GUASCONI, Biagio
Nacque a Firenze il 7 giugno 1385 da Iacopo di Biagio e da Albiera di Filippo Baroncelli, appartenenti al "popolo" di S. Lorenzo nel quartiere S. Giovanni, "gonfalone" Leone d'oro. Dall'unione, avvenuta nel 1379, nacquero anche una femmina, Francesca - che nel 1410 sposò un fratello di Palla Strozzi, Giovanni - e altri sei maschi: Bonaccio, Giovanni e Girolamo, morti probabilmente prima del 1427, in quanto non risultano iscritti nella portata catastale relativa a quell'anno; Zenobi e Francesco, che si dedicarono alla carriera politica; Niccolò, che fu l'unico a intraprendere la vita ecclesiastica.
Il padre del G., morto prematuramente tra il 1409 e il 1410, ebbe un ruolo non secondario nell'ambito del reggimento della Firenze del primo Quattrocento, ricoprendo numerose cariche interne ed esterne e svolgendo importanti ambascerie, tra il 1398 e il 1400, a Lucca e a Bologna.
Tra i primi atti che testimoniano l'inserimento del G. nella vita pubblica vi è un documento, del 4 luglio 1408, relativo ai capitoli di pace stipulati tra il pontefice Gregorio XII e Firenze; la città si impegnava affinché dodici cittadini, fra cui anche il G., dessero in ostaggio i propri fratelli o figli per garantire l'incolumità del pontefice in occasione della sua partenza da Lucca. Il 14 agosto dello stesso anno il G. ebbe un mandato di procura dal fratello Niccolò, divenuto abate della badia fiorentina, per chiedere il permesso alla Signoria di prendere possesso della stessa badia in suo nome; sempre dal fratello Niccolò, il 22 luglio 1409, il G. ricevette il mandato per partecipare al concilio di Pisa. Il 22 ottobre seguente il G. strinse un patto con Luca di Maso Albizzi, con il monaco vallombrosano Niccolò Del Pera e con Giannozzo di Bernardo Della Rena, impegnandosi a visitare il Santo Sepolcro. Il 4 marzo 1410 il pontefice Alessandro V dette commissione al canonico fiorentino Giovanni Albizzi di esaminare il ricorso presentato dal G., insieme coi fratelli Bonaccio, Girolamo, Giovanni, Zenobi e Francesco, contro la badia fiorentina per questioni di carattere patrimoniale; il 3 novembre seguente il G. ricevette procura dal fratello Niccolò riguardo all'amministrazione patrimoniale della stessa badia.
Con la partecipazione allo scrutinio del 1411 per il priorato il G. ottenne l'abilitazione a ricoprire cariche politiche, che gli permise di conseguire, pressoché ininterrottamente dal 1413 al 1434, numerosi uffici interni ed esterni. Infatti, il 10 sett. 1413 assunse la carica di ufficiale dell'Abbondanza del grano e delle biade e il 1° luglio 1415 divenne ufficiale delle Carni; il 29 agosto fu estratto per il priorato ma non poté entrare in ufficio, perché in divieto. Il 1° ott. 1418 ebbe l'ufficio di maestro delle Porte e, il 18 genn. 1419, quello di capitano del Bigallo; il 29 ott. 1419 venne estratto tra i gonfalonieri di compagnia.
In questo stesso anno contrasse matrimonio, nella chiesa di S. Lorenzo, con Nanna di Gioacchino Mazzinghi, anche lei esponente di una delle principali famiglie dell'oligarchia fiorentina, cui il G. era legato anche da interessi economici e mercantili; sulla base delle dichiarazioni al Catasto si sa che da questa unione nacquero dodici figli: Lena, Maria, Checca, Mea, Lorenzo (nato il 4 genn. 1428), Bartolomeo, Iacopo, Albiera, Antonia, Bonaccio, Gioacchino (nato il 30 apr. 1438) e Ginevra.
