Vedi BIBLIOTECA dell'anno: 1959 - 1994
BIBLIOTECA (βιβλιοϑήκη, bibliothēca)
Il termine di b. (dal greco βιβλίων ϑήκη, secondo Isidor., Orig., VII, 3, I, librorum repositio) indicava in origine la libreria, sotto forma di scaffale, armadio o stipo; in senso più ampio, la bottega di libri, che certamente, all'inizio, ne rappresentava la più vasta raccolta. Dopo l'impianto delle grandi b., questa denominazione è infine passata ad indicare, sempre più esclusivamente, la istituzione odierna corrente di biblioteca. Questa forma di raccolta, privata o pubblica, classificata, di scritti politici, poetici, religiosi o scientifici ha avuto precedenti, sia in Oriente che nella Grecia antica. Tuttavia, dei diversi archivi orientali che servivano alla raccolta di documenti e di lettere, come quello delle tavolette di el-‛Amārnah, dell'epoca di Amenophis III e IV, (I. A. Knudtzon, Die El-Amarna Tafeln, Lipsia 1915), composto prevalentemente di lettere in lingua accadica, o come quelli di Boǧazköy, e di Mari (v.), solo merita la definizione di b., quella scoperta nel 1887-88 nel palazzo del re assiro Assurbanipal (morto nel 626 a. C.), nell'antica Ninive: era questa una raccolta accuratamente catalogata di copie di tutti i monumenti delle letterature sumerica e babilonese che si era riusciti ad ottenere, sia nel campo della mitologia, magia o astronomia, che in quello della medicina, della scienza o dei testi storici. Questi testi, in caratteri cuneiformi, annotati e catalogati secondo il modo delle b., su tavolette maneggiabili di argilla cotta (grandezza fino a cm 24 × 16 circa), sembravano destinati a scopi di insegnamento e di generale consultazione. La raccolta permette di immaginare archivî a guisa di b., oggi perduti, come quelli di Babilonia, Assur, Akkad e Nippur.
Le più antiche b. greche dovrebbero essere sorte presso le corti dei tiranni del VI sec. a. C., come quelle di Policrate di Samo e di Pisistrato di Atene. Sul loro contenuto si possono solo affacciare delle supposizioni. La cura che i Pisistratidi mettevano nel dare alla grande festa di Atena una impronta artistica autorizza ad ammettere che tali b. comprendessero anche testi poetici. Per il V sec. è testimoniata l'esistenza di b. private, come quella di Euripide. Ben presto si concentrarono grandi raccolte di libri anzitutto nelle scuole dei filosofi per le loro ricerche e i loro vasti studî scientifici. Riguardo all'Accademia platonica lo si può affermare in base alla condotta di alcuni discepoli di Platone, come Clearco di Eraclea sul Ponto, il quale, dopo aver lungamente studiato ad Atene, tornato come tiranno nella sua città natale, vi fondò una biblioteca. Anzitutto sono note l'esistenza ed anche le vicende della b. istituita da Aristotele, il massimo discepolo di Platone, che fu la prima a sorgere secondo un piano stabilito. Essa serviva allo scopo di conoscere, nella maniera più esauriente, lo stato della ricerca scientifica, per tutti i problemi che occupavano lui e la sua cerchia (Strabo, xiii, i, 54, p. 608). Non si conosce l'aspetto della b. aristotelica del Liceo, lasciata da Aristotele a Teofrasto, nonostante che questi la menzionasse nel suo testamento, tramandatoci da Diogene Laerzio (v, 51-57). Sembra fosse stata sistemata in un porticato (stoà). Dalla cerchia di Aristotele proviene anche Demetrio di Falero, per mezzo del quale l'idea aristotelica di una b. universale pervenne nella città, allora appena fondata, di Alessandria (296-5). Qui la b. fondata da Tolomeo Sotere (323-284) costituiva una parte dell'Accademia Reale, del cosiddetto Mouseion, un complesso che era congiunto col palazzo reale. Il luogo è approssimativamente noto, ma il suo aspetto ci è indicato solo da una assai scarna descrizione di Strabone (xviii, i, 8, p. 793). Poiché, secondo questa, il Mouseion era un recinto circondato da porticati a colonne e da viali, e conteneva un'esedra ed una sala per i banchetti, la costruzione sembra aver avuto piuttosto l'aspetto di un ginnasio greco, cui può anche essere paragonato, del resto, il Liceo aristotelico di Atene. La moderna città di Alessandria nasconde nelle profondità del sottosuolo gli avanzi degli edifici