MARTINI, Biagio
– Nacque a Parma il 3 febbr. 1761 da Carlo, caffettiere in Pescheria Vecchia, e da Ancilla Bozzani, «onesti genitori», come ebbe a definirli Bertoluzzi (Cirillo - Godi, 1980, p. 87). L’osservazione diretta delle opere di Antonio Allegri detto il Correggio (Allegri Tassoni) e di altri classici emiliani gli fece abbandonare gli studi di grammatica cui la famiglia lo aveva indirizzato. Il fervido ingegno artistico e la facilità inventiva nella creazione di schizzi e bozzetti furono notati dal mercante e cultore d’arte A. Ghidini, che lo indirizzò in Accademia alla scuola di P.M. Ferrari, di cui il M. divenne ben presto il più promettente allievo, nonostante il temperamento capriccioso e vivace. Alla morte di Ferrari (1787) il M. continuò a studiare presso G. Callani, le cui lezioni accademiche seguiva già dal 1784. Ottimo disegnatore ed efficace colorista, dal 1781 al 1787 si aggiudicò diversi premi per composizioni grafiche. Nel 1788 dipingeva, invece, il Diogene (Parma, Galleria nazionale), una «pittura da maestro provetto» (Martini).
L’opera lodata per bella invenzione, ottimo disegno e buon colorito, fu altrettanto criticata per carenze tecniche nella resa del chiaroscuro, dell’anatomia, dell’abbigliamento troppo pomposo, per posa inadeguata e per imprecisioni nelle iscrizioni. Donato all’Accademia di belle arti di Parma (1795) in occasione della nomina a professore consigliere con voto, il Diogene è pervaso da un’aria arcadica, delicatamente settecentesca in cui si coglie l’ascendenza schedoniana. Nel 1794 era diventato professore aggiunto presentando una Testa di giovane (conservata nella Galleria nazionale di Parma), neoclassica esercitazione secondo i dettami di A. Appiani, che mostra tangenze stilistiche con la coeva Presentazione al Tempio (Langhirano, oratorio dell’Assunta).
Nel 1791 si era intanto aggiudicato il pensionato a Roma, grazie a La morte di Socrate (Parma, Galleria nazionale), tela che già rivela una notevole indipendenza dalle scelte dei maestri. Il soggiorno romano (iniziato probabilmente nel 1795 e durato fino al 1799, come risulta dalle lettere nel ms. 3649 della Biblioteca Palatina di Parma) gli consentì di venire in contatto con un classicismo più aperto e internazionale: da Roma il M. mandava a Parma l’eclettica Natività (ora nella Galleria nazionale: Bertoluzzi, p. 90).
L’inevitabile riferimento correggesco si sposa a suggestioni naturalistiche bamboccianti e al classicismo batoniano. Forti echi di P. Batoni si avvertono anche nella più tarda Madonna con Bambino e s. Francesco di Paola (Parma, Galleria nazionale), sia a livello compositivo sia nella resa delle figure, tanto da far ipotizzare una sistematica produzione di schizzi di studio tratti dalle sue opere, che il M. propose poi nei suoi dipinti come formule fisse.
Secondo Bertoluzzi il M. tornò a Parma dopo pochi mesi dall’arrivo della Natività, ma nelle sedute accademiche i registri iniziano a riportare la sua firma solo dal 1801. Il suo pensionato a Roma, inizialmente di due anni, fu prorogato grazie alle sovvenzioni dell’Accademia e anche di vari facoltosi esponenti parmigiani: su tutti, quella del vescovo Domenico Carlo Maria Turchi, il quale insieme con Ghidini di lì a qualche tempo avrebbe caldeggiato le nozze del M. con Costanza Baldrighi. Il matrimonio si celebrò a Parma nel 1803.
Costanza era una delle figlie di Giuseppe, ritrattista ufficiale della corte borbonica, e a sua volta pittrice e acquafortista. Della sua produzione pittorica si ricordano due piccole opere poste ai lati dell’altare maggiore della sconsacrata chiesa cittadina di S. Marcellino.
Intorno al 1800-01 il M. eseguì un Ritratto di Turchi, da un prototipo di F. Vieira (Parma, Museo Glauco Lombardi: un altro, anteriore, è custodito a Reggio Emilia, convento dei cappuccini). Il vescovo gli commissionò anche la pala della Deposizione (1840: Parma, chiesa dei cappuccini di Borgo S. Caterina) della quale si conservano nella Galleria nazionale un bozzetto preliminare su tela e nella Biblioteca Palatina vari disegni (Cirillo - Godi 1991, pp. 229 s.), opera che l’ecclesiastico, morto nel 1803, non riuscì a vedere ultimata.
Le innumerevoli incombenze derivate al M. dalla nomina a pittore di corte della duchessa Maria Luigia d’Asburgo Lorena (nel 1816 fu inviato a Milano con l’incarico di valutare quali opere dovessero tornare a Parma dopo le razzie napoleoniche) e il disappunto per essere stato spodestato dall’incarico di direttore dell’Accademia (1820) dall’ex allievo P. Toschi, furono le principali cause che lo portarono a concludere la pala solo nell’aprile 1840, quando la duchessa in persona, recatasi nel suo studio, gli concesse la croce dell’Ordine Costantiniano di S. Giorgio, riconoscimento reclamato dall’artista per riprendere la sua attività pittorica sospesa per protesta.