Il 1° apr. 1420 il G. fu dei Sei di Arezzo e l'anno seguente, dal 17 maggio, divenne podestà di San Gimignano; il 26 febbr. 1422 fu eletto operaio di S. Maria Novella e, il 9 maggio seguente, venne estratto tra i Dieci di libertà. Il 27 giugno 1422 assunse anche l'ufficio di sindaco del capitano del Popolo, ma non poté ricoprire il priorato, cui era stato estratto il giorno successivo, perché in divieto. Il 1° ag. 1423 ebbe l'ufficio di capitano di Orsanmichele; in questa veste compare, il 12 novembre seguente, tra i capitani e i rettori della stessa Società della Beata Vergine Maria dell'Orto di S. Michele di Firenze, in un atto relativo all'approvazione di una vendita di alcuni beni dell'ospedale di S. Maria di Poggibonsi.
Il G. prese pure parte ad alcune ambascerie, anche se il suo impegno diplomatico divenne più frequente solo dopo il 1432, nel momento in cui prevalse all'interno dello schieramento politico fiorentino la consorteria albizzesca. Nel gennaio 1424 venne inviato a Bologna, dove si tenne in contatto epistolare con gli oratori a Ferrara Rinaldo Albizzi, Giuliano Davanzati e Vieri Guadagni. Poco dopo, nel maggio dello stesso anno, il G. si recò in missione presso il re dei Romani Sigismondo di Lussemburgo, per sollecitare l'attuazione del concilio che si sarebbe tenuto in seguito a Basilea: di tale ambasceria si fa menzione in una lettera del 5 maggio 1424 di Rinaldo Albizzi, scritta da Bologna alla Signoria fiorentina, poi in un'altra missiva dello stesso del 9 ottobre da Roma a Vieri Guadagni, e ancora, in una lettera del 28 ottobre di Vieri Guadagni da Firenze a Rinaldo Albizzi a Roma, si fa riferimento al ritorno del G. dalla missione presso l'imperatore. Il 30 ottobre, infine, la Signoria fiorentina scrisse allo stesso Sigismondo menzionando il rientro a Firenze del Guasconi.
Il 1° genn. 1425 il G. assunse la carica di console dell'arte della lana; il 3 febbraio seguente ebbe l'ufficio di scrivano dei Pupilli e il 30 novembre quello di operaio di S. Maria del Fiore. Nello stesso anno compare come testimone, insieme con Francesco Dei, prevosto di S. Pier Maggiore, in un atto di vendita fra Paolo, Francesco e Bencio Benci e Cecca, moglie di Ambrogio di Giovanni del "popolo" di S. Maria in Campo. Il 15 genn. 1427 divenne membro degli Otto di custodia e, dal 3 giugno seguente, assunse la carica di podestà di Borgo San Lorenzo; il 31 luglio dello stesso anno effettuò la dichiarazione al Catasto insieme con la madre e i fratelli Francesco e Zenobi. Il 17 luglio 1428 il G. venne estratto per l'ufficio di scrivano della Grascia; nel 1429, dal 1° gennaio, ebbe il mandato come operaio di S. Maria del Fiore e il 9 febbraio si immatricolò all'arte della lana. Il 28 genn. 1430 divenne podestà di Mangona e, dal 1° genn. 1431, assunse la carica di console dell'arte della lana, che dovette poi lasciare, essendo stato deputato, il 15 marzo seguente, a console del Mare di Pisa.
Durante lo svolgimento di quest'ultimo ufficio il G. scrisse da Pisa alcune lettere all'amico mercante e umanista Matteo di Simone Strozzi a Firenze; tra questa corrispondenza è particolarmente significativa la lettera del 2 luglio 1431, scritta in latino, in cui il G. appare in piena adesione con l'insegnamento etico e politico di Cicerone e che è stata considerata una testimonianza della diffusione della cultura latina negli ambienti mercantili più colti della Firenze del primo Quattrocento (edita da Bec, 1981, pp. 138 s.).
Il 20 dic. 1431, infine, venne eletto ufficiale dello Studio al posto di Lorenzo di Giovanni de' Medici.
