MAGALOTTI, Bese
Nacque a Firenze intorno al 1340 da Guido, membro di un'illustre famiglia mercantile della vita pubblica cittadina del tardo secolo XIII. Esponente di spicco della parte guelfa e capitano della medesima, narra in un libro di memorie a lui attribuito (Ricordanze) che fra il 1368 e il 1369 si recò in Ungheria, ricoprì la carica di castellano a Valmaggiore e Volterra, di podestà in alcune terre del Valdarno inferiore, di capitano in Valdambra; è noto inoltre che partecipò all'assedio e alla conquista di San Miniato al Tedesco.
Non si hanno altre notizie di lui fino agli anni 1377-78. In quegli anni, secondo il cronista fiorentino Marchionne di Coppo Stefani, il M. fu uno dei protagonisti delle cosiddette ammonizioni, le condanne per ghibellinismo, e fu esule nel momento in cui il regime della Parte guelfa fu sopraffatto dal governo delle arti minori, dopo la breve estate dominata dai ciompi. Stando a quanto riferisce ser Nofri di ser Piero delle Riformagioni, uomo vicino al M., nel suo racconto delle vicende politiche fiorentine del 1378-79, allorché nel dicembre del 1378 si diffuse la voce che era stato stipulato un trattato volto a ripristinare il "reggimento primaio dei buoni uomini et de' guelfi" (p. 58) - che vedeva i fuoriusciti della Parte guelfa, insieme con esponenti dei ciompi, in coalizione contro il nuovo regime popolare -, il M. fu inquisito con altri notabili dal podestà e, in seguito, condannato per trame contro il governo.
In quel periodo egli si trovava già a Siena con alcuni compagni di Parte e si recò con l'amico ser Nofri nella Toscana meridionale, presso il conte Guido Aldobrandeschi e il conte di Sovana Bertoldo di Nicola Orsini per convincerli a dare asilo ai guelfi cacciati da Firenze e non accolti in altre città. Sempre nel dicembre si unì al drappello di circa 30 cavalieri e 120 fanti che, muovendo da Siena, tentarono un assalto, fallito, al castello fiorentino di Figline, episodio a seguito del quale il M. fu nuovamente condannato a morte in contumacia. In quel mese fu a Cortona e in Romagna, sempre per perorare la causa dei guelfi. Fece inoltre parte dell'ambasceria che nel 1380, su incarico degli esuli fiorentini e perugini, raggiunse Carlo d'Angiò Durazzo, pronto a recarsi nel Regnum per rivendicare il trono di Napoli a nome del re Luigi d'Ungheria, nonché bisognoso di cospicui prestiti che i guelfi gli garantirono in cambio del suo appoggio. Grazie a tale missione il M. contribuì al rientro in città dei cosiddetti arciguelfi (guelfi oltranzisti), e quindi al ripristino del governo delle arti maggiori con la riforma istituzionale del 1382.
Le vicende dei guelfi fuoriusciti sono anche illustrate nel breve libro di Ricordanze. Il testo è costituito da una raccolta di memorie di varia provenienza, certamente tratte da manoscritti diversi e riunite in un unico esemplare risalente al secolo XVIII non privo di incongruenze e di ripetizioni. Il lavoro, così come si configura nella copia che lo ha trasmesso (Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, s. 2, 116, f. 12, cc. 115r-139v), non segue l'ordine cronologico degli avvenimenti. La trattazione è divisa per materie, ma l'organizzazione del dettato appare alquanto approssimativa. Contiene alcuni riferimenti alle vicende personali e a quelle della casata (le più importanti spese sostenute, matrimoni e altri rapporti tra famiglie, contrasti con i congiunti per questioni di eredità, locazioni di terre e così via). I fatti della vita politica fiorentina compaiono sullo sfondo e in relazione agli incarichi che il M. ricoprì nelle file della Parte e nelle istituzioni comunali.
L'autore si mantiene criptico riguardo al ruolo politico e al suo effettivo operare come capitano della Parte nella campagna di ammonizioni che precedette il tumulto dei ciompi. Il richiamo delle proscrizioni alle quali lui stesso dice di aver partecipato è fatto in maniera scarna e senza alcun commento (1377: "fui chiamato arroto alla Parte del mese di febbraio, e non si seguì di fare la cerca de' Ghibellini, e del mese di marzo all'entrata, si fe' di capo la detta chiamata a fave tra priori e segretari e capitani, e fui de' detti eletti. Misesi a partito se fare si dovessi, e non si vinse", cc. 124v-125r). Il diario, in ogni caso, costituisce una testimonianza non priva di rilievo riguardo alla storia cittadina degli anni Settanta e Ottanta, e apre squarci sull'azione della Parte contro coloro che egli bollava con l'accusa di ghibellinismo. Menzionando i Consigli nei quali era stato eletto, il M. illustra l'attività di inquisizione e condanna condotta, precisando in alcuni casi le motivazioni delle sentenze. Ne è un esempio l'episodio del 1 apr. 1378, allorché egli ricorda come ser Cristofano da Barberino fosse stato proscritto in virtù di un documento che accusava i suoi antenati di aver cospirato contro la Repubblica per cedere la comunità all'imperatore Enrico VII di Lussemburgo.
