NEPPI, Bice
NEPPI, Bice (Rachele Lia). – Primogenita di una numerosa famiglia ebraica molto osservante, nacque a Ferrara il 7 settembre 1880 da Clemente, imprenditore, e da Ernesta Bassani, possidente.
Compiuti gli studi secondari a Ferrara, nel 1899 si iscrisse alla facoltà di farmacia, sotto la guida di Felice Garelli, direttore del gabinetto di chimica: nel 1901 acquisì la licenza della sezione fisico-matematica dell’Istituto tecnico di Ferrara, ottenendo poi il diploma professionale in farmacia il 25 giugno 1902. Il padre le comprò una farmacia dove svolgere il praticantato e la professione, ma Neppi gliela fece vendere, perché era intenzionata a proseguire gli studi per conseguire la laurea in chimica. Nel 1903 si trasferì a Bologna, per iscriversi alla facoltà di chimica presso la Regia Università della città, ma continuò a frequentare il laboratorio di chimica generale dell’Università di Ferrara diretto da Garelli. Grazie agli studi pregressi riuscì ad accedere direttamente al terzo anno di corso, laureandosi il 6 luglio 1904 – con votazione 105 su 110 – con una tesi sui fenomeni tautomerici.
Commissari dell’esame di laurea furono Giacomo Ciamician, ordinario di chimica generale, Dioscoride Vitali, ordinario di chimica farmaceutica e tossicologica, e Giuseppe Plancher, libero docente in chimica generale. Presentò inoltre tre sottotesi orali: in fisica, sul tema «Polarimetri e saccarimetri», con il relatore Augusto Righi; in chimica, discutendo di «Dissorbimento dell’azoto atmosferico mediante i carburi» con Plancher; in botanica, descrivendo le caratteristiche di un albero ad alto fusto, il Cinnamomum camphora, con la supervisione di Fausto Morini.
Dopo la laurea tornò a Ferrara, dove nell’estate 1904-05 lavorò, in qualità di chimica, per la campagna saccarifera dello zuccherificio Bonora. Attese poi ancora a ricerche sperimentali nel laboratorio di Garelli, con il quale curò la relazione Sull’impiego dei vari indicatori per il riconoscimento e la determinazione dell’alcalinità degli zuccheri greggi al VI Congresso internazionale di chimica applicata (V sezione, Roma 1906). Nell’estate 1906 fu addetta al servizio di analisi chimiche nell’Istituto municipale d’igiene di Ferrara.
Trasferitasi a Milano, il 1° gennaio 1907 entrò come capo del reparto di fermentologia e opoterapia dell’Istituto sieroterapico milanese, fondato nel 1894 da Serafino Belfanti, che si rivelò un ambiente stimolante per le sue ricerche, grazie alla presenza di personalità scientifiche di primo piano, dedite in particolar modo alla medicina sociale.
Oltre a svolgere mansioni di tipo tecnico, si occupò anche di lavori sperimentali e di pubblicazioni su periodici di carattere divulgativo, come Scienza pratica e La scienza per tutti, scrivendo di argomenti vari (L’industria mineraria in Sardegna, in La scienza per tutti, XVI [1909], p. 317; Salgemma e salmarino, ibid., XVII [1910], p. 247) e in particolar modo di chimica delle fermentazioni (per es., La macerazione microbiologica delle piante tessili, in Scienza pratica, II [1908], p. 164; I fermenti dell’uva per l’uso medicinale e La panificazione, in La scienza per tutti, XVIII [1911], p. 278).
Dal 1908 tenne l’insegnamento di igiene presso la Scuola agraria femminile di Niguarda, sobborgo di Milano, e nel 1913 passò a quello di fisica presso la Scuola professionale femminile dell’ente morale Società umanitaria. Dopo aver conseguito il diploma di ufficiale sanitario presso l’Ateneo di Pavia (1912), nel 1916 ottenne la libera docenza in chimica tecnologica delle fermentazioni presso il Politecnico di Milano, confermata definitivamente, presso università e istituti superiori, nel 1929.
Le pubblicazioni presentate per il conseguimento della libera docenza furono undici: tre vertevano su argomenti di chimica analitica e tecnologica e fra questi lavori è degno di menzione quello su Riduzione dei persolfati con acido ossalico e loro titolazione volumetrica (Ferrara 1906); gli altri otto lavori riguardavano argomenti di chimica delle fermentazioni e fra questi è da ricordare I fermenti dell’organismo animale (Milano 1913), utile guida per medici e cultori di chimica biologica. A conclusione delle prove, il 22 ottobre 1915, tenne una pubblica lezione sul tema La fabbricazione della birra.
Dall’anno accademico 1926-27 fino al 1930 ottenne di svolgere il suo corso nei locali dell’Istituto sieroterapico, che aveva una sezione universitaria di aule e laboratori. Dal 1930-31 al 1936-37 insegnò, nei locali del Politecnico, chimica dei prodotti di fermentazione . Nell’anno accademico 1937-38 passò all’incarico di tecnologie chimiche speciali.