È in questi anni, dal 1432 al 1434, nel momento in cui, nell'ambito del reggimento oligarchico, assunse un ruolo preponderante la figura di Rinaldo Albizzi, che il G. intensificò la sua attività politico-diplomatica: nel giugno del 1432 venne infatti incaricato di una missione presso Sigismondo di Lussemburgo, che però non ebbe luogo. Ancora il 1° settembre dello stesso anno ebbe la carica di console dell'arte della lana; nell'ottobre seguente si recò come oratore presso il conte Guidubaldo di Montefeltro, a Urbino, da dove il 20 dello stesso mese scrisse ai Dieci di balia: da questa missione tornò il 1° novembre. Nel frattempo, il 30 ottobre, gli venne data commissione, in qualità di console dell'arte della lana, di recarsi a Roma, presso il pontefice Eugenio IV, per dirimere la contesa sorta tra i canonici del capitolo della chiesa metropolitana di Firenze e i consoli della stessa arte con i canonici del capitolo di S. Lorenzo, in seguito alla concessione del papa a questi ultimi di portare in capo i distintivi onorifici (almuzie o gufi) spettanti fino ad allora al solo capitolo della cattedrale. Durante lo svolgimento dell'incarico, per il quale ricevette istruzione il 21 novembre, inviò da Roma ai consoli dell'arte della lana due lettere, il 12 e il 20 dicembre. Il 14 sett. 1433 effettuò una missione presso Niccolò da Tolentino, capitano generale della Repubblica fiorentina; il 13 ottobre seguente vinse lo squittinio per il priorato e poco dopo, nel novembre, si qualificò con i figli Iacopo e Lorenzo anche allo squittinio indetto dalla Parte guelfa; il 1° dicembre divenne ufficiale delle Condotte. Nel 1434 conseguì tre cariche di carattere militare a Pistoia: il 17 aprile ebbe l'ufficio di castellano della Parte guelfa, il 12 giugno quello di castellano di Porta S. Marco e, ancora, il 16 agosto l'ufficio dei Cinque di Pistoia.
La caduta del governo guidato dagli Albizzi e il ritorno di Cosimo de' Medici a Firenze, nell'ottobre 1434, determinarono la condanna di molti di coloro che avevano aderito al governo albizziano: anche il G., con tutta la sua famiglia, venne duramente colpito dalla reazione della parte vincente e condannato alla privazione dei diritti politici per venti anni, alla confisca di gran parte del patrimonio e all'esilio per tre anni, pena che poco dopo gli fu commutata nel confino per dieci anni ad Ancona. In questa città la presenza del G. è registrata dal 1° dic. 1434 al 19 dic. 1437. A Firenze rimasero i fratelli Francesco e Zenobi che continuarono a occuparsi degli interessi economici del G.: il 22 nov. 1440 Francesco, anche a nome dei fratelli Biagio e Zenobi, risulta acquistare una bottega d'orefice a Firenze nella zona del Mercato nuovo; il 31 ag. 1442 Zenobi effettuò la portata catastale anche per il G.; il 29 marzo 1444 i tre fratelli divisero il proprio patrimonio per lodo rogato da ser Antonio di ser Piero Bettini. Il 28 febbr. 1447 Zenobi effettuò la dichiarazione catastale per conto del Guasconi.
Non si conosce la data esatta della morte del G., avvenuta presumibilmente nel 1449, mentre perdurava l'esilio anconetano, dato che i provvedimenti del 1434 relativi ai confinati vennero prorogati, nel 1444, per altri dieci anni. Infatti, il 30 ott. 1449 il figlio Gioacchino compare in un atto in cui gli viene data facoltà di ricevere l'eredità paterna. Un'ulteriore conferma al riguardo è data anche dalla portata al Catasto di Zenobi Guasconi del marzo 1458, in cui si dice che la morte del G. era avvenuta all'incirca nove anni prima.