veri e propri della b. nella quale, al tempo in cui Callimaco vi era occupato (260-240), erano contenuti circa 500.000 rotuli; non possiamo quindi conoscerne l'aspetto esteriore. Sarà certamente esistita una distinzione fra magazzini e sale di lettura. I rotuli dei libri erano collocati in scaffali, come ancora fino all'epoca imperiale, provvisti di etichette appese. Ne troviamo una interessante rappresentazione in un rilievo, oggi perduto, che ornava una tomba a Neumagen presso Treviri, e che è riprodotto in una incisione del XVII sec., dove si vede l'utente di una b., o piuttosto di un archivio, in piedi davanti allo scaffale dei rotuli. L'uso degli armadî con chiusura sembra generalizzato solo più tardi, benché Vitruvio (vii, 7) parli di armaria a proposito della b. di Alessandria.
La b. più antica che ci sia conservata, è quella della acropoli di Pergamo, che risale, nella sua origine, ad Attalo I di Pergamo (morto nel 197 a. C.). Ma l'edificio, venuto alla luce in seguito agli scavi tedeschi, sembra appartenere soltanto all'epoca del successore, Eumene II (197-159), che nel primo decennio del II sec. a. C. restaurò il sacrario di Atena, al quale la b. era collegata. Essa è infatti strettamente connessa ai porticati del sacrario ed ha lo stesso orientamento che fu dato al luogo soltanto dopo le trasformazioni di Eumene; quindi rimane sconosciuto l'aspetto della b. dell'epoca pre-eumenica. Può darsi che sia possibile identificarla in un edificio situato più a N, e diversamente orientato, che venne collegato alla b. eumenica in un'epoca posteriore mediante tratti di muratura. La b. di Pergamo, sorta circa un secolo dopo quella di Alessandria, che ne costituì il modello adottato anche nelle particolarità della sua organizzazione, può essere considerata una istituzione in concorrenza di quella. Essa non raggiunse la mole di quella alessandrina, ma notevoli erano la sue collezioni. Quando, nella guerra fra Cesare e Pompeo (47 a. C.), la b. di Alessandria perdette in un incendio la maggior parte dei suoi libri, Marco Antonio, per colmare i vuoti, cedette a Cleopatra 200.000 rotuli della b. di Pergamo (Plut., Anth., 58). Accanto a questa mole di documenti è sorprendente la estensione relativamente modesta della b. di Pergamo, che, annessa al porticato settentrionale a doppia navata del sacrario, sorgeva su di uno scaglione di terra più elevato. Alla b., composta di quattro vani, si accedeva dal piano superiore di questo porticato, ma essa aveva, anche verso O, una specie di vestibolo. Mentre mancano elementi di conoscenza circa l'arredamento dei tre vani minori, una grande sala (m 13,50 × 16) situata al termine orientale della serie di stanze rivela ancora la sua disposizione generale. Ad una distanza di cm 50 dalla parete corre, su tre lati, il fondamento di un podio, che, sul lato N, di fronte alla porta verso il doppio porticato, si allarga in uno zoccolo per la statua di Atena. Se in un primo tempo si era pensato che gli scaffali dei libri fossero stati collocati sul podio stesso, e se poi, più tardi, si suppose che il podio formasse un passaggio rialzato per il servizio degli scaffali situati dietro, è più probabile che colpisse il vero una ipotesi avanzata poco dopo la scoperta, dal Dziatzko, che vedeva nel podio un bàthron per statue. La sala maggiore della b. di Pergamo sarebbe quindi una sala d'onore ornata di statue, come viene tramandato circa il Mouseion di Alessandria. Si dovrebbe quindi immaginare la sala sgombra da qualsiasi scaffale e supporre i magazzini dei libri nei tre vani adiacenti, ad occidente. Qui i libri erano riposti in scaffali di legno, come fu accertato per la Villa dei Pisoni ad Ercolano e come si vedono riprodotti sul citato rilievo di Neumagen. Non è possibile determinare con certezza se il porticato a doppia navata congiunto alla b. servisse a questa come luogo di lettura e di passeggio. Però si trovano spesso, anche più tardi, b. collegate con porticati a navate multiple, e si può supporre che, in parte, in esse si praticasse la lettura, tanto più trattandosi di manoscritti, i quali richiedevano necessariamente, per essere decifrati, una buona illuminazione.
