Vedi Bielorussia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
La Bielorussia ha acquisito la piena indipendenza nel 1991, a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Da allora il paese ha avviato un difficile processo di transizione, tanto sul piano interno quanto su quello internazionale, ancora lungi dal potersi considerare concluso e caratterizzato dal perdurare di una relazione privilegiata con la Federazione Russa. Situata agli estremi dell’Europa orientale e senza sbocco al mare, la Bielorussia ha infatti storicamente avuto un legame peculiare con Mosca dal punto di vista sia degli interessi economici ed energetici, sia di quelli politici e strategici.
Sin dal 1994 la Bielorussia è guidata dal presidente Aleksandr Lukašenko, che ha accentrato nella presidenza crescenti prerogative, a scapito del potere giudiziario e legislativo. Il Parlamento è bicamerale e composto dalla Camera dei rappresentanti, con 110 membri eletti direttamente, e il Consiglio della repubblica, con 64 membri, di cui otto nominati dal presidente e i restanti 56 nominati su base regionale. Nell’assemblea nazionale non sono tuttavia presenti rappresentanti dei partiti di opposizione.
La relazione privilegiata con Mosca e l’autoritarismo con il quale il paese è stato guidato nella fase post-indipendentista hanno rappresentato i principali motivi di frizione con i paesi occidentali, in particolare con gli Stati Uniti. D’altra parte, la mancata democratizzazione del paese e le forti restrizioni alle libertà civili e politiche hanno generato notevoli attriti anche con l’Unione Europea (Eu). Il crescente isolamento internazionale della Bielorussia ha d’altra parte condotto a un ulteriore rafforzamento dei legami con la Russia. Spezzare tale circolo vizioso è dunque la principale sfida che Minsk e Bruxelles si trovano a dover fronteggiare oggi. In tal senso va interpretata l’apertura di dialogo offerta dall’Eu a partire dal 2008, in linea con la crescente attenzione dell’Unione per la stabilizzazione del proprio vicinato orientale. Nel 2009 il paese è infatti entrato a far parte, insieme ad Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina, del cosiddetto Partenariato orientale, un accordo tra l’Eu e i sei paesi confinanti dell’Europa orientale e del Caucaso meridionale. Alcune divergenze congiunturali con la Russia – prima tra tutte, il mancato riconoscimento bielorusso dell’indipendenza (appoggiata da Mosca) dell’Ossezia meridionale e dell’Abcasia dalla Georgia – sembravano aver agevolato il cammino di avvicinamento di Minsk all’Eu, che resta tuttavia ostacolato in maniera apparentemente insormontabile dallo stallo del percorso di democratizzazione. Nell’ottobre 2012 il Consiglio europeo ha difatti deciso di estendere di un ulteriore anno le sanzioni approvate contro il paese, per violazione dei diritti umani, nel dicembre 2010 e da allora progressivamente inasprite. Il prolungamento dei termini delle sanzioni – concretizzatesi in misure restrittive nella concessione di visti e nel congelamento dei beni a carico di 243 individui e 32 imprese legate al regime – equivale a un congelamento delle relazioni bilaterali. Al peggioramento dei rapporti con l’Eu ha fatto da contraltare un rafforzamento di quelli con Mosca, transitati principalmente attraverso l’approfondimento dei progetti di integrazione politica ed economica.
Per altro verso, nel tentativo di alleviare l’isolamento economico e politico, il paese ha stretto negli ultimi anni rapporti privilegiati con paesi come l’Iran e il Venezuela, caratterizzati al pari della Bielorussiada relazioni tese con il mondo occidentale.
Sotto le successive presidenze Lukašenko, la Bielorussia ha assistito alla progressiva restrizione delle libertà civili e politiche. L’arresto e l’intimidazione a danno degli esponenti dell’opposizione e la chiusura dei quotidiani critici nei confronti del governo è pratica consolidata. Le elezioni parlamentari tenutesi nel settembre 2012, giudicate non libere né imparziali dagli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa, non hanno rappresentato un’eccezione a questa tendenza. Anche i lavoratori non godono di pieni diritti, come quello di sciopero e di rappresentanza tramite associazioni sindacali: la maggior parte degli impiegati sono statali e con contratti a tempo determinato, il che rende la loro posizione debole e ricattabile da parte dell’apparato statale. La libertà religiosa, che dovrebbe essere garantita costituzionalmente, risulta anch’essa limitata e, di fatto, vi è un rapporto privilegiato tra lo stato e la Chiesa ortodossa bielorussa. Vi sono all’interno del paese minoranze, soprattutto polacche e rom, che lamentano trattamenti discriminanti rispetto alla maggioranza bielorussa.