Per quanto riguarda la formazione culturale del G., da alcune testimonianze, seppure frammentarie, si sa che ebbe una impostazione classica e che fu in contatto con l'ambiente del primo umanesimo fiorentino. In ambito letterario il suo nome è legato alla prima redazione dell'invettiva contro Niccolò Niccoli, che gli venne indirizzata nel 1413 nella sua redazione primitiva e più breve da Guarino Guarini (l'opera, tramandata da vari manoscritti, è pubblicata in Epistolario di Guarino Veronese, I, pp. 33-46; si veda anche III, p. 37). Alcuni riferimenti al G., in merito all'argomento dell'invettiva, sono presenti anche in una lettera di Francesco Barbaro al Niccoli del 1415. Ancora si parla del G. in una lettera di Cencio Rustici a Giovanni Canuzi del 1416, e di nuovo in un'altra, non datata, sempre del Rustici ad Agostino Favaroni: da queste due missive si deduce in particolare che tra il G. e il Rustici vi era un rapporto di grande amicizia e benevolenza.
Più recentemente, A. Lanza ha considerato il G. dedicatario della Philomena di Giovanni Gherardi in opposizione ad A. Wesselofsky, il quale invece aveva ritenuto che il dedicatario fosse il nonno del G., il miles Biagio di Piero detto Bonaccio. Tale dedica si trova solo nella prima stesura dell'opera: in seguito, infatti, sullo stesso manoscritto (Magl. VII.702 della Biblioteca nazionale di Firenze), l'incipit con il nome del destinatario venne cancellato. Il Lanza sostiene che l'eliminazione sia avvenuta per una svista dell'autore, e afferma anche che l'opera del Gherardi venne composta quando la carriera politica del G. era in piena ascesa: tali tesi però sono difficilmente sostenibili per il fatto che, in primo luogo, la dedica a un'opera era una questione di particolare importanza e la sua eliminazione doveva dipendere da motivi profondi e non da una semplice dimenticanza; in secondo luogo quando venne composta la Philomena - iniziata nel 1389 e proseguita dopo il 1406, dal momento che nel secondo libro sono ricordati come defunti Franco Sacchetti e Coluccio Salutati, scomparsi rispettivamente nel 1400 e nel 1406 - il G. non era ancora avviato alla vita politica, dove, peraltro, non raggiunse mai quel grado di importanza che invece conseguì il nonno Biagio né fu miles. Pertanto rimangono ancora valide le supposizioni del Wesselofsky, secondo il quale è probabile che la cancellazione del nome del G. dalla dedica sia avvenuta perché, morto Biagio di Bonaccio nel 1389, il Gherardi, o chi per lui, che avrebbe completato l'opera molti anni dopo, ritenesse ormai inutile e inattuale mantenere quel nome.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 79, cc. 125r, 142r; 80, c. 193r; 171, cc. 27v, 30r; 360, c. 87v; 363, c. 109r; 599, c. 136r; 600, cc. 32r, 79v; 776, c. 3v; 777, cc. 19r, 80r; 813, cc. 155v, 185v, 222r; 901, cc. 87r, 99r, 166r, 185r, 219r, 283r, 320r, 392v; 902, cc. 10r, 39v; 984, cc. 41r, 48r, 49r; Signori, Legazioni e commissarie, 8, cc. 79r-82r, 83rv; 9, cc. 44r-45v, 82v-83v; Signori, Missive I Cancelleria, 30, c. 85r; 33, cc. 73v-74r; Signori e Collegi, Deliberazioni, Duplicati, 2, c. 68v; Dieci di balia, Deliberazioni, condotte e stanziamenti, 14, cc. 185v-187v; Diplomatico, Badia fiorentina, 1408 ag. 14; 1409 luglio 22; 1410 marzo 4; 1410 nov. 3; Arte della lana, 21, c. 117v; 32, cc. 36v, 38v, 39v; Catasto, 48, 1427, cc. 421r-428r; 407, 1431, cc. 