MICHITELLI, Biagio
– Nacque a Forcella di Teramo l’11 sett. 1759 da Giovanni Nicola, discendente da una famiglia polacca stabilitasi a Teramo nel XV secolo, e da Francesca dei baroni Salvatori. Dal loro matrimonio nacquero anche Eugenio, ingegnere, Gaetano, magistrato autore di scritti morali, e Berardo, colonnello della milizia provinciale.
I primi insegnanti del M. furono il latinista Domenico Spinozzi di Rocciano e il giurista Giuseppe Antonio Pompetti. Recatosi a Napoli per gli studi universitari, seguì le lezioni di Oronzo Figuera e si esercitò come praticante presso l’avvocato Saverio Esperti; conseguì la laurea dottorale in diritto, mentre Giovanni Filippo Delfico lo guidava negli studi letterari e lo introduceva negli ambienti culturali napoletani. Tornato a Teramo, il 24 giugno 1784, in seguito alla rinuncia di Melchiorre Delfico fu nominato assessore militare ad interim. In quell’anno sposò Gaetana Coletti dei baroni di Notaresco, che gli dette numerosa prole, di cui giunsero all’età adulta cinque maschi e due femmine: Francesco, storico e scrittore; Elia, carmelitano a Sulmona; Giuseppe, capitano della gendarmeria reale; Melchiorre, letterato; Camillo, architetto; Francesca, che sposò F. Valentini di Taranto, e Chiara, che andò in moglie al marchese F. Figlioli di Ariano Irpino.
Nel 1789 il M. pubblicò un Discorso per la morte di Carlo III re delle Spagne e delle Indie, letto a Teramo il 26 gennaio durante la solenne commemorazione del sovrano. Per interessamento dell’amico Melchiorre Delfico, nel 1794 fu nominato assessore di Longone, nell’isola d’Elba, allora parte dello Stato dei Presidi annesso al Regno di Napoli; ne approfittò per condurvi alcune ricerche geologiche che gli procurarono gli elogi del calabrese Michele Torcia, membro della Reale Accademia delle scienze. Tra il 1794 e il 1795 il M. visitò Livorno, Pisa, Firenze, Siena, Genova e Roma, per vedere monumenti e conoscere letterati, tornando brevemente a Teramo nel 1797.
Nel 1799, quando le truppe francesi occuparono l’Elba, il M., sospettato di infedeltà, corse pericolo di vita, ma fu salvato dal capitano Marcello De Gregorio principe di Squillace, che assunse il comando militare di Longone e lo volle per consigliere. Grazie all’alleanza tra soldati napoletani e insorti, l’assedio di Longone ebbe termine e i Francesi furono costretti ad asserragliarsi a Portoferraio, dove dovettero arrendersi. Nel marzo 1801, con la pace di Firenze, lo Stato dei Presidi fu ceduto alla Francia, che nel 1806 lo destinò al Regno d’Etruria. Il M., rifiutata l’allettante offerta, presentatagli dall’ammiraglio R.G. Halsted, di passare al servizio del governo britannico con un lauto onorario, si ritirò a Napoli, dove gli elogi di Ferdinando IV non lo sottrassero al processo e alla condanna per una inidonea mallevaria, accettata dal tribunale di Longone da lui presieduto. Assediato dai creditori, si rifugiò nel chiostro di un convento di agostiniani per sfuggire al carcere ma, grazie all’aiuto della famiglia e degli amici, riuscì a pagare i debiti e a salvare l’onore.
Nel 1806, con il Regno di Napoli occupato dai Francesi, divenne amico di Antoine Christophe Salicetti, ministro della Polizia generale, che gli ottenne l’impiego di segretario del prefetto di polizia di Napoli, Onorato Gaetani duca di Laurenzana, e poi di giudice a Trani, con l’incarico di delegato dei cambi a Foggia. A San Severo riuscì a riportare la pace tra alcune famiglie della città, in lotta da anni. Nel dicembre 1808 fu nominato presidente del tribunale criminale di Otranto e nel 1810 passò al tribunale di Lecce. Creò in quegli anni il periodico Il Moralista, a imitazione dello Spectator inglese, attribuendone gli articoli a un ex colonnello, un ex caporuota, un ex barone, un ex cavaliere, un ex gesuita e un ex cancelliere della curia vescovile. Nel 1812 passò a presiedere il tribunale criminale a L’Aquila, per poi traslocare a Teramo. Rimasto vedovo nel marzo 1817, nel 1818 passò a seconde nozze con la cugina Vincenza Montani.
