MILANESI, Biagio
MILANESI, Biagio. – Nacque a Firenze l’8 dic. 1445 da Francesco e da Nanna di Filippo Sapiti.
Ad appena 11 anni, mentre il padre si trovava fuori città, fu accolto nel monastero di Vallombrosa; al suo ritorno Francesco tentò di riportare a casa il M., ma invano.
Un fratello del M., Michele, lo avrebbe successivamente seguito a Vallombrosa, emettendo i voti il 6 genn. 1461 e divenendo poi abate del monastero di Bibbona, dove morì nel novembre 1486.
Il M. fece la solenne professione religiosa il 3 dic. 1458 a Vallombrosa, presente anche l’abate generale della Congregazione, Francesco Altoviti, il quale nel 1463 gli affidò la cura dei novizi. Cinque anni dopo il M. fu scelto come priore claustrale e decano del monastero di Vallombrosa, carica che lo poneva subito dopo l’abate generale. In seguito alla scomparsa di Altoviti, il 24 maggio 1479, nel capitolo tenutosi nel monastero di S. Pancrazio a Firenze – che fece seguito a quello apertosi a Vallombrosa ma interrotto a causa delle agitazioni interne e trasferito a Firenze –, il M. venne eletto abate di Vallombrosa e trentunesimo abate generale, nonostante la forte opposizione dei confratelli del monastero fiorentino di S. Salvi. Questi arrivarono a designare momentaneamente il loro esponente più significativo, Isidoro del Sera, abate del monastero di Passignano, e quindi a sostenere Benedetto Serragli. La definitiva ratifica papale a favore del M. avvenne il 19 febbr. 1480 e avviò la risoluzione della controversia con i sansalvini, rientrata anche grazie ai buoni uffici dello stesso Milanesi.
I tempi del generalato non furono facili: il M. dovette in più occasioni lottare con decisione per la sopravvivenza della Congregazione, che ebbe forti opposizioni da parte del reggimento politico fiorentino e che venne pure a scontrarsi con alcune iniziative di Lorenzo de’ Medici e dei successivi governanti. Uno dei contrasti più forti riguardò il possesso di villa Pitiana a Reggello, a cui Lorenzo mirava per avere un controllo diretto del monastero di Passignano, posto in una posizione strategica verso Siena. La resistenza del M. alle mire medicee provocò una serie di ritorsioni, fra cui ripetute ruberie di bestiame a danno di Vallombrosa; nel 1488 si giunse infine a una composizione della lunga vertenza, che riportò sotto la diretta autorità della Congregazione i monasteri di Passignano e di Montescalari, mentre quello di Coltibuono fu assegnato in commenda al cardinale Giovanni de’ Medici. Anche dopo la cacciata dei Medici da Firenze nel 1494 non vennero meno occasioni di contrasto con la Signoria fiorentina, che coinvolsero in particolare i monasteri di Passignano, Vernio e Montepiano. Ulteriori dissidi furono determinati dalla assidua partecipazione di alcuni monaci fiorentini di S. Salvi alle prediche di Girolamo Savonarola, non approvate dal M.; contro di loro scrisse veementi critiche Angelo (Leonori) da Vallombrosa eremita delle Celle di Vallombrosa.
Il momento di maggiore tensione si raggiunse agli inizi dell’anno 1500, quando il M. fu incarcerato per essersi rifiutato di pagare una tassa di 5000 ducati, richiestagli dalla Signoria fiorentina, che tuttavia cedette alla istanza di liberazione arrivata direttamente da papa Alessandro VI. Nel 1503 il M. dovette fronteggiare le conseguenze del rapimento di un monaco di Vallombrosa da parte dei fuoriusciti medicei nel clima di costante contrapposizione di questa famiglia alla Congregazione vallombrosana. Di nuovo il M. venne imprigionato e torturato nel 1505 perché aveva negato l’elargizione alla Signoria fiorentina di un contributo per sostenere la guerra contro Pisa e perché si era opposto alla richiesta dell’arcivescovo di Firenze, Rinaldo Orsini, di visitare autonomamente le chiese e i monasteri dipendenti da Vallombrosa. Ancora più grave la situazione determinatasi nel 1512 in seguito a un’ulteriore azione contro il M. da parte del cardinale Giovanni de’ Medici, che fece assaltare i monasteri di Marradi e di Fontana Taona.