Dall’atelier in Pilotta, inaugurato nel 1801 e che il M. lascerà il 18 ott. 1822 a causa dei lavori di ampliamento dell’Accademia (la scuola si trasferirà in strada S. Michele al n. 119, dove il M. si troverà nel 1832, vedovo e convivente con la nipote Tersilla Salati), uscì una quantità relativamente esigua di tele per la committenza pubblica e privata: oltre al grandioso e neomanierista Incontro tra papa Paolo III e Carlo V (1827: Busseto, Museo civico), commissionato da Maria Luigia a esaltazione simbolica della continuità tra le casate dei Farnese e degli Asburgo, si segnalano la Vergine e i ss. Francesco di Sales e Luigi Gonzaga (1803-05 circa: Fidenza, duomo), Il martirio dei ss. Gervaso e Protaso (1815: Parma, chiesa della Ss. Annunziata) e un S. Biagio (Correggio, Museo civico: il dipinto, dopo il restauro effettuato nel 2005, è attribuito a G. Callani: gentile segnalazione di G. Fabbrici), composizioni che rimandano per tema e tipologia dei santi al fare carraccesco, ormai rivisitato in chiave accademica. Ma è soprattutto in campo grafico che il M. dovette eccellere: già Scarabelli Zunti (ms. 110, c. 118r) ricordava le centinaia di bozzetti, dalle più svariate tematiche, tratteggiati a penna e ad acquerello (Festino carnascialesco e Carlo V prova i suoi funerali del 1825 circa, conservato a Parma, Galleria nazionale) o a pastello (Autoritratto del 1810 circa, ora nella stessa Galleria), che ingannavano l’occhio attento di esperti conoscitori tanto da essere scambiati spesso per quelli del Parmigianino (Francesco Mazzola) o dei suoi più bravi imitatori, e il cui destino era il più delle volte quello di essere trasposti in incisione, ad acquaforte o ad acquatinta, dal loro stesso creatore (Vecchia che si specchia e Vecchio con lanterna: Parma, Biblioteca Palatina) o dalla Società parmigiana dei pittori-incisori ad acquerello sorta nel 1807.
Dalla loro analisi emerge la mano di un pittore essenzialmente figurista, amante dei tocchi caricaturali e irriverenti alla W. Hogarth e capace di sovrintendere a scene complesse e popolate da miriadi di personaggi, ma che spesso riduce all’essenziale l’elemento architettonico, limite questo già imputatogli da Callani.
Negli ultimi anni della sua vita il M. lavorò sempre al servizio della duchessa, anche se nella scuola di disegno fu sostituito dall’allievo G. Tebaldi: l’ennesima mortificazione subita per opera di un suo discepolo lo portò (sono parole sue in una lettera datata 17 giugno 1828, contenuta nel ms. 3649 della Palatina) quasi a detestare quell’arte da lui tanto amata.
Il M. morì a Parma il 26 ag. 1840 nella sua abitazione in strada S. Michele.
Fonti e Bibl.: Parma, Biblioteca Palatina, Parm., 3649: Documenti riguardanti il pittore B. M. con note e minute autografe; Ibid., Soprintendenza di Parma e Piacenza, Biblioteca, Mss., 104: E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di belle arti parmigiane 1751-1800, VIII, c. 191; 110: Id., Chiese e conventi di Parma, I, cc. 21, 44, 118; G. Bertoluzzi, Cenni intorno ad artisti specialmente parmigiani (ms. del 1820 circa), in G. Cirillo - G. Godi, Le «Vite» di artisti settecenteschi…, in Parma nell’arte, XII (1980), 1, pp. 69, 87-95; P. Martini, La scuola parmense ... e gli artisti delle provincie di Parma e Piacenza, Parma 1862, p. 18; G.B. Janelli, Diz. biogr. dei Parmigiani, Genova 1877, pp. 242, 523; G. Allegri Tassoni, Mostra dell’Accademia di Parma, 1752-1952, Parma 1952, p. 91; G. Cirillo - G. Godi, Apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del ’700, in Parma nell’arte, XI (1979), p. 48; La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1989, I, ad ind.; II, pp. 786 s.; G. Cirillo - G. Godi, I disegni della Biblioteca Palatina di Parma, Parma 1991, pp. 229 s.; R. Lasagni, Diz. biogr. dei Parmigiani, III, Parma 1999, pp. 408-410; Galleria nazionale di Parma. Catalogo delle opere, Il Settecento, a cura di L. Fornari Schianchi, Milano 2000, pp. 179-181 (E. Onghi); L’Otto e il Novecento, a cura di L. Fornari Schianchi, ibid. 2001, pp. 23-32 (S. Colla); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 176.