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GHEZZI, Biagio

di Cristina Ranucci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)
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GHEZZI, Biagio (Biagio di Goro)

Cristina Ranucci

Non si conoscono il luogo e le date di nascita e di morte di questo artista attivo a Siena a partire almeno dal 1350. Sulla base dei documenti relativi alla sua carriera professionale e sociale, è possibile collocare la sua data di nascita intorno al 1325 (Freuler, 1981, pp. 38 s., 46 s.; 1986, pp. 102, 105, 125).

I dati d'archivio e le memorie degli eruditi ottocenteschi consentono di ricostruire solo in minima parte la carriera artistica di "Blaxius Gori Ghezzi pictor" o "Biagio di Goro" (o Ghoro), come più frequentemente viene citato nelle fonti. Oltre a esercitare la professione di pittore, e forse anche quella di architetto, titolo con il quale è menzionato in un documento, dal 1368 al 1380 il G. ricoprì a Siena incarichi pubblici e per dodici anni fu direttore del carcere della città (Romagnoli, pp. 261-266; Freuler, 1981, pp. 39, 46-53). Attestata da numerosi pagamenti effettuati dall'Opera del duomo di Siena a suo nome negli anni 1366-80, è anche la sua attività di doratore, produttore e fornitore di oro in fogli (Milanesi, pp. 32 s.).

La produzione più specificatamente pittorica del G. è testimoniata inizialmente da una pala, oggi non rintracciabile, ma vista da Romagnoli (1835) "in Siena, alle belle arti" e giudicata "tutta del suo fare, ma non poco slavata e pallida", e da un polittico con una Madonna con Bambino e santi e Storie dellaPassione di Cristo, notato nel 1801 dal medesimo studioso nella sacrestia di S. Agostino a San Gimignano, anch'esso disperso. L'assegnazione di quest'opera al G. da parte di Romagnoli si basava sulla scritta "Biagio da Siena pinse" da lui letta in calce alla tavola e messa in relazione con l'omonimo pittore citato nei documenti.

De Nicola ipotizzò che autore del polittico fosse il pittore senese Biagio di Massarello. In anni recenti Freuler (1986, p. 121 n. 16), concorda invece, su base critico-documentaria, con Romagnoli.

Nel 1981, la pubblicazione dei risultati delle ricerche condotte da Freuler intorno a un ciclo di affreschi conservatosi nel coro della chiesa di S. Michele Arcangelo a Paganico (Grosseto) ha finalmente consentito di legare il nome del G. a un'opera criticamente valutabile e databile al 1368. Tale datazione è stata possibile grazie all'individuazione e interpretazione di una iscrizione conservatasi parzialmente sotto uno dei registri pittorici e venuta alla luce durante i restauri degli anni 1961-63 (E. Carli, Ricuperi e restauri senesi, III, Affreschi della seconda metà del Trecento, in Bollettino d'arte, LI [1966], pp. 178-182). Proprio il calco e la rilettura critica di questa iscrizione hanno consentito al Freuler (1981, pp. 36 s.; 1986, pp. 101 s.) di dedurre il nome dell'esecutore materiale degli affreschi, "(Biagio) di Gh(or)o Ghessi", e di metterlo in relazione con il "Blaxius Gori Ghezzi pictor" ricordato dalle fonti.

Il complesso pittorico di Paganico venne reso noto per la prima volta da Berenson e fu attribuito a Bartolo di Fredi (B. Berenson, Tesori artistici in un villaggio dilapidato della provincia di Grosseto, in Rassegna d'arte, V [1905], pp. 102 s.; E. Carli, Bartolo di Fredi a Paganico, Firenze 1968) o a un suo stretto seguace (Van Marle, 1934). Sulla parete centrale è raffigurata l'Annunciazione; su quelle laterali sono rappresentate, in due registri, le scene della Natività e dell'Adorazione dei magi (registro superiore), le Storie di s. Michele e l'Allegoria dell'Oltretomba (registro inferiore); nelle vele della volta a crociera sono raffigurati i quattro Evangelisti; nel sottarco ricorre una teoria di Sante raffigurate a mezzo busto entro edicole trilobate.