A pochi mesi di distanza dall’elezione pontificia del cardinale Giovanni de’ Medici con il nome di Leone X, nel novembre 1513 il M. venne citato a Roma e condannato come falsario e simoniaco. In un crescendo di provvedimenti, nell’aprile 1514 il papa affidò temporaneamente la gestione di Vallombrosa all’abate del monastero di S. Eugenio di Siena, finché l’8 genn. 1515 elesse come nuovo abate generale Giovanni Maria Canigiani (che prese possesso di Vallombrosa il 28 gennaio), destituendo, contro la prassi, il M. dalla sua carica. Il 10 genn. 1515 Leone X inviò ben otto costituzioni apostoliche che dettero un nuovo assetto giuridico alla Congregazione, ponendo di fatto Vallombrosa nelle mani del papa e incorporando la Congregazione in quella di S. Maria di Vallombrosa. Il M., con un gruppo di altri monaci, venne relegato, con una pensione di 300 scudi l’anno, a Gaeta dove rimase sette anni; qui scrisse una Cronica sulla storia recente della Congregazione.
Nella Cronica (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., A.8.1399) – che si apre con la ricostruzione di avvenimenti a partire dal 1420 e che contiene anche un’aggiunta cronologica successiva relativa alla morte del M. – egli descrive con ampiezza di particolari i momenti salienti della sua opera pastorale di guida della Congregazione.
Nella cattedrale di Gaeta il M. fece edificare una cappella con lo stemma della sua famiglia.
In questa cappella nel 1588 sarebbe stato sepolto un suo discendente, Bernardino di Domenico, morto durante un viaggio per mare che da Livorno avrebbe dovuto portarlo in Sicilia per curare alcuni affari della famiglia Martelli, con cui era imparentato.
Il nuovo papa, Adriano VI, che in un concistoro arrivò a paragonarlo al martire Tommaso di Canterbury, liberò il M., il quale poté così tornare a Roma, ma non fu reintegrato nell’incarico da cui era stato precedentemente deposto. A Roma, nel monastero di S. Prassede, il 12 luglio 1523 il M. celebrò un solenne pontificale in onore di s. Giovanni Gualberto, fondatore della Congregazione.
Il M. morì a Roma pochi giorni dopo, il 22 luglio 1523. Il suo corpo fu trasportato a Vallombrosa dove fu sepolto nel chiostro presso la porta della chiesa, finché fu traslato all’interno, nella cappella dei Beati, come ricorda una lapide del 1757, il cui testo fu scritto da Rodesindo Andosilla.
Il M. è ritenuto una figura di grandissimo rilievo nella storia della Congregazione vallombrosana sia per le sue personali virtù spirituali (la sua umiltà lo portò a rifiutare la creazione a cardinale più volte propostagli da papa Giulio II) sia, soprattutto, per quanto fece per la Congregazione che, dopo lunghi periodi di decadenza, conobbe un incremento religioso e un’espansione territoriale in Toscana e altrove. Fra i principali risultati conseguiti dal M. si pone la soluzione dello scisma dei monaci di S. Salvi, che permise di far rientrare nella Congregazione molti monasteri, priori e cappelle locali. Nel 1484 la Congregazione poté definitivamente ricomporsi; nel 1504, nel capitolo tenutosi nel monastero di Passignano, furono pubblicate nuove costituzioni interne più adeguate alle esigenze dei tempi. Anche grazie ai buoni rapporti con la S. Sede, il M. ottenne importanti privilegi, fra cui si distinguono quelli del 1504 e del 1507 emanati da Giulio II. Se i primi avevano dato un impulso notevole alla rinnovata Congregazione, lasciando la possibilità di autonome scelte e decisioni di carattere organizzativo che si riflettevano pure sul piano spirituale, la successiva bolla Militantis Ecclesiae del 13 luglio 1507 (detta Mare magnum) ampliava ancora le prerogative della Congregazione, estendendo a essa i privilegi della Congregazione cassinese. I monaci vallombrosani furono così esentati dalla giurisdizione dei nunzi e dalle censure dei vescovi ed ebbero inoltre la possibilità di accettare eredità e legati, di celebrare privatamente gli uffici divini con la sola approvazione dei superiori, di chiamare qualsiasi vescovo al di fuori di quello giuridicamente competente, di conseguire ordini e dignità anche per i nati illegittimi. Assai rilevante fu l’impulso dato dal M. al monastero di Vallombrosa, dove non solo riuscì a recuperare proprietà fondiarie e a mettere ordine fra i debitori e i creditori, ma poté anche dedicarsi a un’ampia ristrutturazione interna: trasformò parte dell’antico dormitorio in biblioteca, arricchendola di molti volumi; costruì un’aggiunta del dormitorio stesso; abbellì la chiesa e il monastero di importanti opere artistiche; fece realizzare un sepolcro e reliquiari per s. Giovanni Gualberto e altri beati e santi della Congregazione. In onore di s. Giovanni Gualberto promosse la pubblicazione della biografia composta da Taddeo Adimari (al quale affidò la cura degli studenti di Vallombrosa e che divenne poi abate del monastero di Marradi) e delle vite dei monaci illustri scritte da Bernardo Del Serra. Ugolino Verino scrisse in sua lode un ampio panegirico su s. Giovanni Gualberto. Un ritratto del M. è a Firenze nella Galleria degli Uffizi.
