” come Giorgio La Pira e Nicola Pistelli. Il primo frequentato, soprattutto, in occasione della collaborazione, fianco a fianco, all’organizzazione dei convegni internazionali per la pace e la civiltà cristiana dal 1952 al 1956 a Firenze, in cui si rivelò la volontà di superare il limitato orizzonte religioso ed ecclesiale e di approcciare tematiche di impegno sociale con una coscienza conciliare “premonitrice” del rapporto tra chiesa, storia e umanità. Il secondo (un laburista della sinistra di base democristiana), conosciuto durante la sfumata gestazione di una rivista di cultura religiosa e impegno sociale chiamata Le Dodici nel 1954 (che doveva essere finanziata da Ettore Bernabei, e poi in alternativa con il nome Pianeta, da Enrico Mattei), con il quale collaborò a partire dal 1955 alla rivista Politica, nella quale sostenne la necessità di un confronto non solo con i socialisti ma anche con i comunisti, su questioni specifiche come l’istituzione delle Regioni, e che rappresentò l’espressione di una forza riformista sul piano economico-sociale e puramente laica sul fronte religioso.
Fu però il rapporto (iniziato nel 1950 dopo una sua recensione al libro Il Papato socialista) con un giovane studioso di storia, fiorentino anch’egli, Giovanni Spadolini, destinato a una fulgida carriera accademica e a importanti incarichi politici (futuro presidente del Consiglio), a rappresentare per G. una immersione in concreti temi storico-sociali nel confronto tra cristianesimo e socialismo, accomunati dal superamento dell’esasperazione individualista e liberista della società moderna.
Risale alla fine degli anni Cinquanta il suo crescente attivismo giornalistico con quotidiani e riviste cattoliche, tra cui Il Popolo, Il Giornale del Mattino, La Gazzetta del Popolo, nei quali G. intervenne su argomenti di carattere culturale e sociale, per cercare di colmare i vuoti di quella che lui definiva la “necessità della teologia”. Ma fu soprattutto durante la sua direzione editoriale alla Vallecchi, in concomitanza con l’arrivo dell’amico Pampaloni in casa editrice, che il suo proposito di incidere sul piano culturale (inteso soprattutto come comunicazione ed editoria) nell’ambito degli ambienti progressisti cattolici prese consistenza, e questo coincise con un evento di carattere più generale che segnò il mondo cattolico, ovvero l’inizio del Concilio Vaticano II indetto da papa Giovanni XXIII.
G. si era vista attribuita nel 1954, dopo il concorso sostenuto nel 1949, la cattedra di filosofia all’Istituto magistrale di Castiglion Fiorentino e da quel momento si era diviso tra l’insegnamento, la mattina, e la febbrile attività editoriale, il pomeriggio e la sera. Nel 1962 aveva rifiutato il trasferimento a Milano alla guida della sezione religiosa della più prestigiosa casa editrice Mondadori propostogli da Bruno Nardini e Vittorio Sereni, e così aveva ideato alcune originali collane editoriali di saggistica religiosa alla Vallecchi rivolte a un pubblico vasto di non addetti ai lavori accademici: in particolare, Mezzo secolo (dove si può ricordare pubblicata, ad esempio, la Città secolare di Harvey Cox) e I nuovi padri (con il Bonhoeffer di Italo Mancini), ma anche l’Enciclopedia delle religioni (curata da Alfonso di Nola - con il quale a partire dal 1967 divennero grandi amici).
La vera svolta per la sua carriera sul piano pubblico avvenne in occasione della pubblicazione, per conto di Vallecchi, di due libri: Il Concilio aperto, nel 1962, e Il Dialogo alla prova, nel 1964. Il primo volume fu un fatto significativo sul piano editoriale e culturale e intese pubblicare, per la prima volta, una sintesi delle poco reperibili riflessioni dei Padri durante la prima fase del concilio, quasi in tempo reale, in modo che la novità dell’evento e le sue idee sulla società moderna, sulla laicità e sulla libertà religiosa fossero messe a disposizione di un vasto pubblico di cittadini. Il secondo volume, che riscosse un grande successo sul piano editoriale e che fu tradotto in varie lingue, rappresentò l’approfondimento del tema del dialogo tra cattolici e comunisti inteso come fondamento metodologico della attività intellettuale (e poi anche politica) di G., abile a muoversi tra diverse tradizioni culturali, come elemento di sintesi e di mediazione, strumento di cambiamento sociale, capace di gettare ponti tra mondi ideologici apparentemente inconciliabili, per non dire conflittuali.
