BIBLO (egiz. Keben, fenicio ed ebr. Gĕbal, bab. Gablu, arabo Gebayl, gr. Βύβλος)
Città della Fenicia 37 km a N di Beirut. La località fin dai primi tempi del Calcolitico fu abitata da una popolazione stabilitasi sulla costa marina d'un promontorio isolato a N e a S da due uadi. Questa popolazione viveva in capanne monocellulari, a pianta rettangolare, si serviva di vasellame decorato con incisioni molto varie, ma possedeva, almeno per quello che è dato sapere, solo utensili di pietra. I morti venivano seppelliti senza bara, o in sacelli di pietra. Dopo un certo periodo di abbandono, una nuova popolazione di razza originariamente mediterranea, si sovrappose a questo primo agglomerato, che si estese per un lungo tratto verso l'interno. Anche questa popolazione viveva in abitazioni monocellulari, la cui pianta era però spesso circolare; il vasellame veniva ancora fatto a mano, ma era molto diverso da quello dei primi abitanti del luogo, e le incisioni che lo decorano riproducono soprattutto motivi di linee a capra. Innovazione importante, è che ora entra in uso il rame. I morti vengono seppelliti in grandi otri di terracotta con un'apertura di fianco.
In questi centri abitati, l'organizzazione urbana si sviluppa contemporaneamente alla civiltà mesopotamica detta di Gemdet Nasr da una parte, e alla seconda dinastia egiziana (inizio del III millennio) dall'altra. Risale a quest'epoca, e forse a un tempo anche anteriore, la sistemazione di un anfratto nel centro del promontorio per rendere possibile lo sfruttamento di una profonda sorgente sotterranea, che sarà anche la sola ad alimentare la città sino all'epoca ellenistica. In questo periodo compare il bronzo.
Le abitazioni ora si compongono di diversi ambienti, due o tre, mentre nascono le prime viuzze, e la necropoli viene spostata all'esterno dell'area abitata. Questo centro e questa architettura si sviluppano rapidamente e, sin dal 2700 circa, un bastione dello spessore di 4 m divide il promontorio dal continente, secondo la formula dello "sperone sbarrato".; vengono inoltre costruite vaste abitazioni a pianta regolare: un largo corridoio mediano su cui, da un lato e dall'altro, si aprono varie stanze. Si costruiscono templi in onore degli dèi; il tempio che diventerà poi quello di Reshef e quello dedicato alla Signora di Gebal o di B., divinità che assume molti attributi della dea egiziana Ḥatḥōr. B. appare così, fin dal principio del III millenio, in stretti rapporti con l'Egitto, rapporti commerciali, politici e culturali che si manterranno fino ad epoca tarda.
Il tempio della Signora di Gebal si è rivelato quale un adattamento del tempio di tipo egiziano a quello semitico; esso durò fino all'epoca romana, fu riparato e rifatto varie volte; vi si accedeva da due rampe ad E e ad O, era composto di vari locali e cortili e conteneva per lo meno cinque statue colossali, davanti alle quali era eretto l'altare; tre delle statue rappresentavano, pare, divinità; le due rimanenti, faraoni; nel tempio si trovava inoltre una vasca per le abluzioni rituali. Un altro tempio constava di una prima corte e di una seconda col santuario sopraelevato; esso conteneva una ventina di piccoli obelischi (betili) e vi fu rinvenuta una giara con oggetti d'oro, argento e bronzo: asce, un bel pugnale col manico ricoperto d'oro e con la lama dello stesso metallo, la guaina d'oro con rilievi.
B., sfruttando le sue foreste, costruì una fiorente flotta con la quale svolse un attivo commercio con l'Egitto; anche la Mesopotamia non mancò di far sentire il suo influsso, perché le piante delle abitazioni e dei templi si rifanno a concezioni architettoniche in uso nella valle dell'Eufrate, e numerosi sono i documenti provenienti da questa regione. Questa doppia influenza egiziana e mesopotamica segnerà, durante tutta la storia della Fenicia, i tratti più salienti della sua civiltà.
Verso il 2100 una terribile invasione distrugge la maggior parte delle città della Fenicia e della Palestina; B. viene data alle fiamme. Ma la forza degli impulsi economici nei paesi situati sui grandi itinerari commerciali è tale, che la Fenicia riconquista immediatamente la perduta prosperità; a B. vengono ricostruiti i templi, che si arricchiscono di numerose offerte e doni. I re portano nomi amorrei, il che ci fa dedurre che responsabile dell'invasione fu questo popolo semitico proveniente dal deserto. Le loro tombe, scavate a Otto metri di profondità nella roccia, ci hanno fatto pervenire veri tesori di oreficeria. In questo periodo vengono consolidati i bastioni, mentre il commercio aggiunge alle zone commerciali dei Fenici le isole mediterranee, compresa la lontana Creta. Le abitazioni di quest'epoca non hanno più la complicata pianta d'una volta, e si ritorna, invece, al tipo monocellulare; esse sono di grandi dimensioni, è vero, ma disseminate come un gruppo di tende in un accampamento beduino. Ed è proprio la vicinanza del deserto a ispirare questa nuova organizzazione.
Verso il 1750, sopraggiungono altri stranieri, questa volta provenienti dal N, gli Hyksos, che irrompono nel paese con carri e cavalieri. L'utilizzazione del cavallo, dopo aver accresciuto in modo decisivo la potenza guerriera degli invasori, portò all'abbandono parziale delle ristrette acropoli; gli uomini si sparsero con più facilità nella campagna, in cui la sopravvenuta sicurezza rese possibile l'attività rurale. A B. l'acropoli rimase allora solo come il luogo di residenza degli dèi e dei re defunti, oltre che come centro di resistenza a eventuali attacchi, al riparo dei bastioni nuovamente rinforzati.
