BETATRONE
. Macchina elettromagnetica destinata alla accelerazione di elettroni (raggi beta) fino ad energie molto elevate, per ricerche di fisica nucleare. Si fonda sull'applicazione della legge dell'induzione elettromagnetica di Faraday. Secondo tale legge, se in una maniera qualsiasi viene fatto variare il flusso Φ (H) del campo elettromagnetico concatenato con un conduttore a forma di spira aperta, ai capi di esso si manifesta una forza elettromotrice il cui valore è dato dall'espressione:
Si supponga ora di sostituire la spira conduttrice con un'orbita circolare percorsa da uno o più elettroni. Se il flusso del campo magnetico con essa concatenato viene fatto variare, ad ogni giro, l'elettrone subisce un incremento di energia pari al prodotto della sua carica elettrica per la forza elettromotrice che verrebbe indotta secondo la [1] in una spira conduttrice disposta lungo l'orbita. Poiché l'elettrone ha la possibilità di compiere un grandissimo numero di giri in un breve tempo, con questo sistema esso può acquistare una energia T molto elevata. D'altra parte tra il valore dell'energia T espressa in MeV (milioni di elettroni volt), il campo magnetico espresso in oersted e il raggio r dell'orbita descritta dall'elettrone sussiste la relazione:
valida per il caso relativistico (velocità dell'elettrone prossima alla velocità c della luce). Questa relazione mostra che con valori accessibili del campo (qualche migliaio di oersted) è possibile mantenere elettroni di energia molto elevata su orbite di qualche decina di centi metri di raggio, per effetto della forza di Lorentz.
In pratica il betatrone, realizzato per la prima volta da D. W. Kerst, consta di un grande elettromagnete provvisto di due espansioni polari di forma opportuna. Tra di esse trova posto un recipiente anulare nel quale viene praticato un elevato grado di rarefazione, e che è destinato a contenere le orbite elettroniche durante il funzionamento della macchina stessa. Il campo generato dall'elettromagnete è variabile nel tempo, di solito con la frequenza della rete della forza motrice, e può essere considerato suddiviso in due parti distinte. Nella parte periferica esso ha il compito di mantenere gli elettroni su orbite circolari di equilibrio, a raggio praticamente costante. A ciò si provvede facendo in maniera che, secondo la [2], il campo H (t) in questa regione aumenti proporzionalmente alla energia T acquistata dagli elettroni, ed inoltre dando alle espansioni polari del magnete una forma opportuna allo scopo di mantenere gli elettroni all'interno dell'orbita di equilibrio.
Nella parte centrale, interna alle orbite elettroniche, l'elettromagnete ha lo scopo di creare il flusso variabile Φ (H), necessario per l'accelerazione degli elettroni. Secondo la teoria dell'apparecchio, elaborata da D. W. Kerst e R. Serber, affinché siano stabili le orbite di raggio r0 seguita dagli elettroni occorre che sia verificata la seguente relazione durante tutto il periodo di accelerazione:
dove Φ (t) è il flusso concatenato con l'orbita di equilibrio ed H(t) il valore del campo su di essa. Secondo questa relazione dunque il flusso Φ (t) deve avere un valore esattamente doppio a quello corrispondente ad un campo uniforme ed eguale a H(t): in questo caso sarebbe appunto verificata la [3] ciò porta naturalmente ad alcune limitazioni, riguardo alle energie ottenibili su orbite di raggio determinato, limitazioni imposte dalla saturazione del nucleo di ferro dell'elettromagnete. Va notato che, con sistemi ai quali non è il caso di accennare qui, è possibile sormontare almeno in parte talune di tali restrizioni, e progettare betatroni di dimensioni relativamente modeste capaci di produrre elettroni con energie di diverse centinaia di milioni di elettroni volt.
Per riassumere, il processo di accelerazione degli elettroni che ha luogo nel betatrone si può schematizzare come segue.
Alcuni elettroni, generati per effetto termoionico, vengono iniettati nel betatrone in prossimità dell'orbita stabile per un breve intervallo di tempo e ad un istante determinato. In questo stesso istante inizia la variazione di flusso del campo magnetico attraverso l'orbita e l'aumento del campo sull'orbita per la compensazione del progressivo aumento di energia degli elettroni. In questo modo un gruppo di elettroni compie un grande numero di giri sull'orbita di equilibrio, mentre si completa la variazione di flusso del campo magnetico. Quando esso raggiunge il suo massimo valore, viene introdotta sull'orbita una piccola perturbazione capace di estrarre il gruppo di elettroni che hanno compiuto il loro ciclo di accelerazione. È da notare che durante il tempo, relativamente lungo, durante il quale il gruppo di elettroni viaggia sull'orbita, non si verifica alcuno sparpagliamento per effetto della reciproca repulsione coulombiana; ciò è dovuto all'effetto relativistico della contrazione del tempo sul sistema di riferimento nel quale gli elettroni sono in quiete e che si muove rispetto a noi con velocità molto prossima a quella della luce. I successivi gruppi di elettroni così accelerati vengono generalmente inviati su di un bersaglio di materiale opportuno in modo che per effetto del frenamento che vi subiscono emettano una radiazione elettromagnetica le cui caratteristiche dipendono dall'energia massima da essi raggiunta.
Recentemente la General Electric Company negli S. U. ha montato un betatrone, capace di raggiungere l'energia di 100 MeV. È questa anzi, tra le macchine per l'accelerazione di particelle elementari, la prima che abbia raggiunto energia così elevata. È superata solo dal ciclotrone di Berkeley, che accelera particelle alfa sino a 400 MeV.