Opere: oltre alla Cronica, al M. si deve la stesura di un Missale monasticum, composto nel 1471, come si evince dall’esemplare originale ora a Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Conv. soppr., 232, poi stampato nel 1503 (Venezia, L. Giunta). Del M. sono rimaste alcune lettere, conservate in Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., 35, 250; Roma, Biblioteca Alessandrina, Mss., 103; Camaldoli, Archivio del Sacro Eremo, Mss., 1124, non ancora sistematicamente censite.
Fonti e Bibl.: Fonti indispensabili per la ricostruzione della vita del M. si trovano nell’archivio di Vallombrosa, presso l’Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, Vallombrosa e Conventi soppressi, 260; Diplomatico, Ripoli, ad annos, dove è possibile rinvenire materiali documentari relativi alla storia dell’abbazia e della Congregazione e quindi dei rapporti di questa con Firenze e con Roma; ulteriori informazioni sono reperibili in particolare a Firenze, Biblioteca nazionale, Palat., 267; Conv. soppr., B.4.920; Archivio segreto Vaticano, Reg. Vat., 1194; Arm. XL, 2; una vita anonima del M. si trova a Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., 37, 325; U. Verino, Sylva in laudem s. Ioannis Gualberti, in L. Mencaraglia, Note agiografiche e umanistiche da un manoscritto fiorentino del 1509, in La Bibliofilia, XLII (1940), pp. 185-192; B. Del Serra, Compendio delli abati generali di Valembrosa et di alcuni monaci et conversi di epso Ordine, Venetia 1510, c. 18; E. Locatelli, Vita del glorioso san Giovangualberto fondatore dell’Ordine di Vallombrosa insieme con le vite di tutti li generali, beati e beate che ha di tempo in tempo avuto la sua Religione, Firenze 1583, pp. 285-305; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 109 s.; A. Lazzari, Ugolino e Michele Verino. Studii biografici e critici, Torino 1897, p. 205; F. Tarani, L’Ordine vallombrosano. Note storico-cronologiche, Firenze 1920, pp. 57-59, 118; G.B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Milano 1927, pp. 88-91; B. Domenichetti, Guida storica illustrata di Vallombrosa, Firenze 1929, pp. 60-62; T. Sala, Dizionario storico-biografico di scrittori, letterati ed artisti dell’Ordine di Vallombrosa, a cura di B. Domenichetti, Firenze [1929], pp. 62-65; R. De Maio, Savonarola e la Curia romana, Roma 1969, pp. 79, 86, 88, 213; R.N. Vasaturo, Vallombrosa. Ricerche d’archivio sulla costruzione dell’abbazia, in R.N. Vasaturo et al., Vallombrosa nel IX centenario della morte del fondatore Giovanni Gualberto, 12 luglio 1073, Firenze 1973, p. 4; Id., Vallombrosa. Note storiche, ibid., pp. 103-105, 115-125; G. Marchini, Le opere d’arte provenienti da Vallombrosa esistenti nelle raccolte fiorentine, ibid., p. 172; Lo Studio fiorentino 1473-1503. Ricerche e documenti, a cura di A. Verde, IV, Firenze 1985, pp. 477, 639, 748; R. Bizzocchi, Chiesa e potere nella Toscana del Quattrocento, Bologna 1987, pp. 162 s.; F. Salvestrini, S. Maria di Vallombrosa. Patrimonio e vita economica di un grande monastero medievale, Firenze 1998, pp. 18, 22, 100, 117 s., 120, 122, 254, 256; P.O. Kristeller, Iter Italicum, I, p. 440; II, p. 90; III, p. 124; V, p. 521.
P. Viti