BIANCHI, Andrea, detto il Vespino e il Copista
Attivo a Milano tra la fine del sec. XVI e il primo trentennio del XVII, quasi nulla sapremmo di questo esperto artigiano del pennello, se non vi fosse la testimonianza di Federico Borromeo, in parte ripresa e illuminata dal Borsieri. Per incarico del cardinale, infatti, il B. copiò il Cenacolo di Leonardo e successivamente la Vergine delle rocce dall'esemplare leonardesco ora alla National Gallery di Londra e la S. Anna con la Madonna e Gesù Bambino dal cartone famoso; nonché dal Luini una Madonna e s. Elisabetta, una Sacra Famiglia, ilgruppo delle tre Marie della Crocifissione in S. Maria degli Angeli a Lugano, e dal Parmigianino un ritratto di giovane. Nella donazione del cardinale Federico all'Ambrosiana, eretta con rogito del 28 apr. 1618, queste e altre numerose copie, in parte non piùreperite, sono elencate come "fatte con diligenza" (Galbiati, p. 273).
Giuseppe Bossi ci testimonia della somma perizia e accuratezza con cui furono rilevate e poi riunite le tredici figure del Cenacolo dal filo della mensa in su, lungo lavoro protrattosi dal 1602 al 1616. Ma egli dovette ammettere, già centocinquant'anni fa, che i colori, alterati dal tempo, poco permettevano di ricostruire della personalità del B. al di fuori del segno. Né il restauro dell'opera, unica copia fedele all'originale, eseguito nel 1950, ha potuto ravvivarne adeguatamente la sommersa cromia. Altrettanto dicasi delle altre copie conservate all'Ambrosiana, della quale il B. fu tra i professori dalla fondazione dell'Accademia (1621), anzi dai primi tentativi di insegnamento (1613).
Oltre alle copie sopraddette, e sempre all'Ambrosiana, sono del B. una parte delle effigi di uomini celebri antecedenti o contemporanei ai Borromeo, che il cardinale commissionò al B., ad Antonio Mariani e a Giuseppe Franchi a decorazione dei ballatoi della sala federiciana (ben novanta tele) e della sala ora Fagnani (ottantatré tele). Eseguite su esempi presi in parte nel Museo Giovio di Como, non è possibile distinguere le tre mani nelle tele, né forse ne varrebbe la pena, dato il carattere meramente iconografico e riproduzionistico delle effigi, tolte da documenti precedenti.
Meglio di gran lunga il S. Carlo in gloria nella chiesa di S. Stefano a Milano, nel quale la materia cromatica è ricca e persino sontuosa, e felice, nella larga cadenza dell'impianto, l'interpretazione luministica.
Fonti e Bibl.: G. Borsieri,Il supplim. della Nobiltà di Milano del Morigia, Milano 1619, p. 65; F. Borromeo,Musaeum [1625], Milano 1909, p. 65 e passim; C. Torre,Il ritratto di Milano, Milano 1674, p. 319; S. Lattuada,Descriz. di Milano, II, Milano 1737, pp. 17 s.; N. Sormani,Passeggi storico topografico-critici nella città indi nella diocesi di Milano, Milano 1751, p. 52; C. Bianconi,Nuova guida di Milano, Milano 1787, p. 93; G. Bossi,Del Cenacolo di Leonardo da Vinci libri tre, Milano 1810, pp. 153-56, 255 s. (n. 22 e 23); P. Zani,Encicl. metodica ... delle Belle Arti, I, 4, Parma 1820, p. 39; R. Longhi,Ultimi studi sul Caravaggio, in Proporzioni, I(1943), p. 30; G. Galbiati,Itinerario dell'Ambrosiana, Milano 1951,ad Indicem; M. Davies,The earlier Italian Schools (catal.), London 1961, pp. 268, 270; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, III, p. 580.