MARTINELLI (Baroni de Martinellis, de Martinellis), Biagio (Biagio da Cesena)
Nacque a Cesena nel 1463.
Nelle testimonianze coeve e nella bibliografia posteriore è nominato o con il cognome Martinelli o come Biagio da Cesena, ma al principio dei Diari, che egli compose negli anni di servizio come cerimoniere pontificio, si presenta come «Blasius Baroni de Martinellis de Cesena factus clericus, et magister cerimoniarum» (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 12308, 12276; Barb. lat., 2799; Chigi, L.II.22, ad 1° genn. 1518).
I Martinelli erano una delle maggiori famiglie della nobiltà guelfa, le cui lotte con i ghibellini Tiberti sconvolsero la città nella seconda metà del Quattrocento. La famiglia Baroni proveniva dal contado cesenate (da Villa di Ronta) e si era inurbata in data non ancora accertata. In assenza di fonti che chiariscano questo punto, è ipotizzabile che la famiglia Baroni confluisse nel casato più illustre e che nel luogo dei Diari (particolarmente solenne per quanto attiene alla biografia del M.) egli decidesse di ricordare anche la sua famiglia di nascita.
Della giovinezza del M. si sa che si era laureato in utroque iure ed era giunto successivamente, forse molto presto, a Roma, dove esercitò attività di avvocato o di notaio in Curia fino all’età di cinquant’anni circa. La lunga esperienza legale gli sarebbe poi servita nell’ufficio di maestro delle cerimonie, nel quale spesso doveva fungere da notaio per gli atti ufficiali.
Nel 1513 affiancò il primo maestro delle cerimonie Paride Grassi nelle mansioni di custode delle chiavi del conclave durante il quale fu eletto Giovanni de’ Medici, papa Leone X. Fu nominato ufficialmente cerimoniere pontificio il 1° genn. 1518 subentrando a Baldassarre da Viterbo, morto poco prima. La nomina fu auspicata e favorita, oltre che dallo stesso Grassi, dai cardinali Bernardo Dovizi da Bibbiena e Andrea Della Valle. Il M. coprì tale ruolo fino alla morte, secondo la testimonianza, al 1585, del pronipote Francesco Mucanzio, anch’egli maestro di cerimonie dal 1573, sebbene i Diari, che egli iniziò a stendere lo stesso giorno in cui divenne cerimoniere, si arrestino al novembre 1540.
Dai Diari emerge qualche notizia sulla sua vita privata. Possedeva una casa a Civita Castellana (citata per la prima volta il 12 sett. 1525), dove si recava saltuariamente, soprattutto di ritorno dai viaggi nei quali aveva seguito il papa. A Roma possedeva un orto e probabilmente aveva abitazione presso la chiesa dei Ss. Celso e Giuliano o nelle vicinanze, ma il 18 nov. 1528 scrive di abitare in Parione. Conservava rapporti con i familiari a Cesena: il 17 ott. 1534, subito dopo l’elezione di Paolo III, chiese al papa la concessione di una tassa sugli ebrei della città natale a favore della sua famiglia; il 22 ott. 1536 postulò il canonicato di S. Maria di Savignano, in Romagna, il cui titolare era in fin di vita.
Dopo la nomina, la vita del M. fu tutta incentrata sul suo ufficio, che doveva assorbirlo completamente e richiedeva che fosse a disposizione del papa in qualsiasi momento della giornata. Dai Diari si ricava che in quell’epoca l’ufficio di maestro delle cerimonie prevedeva tre cerimonieri, uno dei quali aveva il titolo di prefetto. La triade, dopo la nomina del M., era completata da Paride Grassi e da Ippolito Morbidi, nipote di Grassi, che morì durante il sacco di Roma e fu rimpiazzato da Onofrio Pontani (il 26 apr. 1528 a Orvieto, dove la Curia si era rifugiata dopo la fine del sacco). Dopo la morte di Grassi (10 giugno 1528), il M. divenne prefetto dei cerimonieri e come tale chiese subito al papa l’arcipresbiterato della chiesa dei Ss. Celso e Giuliano, legato alla carica e quindi spettantegli di diritto. In quel torno d’anni fu nominato un altro cerimoniere, Giovanni Francesco Firmano di Macerata, che alla morte del M. gli sarebbe succeduto.