Le cinque tombe della necropoli reale, risalenti al tempo tra la XIII e la XVII dinastia d'Egitto, contenevano oggetti inviati dall'Egitto o fabbricati sul posto, però sempre imitando l'arte egiziana, come scimitarre di bronzo colla lama incrostata d'oro, coltelli colla lama d'argento incrostata d'oro e il manico coperto da un foglio d'oro incrostato con materia nera, magnifici pettorali di fattura fenicia, sigilli in forma di scarabeo del tipo degli Hyksos con decorazioni a foggia di spirali, anelli consistenti in due fili paralleli, giare e vasi di terracotta, d'argento in forma di teiera, una bacinella con decorazioni di spirali d'ispirazione micenea, sigilli cilindrici con scene di tipo paleo-cappadocico e siriano, ornamenti in bronzo per tener fermi i capelli, cinture d'argento, spilli di bronzo con la capocchia grossa (toggle pins), pendenti d'oro con pietre incrostate, grandi forchette di bronzo, frammenti di scrigni d'avorio e d'osso.
A partire dal 1570 a. C. i faraoni della XVIII dinastia estendono il loro predominio con incursioni sulla Palestina e sulla Siria. La Fenicia incrementa il suo commercio e nella regione affluiscono i prodotti delle isole. I documenti che B. ci ha tramandato di questo periodo sono scarsi, e non è ancora stato possibile ricostruire il centro abitato dell'epoca. Con l'Età del Ferro, invece, l'acropoli giblita si copre di una fitta rete di abitazioni, il tempio di Astarte (v., e cfr. anche adone), divinità che già da tempo godeva di un culto particolare a B., ritorna ad essere oggetto del favore dei re, e ancora una volta si restaurano i bastioni.
Nell'ipogeo V, contemporaneo di Ramesses II, fu scoperto un sarcofago di grande valore artistico, con una iscrizione fenicia, del re Aḥiram di B.; esso riposa sopra quattro leoni accovacciati e porta ai lati, in alto, un fregio di fiori e di boccioli di loto, e più in basso un rilievo raffigurante il re defunto, seduto in trono, che riceve l'omaggio e i doni di sette personaggi; nei lati brevi si vedono quattro donne danzanti o, secondo altri, nell'atto di levare il lamento funebre; sul coperchio sta l'effigie del re in grandezza quasi naturale. Una stele rappresenta il re Yeḥawmilk in piedi in atto di offerta alla Signora di Gebal; questa è seduta ed è abbigliata secondo la foggia egiziana.
Nuovi padroni fanno però sentire la loro autorità: gli Assiri, le cui incursioni devastano annualmente il paese. I Fenici si rivolgono allora più che mai al commercio, ed è l'ora delle imprese coloniali. A B. le costruzioni diventano fittissime, e il periodo persiano che seguì fu una delle epoche più brillanti della civiltà fenicia pre-ellenistica. Il tempio di Astarte venne restaurato ancora una volta e fu aggiunta una spianata ai bastioni.
L'epoca ellenistica è testimone di un grande cambiamento nell'economia urbana di B.: la fossa della sorgente viene chiusa, dato che ormai appositi canali portano nella città e sull'acropoli l'acqua limpida della montagna; ma un pozzo permette ancora di attingere alla profonda sorgente tradizionale, di cui il culto non può fare a meno. Non si riconosce alcun segno di pianta cittadina a maglie quadrate.
Le costruzioni dell'epoca romana hanno rimosso, con le loro fondazioni, gli strati anteriori sino a grande profondità. Di quest'epoca sono stati identificati numerosi e imponenti edifici: un grande tempio, costituito da un quadrilatero con una cella al centro e all'esterno alcuni porticati, inoltre diversi altri templi secondarî, una basilica civile, sette terme e un teatro, i quali sorgevano tutti, l'uno presso l'altro, sull'acropoli. A quest'ultima si accedeva per mezzo di strade a colonnati, convergenti davanti a un ninfeo situato ai piedi del lato settentrionale; da questo punto partiva un altro colonnato dal pendio molto dolce, che si raccordava ad un terzo che, certo partendo dal porto, si prolungava sino al grande tempio.
Durante e dopo l'epoca bizantina l'acropoli giblita non fu più occupata che da costruzioni di poca importanza, se si esclude il Castello Franco che ancora oggi la domina con la sua massa tetra e imponente.
Bibl.: Ch. Virolleaud, Découverte à Byblos d'un hypogée de la douzième dynastie égyptienne, in Syria, III, 1922, pp. 273-290; R. Dussaud, Les quatre campagnes de fuoilles de M. P. Montet à Byblos, in Syria, XI, 1930, pp. 164-187; P. Montet, in Syria, VIII-X, 1927-1929; una descrizione sommaria delle campagne di scavi dalla quinta, del 1926, alla settima, in P. Montet, Byblos et l'Égypte. Quatre campagnes de fouilles à Gebeil, 1921, 1922, 1923, 1924, Parigi 1928-1929; M. Pillet, Le temple de Byblos, in Syria, VIII, 1927, pp. 105-112; R. Dussaud, Note additionelle aux rapports de MM. Dunand et Pillet, ivi, pp. 113-125; M. Dunand, Fouilles de Byblos, I, 1926-1932; atlante, Parigi 1937; testo, Parigi 1939; II, Parigi 1954; id., Byblia grammata. Documents et recherches sur le développement de l'écriture en Phénicie, Beirut 1945; G. Contenau, Manuel d'archéol. orientale, I-IV, Parigi 1927-1947; id., La civilisation phénicienne2, Parigi 1949: sull'arte di B. pp. 120-130 e 155-56, e la bibl. nelle pp. 305-306.
(M. Dunand - G. Furlani)