GALLERANI, Bindo
Figlio di Sigherio di Gianni, cittadino senese, e di Maria di Rinaldino Scannaromei dei Maconi, il G. compare nelle fonti nel 1260, quando risulta coinvolto nell'attività della compagnia di famiglia operante nel Nord della Francia. Considerando che il G. venne emancipato dal padre a Parigi nel giugno dell'anno seguente, possiamo ritenere che egli fosse nato nel secondo quarto del sec. XIII.
Secondo un costume uniformemente diffuso nell'Italia comunale, nelle prime generazioni documentate della famiglia Gallerani non troviamo praticamente traccia di figli agenti autonomamente prima della morte del proprio padre. Sembra che solo dopo la metà del Duecento i Gallerani abbiano superato tale prassi, forse in connessione con le esigenze generate dallo svolgimento di attività mercantili-bancarie. L'emancipazione del G. e del fratello Iacomo è riconducibile probabilmente alla necessità di disporre di un maggior numero di uomini fidati da impiegare sia a Siena sia Oltralpe, ma potrebbe celare anche un dissidio con il padre. Manifestatosi apertamente durante il periodo di esilio seguito all'adesione dei Gallerani alla parte guelfa senese, tale contrasto venne ricomposto in Montepulciano tra l'estate del 1268 e i primi mesi del 1269 dai due zii Bonifacio e Iacoppo di Gianni.
Sembra che negli anni successivi il G. abbia proseguito la propria attività nelle regioni oltramontane, sebbene la sua presenza sia attestata con minore continuità rispetto a quella del fratello Iacomo: lo troviamo infatti a Parigi nel marzo del 1278 tra i membri della nuova compagnia di famiglia, della quale ormai non faceva più parte Sigherio. In quel periodo il G. venne definitivamente affermando la propria autonomia economica rispetto al padre, che nel dicembre del 1280 gli versò la somma di 700 lire di denari senesi a titolo di restituzione della dote di sua moglie Bice di Chiarimbaldo di Caccianeve. Le stime effettuate nel 1281 dagli ufficiali incaricati di ripartire un prestito forzoso ("presta") tra i cittadini senesi indicano un forte divario tra la limitata capacità contributiva di Sigherio e quella ben più ampia del G. e dei suoi fratelli, confermando l'ipotesi di un progressivo ritiro dell'anziano banchiere dalle attività economiche a beneficio dei figli. Il G., Iacomo e Picciolo acquisirono successivamente un certo controllo sul patrimonio del padre, del cui mantenimento si fecero carico durante i suoi ultimi anni di vita.
Intorno al 1280 si situa il suo definitivo rientro in Siena: nell'ottobre di quell'anno il G. intervenne agli atti di pacificazione tra le famiglie guelfe e ghibelline, nei quali appare designato con il titolo di dominus. In quel periodo egli partecipò attivamente alla vita politica cittadina, sedendo ripetutamente nel Consiglio della Campana tra il 1282 e il '90.
Gli ultimi decenni del XIII secolo costituiscono, per molte famiglie mercantili senesi, un momento di svolta nella costruzione di importanti patrimoni fondiari. La volontà di investire le liquidità rese disponibili dal successo della loro attività finanziaria - e forse anche una certa suggestione culturale mutuata dal contatto con le realtà "signorili" meridionali e d'Oltralpe o dal retaggio delle locali signorie rurali - spinsero alcuni membri della famiglia Gallerani a tentare di acquisire il controllo di un certo numero di centri castrensi. Nel corso del 1283 il G. acquistò dalla Comunità locale anche per conto del fratello Iacomo una parte del districtus et iurisdictio di Campagnatico, uno dei più grandi castelli di tutto il territorio senese, che venne però rapidamente riacquistato, nel gennaio del 1285, dal Comune di Siena. Migliore sorte ebbe l'espansione intrapresa dal G., e proseguita successivamente dai suoi eredi, in direzione del piccolo castello di San Gimignanello posto ai margini della Val di Chiana. In questo caso l'acquisizione della struttura castrense e dei diritti a essa connessi non incontrò particolari resistenze e venne accompagnata da un saldo radicamento fondiario basato sull'erosione dell'allodio contadino.