Probabilmente durante il suo periodo di insegnamento al Politecnico conobbe Gustavo Pincherle Muratori (Trieste, 25 ottobre 1887 - Milano 1° luglio 1929), che sposò il 19 luglio 1918. La coppia non ebbe figli.
Rimase vedova dopo dieci anni di matrimonio, a causa di un fatale incidente: a Trieste il marito, infatti, si rese protagonista di un gesto di grande altruismo, gettandosi in mare per salvare un’anziana donna caduta in acqua per la bora. Ammalatosi di conseguenza, trascurò le cure per non mancare a Milano l’esame per la libera docenza in ingegneria e morì poco dopo di broncopolmonite.
Essendosi cimentata fin dagli esordi con problematiche riguardanti la preparazione dei sieri, nel 1918 ottenne la codirezione, insieme a Domenico Carbone, della sezione di fermentologia e opoterapia dell’Istituto sieroterapico. I suoi lavori riguardarono principalmente l’opoterapia, ovvero la somministrazione ai pazienti di preparati estratti da organi animali, in particolare da ghiandole endocrine, con l’intento di riequilibrare carenze ormonali.
Si interessò inoltre di questioni connesse alla sterilizzazione, al dosaggio e ai metodi per standardizzare la potenza terapeutica delle singole unità di tali preparati. Intraprese varie ricerche sulle vitamine nonché sui fenomeni fermentativi e le loro applicazioni all’industria farmacologica ed eseguì ricerche sperimentali in zimologia, analizzando in particolare le azioni bioriducenti che molti microrganismi hanno sul molibdato ammonico. Si occupò della complessa questione della natura chimica degli enzimi, dimostrando come il tannino precipiti completamente la tripsina e, parzialmente, l’invertina e la diastasi, e che, al contrario, l’idrato di ferro colloidale precipita completamente tutti e tre gli enzimi. Infine, verificò per prima l’inibizione dell’azione catalitica di alcuni metalli colloidali sull’acqua ossigenata da parte del tellurito, del selenito e dell’arsenito di potassio e scoprì che invece il tellurito potassico, opportunamente diluito, non danneggia né attenua alcun enzima come la tripsina, l’amilasi pancreatica e il presame.
Membro onorario della Società di farmacia di Torino, dell’Accademia dei Lincei e di altre associazioni internazionali, come la Tomarkin foundation di New York, collaborò a numerose riviste specialistiche quali il Bollettino chimico farmaceutico, L’industria, il Giornale di chimica industriale e applicata, Biochimica e terapia sperimentale, il Bollettino dell’Istituto sieroterapico milanese, scrivendo articoli poi recensiti anche sul National Institutes of Health Bulletin, Chemical Abstracts, Hygienic Laboratory Bulletin, The Vitamines, il Giornale di batteriologia e immunologia e gli Annali d’igiene.
In conseguenza delle leggi razziali del 1938, nel 1940 fu dichiarata decaduta dall’insegnamento al Politecnico – «perché di razza ebraica» si legge nella lettera inviatale dal ministero della Educazione nazionale (Milano, Arch. storico del Politecnico, f. personale AG606) – e contestualmente espulsa dall’Istituto sieroterapico, dove all’epoca era sul punto di scoprire un importante preparato antipernicioso. Secondo le memorie familiari, la sera in cui seppe dell’espulsione distrusse tutto il suo lavoro di ricerca, portando via con sé solo gli appunti.
Dopo poco tempo fu chiamata dal titolare – prof. Caraccia – di una piccola casa farmaceutica, la BioIndustria di Novi Ligure e fu nominata direttrice di laboratorio. Qui poté mettere in atto la sua scoperta, anche se in forma anonima e cambiando il nome con cui la definiva al Sieroterapico. L’estratto surrenalico Emazian, approvato dalle cliniche mediche dell’Università di Pavia e di Roma, fu messo in commercio e divenne il prodotto più venduto della BioIndustria per 30 anni, trasformandola in una grande azienda.
Durante la persecuzione del 1943-45, grazie alla protezione di un’ex allieva e assistente, si rifugiò a Casale Monferrato, assumendo un nome falso.
Due dei suoi fratelli minori non sopravvissero alla Shoah: furono deportati ad Auschwitz Olga e Gino Emanuele, medico, che visitava gratuitamente i profughi di passaggio a Milano e fu arrestato nel suo studio.
Alla fine della guerra, il 14 maggio 1945, le arrivò la proposta di reintegro. La lettera, firmata dal direttore del Politecnico, Gino Cassinis, non poté esserle consegnata, essendo ancora ignoto il suo recapito. In ogni caso non accettò il reintegro e fu collocata in pensione. Continuò a lavorare presso BioIndustria e a seguire congressi internazionali di chimica in tutto il mondo, fino a tarda età.