Già nel 1953 G. aveva pubblicato (su L’Ultima) un articolo dal titolo I cristiani di fronte al comunismo, in cui polemizzava con lo slogan “o con Cristo o con Marx”, sostenendo che gli ambiti di azione religiosa e politica fossero differenti. Dopo la svolta del concilio nella chiesa, il “disgelo” tra Mosca e Washington e la presa di posizione di Palmiro Togliatti nel 1963 con il discorso sul destino dell’uomo che aveva aperto alla religione come elemento per costruire una società più giusta e più pacifica, i tempi per avviare un confronto culturale tra il mondo cattolico e quello marxista gli parvero maturi. Così, dopo la sorprendente diffusione di Concilio aperto con le tante presentazioni in ambito non cattolico, presso associazioni socialiste e case del popolo comuniste, nel 1963 G. sottopose la sua idea, sviluppata insieme all’amico Meucci, prima a monsignor Emilio Guano, vescovo di Livorno, e poi al matematico di cattedra universitaria Lucio Lombardo Radice: progettare un libro che mettesse a confronto le riflessioni di cinque personalità comuniste e cinque cattoliche, in cui cristianesimo e comunismo fossero visti non come due blocchi monolitici di fede e ideologia ma come strumenti e lezioni critiche per una migliore comprensione della società e interpretazione della realtà. Va sottolineato come, da parte ecclesiastica, non giunse alcun richiamo formale, né alcun cenno di condanna nei confronti dell’iniziativa, anzi al contrario alcuni autorevoli prelati (tra cui Michele Pellegrino di Torino, Salvatore Baldassarri di Ravenna, Luigi Bettazzi di Ivrea, Loris Capovilla di Chieti) lo contattarono per saperne di più sul libro e sull’esito di quel dialogo che però rimase, in quel momento, sul piano strettamente teorico e culturale, come d’altronde gli aveva consigliato di fare, “con cautela”, l’amico Giuseppe Lazzati.
Al contrario, non andò a compimento, per timore di una strumentalizzazione da parte comunista e di una reazione veemente da parte delle gerarchie ecclesiastiche, la proposta avanzata a G. nel 1965 dallo scrittore Pier Paolo Pasolini di prendere a modello e simbolo del dialogo alla prova l’operato e l’esperienza di papa Giovanni, e di “istituzionalizzare” in qualche maniera il gruppo dei dialoganti attraverso il progetto di pubblicazione di un libro per l’editore Garzanti, riprendendo le orme del film di Ermanno Olmi E venne un uomo.
A seguito della pubblicazione del libro sul dialogo giunse a G. nel 1965 un invito da parte di Erich Kellner, direttore della Paulus-Gesellschaft, un istituto internazionale di studi sul rapporto tra ideologia cristiana e marxista, al fine di organizzare una serie di incontri sul tema che coinvolse studiosi come Roger Garaudy, direttore del Centre d’études et de recherches marxistes, Jean-Marie Domenach, direttore di Esprit, Helmut Gollwitzer, Milan Machovec, Erich Fromm, Ernest Bloch, Karl Rahner, Cesare Luporini e Giulio Girardi.