I Diari, scritti in un latino piano e comprensibile, seguivano l’anno a nativitate (con inizio nel giorno di Natale), con la descrizione particolareggiata di tutte le ricorrenze e celebrazioni liturgiche. Sono una fonte ricchissima sugli avvenimenti di quel periodo, che il M. testimonia quasi sempre in prima persona. Descrive regolarmente, con abbondanza e precisione di dettagli, le vesti e i paramenti che indossavano papa e cardinali e i riti che svolgevano. A futura memoria, annota sempre le trasgressioni al cerimoniale tradizionale. Sono registrati anche i maggiori fatti storici dell’epoca, ma sempre per i riflessi sulla vita della Curia: l’arrivo di nuovi oratori o rappresentanti delle varie nazioni è sempre riportato, con la descrizione dell’accoglienza ufficiale e delle cerimonie relative. Non mancano fatti di cronaca, per esempio furti e delitti, ma soltanto quelli che avvenivano all’interno dei palazzi pontifici o in Castel Sant’Angelo. Con il passare del tempo il M. diviene più analitico nei suoi resoconti. Nelle descrizioni delle processioni, per esempio, riporta anche l’itinerario, fornendo così indicazioni sulla topografia di Roma del periodo, soprattutto quella anteriore al sacco.
Organizzò i conclavi da cui uscirono eletti Adriano VI, Clemente VII e Paolo III. In quest’ultimo, brevissimo, perché il cardinale Alessandro Farnese fu eletto subito per acclamazione, il M. sentì il dovere di richiamare i cardinali a dare una forma di regolarità all’elezione almeno con uno scrutinio. Insieme con lo scorrere quotidiano degli eventi liturgici e delle cerimonie, il M. narra fatti storici di maggiore importanza di cui fu spettatore e partecipe. Il 20 sett. 1525 registra l’attacco dei Colonna a Roma e il saccheggio dei palazzi apostolici da parte delle loro truppe. Nel 1527 narra con toni drammatici le vicende del sacco; dal racconto si ricava che egli riuscì a mettersi in salvo in Castel Sant’Angelo con il papa e gli altri funzionari di Curia. Dopo la partenza dei Lanzi il 17 febbr. 1528, descrive spesso la miseria e la distruzione provocata, con la mancanza persino dei paramenti necessari alle cerimonie. Ebbe un ruolo di primo piano nell’organizzazione e conduzione delle cerimonie nell’incontro tra Clemente VII e Carlo V a Bologna nell’ottobre 1529. Dal 16 febbr. 1532 inizia a riportare le discussioni del papa e dei cardinali a proposito della richiesta di annullamento del matrimonio di Enrico VIII d’Inghilterra con Caterina d’Aragona. Dal 9 settembre al 7 dic. 1533 seguì Clemente VII che si recò a Marsiglia per incontrare Francesco I di Francia. Dal 5 al 18 apr. 1536 descrive la visita a Roma di Carlo V. Il 9 genn. 1537 riporta l’assassinio di Alessandro de’ Medici.
Nel marzo 1538 il M. settantacinquenne accompagnò Paolo III nel viaggio a Nizza, dove il pontefice avrebbe incontrato Carlo V e Francesco I che avevano raggiunto la pace. Da Piacenza, mentre il papa proseguiva verso Nizza, il M. fu inviato a Vicenza ad assistere i cardinali legati Lorenzo Campeggi, Giacomo Simonetta e Girolamo Aleandro, incaricati di preparare il concilio ecumenico che nelle intenzioni di Paolo III si sarebbe dovuto svolgere proprio a Vicenza. Il 12 maggio i tre legati fecero il loro ingresso solenne nella città, con l’assistenza del Martinelli.
