BILBILI (Bilbĭlis)
Città dell'Hispania Citerior (Tarraconensis), posta sopra una roccia presso il Salon, oggi Jalón (rapidus quem Salo cingit aquis, Marziale, X, 103), nel paese dei Celtiberi. La sua situazione precisa presso la moderna Calatayud, sulla collina di Bambola, è stata recentemente determinata dal Sentenach, il quale con un'accurata esplorazione ne ha ritrovato l'acropoli, un tempio, il teatro ed altri resti architettonici, epigrafici e plastici (N. Sentenach, Bilbilis, in Rev. de Arch. Bibl. y Museos, XXXVIII, 1918; id., Excavaciones en Bilbilis, mem. de la Junta sup. de Excav., 1918; cfr. anche Hübner, in Wochenschr. f. klass. Philol., IV, 1887, p. 813). Il suo nome figura anche, in alcune iscrizioni, come Birbilis (Corp. Inscr. Lat., VI, 2728). Fu municipio romano, apparteneva alla tribù Galeria, come risulta dalle iscrizioni rimaste (Corp. Inscr. Lat., II, 410, 940); dipendeva dal Conventus Caesaraugustanus ed ebbe il nome di Augusta, come risulta dal citato epigramma di Marziale e da alcune monete (Cohen, I, p. 152), che ne ricordano i duoviri.
Era posta sulla via che da Caesaraugusta portava ad Emerita (Itin. Ant.; Anon. Ravenn., IV, 42), e da un altro epigramma di Marziale (X, 104) apprendiamo che da Tarragona vi si andava in cinque giorni di cocchio. Nei suoi pressi era il saltus Manlianus, ricordato da Livio (XI, 39, 2: sull'origine del nome cfr. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, p. 451, n. 153), stretta montuosa traversata dal Salone, ove l'esercito romano condotto da Fulvio Flacco riportò nel 180 a. C. una sanguinosa vittoria sopra i Celtiberi. Secondo lo Schulten (Numantia, I, p. 345) presso il Saltus Manlianus avvenne nell'anno 152 anche l'agguato dei Celtiberi contro Claudio Marcello (non così il De Sanctis, op. cit., p. 472, n. 206). Strabone (III, p. 162) ricorda che presso di essa combatterono Metello e Sertorio. A venticinque miglia dalla città erano le Aquae Bilbilitanae (Alhama de Aragón), stazione termale già celebre al tempo dei Romani.
Ma Bilbili è soprattutto famosa per essere la patria di Marziale oltreché di Liciniano e di Materno, entrambi avvocati di grido in Roma; il primo era amico di Marziale e il secondo fu da lui aspramente bollato nei suoi epigrammi come lascivo ed effeminato. Marziale lasciò Bilbili verso l'età di 24 anni, nell'anno 64, e vi ritornò già vecchio, dopo averla molto desiderata (Illa placet tellus, in qua res parva beatum me facit, et tenues luxuriantur opes, X, 96), col denaro fornitogli, per il viaggio, da Plinio il giovane; per i primi tempi vi si trovò bene, in una villetta donatagli da un'anima generosa, Marcella; ma poi lo prese la nostalgia di Roma e la morte lo colse quando, probabilmente, si preparava a partire.
Bilbili era anche famosa per le sue fabbriche d'armi (equis et armis nobilem la chiama Marziale, I, 50; cfr. anche IV, 55; XII, 18).