216v-219v; 497, 1433, cc. 774r-777r; 623, 1442, cc. 1027r-1030r; 676, 1447, cc. 586r-589v; 823, c. 398v; Balie, 25, cc. 65v-66r; 26, c. 17v; Capitano del popolo, 3212, c. 24rv; Otto di guardia e balia, 224, cc. 60r-61r; Notarile antecosimiano, 1779, cc. 174r-175r; 5234, cc. 203v-204v; 14201, c. 276rv; 18512, cc. 19v-20r; Carte Strozziane, s. I, 352, cc. 238-239; s. II, 110, c. 45rv; s. III, 112, cc. 57, 69, 71, 74, 75; 114, cc. 1, 3, 5; Manoscritti, 360, c. 163r; 393, ins. 8; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., VIII.1440, c. 86v; Magl., XXV.412, p. 47; II IV.402 (Magl., XXVI.211), p. 432; Magl., XXVI.137, p. 291; Siena, Biblioteca comunale, G VII.44; B. Pitti, Cronica, Firenze 1720, p. 134; D. Moreni, Continuazione delle memorie istoriche dell'ambrosiana imperial basilica di S. Lorenzo di Firenze, Firenze 1816, I, pp. 35-39; II, pp. 400-404; P. Bracciolini, Epistolae, a cura di T. Tonelli, I, Florentiae 1832, p. 21; Il Paradiso degli Alberti. Ritrovi e ragionamenti del 1389, a cura di A. Wesselofsky, Bologna 1867, I, 2, pp. 227 s.; Commissioni diRinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1867, pp. 172 s.; II, ibid. 1869, pp. 13 s., 17, 20 s., 29-31, 33, 39, 54 s., 96, 215 s., 275-277, 287 s.; III, ibid. 1873, pp. 588, 674-676; A. Gherardi, Statuti della Università e Studio fiorentino, Firenze 1881, pp. 244 s.; A. Gelli, L'esilio di Cosimo de' Medici. Documenti, in Arch. stor. italiano, s. 4, X (1882), pp. 163-166; F.C. Pellegrini, Sulla Repubblica fiorentina al tempo di Cosimo il Vecchio, Pisa 1889, pp. CCXVIII s., CCXLVII; Epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, I, Venezia 1915, pp. 33-46; III, ibid. 1919, p. 37; S. Orlandi, Necrologio di S. Maria Novella, II, Firenze 1955, pp. 499-501; Chr. Bec, Culture latine et humanismechez les marchands florentins du début du XVe siècle, in Rinascimento, VI (1966), pp. 261 s.; R. Sabbadini, Storia e critica di testi latini, Padova 1971, p. 31 n. 3; L. Bertalot, Studien zum italienischen und deutschen Humanismus, a cura di P.O. Kristeller, II, Roma 1975, pp. 147-150, 154; G. Gherardi da Prato, Il Paradiso degli Alberti, a cura di A. Lanza, Roma 1975, pp. LV, 147-150, 154; G. Zippel, Niccolò Niccoli. Contributoalla storia dell'umanesimo, in Storia e cultura del Rinascimento italiano, Padova 1979, p. 89; Chr. Bec, Cultura e società a Firenze nell'età della Rinascenza, Roma 1981, pp. 138 s.; M.C. Davies, An emperor without clothes? Niccolò Niccoli underattack, Canberra 1984, pp. 271 s.; D. Kent, The rise of the Medici. Faction in Florence. 1426-1434, Oxford 1987, pp. 170 s., 184, 317, 319 s.; R. Bizzocchi, Chiesa e potere nellaToscana del Quattrocento, Bologna 1987, p. 93; F. Bausi, "Paternae artis haeres". Ritratto di Iacopo Bracciolini, in Interpres, VIII (1988), pp. 123 s., 144; A. Lanza, Polemiche e berte letterarie nella Firenze del primo Rinascimento (1375-1449), Roma 1989, p. 187; R. Zaccaria, Documenti su B. G. e la suafamiglia, in Interpres, XI (1991), pp. 295-326; R. Bessi, Due note su GiovanniGherardi da Prato, ibid., p. 331; P. Viti, Leonardo Bruni e Firenze. Studi sulle letterepubbliche e private, Roma 1992, pp. 55, 114; A. Lanza, Letteratura tardogotica. Arte e poesia aFirenze e Siena nell'autunno del Medioevo, Roma 1994, pp. 702 s.; F. Bausi, Gherardi, Giovanni, in Diz.biogr. degli Italiani, LIII, Roma 1999, p. 566.