Nulla è conservato delle rimanenti b. di età ellenistica della cui esistenza siamo informati, né dei loro edifici: quella alla corte macedone di Pella, quella di Antiochia, quella di Mitridate re del Ponto; e tanto meno delle b. collegate a ginnasi greci e delle quali ci restano menzioni epigrafiche. Peraltro, nel Foro di Filippi, annesse ad un tempio in antis, si trovano quattro stanze di eguale grandezza poste in fila, con un porticato doppio antistante verso il Foro, che formano un complesso molto simile alla b. di Pergamo. L'edificio, secondo un'iscrizione conservata che stava sul porticato, fu fondato come b. da un cittadino e risale alla metà del II sec. d. C. Mentre forse tre dei vani erano adibiti a magazzini per i libri, l'altro, il secondo a sinistra, viene indicato analogamente alla sala principale della b. di Pergamo, come sala d'onore per la presenza dei resti di un podio.
Per quel che riguarda le b. romane più antiche, possiamo dire che quasi tutte quelle del periodo repubblicano, delle quali abbiamo notizia, erano di proprietà privata, come quella di Emilio Paolo, di M. Licinio Silla, di L. Cornelio Silla, di Cicerone. Di b. di età repubblicana è nota unicamente quella della Villa dei Pisoni ad Ercolano, nella quale gli scaffali erano sistemati a guisa di magazzino in un piccolo vano di m 3 × 3 annesso ad un corridoio a colonne. Anche qui la lettura non avveniva, naturalmente, nello stesso vano, ma nell'annesso porticato a colonne o in un cubiculum. Una b. pubblica per Roma, fu progettata da Cesare (Sueton., Iui., 44), e fu poi creata poco dopo da C. Asinio Pollione, connessa con l'Atrium Libertatis da lui restaurato. Stando a Isidoro di Siviglia (Orig., vi, 5, 2), fu questa la prima b. pubblica di Roma, presumibilmente con reparti separati per i libri greci e latini, e ornata di ritratti degli autori. La serie delle b. dell'epoca imperiale romana comincia con la b. del tempio di Apollo al Palatino (28 a. C.). Essa era situata nel portico annesso e comprendeva i due reparti, greco e latino. Il Lugli l'ha riconosciuta in due sale contigue col muro di fondo a segmenti absidati. Dall'esame del materiale di costruzione impiegato, si deve dedurre non trattarsi della fabbrica originaria, ma di un rinnovamento eseguito dopo l'incendio di Nerone. Una grande nicchia per statua domina il centro di ognuna delle due sale. Inoltre, nicchie di minori dimensioni sono scavate nelle pareti, per gli scaffali o gli stipi, ed esse possono essere raggiunte mediante un podio che corre lungo le pareti e al quale si sale mediante gradini. La forma della b. romana, che appare qui per la prima volta nella sua evidenza, riunisce chiaramente la sala d'onore documentata per la prima volta nel Mouseion di Alessandria (v.) e che a Pergamo serviva probabilmente anche per la lettura, ed è la vera e propria depositio librorum, in un nuovo complesso, divenuto il prototipo delle b. della capitale e delle province. In esso, solo in alcuni casi si verificava la separazione dei locali per i due reparti, quello greco e quello latino, come a Roma nella b. del Portico di Ottavia dedicato nel 23 a. C., nella b. che fiancheggiava il tempio al Foro della Pace (75 d. C.), nella b. del Foro Traiano (112 d. C.), nella b. della Villa Insulare nella Villa Adriana a Tivoli (118 d. C.), e, probabilmente, in alcune b. adiacenti agli atri delle terme.