Il racconto dei fatti, sostanzialmente telegrafico, denuncia una scarsa partecipazione emotiva tanto agli eventi politici quanto a quelli della sua vita privata. Quando, infatti, il M. registra la difficile e combattuta ammonizione di Francesco Martini e Giraldo di Paolo Giraldi, alla cui deliberazione non era presente "chè morì il dì la donna mia", precisa come, in ogni caso, "anda'vi la sera che furo ammoniti, che fu in domenica, e non si vinse; ritrassonsi altri .24. il lunedì sera, vinsesi con grandi stento" (c. 131).
Il M. non figura tra gli esponenti più facoltosi del ceto mercantile fiorentino, come dimostra l'entità delle sue prestanze nell'aprile del 1378 (4 fiorini, 5 soldi e 3 denari). Più che un attivo affarista fu un modesto rentier proveniente da una famiglia di un certo rilievo patrimoniale. Stando al cronista Naddo di ser Nepo da Montecatini, nel clima di ostilità che si era prodotto contro gli Alberti, difensori del popolo minuto e nemici di Maso Albizzi capo dell'oligarchia cittadina, il M. fu portavoce delle obiezioni mosse a Filippo Magalotti - suo congiunto e nemico di parte, legato a Benedetto Alberti - il quale nella seduta del 28 apr. 1387 era stato "tratto" gonfaloniere di Giustizia. Il M. eccepì che il candidato, allora ventiquattrenne, non aveva ancora raggiunto l'età necessaria per ricoprire la carica, obbligandolo, così, a rinunciare alla medesima e contribuendo alla crisi dello schieramento albertiano. L'anonima Cronica volgare, nel commentare l'episodio, definisce il M. "uomo quistionatore, e piatitore, e piuttosto tenuto reo, che buono uomo" (p. 115). Nel 1389 fu priore; fece quindi parte della commissione di approvatori degli statuti di Dicomano, fu ispettore delle fortezze presso la lega del Ponte a Sieve e ambasciatore a Siena nel 1390.
Dal memoriale di Lapo di Giovanni Niccolini de' Sirigatti risulta che il M. sposò in seconde nozze Fia, sorella dello stesso Lapo, dalla quale ebbe due figli, Guido e Checa. Nel 1401 Checa fu mandata a nozze dal detto Lapo e da Fia, che viene qualificata come vedova, il che fa ritenere che a tale data il M. fosse deceduto: stando a uno spoglio manoscritto del secolo XVIII (Della Rena) egli dovrebbe, infatti, essere morto nel 1398.
Al ramo discendente dal M., che contò membri nel priorato fino al 1524, fa riferimento il cospicuo Fondo Magalotti conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze, contenente per lo più documentazione di età moderna.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Prestanze, 333, c. 33v; Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., cl. XXVI, 228: C. Della Rena, Spogli, Zibaldone, VII, c. 180r; Poligrafo Gargani, 1174, c. 28; Nofri di ser Piero delle Riformagioni, Cronaca (1378-1380), a cura di G. Scaramella, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XVIII, 3, pp. 58-66; Cronica volgare di anonimo fiorentino già attribuita a Piero di Giovanni Minerbetti, a cura di E. Bellondi, ibid., XXVII, 2, pp. 31 s., 115; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, ibid., XXX, 1, pp. 308, 318, 340, 351; Naddo di ser Nepo da Montecatini, Ricordi, in Delizie degli eruditi toscani, XVIII (1784), p. 92; Diario d'anonimo fiorentino dall'anno 1358 al 1389, a cura di A. Gherardi, in Cronache dei secoli XIII e XIV. Documenti di storia italiana, VI, Firenze 1876, pp. 289-292; Il Libro degli affari proprii di casa de Lapo di Giovanni Niccolini de' Sirigatti, a cura di Ch. Bec, Paris 1969, pp. 81, 94 s., 107 s.; G.M. Mecatti, Storia genealogica della nobiltà, e cittadinanza di Firenze, Napoli 1754, p. 348; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua Cronica, I, 2, Firenze 1880, pp. 781 s., 1015; F.-T. Perrens, Histoire de Florence depuis ses origines jusqu'à la domination des Médicis, VI, Paris 1883, pp. 43, 46 s.; G.A. Brucker, Florentine politics and society, 1343-1378, Princeton 1962, pp. 128, 337, 339 s., 342 s., 361 s., 369; G. Camerani Marri, L'Archivio Magalotti, in Rass. storica toscana, II (1970), p. 257; G.A. Brucker, The civic world of early Renaissance Florence, Princeton 1977, pp. 25, 62, 78.