Il primo momento di passaggio dal dialogo culturale al dialogo politico avvenne in concomitanza con la contestazione giovanile (che vide coinvolti molti gruppi di giovani cattolici), con gli echi in Italia della Teologia della liberazione e con il sommovimento dovuto al dissenso religioso delle Comunità di base (in particolare dell’abate Giovanni Franzoni a Roma e di don Enzo Mazzi a Firenze), e prese avvio alla fine del 1967 mediante gli incontri tra Lorenzo Bedeschi (attivissimo nell’area bolognese dai tempi de L’Avvenire d’Italia, ch’era sempre stata terreno fertile di contatti e mediazioni tra le sponde opposte con Dossetti e il cardinale Giacomo Lercaro), Adriano Ossicini (medico-psicologo alla Sapienza, tra i fondatori della Sinistra cristiana), da un lato, e la dirigenza comunista dall’altro, in particolare Giorgio Napolitano, per l’approdo a una candidatura di un gruppo di credenti, espressione del cattolicesimo conciliare nelle liste del Pci.
G., che in quel momento era impegnato, su indicazione di monsignor Bartoletti, nella stesura del Catechismo per gli adulti (Signore da chi andremo?), e che si era allontanato dal gruppo di Testimonianze, riservando un giudizio critico nei confronti del dissenso religioso e della nascente esperienza dei Cristiani per il socialismo, non ritenne di accettare la proposta di un seggio al Senato per le elezioni del 1968. Ma dopo l’approvazione della legge sul divorzio nel 1970 e soprattutto dopo la campagna referendaria del 1974 in cui un folto gruppo di cattolici (del “no”), che vide G. tra i protagonisti, prese posizione per la non abrogazione di quella legge, distanziandosi dai dettami delle gerarchie ecclesiastiche, e contribuendo a spostare i voti decisivi alla vittoria del fronte divorzista, le condizioni politiche nazionali e internazionali mutate contribuirono stavolta a fargli accettare la candidatura nella Sinistra indipendente di Ferruccio Parri, insieme a una pattuglia di cattolici nelle liste del Pci, alle elezioni del 1976, che sancirono un successo elettorale per i comunisti con il 34% dei voti.
Il nuovo segretario comunista Enrico Berlinguer, che aveva già da tempo precisato la sua proposta di compromesso storico, ovvero un’alleanza con le forze cattoliche democratiche sulla base dei valori costituzionali, incaricò Marisa Rodano, Ugo Pecchioli e Adriano Ossicini di creare le condizioni per candidare oltre a Gozzini anche Raniero La Valle, Paolo Brezzi, Angelo Romanò, Piero Pratesi e Tullio Vinay (dopo una lunga riunione tenutasi il 2 maggio 1976 alla Badia fiesolana di padre Balducci). Sui giornali si parlò di una possibile scomunica per loro, ma a differenza di quanto accaduto nel 1949 questa volta Paolo VI non irrigidì la posizione di una chiesa già segnata dalla lacerazione divorzista.
L’approdo finale del percorso dialogico del cattolico G. verso i comunisti fu rappresentato dalla modifica dello statuto del Pci al XV congresso di Roma nel 1979, in cui grazie alle sue proposte furono modificate quelle tesi che imponevano ai militanti e dirigenti il marxismo in ambito filosofico, culturale e religioso.
Accanto alla collaborazione da editorialista prima al Corriere della Sera (dal 1974 al 1976), poi a Paese Sera (dal 1976 al 1983), infine all’Unità (con la rubrica “Oltre gli steccati” dal 1987), iniziava così per G. l’esperienza politico-parlamentare al Senato della Repubblica (che durò tre legislature, dal 1976 al 1987), una parabola che riuscì a coniugare fede e politica, cristianesimo e comunismo, rivelando autonomia di giudizio e indipendenza di voto, senza perdere la propria identità cristiana, in un impegno costante che si manifestò, in particolare, in due tematiche specifiche: il contributo determinante alla stesura e all’approvazione della legge 194 del 1978 sull’interruzione della gravidanza, sostenendo il diritto di autodeterminazione della donna ma anche che l’aborto si dovesse attuare in strutture pubbliche e che comunque i consultori prevedessero un adeguato sostegno nel caso la madre volesse portare avanti la gravidanza, con l’assunzione dei costi della gestazione condotta a termine a carico dello Stato; il ruolo che rivestì nell’approdo alla legge 663 sulla riforma carceraria del 1986 (che porta non a caso il suo nome), andata in porto dopo lunghi anni di soprusi e negazione dei più basilari diritti per i carcerati, che rappresentò un cambiamento di approccio culturale e psicologico sull’argomento e che introdusse percorsi riabilitativi per un reinserimento delle persone nella società dopo il carcere e misure alternative rispetto alla detenzione; tutti aspetti recuperati dal Vangelo e dalla Costituzione che rappresentano la summa della sua azione di lungo periodo, con il suo carattere di giustizia, equità, pietà e perdono.