Il tipo di sala con abside segmentata che si trova nella b. del Palatino, ritorna nella b. privata della Domus Aurea di Nerone, che è all'incirca contemporanea; la differenza, a parte le minori dimensioni della stanza, consiste soprattutto nell'ampliamento rettangolare che il vano possiede in più, in corrispondenza dell'asse centrale, con una nicchia per una statua nella parete di fondo. Anche le esedre munite di doppia fila di nicchie sui due lati del grande cortile che recinge le Terme di Traiano (v. terme), devono essere annoverate fra le costruzioni di b. con curvatura della parete di fondo; e altrettanto si dica per le esedre, al disopra delle quali è modernamente costruito, negli edifici di recinzione delle Terme di Diocleziano (v. terme). La b. di Timgad, sorta all'inizio del sec. III d. C., rappresenta l'esempio più importante e meglio conservato di tale tipo. La costruzione, istituita per testamento da un ricco cittadino del luogo, e designata nell'iscrizione dedicatoria quale b., occupa una insula quadrata di circa m 23,50 di lato, situata nella parte settentrionale del cardo maximus. La metà anteriore di tale quadrato forma, verso la strada principale, un porticato rettangolare intorno ad un cortile, fiancheggiato da ambo le parti da due stanze. La metà posteriore costituisce la sala della b. che porta, dai lati, due stanze rettangolari. L'ambiente consiste in una parte piuttosto bassa e rettangolare, ricoperta da una vòlta a botte, cui si innesta un'abside semicircolare, alquanto più stretta, che porta al centro una nicchia per una statua. Davanti alle nicchie rettangolari per gli stipi gira un podio, accessibile mediante scalini. La struttura delle pareti è formata da colonne poste dinanzi a pilastri, sulle quali poggia una trabeazione sporgente. Una finestra a lunetta sull'ingresso avrà dato luce all'ambiente.
Accanto al tipo ad abside o ad esedra si trova il tipo di b. a sala rettangolare, quale era rappresentato dalle due sale della b. Ulpia nel Foro Traiano. Essa è situata fra la basilica Ulpia ed il tempio del Divo Traiano, in modo che le due sale, rivolte l'una verso l'altra, si affacciano su di un cortile rettangolare, al cui centro si eleva la Colonna Traiana. Le sale, di m 27 × 17, contengono nelle pareti, ad eccezione di quella d'ingresso che si scompone in una serie di colonne, sedici nicchie, davanti alle quali corre un podio accessibile con gradini. Al di sopra delle colonne che stanno sul podio pare fosse poggiato un ballatoio con una seconda fila di nicchie, accessibili per mezzo di una scalinata separata. Sull'asse centrale della sala si trovava una grande nicchia che conteneva una statua; l'altezza della nicchia comprendeva, probabilmente, due piani. Dagli Scriptores hist. Aug., (Tac., 8, i), si può dedurre che le nicchie piccole contenessero armadi muniti di numeri. Simile nell'aspetto alle sale della b. del Foro Traiano, ma con una sala situata trasversalmente, è la b. di Efeso, che Ti. Giulio Aquila istituì nel ‛io d. C. in memoria di suo padre Ti. Giulio Celso; questi fu sepolto in una cripta sotto la nicchia a semicerchio che sta sull'asse centrale della sala. L'edificio, che volgeva verso l'agorà greca la sua facciata a due piani, e cui si accedeva mediante un'ampia scalinata, consisteva in una grande sala di m 16,70 × 11, con tre porte sulla piazza antistante. I libri erano custoditi in, complessivamente, 30 armadî, disposti su tre piani; di questi, quello inferiore