In quegli anni venne quindi creandosi intorno al G. e agli altri membri della famiglia un complesso ed equilibrato sistema basato sullo svolgimento di operazioni mercantili-bancarie a largo raggio, sul mantenimento di saldi legami con i governi popolari senesi, nonché su una rilevante presenza patrimoniale in città e nel territorio, associata all'esercizio di una capillare attività di prestito a interesse.
Dopo il ritorno nella città natale, il G. - rimasto socio della compagnia di famiglia sino alla morte - non interruppe l'attività finanziaria. Erratiche attestazioni della sua prosecuzione in Siena sono costituite dagli atti relativi al prestito di 200 fiorini concesso a Tofo di Ranieri Salimbeni nel febbraio del 1286 e a quello ben più cospicuo - ammontante a 1450 fiorini - accordato all'abbazia di S. Galgano nell'aprile del 1289. A operazioni creditizie di considerevole entità il G. affiancò l'esercizio della remunerativa attività di prestatore al dettaglio, attestata tra il 1283 e il 1285 nel centro maremmano di Campagnatico e intorno al 1289 nel piccolo castello di San Gimignanello. In questi due casi si può constatare come lo svolgimento di attività creditizie in ambito rurale da parte del G. fosse strettamente collegato ai suoi tentativi di penetrazione fondiaria, secondo una prassi diffusa tra gli esponenti dell'élite cittadina. Di pari passo continuò la sua attività pubblica: nel 1289 fu uno dei quattro ambasciatori inviati dal Comune a incontrare Carlo II d'Angiò e la sua consorte, Maria d'Ungheria, ai confini settentrionali del domino senese.
La data di morte del G. si colloca tra il luglio del 1290, quando compare per l'ultima volta negli elenchi dei consiglieri della Campana, e il 29 dicembre dello stesso anno, quando i suoi fratelli ritirarono i libri e gli altri oggetti depositati presso il convento dei domenicani di Siena. Il G. morì senza discendenza, lasciando eredi i fratelli e il nipote Ciampolo di Iacomo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Diplomatico, Patrimonio dei resti ecclesiastici (S. Domenico), 1295 marzo 30; Ibid., Archivio delle Riformagioni, 1280 ott. 16, 1283 ott. 13, 1283 ott. 18, 1284 (= 1285) genn. 12 (3 pergg.), 1284 (= 1285) marzo 20; Ibid., Archivio generale dei contratti, 1277 (= 1278) marzo 19, 1285 (= 1286) febbr. 18; Ibid., Famiglia Tolomei, 1288 (= 1289) genn. 22; Ibid., Comune di Montalcino, 1290 dic. 29; Convento di S. Agostino, 1290 dic. 29; Consiglio generale, 26, c. 5r; 27, c. 49r; 31, c. 4r; 33, cc. 89r, 104r; 35, c. 117r; 37, c. 113r; 39, c. 84r; 40, c. 7r; Conventi, 162, cc. 354v-355r, 370rv, 390r-391v, 420r-426v, 433rv; Mss., A.11: A. Sestigiani, Compendio istorico di sanesi nobili…, c. 261v; Il libro dell'entrata e dell'uscita di una compagnia mercantile senese del secolo XIII (1277-1282), a cura di G. Astuti, Torino 1934, ad ind.; Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, III, a cura di G. Cecchini, Siena 1940, nn. 910, 924, 927, 956 s., 971; Les livres des comptes des Gallerani, a cura di G. Bigwood - A. Grunzweig, II, Bruxelles 1962, pp. 36, 38, 40 s., 43, 51-54, 59, 62 s.; G. Tommasi, Dell'historie di Siena, Venezia 1625, l. VII, p. 122; C. Enlart, L'abbaye de S. Galgano près Sienne au trezième siècle, in Mélanges d'archéologie et d'histoire. École Française de Rome, XI (1891), p. 225; L. Zdekauer, Il mercante senese nel Dugento, in Bullettino senese di storia patria, XXXI (1924), pp. 20, 41 s.; M. Cassandro, La banca senese nei secoli XIII e XIV, in Banchieri e mercanti di Siena, Siena 1987, p. 146; A. Barlucchi, Il patrimonio fondiario dell'abbazia di S. Galgano, in Riv. di storia dell'agricoltura, XXXI (1991), 2, p. 105.