BIANCA Capello, granduchessa di Toscana
Nacque a Venezia nel 1548: il giorno è ignoto, e ignoto era alla stessa B., la quale invano, in età ormai matura, faceva ricerche in proposito tra i suoi familiari. Era figlia di Bartolomeo e di Pellegrina Morosini, appartenenti ambedue a famiglie tra le più antiche e illustri dell'aristocrazia veneziana.
All'origine delle vicende che portarono B. sino sul trono granducale di Toscana fu la sua relazione clandestina, quando era appena quindicenne, con Pietro Bonaventuri, un giovane mercante fiorentino impiegato nella filiale veneziana del banco Salviati. La relazione si concluse con una fuga avventurosa dei due amanti che eccitò le fantasie dei gazzettieri e mise a rumore lo stesso mondo politico per le proteste di Bartolomeo Capello presso il Senato veneto e presso Cosimo I. Il risentimento del padre offeso dovette tuttavia cedere di fronte al tempestivo matrimonio - celebrato a Firenze il 12 dic. 1563 - e soprattutto di fronte all'autorevole intervento di Francesco de' Medici. Il figlio di Cosimo infatti prese subito sotto la sua interessata protezione la giovane veneziana, iniziando con l'aperta condiscendenza del Bonaventuri una relazione a cui non furono d'ostacolo né la nascita di una figlia di B., né lo scandalo pubblico - divenuto tanto più grave quando il principe, nel 1564, assunse la reggenza dello Stato - né il matrimonio dello stesso Francesco con Giovanna d'Austria, nel 1565.
Il trascorrere degli anni approfondì sempre di più questo legame, movimentato da intrighi romanzeschi cui non mancarono talvolta i toni cupi della tragedia (nel 1572, tra l'altro, fu assassinato il Bonaventuri, a quanto pare con la connivenza di Francesco de' Medici), e nemmeno quelli della farsa (come per una simulata gravidanza di Bianca). Morto nel 1574 Cosimo, che non aveva mai cessato di intervenire con raccomandazioni di prudenza e di discrezione nella vita privata del figlio, venne a mancare l'ultima remora alla relazione di B. con Francesco de' Medici, ora salito al trono granducale. Da questo momento la presenza di B. nella vita pubblica fiorentina diventò preponderante; non che intervenisse (né pare che lo desiderasse) negli affari politici: il suo ascendente si manifestava piuttosto negli aspetti secondari della vita di corte, creando o disfacendo le fortune dei cortigiani, procacciando dignità ed uffici, rispecchiandosi in feste e banchetti che rivaleggiavano con quelli ufficiali e che ebbero come teatro, dal 1576, gli Orti Oricellari, ben diversamente illustrati in un tempo ormai remoto.
La vicenda di B., che sino a questo punto trovava abbondanti riscontri nei costumi delle corti contemporanee, ebbe, con la morte di Giovanna d'Austria, nell'aprile del 1578, una conclusione inconsueta: il 5 giugno dello stesso anno, infatti, il granduca sposava la cortigiana veneta con una cerimonia che avrebbe dovuto rimanere segreta, in omaggio al lutto ancora troppo recente, ma che la stessa B. si preoccupò di rendere subito di pubblico dominio.
La notizia ebbe immediate ripercussioni a Venezia: mentre i Dieci si affrettavano a distruggere gli atti del processo a suo tempo istruito contro B. e contro il Bonaventuri il Senato, su discreta richiesta di Francesco de' Medici, la dichiarava "vera e particolare figliola della Repubblica di Venetia", con la stessa formula usata un secolo prima per la regina di Cipro Caterina Corner. A queste manifestazioni pubbliche si accompagnarono gli entusiasmi privati delle stirpi nutritissime dei Capello e dei Morosini, cui i vantaggi pratici promessi dal parentado principesco fecero istantaneamente dimenticare l'antico risentimento.