L'esame filologico degli affreschi di Paganico ha permesso di valutare le qualità formali dell'arte del G. e di evidenziarne le componenti stilistiche. Forte è apparso il legame con i maestri senesi Pietro e Ambrogio Lorenzetti, dai quali il pittore ha attinto i tipi fisionomici, la concezione spaziale e le modalità compositive. Dai Lorenzetti, il G. tuttavia si discosta per l'originalità dell'impaginazione scenografica e per alcune felici e personali invenzioni sia spaziali sia narrative. Stilisticamente, inoltre, la ricezione della maniera pittorica dei Lorenzetti appare mediata dallo stile di Lippo Vanni e non aliena da influssi di Simone Martini. Tali elementi consentono di collocare negli anni Quaranta del XIV secolo il periodo di apprendistato dell'artista. Si è comunque anche riconsiderata una certa affinità con l'arte di Bartolo di Fredi (Chelazzi Dini, p. 221), in opposizione a quanto sostenuto da Freuler (1981, pp. 31-34).

La definizione della maniera pittorica del G. ha reso possibile legare al suo nome un iniziale e ancora esiguo corpus di opere. A un momento giovanile viene assegnata una pittura murale raffigurante S. Agnese, che si trova nella chiesa di S. Maria dei Servi a Siena (Id., 1986, p. 120); mentre a un periodo circostanziabile fra il 1355 e il 1365 sono da ritenersi tre tondi a fresco con il Cristo benedicente, S. Caterina d'Alessandria e S. Lorenzo, dipinti a Siena in un edificio attiguo all'ingresso del collegio Tolomei, già convento di S. Agostino (Seidel, p. 23).

Il G. morì probabilmente tra il 1384 e il 1389 (Freuler, 1981, pp. 38 s.; 1986, pp. 102, 125).

Fonti e Bibl.: L. De Angelis, Ragguagli del nuovo Istituto delle belle arti stabilito in Siena, Siena 1816, p. 24; E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi. 1200-1800 (1835), Firenze 1976, III, pp. 261-266; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 32 s.; G. De Nicola, Studi sull'arte senese, III, I saggi senesi del Berenson, in Rassegna d'arte, XIX (1919), pp. 96 s.; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, II, The Hague 1924, p. 113 n. 2; Id., Le scuole della pittura italiana, II, L'Aja 1934, p. 155; M. Seidel, Neu entdeckte gotische Fresken in S. Agostino in Siena, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXV (1981), pp. 3-30 (in particolare p. 23); G. Freuler, Die Fresken des Biagio di Goro Ghezzi in S. Michele in Paganico, ibid., pp. 31-58 (con app. documentaria); G. Chelazzi Dini, in Il gotico a Siena (catal.), Siena 1982, pp. 220 s.; G. Freuler, B. di G. G. a Paganico, Milano 1986 (con app. documentaria); C. De Benedictis, Pittura e miniatura del Duecento e del Trecento in terra di Siena, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, p. 358; II, pp. 574 s. (s.v.Ghezzi, Biagio di Goro); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, III, p. 578 (s.v.Biagio di Goro); Diz. encicl. Bolaffi dei pittori…, II, p. 104 (s.v.Biagio di Goro).

Vedi anche
ancona Dipinto su tavola o rilievo in marmo o legno, di soggetto religioso, collocato sull’altare, generalmente entro un’inquadratura architettonica (pala d’altare); il termine è riferito in particolare a opere del Gotico e del primo Rinascimento. affresco Tecnica pittorica consistente nello stendere colori diluiti con acqua su uno strato di intonaco fresco che, asciugandosi, forma una superficie dura e compatta che fissa il colore (➔ pittura). polittico arte Pala d’altare (dipinta, talora anche scolpita) costituita da vari elementi (scomparti) uniti fra loro, talvolta anche con cerniere, in modo che possano essere chiusi come sportelli. polittico a due o tre elementi, più propriamente detti dittici e trittici, anche di piccole dimensioni e portatili, ... miniatura L’arte di dipingere in piccole proporzioni su pergamena, carta, rame, avorio ecc. 1. Il libro miniato 1.1 I trattati e la tecnica. - Come decorazione pittorica del libro manoscritto, a piena pagina o limitata alle iniziali, la miniatura è esistita fin dall’età ellenistica, e fu preceduta da disegni, ...
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Vocabolario
ghezzo
ghezzo ghézzo agg. [lat. aegyptius «egiziano»], ant. – Nero pallido, nericcio, detto particolarm., nel passato, dei Mori di Barberia, e inoltre di corvi, di funghi e dell’uva matura; in usi region. è stato anche, come s. m., nome di una...
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