Nonostante il sostanziale fallimento del processo di democratizzazione, se messa a confronto con i paesi emersi dalla dissoluzione sovietica la Bielorussia registra tra i più elevati standard di vita. L’indice di sviluppo umano del paese è infatti il più elevato tra i paesi membri del Partenariato orientale dell’Unione Europea e dell’Asia centrale.
La Bielorussia ha ereditato dall’Unione Sovietica un apparato industriale generalmente sviluppato, con una buona capacità di produzione. Si tratta tuttavia, per la maggior parte, di industria pesante e legata al settore della difesa, per cui il paese fronteggia la necessità di diversificare la produzione industriale. D’altro canto, l’agricoltura rappresenta ancora l’8% circa del Pil bielorusso, nonostante il 20% dei terreni risulti ancora oggi danneggiato dagli effetti del disastro nucleare di Černobyl’ nel 1986. Il 70% circa dei materiali tossici liberati dalla centrale ucraina si è infatti riversato sul territorio bielorusso.
Il tentativo di Lukašenko di condurre la Bielorussia sulla strada del socialismo di mercato ha comportato un brusco arresto del programma di privatizzazioni che avrebbe dovuto caratterizzare la transizione economica post-sovietica. L’economia del paese risulta in gran parte sotto controllo statale e ciò, limitando l’afflusso di investimenti esteri, comporta un rilevante freno allo sviluppo economico nazionale.
A livello strategico, il fattore caratterizzante dell’economia bielorussa è la quasi totale dipendenza energetica dalla Russia, in particolar modo in reazione al gas naturale. Tale posizione di svantaggio è tuttavia bilanciata dalla circostanza che il territorio bielorusso rappresenta, assieme all’Ucraina, uno dei principali territori di transito degli idrocarburi russi verso i mercati dell’Europa centrale e occidentale. La minaccia dell’innalzamento dei prezzi del gas – concesso alla Bielorussia ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato – e il progressivo indebitamento bielorusso nei confronti di Mosca hanno tradizionalmente costituito rilevanti strumenti per il conseguimento di più ampi obiettivi di politica estera ed economica. Uno di questi – il controllo degli asset energetici bielorussi – si è completato nel novembre 2011 con l’acquisizione da parte del ‘campione dell’energia’ russo Gazprom di Beltransgaz, gestore del network energetico nazionale, in cambio di un accordo per l’acquisto di gas ad un prezzo del 60% inferiore a quello praticato sui mercati europei.
Per far fronte alle difficoltà affrontate nel sostenere i pagamenti del gas russo, la Bielorussia ha stipulato dei contratti per il trasferimento di petrolio dal Venezuela in cambio di forniture nel settore della difesa, mentre va sviluppando progetti congiunti con la Polonia nel settore del gas naturale liquefatto e con la Russia in quello del nucleare.
Anche nel settore delle politiche di sicurezza e di difesa la Bielorussia è legata strettamente alla Russia. Per Mosca, infatti, il paese rappresenta una sorta di barriera naturale contro l’espansione della Nato verso est. Effettivamente, pur avendo preso parte a diversi meccanismi di cooperazione con l’Alleanza atlantica, la Bielorussia rimane una delle poche ex repubbliche sovietiche a non aver mai avanzato richieste di ammissione nell’organizzazione. La Bielorussia è invece membro dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, meccanismo di cooperazione alla sicurezza guidato dalla Russia, che comprende anche l’Armenia, il Kazakistan, il Kirghizistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan. Il paese ospita inoltre sul proprio territorio basi militari russe.
Il settore della difesa è uno dei più produttivi per l’industria del paese e ciò comporta un elevato grado di dinamicità nelle esportazioni. In particolar modo, la Bielorussia è accusata dagli Stati Uniti e dall’Eu di trasferire armi a paesi che hanno relazioni tese con l’Occidente, quali Venezuela, Siria e Iran. In questi ultimi due casi, Minsk sembrerebbe fungere anche da intermediario per le esportazioni di armamenti russi.
Al potere dal 1994, il presidente bielorusso ha propugnato, nel 1996, l’adozione di una serie di emendamenti costituzionali che hanno notevolmente rafforzato i poteri dell’esecutivo e permesso un’estensione del mandato presidenziale sino al 2001. Nonostante le aspre critiche degli osservatori internazionali, Lukašenko è stato rieletto presidente nel 2001 e nel 2004 ha ottenuto, attraverso una nuova consultazione referendaria, l’abolizione del limite dei due mandati presidenziali. Vinte le elezioni nel 2006, Lukašenko, definito da molti come ‘l’ultimo dittatore d’Europa’, ha nuovamente presentato la propria candidatura alle elezioni del 19 dicembre 2010, ottenendo un consenso prossimo all’80%.