Fu l’ultimo viaggio al quale egli partecipò. Tornato a Roma, nell’aprile 1539 cadde malato e fu in pericolo di vita; riuscì a riprendersi, ma il decadimento della sua salute era evidente. Mentre era a letto convalescente, annotò nel suo diario che, nel clima di proposte sulla riforma della Chiesa di quegli anni, durante la sua assenza i cardinali riformatori Gian Pietro Carafa e Gasparo Contarini avevano iniziato a indagare sui maestri delle cerimonie, con il sospetto che percepissero emolumenti esagerati e si rendessero colpevoli di abusi. Lo stesso papa e altri porporati presero le loro difese e le indagini furono sospese. Nel 1540, Paolo III nominò il M. vescovo di Bertinoro e Forlimpopoli, ma egli, ormai anziano e stanco, rinunciò «per la tenuità della mensa e per l’età» (Moroni).
Il M. morì a Roma il 14 dic. 1544. Fu sepolto nella chiesa dei Ss. Celso e Giuliano, di fronte all’altare, che egli stesso aveva fatto erigere, dedicato a Maria Maddalena, di cui la chiesa conservava una ben nota reliquia (un piede).
A caratterizzare il M. contribuisce un aneddoto riferito da G. Vasari nella Vita di Michelangelo. Trovandosi con Paolo III nella cappella Sistina e avendogli il papa chiesto cosa pensasse del Giudizio, il M., «persona scrupolosa», rispose che era cosa «disonestissima» che tanti nudi figurassero in un luogo sacro e che non era opera da cappella papale, ma da stufe e osterie. Michelangelo si risentì e raffigurò i tratti del M. nella figura di Minosse, giudice degli inferi, la cui coda termina in un serpente che gli morde il sesso. Secondo una versione raccolta da Domenichi, il M. si lamentò ripetutamente del fatto con il pontefice, che, per liberarsi di lui, rispose che se Michelangelo l’avesse posto in purgatorio avrebbe fatto ogni sforzo per salvarlo, ma la sua giurisdizione non si applicava all’inferno.
La tradizione manoscritta dei Diari del M. è costituita da numerosi testimoni, autografi e copie, anche perché egli redigeva i resoconti dei viaggi papali in manoscritti diversi da quelli che compilava quotidianamente. Si tratta quindi per lo più di esemplari parziali. Nella Biblioteca apostolica Vaticana sono conservati gli esemplari Barb. lat., 2799, 2801; Chigi, L.II.22-26; Vat. lat., 6978, 12276, 12277, 12308, 12309, 12310, 12421, 12422; altri esemplari a Roma, Biblioteca nazionale, Gesuitico, 270; Londra, British Library, Add., 26801-26809; una selezione in G.B. Gattico, Acta selecta caeremonialia Sanctae Romanae Ecclesiae…, Romae 1753, I, pp. 1-495 passim; II, pp. 1-208 passim.
Fonti e Bibl.: Cesena, Biblioteca Malatestiana, Mss., 164.34: Notizie delle famiglie illustri di Cesena, raccolte da don Carl’Antonio Andreini cesenate, II, pp. 48-51; IV, pp. 270-281; L. Domenichi, Facetie, motti e burle di diversi signori et persone private, Firenze 1564, pp. 263 s.; G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori…, a cura di G. Milanesi, VII, Firenze 1881, p. 211; L. Podestà, Carlo V a Roma nell’anno 1536, in Arch. della Soc. romana di storia patria, I (1877), pp. 303-344; M. Constant, Les maîtres de cérémonies, in Mélanges d’archéologie et d’histoire, XXIII (1903), pp. 164-166, 169; L. von Pastor, Storia dei papi, IV, 1, Roma 1908; 2, ibid. 1912, ad ind.; V, ibid. 1914, ad ind.; L. Dorez, La cour du pape Paul III…, I-II, Paris 1932, ad indices; P. Salmon, Les manuscrits liturgiques latins de la Bibliothèque Vaticane, Città del Vaticano 1962, pp. 383, 470, 501; M.A. Visceglia, La città rituale. Roma e le sue cerimonie in Età moderna, Roma 2002, p. 176; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, Indice, IV, p. 296.