Il ritorno dei Borboni a Napoli (1815) non ebbe conseguenze negative sulla sua carriera. Nel 1818 fu trasferito a Chieti e, nominato presidente del Consiglio provinciale nel 1820, nel gennaio 1821, in seguito alla rinuncia di Orazio Delfico, fu nominato consigliere di Stato per la provincia di Teramo. Dopo essersi recato a Napoli per ringraziare il sovrano, tornò al suo posto di presidente di tribunale a Chieti. In quell’anno fu pubblicato, come introduzione alla tragedia Il Battista scritta dal figlio Francesco, il suo Saggio storico sulla nazione giudaica. Improvvisamente caduto in disgrazia, nel maggio non venne riconfermato e dovette lasciare la magistratura. Ritiratosi a vita privata, circondato da giovani desiderosi di istruirsi nelle lettere e nel diritto, ottenne nel 1825 un sovrano rescritto che gli concedeva di tenere una scuola pubblica e la cattedra di diritto civile e penale nel real Collegio di Teramo. Nel 1826, a causa di una calunnia, gli fu ritirato il permesso di insegnare e, amareggiato, decise di rinunciare a qualsiasi carica pubblica.
Nel 1829 si spostò ad Ariano, dove prese dimora in casa della figlia Chiara e strinse amicizia con il poeta Federico Cassitti. Datosi allo studio del tedesco, tradusse alcune opere di Fr. Schiller e di C.M. Wieland. Nel frattempo eseguì anche traduzioni dal greco e scrisse le novelle Nascostina, dedicata all’amico Lelio Pompetti, La peste degli animali e Braccanali e la farsa Arpagone. Ammiratore di L. Sterne, del quale aveva tradotto il Viaggio sentimentale, scrisse a sua imitazione Il mio viaggio a Zungoli, tradusse in versi Re Lear di W. Shakespeare e scrisse epigrafi in latino e sonetti burleschi. Quasi tutte le opere del M., che circolavano manoscritte fra parenti e amici, andarono presto disperse.
Reintegrato in magistratura nel 1832, fu assegnato al tribunale di Trani, ma, colpito da apoplessia, si ritirò ad Avellino in casa del figlio Giuseppe e vi morì il 4 maggio 1833.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Avellino, Stato civile, I 216: Registro dei morti dell’anno 1833, atto 124; M. Torcia, Lettera al sig. don B. M. regio assessore nella piazza di Longone, in Giornale letterario di Napoli, XXXIV(1795), 1, pp. 52-67; F. M., Cenno biografico della vita e delle opere di B. M., in Filologia abruzzese, 1836, n. 5, pp. 116-128; M. Michitelli, Sul cenno biografico della vita e delle opere di B. M. inserito nel quinto quaderno della Filologia abruzzese, Teramo 1837; C. Campana, Delle scienze e delle lettere in Teramo sullo scorcio del XVIII secolo, Teramo 1863, pp. 66 s.; G. Pannella, B. M. nell’Elba e un episodio del 1801, in Riv. abruzzese di scienze lettere ed arti, XII (1897), 8, pp. 337-348; F. Savini, Le famiglie del Teramano, Roma 1927, p. 139; N. Palma, Storia della città e diocesi di Teramo, V, Teramo 1981, p. 172; A. Marino, Melchiorre Delfico e le favole morali, in Aprutium, IV (1986), 3, p. 22; U. Russo - E. Tiboni, L’Abruzzo nel Settecento, Pescara 2000, pp. 679-684; R. De Lorenzo, Un Regno in bilico: uomini, eventi e luoghi nel Mezzogiorno preunitario, Roma 2001, p. 210.
E. Ciferri