era, come di solito, accessibile dal podio, mentre gli altri si raggiungevano attraverso corridoi al primo e al secondo piano inseriti nell'architettura interna dell'edificio. A difesa dall'umidità, le pareti nelle quali erano collocati gli armadi, non costituivano i muri esterni dell'edificio, ma erano separati da essi mediante corridoi di un metro di larghezza, ai quali si accedeva da porte situate nella parete d'ingresso della sala mediante scale di legno poste nel vano di accesso alle gallerie superiori. Una simile protezione contro l'umidità troviamo anche nel cosiddetto Tempio di Diana, eretto in epoca adrianea, a Nimes, circa ad O della zona delle sorgenti. Il Callmer vuole riconoscere in esso appunto una b., a causa della fila di nicchie nelle pareti e della nicchia da statua nel fondo della sala, tutte con vòlta a botte. Però, sia l'altezza del podio inaccessibile, che si trova sotto le nicchie, e i cui profili lo rendono inadatto all'impianto di una scalinata in legno, sia il fatto che le nicchie, a causa di una architettura a pilastri della quale si riconoscono gli avanzi, non avrebbero potuto contenere armadî, sono argomenti di gran peso contro l'impiego come b. di questa sala di m 14 × 9,5 di ampiezza. Invece, è interpretata giustamente come b., una costruzione tuttora interrata che si trova nella parte N della città di Nisa sul Meandro, e della quale è noto in qualche modo solo il secondo piano. Con l'isolamento del muro interno a nicchie rispetto al muro esterno, essa mostra una netta analogia con la b. di Celso, ad Efeso. Anche qui, come ad Efeso, la posizione in pendio dell'edificio ha richiesto un accorgimento contro l'umidità della terra. Esso fu necessario anche nella sala, di m 18,5 × 16,2, situata nell'angolo N-O dell'Asklepieion di Pergamo. Una datazione approssimativa di questa sala è fornita dal ritrovamento, nella nicchia semirotonda della parete di fondo, di una statua colossale di Adriano, donazione di una certa Flavia Melite. Sappiamo che Adriano era a Pergamo nel 123. Questa statua dette all'edificio il suo nome moderno di "sala dell'imperatore". Se la notizia di Elio Aristide (Arat., iv, S 451, 24 Keil) su una statua di Adriano si rikrisce a questa, la sala sarebbe indicata come un'aula (αὐλή) e l'interpretazione come b. non sarebbe troppo sicura. Anche il fatto che le 16 nicchie conservate sono chiuse in alto a linea curva e ad un'altezza di m 1,75 dal suolo, senza un podio, quindi difficilmente accessibili, è poco favorevole alla interpretazione della sala come b.; né può essere una prova dell'impiego del locale come b. la citata precauzione contro l'umidità della terra, poiché questo era un provvedimento comune anche per altre costruzioni. Naturalmente si rinunziava a questi accorgimenti protettivi quando le condizioni topografiche lo permettevano, e tanto più volentieri, in quanto ciò si risolveva in una notevole economia nelle spese di costruzione. Del periodo adrianeo è anche la Stoà eretta ad Atene da questo imperatore, nel 131-32; essa aveva una b. nel suo lato orientale. Ne è ancora conservato il muro orientale della sala, larga m 23,2 e profonda m 15,75, con due piani di nicchie ed un podio alto m 1,6 ed egualmente profondo, che gira intorno, davanti a questo muro ed alle due pareti laterali oggi distrutte. Si è perduta, eccetto pochissime tracce, la struttura a colonne che si elevava per l'altezza di due piani. La forma della sala, posta sull'asse centrale di un'ala