BIGATO (bigatus, sottint. denarius)
Moneta romana del valore del denaro, il cui nome deriva dalla biga rappresentata sul rovescio; così sono detti quadrigati i denari con la quadriga. La denominazione è analoga a quelle greche di Χελῶναι, o di γλαῦκες per monete con impressa la testuggine o la civetta; oppure a quella di victoriati in Roma, che sul rovescio rappresentavano una Vittoria che incorona un trofeo. Mentre però il vittoriato fu importato dall'Illirico, i bigati nummi sono sorti in Roma tosto dopo i denari con i Dioscuri, e ne parlano Plinio (Nat. Hist., XXXIII, 46) e Festo (p. 98).
La durata della circolazione dei bigati si considera verosimilmente dal 217 al 64 a. C., poiché prima, e precisamente dal 268 a. C. in poi, il denaro d'argento più antico fu quello col tipo della testa della dea Roma sul diritto, e le immagini di Castore e Polluce sul rovescio (v. Klügmann, Die Typen d. alt. Bigati, in Zeitschr. f. Num., 1878, p. 28, e E. Babelon, Description hist. des monnaies de la Rép. rom., I, p. XXI segg.). A rigore il tipo e il nome dei bigati erano ristretti ai denari e a qualche quinario, cioè ai tipi equivalenti a 10 e a 5 assi, mentre il sesiertius (equivalente ad assi 21/2) mantenne sempre la dea Roma sul diritto e i Dioscuri sul rovescio. Sulla biga stava nel primo periodo la figura della Luna o Diana, trainata dai due lunares equi (Ovidio, Fasti, V, 16), cioè i due cavalli a lei sacri. In seguito alle vittorie romane s'impose il tipo della Vittoria, che divenne poi il più frequente; non erano però escluse altre divinità, quali Apollo, Ercole, Giove, la Pietà e Venere, come pure vediamo rappresentati, invece di cavalli, capre o cervi, prescelti da alcune gentes sulle loro monete per ragioni gentilizie o mitologiche. Essendosi col tempo sostituite alle bighe le trighe e le quadrighe, si dissero bigati in senso largo i denari tanto con le bighe, quanto con le trighe e quadrighe, scambiandosi spesso i quadrigati con i bigati, mentre invece non entrò mai nell'uso la parola trigati. Sotto l'Impero, anzi già sulla fine della Repubblica, argentum signatum bigatorum, e perfino argentum bigatum si usava in senso largo per argento monetato, essendosi perduta la percezione dell'originario significato. (Livio, XXXIII, 23, 9; XXXIV, 46-2; XXXVI, 31, 11). Tacito fa rilevare che i bigati erano ricercati dai Germani (Germania, 5); infatti se ne sono rinvenuti molti nei ripostigli oltre Reno (cfr. T. Mommsen, Geschichte des römn. Münzwesens, p. 771). La cosa si spiega col iatto che, essendo stati destinati ai popoli barbari i denarii suberati o pelliculati, molto numerosi nelle casse dello stato romano al principio dell'Impero, i Germani preferivano fra questi i bigati, perché fatti di lega migliore e meno falsificabili.
Per la bibliografia, v. denaro.