Le nozze furono poi ripetute solennemente il 12 ott. 1579, accompagnate dall'incoronazione granducale, e salutate nelle corti italiane da una vera orgia di pettegolezzi e di satire. La nuova situazione non cambiò le abitudini e gli interessi di B.: la politica le rimase sempre estranea, se non quella matrimoniale; qui i suoi buoni uffici furono più volte richiesti in occasione di parentadi principeschi, specialmente quelli di casa Medici, come le nozze della primogenita del granduca, Eleonora, con Vincenzo Gonzaga e della figlia di Cosimo I e di Camilla Martelli, Virginia, con Cesare d'Este. Soprattutto preoccuparono B. le buone relazioni con il cognato, il cardinale Ferdinando, di cui conosceva bene l'ostilità: riuscì in parte, e per breve tempo, a guadagnarselo, inducendo il granduca ad un atteggiamento più condiscendente verso le continue richieste di denaro del porporato. Dovette credersi particolarmente obbligata a mantenere le buone relazioni tra il granduca e la Repubblica di Venezia, ma ebbe scarsissimo successo l'unica volta che si inserì nelle relazioni diplomatiche tra i due stati, nel 1582, allorché la Repubblica protestò a Firenze per la cattura di naviglio mercantile turco compiuto dai cavalieri dell'Ordine di S. Stefano in acque venete.
Del resto B. fu soprattutto impegnata nella vita di corte, negli intrighi, nelle feste, al tavolo da gioco. Stipendiava una pletora di confidenti nelle varie corti italiane per avere di prima mano notizie e pettegolezzi, si circondava di parassiti, di ciarlatani, di buffoni. Completavano le sue attività le opere di beneficenza, il collocamento a profitto delle sue notevolissime entrate, operazione questa nella quale si mostrava abilissima, e finalmente la protezione delle arti: che poi si mostrasse assai più munifica con gli improvvisatori popolari, come il canonico Giovan Battista Tedaldi o il villico Andreoccio delle Pomarance, che con Torquato Tasso, non è certamente sorprendente. Dedicarono opere a B., oltre al Tasso, G. B. Strozzi il giovane, S. Speroni e molti altri ancora. E suoi ritratti fecero A. Allori (ben diciassette, pare), S. Pulzone, Iacopo da Bassano, Michele di Ridolfo del Ghirlandaio e Tiziano. Nemmeno i musicisti le furono avari di omaggi, a cominciare naturalmente dai fiorentini che di lì a poco avrebbero dato vita alla Camerata: così il Caccini, il Galilei, Emilio del Cavaliere, G. Mei, G. M. Bardi, che diedero il loro assiduo contributo alle splendide feste di corte da lei patrocinate.
La più grande preoccupazione della granduchessa fu, come per il passato, la sua sterilità: dare un legittimo erede al trono di Toscana, specialmente dopo la prematura morte dell'unico figlio maschio di Francesco de' Medici e di Giovanna d'Austria, l'infante Filippo, divenne per lei un desiderio ossessivo, di cui furono piene tutte le corti italiane. Ma non doveva essere appagata, sebbene si rivolgesse per consigli ad Andrea Cesalpino, che invano le vantò le virtù dei Bagni di Lucca. Non migliore successo ebbero i consigli degli innumerevoli benintenzionati, tra i quali va ricordato almeno il cerusico veneziano Giulio Basadonna, che glieli mandava in versi. E allora B. fece sempre più frequente ricorso alla magia, circondandosi di fattucchiere d'ogni specie, fino a quando Francesco de' Medici, seccato da quelle impossibili frequentatrici della corte, non ne uccise una a pugnalate, una vecchia ebrea troppo assidua.
B. morì il 20 ott. 1587, qualche ora dopo il marito. Sembra accertato che una febbre di natura malarica fosse la causa dell'improvvisa scomparsa dei due granduchi, sebbene tra i contemporanei non mancasse di circolare la solita voce di veleno, che sembrava accreditata dalla repentinità del caso e dall'indubbio vantaggio che ne traeva il cardinale Ferdinando. Certo è che questo non mostrò troppi segni di cordoglio per la morte della cognata; non volle anzi che fosse inumata nelle sepolture medicee.
Fonti e Bibl.: M. de Montaigne,Giorn. di viaggio in Italia, a cura di E. Camesasca, Milano 1956, pp. 136s.; A. Solerti,Vita di T. Tasso, Torino-Roma 1895, I, pp. 289, 329, 389, 489, 491, 494, 499, 517; II, pp. 266-268; L. Grottanelli,Fra' Geremia da Udine e le sue relazioni con la corte del granduca Francesco de' Medici, Firenze 1893,passim; G. E. Saltini,B. C. e Francesco I, Firenze 1900; C. Giachetti,B. C. La leggenda e la storia, Firenze 1949; per ulteriore bibliografia v. S. Camerani,Bibliogr. medicea, Firenze 1964.