a cinque vani, e gli avanzi, rinvenuti sul posto, di statue dell'Iliade e dell'Odissea, assicurano l'interpretazione come b.; pressoché contemporanea è la sala quadrata della biblioteca situata nella parte settentrionale del palazzo principale della Villa Adriana, adiacente ad un peristilio e munita di Otto nicchie per libri, una nicchia semi-rotonda per statua sull'asse dell'ingresso e, tutto intorno, un podio al quale si accede per mezzo di scale e che portava una struttura a colonne. Se in questo caso non vi è dubbio alcuno sulla interpretazione come b., non si esce dal campo delle supposizioni per i due piccoli vani con vòlta a crociera che fiancheggiano, sul lato orientale della Villa Insulare (il cosiddetto "Teatro Marittimo"), da ambo le parti, una stanza con doppia alcova; esse sono state interpretate (dal Kähler) come magazzini della piccola b. privata greca e latina dell'imperatore. Se questa spiegazione potesse dimostrarsi giusta questo tipo di sistemazione prenderebbe un posto a sé stante; essa acquista una certa verosimiglianza dal fatto che l'isolamento della Villa Insulare sarà stato cercato soprattutto in vista della tranquillità per gli studi dell'imperatore e, d'altra parte, nessun altro ambiente dell'isola poteva servire da biblioteca. All'inizio del III sec. appartengono le due b. situate nelle costruzioni che circondano le terme di Caracalla, dedicate nel 216, e delle quali su quella occidentale, si hanno sufficienti pubblicazioni. Essa consiste, come la b. di Celso ad Efeso, che la precede di un secolo, in una sala di forma rettangolare, di m 20 × 40 situata trasversalmente, che si apre con colonne verso il cortile e che ha, sull'asse centrale, una nicchia semi-rotonda per una statua. Gli armadî per i libri erano contenuti in 32 nicchie disposte in due piani, ed a quello superiore si accedeva per mezzo di una scala inserita dietro la nicchia della statua, sull'asse centrale.
Oltre agli edifici qui menzionati, è nota l'esistenza di numerose b. dell'epoca imperiale romana, attraverso iscrizioni e citazioni letterarie. Lo studio del Callmer ne contiene l'elenco, che qui non si riporta perché le notizie letterarie non dànno alcuno schiarimento sostanziale sul tipo degli edifici in questione.
Bibl.: Per l'antichità in generale: C. Wendel, in F. Milkau-G. Leyh, Handb. der Bibliothekswissenschaft, III, 1940, p. 11 ss., e anche II, 1933, p. 145; B. Götze, ibid., I, 1952, p. 227; v. inoltre l'articolo: Bibliotheken, in Pauly-Wissowa, III, 1899, cc. 405 ss. di C. Diziatzko, antiquato per la parte archeologica, ma utile per le fonti letterarie. Per l'Oriente: C. Bezold, in Geschichte d. Orients, 1910, p. 95 s.; O. Weber, Die Literatur der Babyloner u. Assyrer, Lipsia 1917, p. 27 ss.; F. Milkau, Geschichte d. Bibliothek im alten Orient, Lipsia 1935; M. Weitmeyer, Babylonske og Assyriske arkiver og biblioteker, Copenaghen 1955. Per le b. romane: L. De Gregori, in Accademie e Biblioteche d'Italia, II, Roma 1937. Per le forme e la storia del libro: W. Schubart, Das Buch bei den Griechen und Römern, Berlino-Lipsia 1921 e C. Roberts, The Codex, in Proc. of the British Academy, 1955 (per più ampia bibl. v. in questa enciclopedia sotto le voci codice e rotulo).
Testi: sulle b. greche: F. Schmidt, Die Pinakes des Kallimachos (Klassisch-philol. Studien, I, 1922); passi che si riferiscono alle b. romane del periodo repubblicano: P. T. Pütz, De M. Tulli Ciceronis bibliotheka, Dissertatio, Münster 1925.