Realizzò estratti purificati di organi animali (rene, ghiandola mammaria e cervello), usati come principi attivi di specialità medicinali; isolò enzimi, quali la desossiribonucleasi da pancreas bovini e la ialuronidasi da testicoli bovini; studiò ormoni polipeptidici, come la secretina da duodeno e la prolactina da ipofisi. Nel 1960, l’ultima ricerca che portò a compimento le consenti di isolare dalla milza bovina una proteina chiamata recovery factor, antagonista delle radiazioni ionizzanti.
Morì a Milano il 15 giugno 1968. È sepolta nel cimitero ebraico di Ferrara, accanto ai genitori.
Opere: Il tellurito potassico sulle azioni fermentative, in Rassegna di bacterio-opo e sieroterapia, IV (1908), 2, p. 318; I fermenti dell’uva per l’uso medicinale, in Corriere dei farmacisti, I (1909), 1, p. 3; Sulla precipitazione di alcuni liquidi fermentativi con tannino e idrato di ferro colloidale, in Biochimica e terapia sperimentale, II (1910), 9, p. 387; I mezzi per difendersi dai microorganismi , in La scienza per tutti, XVIII (1911), pp. 153,170,184; Inibizioni dell’azione catalica di alcuni metalli colloidali, in Biochimica e terapia sperimentale, V (1913), 6, p. 248; Per un metodo di dosaggio dei fermenti proteolitici, in Bollettino chimico farmaceutico, XXIV (1915), 10, p. 289; Gli studi fermentologici e loro applicazioni nelle industrie relative, in L’industria, XXX (1916), pp. 171-173, 187-189, 205 s., 219 s.; Alcuni materiali per la produzione di alcool etilico, in Giornale di chimica industriale e applicata, I (1919), p. 76; Le così dette vitamine, ibid., II (1920), 10, pp. 573-580; Perché opoterapia?, in Bollettino chimico farmaceutico, XXIX (1920), 23, p. 459; Per la registrazione dell’opoterapia nella farmacopea italiana, in Lo Sperimentale, LXXVIII (1924), 1, p. 57; Intorno alla standardizzazione della ghiandola tiroide, in Bollettino chimico farmaceutico, XXXIV (1925), 8, p. 225; La sterilizzazione dei prodotti opoterapici e la standardizzazione dei medesimi, ibid., XXXV (1926), 15, p. 449; Nuovi aspetti del problema delle vitamine, in Giornale di chimica industriale e applicata, VIII (1926), pp. 432-437; Osservazioni sulla preparazione e l’uso della Tiroxina, in Terapia, XVIII (1928), p. 74; Il lobo anteriore dell’ipofisi, ibid., XIX (1929), p. 97; Cose vecchie e nuove intorno all’opo-ormonoterapia, in Giornale di chimica industriale e applicata, XII (1930), pp. 341-347; Gli enzimi - Applicazione degli enzimi, in Microbiologia industriale, a cura di D. Carbone, Milano 1933, pp. 209-232; Per giudicare del potere antisettico di un composto, in Bollettino dell’Istituto sieroterapico milanese, XVIII (1934), 11, p. 877; Terapia dell’obesità, in Terapia, XXV (1935), 198, p. 366.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. storico del Politecnico, Segreteria, Personale cessato, AG606; Ibid., Arch. storico della Società umanitaria, II sez., Amministrazione, Personale, Situazioni individuali lettera ‘N’, 241/1-2; L’Istituto sieroterapico milanese nel I venticinquennio 1894-1919, Milano 1919, in particolare pp. 96-100, 127-129; Notizie personali. Lutti, in La chimica e l’industria, L (1968), 1, p. 830; Dizionario biografico delle donne lombarde. 1568-1968, a cura di R. Farina, Milano 1995, pp. 797-798; Donne politecniche, a cura di A. Galbani, in Atti del Convegno e catalogo della mostra... 2000, Milano 2001, pp. 182 s.; A. Capristo, L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane, Torino 2002, pp. 306 s.; S. Linguerri, N. Pincherle Muratori Bice Rachele Lia, in Scienza a due voci, Bologna 2004-11, http://scienzaa2voci. unibo.it; E. Nenci, L’Istituto Sieroterapico di Serafino Belfanti. Un Institut Pasteur in riva al Naviglio, in Milano scientifica (1875-1924), II, a cura di P. Zocchi, Milano 2008, pp. 237-256; R. Simili, Sotto falso nome. Scienziate italiane ebree (1938-1945), Bologna 2010, ad ind.; R. Simili - E. Reale, Nella città di Ipazia. Donne di scienza, in Storia d’Italia - Annali, XXVI. Scienza e tecnologia dell’Italia unita, a cura di F. Cassata - C. Pogliano, Torino 2011, pp. 893-919. Ci si è avvalsi inoltre della consulenza di Franco Calascibetta, Sergio Carrà, Paola Ciandrini, Nanette Hayon, Sandra Linguerri, Elio Nenci, Giorgio Parisi e Liliana Picciotto, e di una intervista a Carla Neppi Sadun.