Si potrebbero usare tre termini – dialogo, etica, laicità – nel senso di contaminazione e mescolamento delle idee al fine di una laica collaborazione volta al miglioramento della società – per sintetizzare la sua vita.
Mario morì a Firenze il 2 gennaio 1999; qualche anno dopo l’istituto penitenziario fiorentino prese il suo nome.
Rischio e fedeltà, Firenze, LEF 1951; Pazienza della verità, Firenze, Vallecchi 1959; Lo Stato siamo noi, con G.P. Meucci, Firenze Vallecchi 1959; Concilio aperto, Firenze Vallecchi, 1962; Il dialogo alla prova: cattolici e comunisti italiani, Firenze Vallecchi 1964; La fede più difficile: la psicologia nuova dei cattolici, Firenze, Vallecchi 1968; Contro l’aborto tra gli abortisti, Torino, Gribaudi 1978; Carcere perché, carcere come, Firenze, Cultura della pace 1988; Oltre gli steccati. Cattolici, laici e comunisti in Italia, Milano, Sperling & Kupfer 1994; La giustizia in galera?, Roma, Editori Riuniti 1997; Chiesa cattolico-romana: il rinnovamento. Dalla crisi modernista al Concilio Vaticano II, Firenze, La Nuova Italia 2000.
I libri e le carte di Mario Gozzini sono conservati presso l’omonimo fondo depositato all’Istituto Gramsci Toscano di Firenze, per la cui consultazione si rinvia a: Istituto Gramsci Toscano (a cura di), Inventario dell'Archivio Mario Gozzini, introduzione di G. Scirè, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 2005; per un’analisi più dettagliata della sua opera si rimanda alle monografie: G. Scirè, La democrazia alla prova. Cattolici e laici nell'Italia repubblicana degli anni Cinquanta e Sessanta, Carocci, Roma, 2005, in particolare l'appendice di lettere del fondo Gozzini, pp. 345-512; Id., L'uomo del dialogo. Mario Gozzini oltre gli steccati tra cristianesimo e comunismo, Marietti, Bologna 2024; e ai seguenti saggi: il numero monografico Per Mario Gozzini, in “Il Ponte”, n. 8-9, agosto-settembre 2000; G. Scirè, Le carte Mario Gozzini. Il dialogo tra comunisti e cattolici nel secondo dopoguerra, in "Italia contemporanea", n. 233, dicembre 2003, pp. 707-730; Id., Il carteggio Don Milani-Gozzini, in "Rivista di storia del cristianesimo", n. 2, 2005, pp. 517-540; Id., Mario Gozzini e Gian Paolo Meucci: il dialogo di una vita, in B. Bocchini Camaiani (a cura di), Ernesto Balducci. La chiesa la società la pace, Morcelliana, Brescia 2005, pp. 187-216; L. Martini, Mario Gozzini. Dal dialogo con il comunismo alla collaborazione con i comunisti, in Id., Chiesa e cultura cattolica a Firenze nel Novecento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2009, pp. 252-291; G. Scirè, Mario Gozzini: una vita per il dialogo, in "Religioni e società", n. 72, gennaio-aprile 2012, pp. 104-114; Id., Introduzione al carteggio Gozzini-Benelli, in "Annali di Storia di Firenze", n. 8, 2013, pp. 385-421; Id., Il sodalizio tra Alfonso di Nola e Mario Gozzini, in "Rivista abruzzese", n. 2, 2023, pp. 112-118; Id., Il confronto tra cristianesimo e comunismo nella secolarizzazione del XX secolo: l'originale percorso di Mario Gozzini, in "Journal of Modern and Contemporary Christianity", vol. 4, n. 1, 2025, pp. 1-26.