Per i singoli edifici: Alessandria: C. Wendel, in Pauly-Wissowa, XVI, 1933, c. 802; Chr. Callmer, Antike Bibliotheken, in Opuscula Archaeol., III, Lund-Lipsia 1944, pp. 145-193; Atene, Liceo: W. Judeich, Topographie von Athen2 (Handb. der Altertümer, III, 2, 2), 1931, p. 415; P. Aristophron, in Praktikà, VIII, 1933, p. 243; Arch. Anz., 1932, 124; 1933, 208; 1934, 136; 1936, p. 115; W. Judeich, op. cit., p. 376; B. Götze, op. cit., p. 237; Chr. Callmer, op. cit., p. 172; M. A. Sisson, in Papers of the British School in Rome, XI, 1929, p. 58; P. Graindor, Athènes sous Hadrien, Il Cairo 1934, p. 230; Efeso: R. Heberdey, in Oesterr. Jahresh., 1908, p. 118 ss.; B. Götze, op. cit., p. 232; Chr. Callmer, op. cit., p. 170; Ercolano: D. Comparetti-G. de Petra, La villa Ercolanense dei Pisoni, Torino 1883, I ss.; J. J. Winckelmann, Werke, II, Dresda 1825, p. 191; Filippi: P. Collart, Philippes ville de Macédonie, Ginevra 1937, p. 338; id., in BUll. Corr. Hell., LVII, 1933, p. 316; Nîmes: R. Naumann, Der Quellbezirk von Nîmes, in Denkmäler ant. Architektur, IV, 1937, 2; Chr. Callmer, op. cit., p. 177; Nisa: W. von Diest, Nysa a. M., in Jahrbuch, X, 1913, p. 49; Pergamo: Th. Wiegand, Abh. Berl. Ak., 1932, Phil. Klass., n. 5, 10; O. Deubner, Das Asklepion von Pergamon, 1938, p. 40; C. Wendel, in Zentralblatt f. Bibliothekswesen, LV, 1938, p. 647; Chr. Callmer, op. cit., p. 164 ss.; R. Bohn, Altertümer von Pergamon, II, Berlino 1885, p. 56; A. Conze, Berliner Sitzungsberichte Bibl., 17, 1884, c. 1259; B. Götze, op. cit., p. 225 ss.; Chr. Callmer, op. cit., p. 148 ss.; C. Dziatzko, Samml. bibliothekswis. Arbeiten, X, 1896, p. 38; id., in Pauly-Wissowa, III, c. 415; Croma: Atrium Libertatis: R. Thomson, in Opuscula Archaeol., II, 1941, p. 209; Palatino: G. Lugli, I monumenti antichi di Roma e suburbio, Roma 1930, p. 282; L. De Gregori, op. cit., p. 13; Chr. Callmer, op. cit., p. 157 ss.; Domus Aurea: G. Lugli, op. cit., p. 211 ss.; L. De Gregori, op. cit., p. 21 ss.; Chr. Callmer, op. cit., p. 160 ss.; terme di Traiano: G. Lugli, op. cit., p. 208 ss.; L. De Gregori, op. cit., p. 18 ss.; Chr. Callmer, op. cit., p. 164; biblioteca Ulpia: G. Lugli, op. cit., p. 64, Suppl. I, 1940, 50; B. Götze, op. cit., p. 238; L. De Gregori, op. cit., p. 15 ss.; O. Brendel, in Arch. Anz., 1933, c. 613; terme di Caracalla: E. Ghislanzoni, in Not. Scavi, IX, 1912, p. 311; L. De Gregori, op. cit., p. 16; Chr. Callmer, op. cit., p. 164; Tivoli: H. Winnefeld, Die Villa des Hadrian bei Tivoli, in Jahrbuch, III, 1865, p. 58; L. De Gregori, op. cit., p. 20; Chr. Callmer, op. cit., p. 176.