SPAVENTA, Bertrando
Pensatore e storico della filosofia, nato a Bomba (Chieti) il 26 giugno 1817, morto a Napoli il 20 febbraio 1883. Scolaro, insieme col fratello Silvio (v.), nel seminario di Chieti, passò poi, poco più che ventenne, a insegnare in quello di Montecassino. Assunti gli ordini sacerdotali più per amore della famiglia che per intima convinzione, si stabilì nel 1840 a Napoli, dove O. Colecchi gl'insegnò a leggere e a intendere, negli originali, Kant e Hegel. Nel 1846 aprì una sua scuola di filosofia, (v. spaventa, silvio), ma la rivalità di Luigi Palmieri, successo al Galluppi nella cattedra universitaria e autore di un ricorso contro le dottrine dello S., la fece presto chiudere. Nel 1848 lo S. entrò nella casa del generale Pignatelli, principe di Strongoli, come precettore del figlio; e l'anno seguente, per difficoltà politiche sue (pochi mesi prima il fratello Silvio era stato incarcerato) e della famiglia Pignatelli, si trasferì con essa a Firenze. Ma nel 1850 lasciò il suo ufficio di precettore, forse anche la veste sacerdotale, e passò a Torino, centro ideale di tutti gli esuli politici italiani. Lo spirito neoguelfo della cultura torinese non si confaceva peraltro con le tendenze speculative dello S., quali risultavano dagli scritti che allora appunto cominciava a pubblicare, come gli Studî sopra la filosofia di Hegel (nella Rivista italiana, 1850), e i Principî della filosofia pratica di G. Bruno (negli Atti dell'Accademia di filosofia italica, Genova 1854: ma il saggio aveva già formato oggetto di una conferenza tenuta a Torino nel 1851). Avversato dall'ambiente, lo S. non riuscì quindi a ottenere un insegnamento, e dovette campar la vita con traduzioni e articoli per giornali e riviste. Ciò lo condusse a prendere posizione rispetto a problemi importanti come quello della libertà d'insegnamento, per cui lo S. combatté la tesi cattolica, pur ammettendo la parziale opportunità della scuola privata (gli articoli, che lo S. pubblicò a questo proposito nel Progresso durante il 1851, sono stati raccolti da G. Gentile nel volumetto La libertà d'insegnamento, Firenze s. a. [1920]). Altra polemica, e di più vasta portata, fu quella che lo S. condusse in questo periodo contro i gesuiti della Civiltà cattolica, a cui egli oppose una serie di articoli pubblicati nel Cimento (e poi raccolti dal Gentile sotto il titolo La politica dei gesuiti nel sec. XVI e nel XIX, Roma 1911, insieme con alcuni dei Sabbati de' gesuiti inseriti dallo S. nel quotidiano Il Piemonte). Ma nello stesso decennio tra il 1850 e il 1860 lo S. veniva insieme maturando i motivi più notevoli della sua concezione storico-filosofica, e cioè quelli concernenti il processo da lui chiamato della "circolazione del pensiero europeo" (v. sotto): cosicché quando - dopo essere stato per alcuni mesi, fra il 1859 e il 1860, professore di filosofia del diritto all'università di Modena, dove l'aveva chiamato il Farini - fu dal Farini stesso, divenuto governatore dell'Emilia, nominato alla cattedra di storia della filosofia dell'università di Bologna, poté inaugurare il suo insegnamento con quella prolusione sul Carattere e sviluppo della filosofia italiana dal sec. XVI fino al nostro tempo (Modena 1860, poi ristampata dal Gentile negli Scritti filosofici, Napoli 1900, che raccolgono molti tra gli scritti minori dello S. anche di questo periodo), che della tesi circa il rapporto tra la filosofia italiana e la filosofia europea costituiva la prima formulazione d'insieme.
E su questa tesi tornò l'anno seguente, nella prolusione che tenne all'università di Napoli, dove il De Sanctis l'aveva nominato alla stessa cattedra di filosofia già tenuta dal suo persecutore Palmieri, ora trasferito a quella di fisica terrestre (è il discorso Della nazionalità nella filosofia, con cui lo S. rispose al discorso inaugurale tenuto dallo stesso Palmieri, e che pubblicò nel 1862 come prima parte del volume Prolusione e introduzione alle Lezioni di filosofia nella Università di Napoli, poi ristampato dal Gentile col titolo La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea, Bari 1908; 3ª ed., ivi 1926). Insieme, egli approfondiva in tali lezioni quello studio di Hegel, che doveva avere efficacia decisiva nella formazione del suo pensiero: studio a cui si riconnettono, tra l'altro, la memoria Le prime categorie della logica di Hegel (negli Atti della R. Accad. delle scienze morali e politiche di Napoli, I, 1864: ristampata negli Scritti filosofici) e i volumi Principii di filosofia (pubblicato incompiutamente a Napoli nel 1867, integrato sul manoscritto e ristampato dal Gentile col titolo Logica e metafisica, Bari 1911) e Studî sull'Etica di Hegel (negli Atti sopra citati, IV, 1869: ristampato dal Gentile col titolo Principii di Etica, Napoli 1904). Gli studî dello S. sul pensiero italiano avevano d'altronde il loro principale documento nell'ampia opera La filosofia del Gioberti (I, Napoli 1863; 2ª ed., ma solo con copertina ed editore mutati, ivi 1886; il vol. II non fu mai pubblicato) e nei varî scritti sul pensiero del Bruno, del Campanella e del loro ambiente, poi raccolti nel primo volume dei Saggi di critica filosofica, politica e religiosa (Napoli 1867; ristampa, col titolo Rinascimento, Riforma, Controriforma e altri saggi critici, Venezia 1928. Gli altri volumi, in cui lo S. intendeva raccogliere i suoi Saggi, non furono da lui pubblicati). Ma l'attività scientifica non gl'impediva di attendere anche ad altre cure didattiche e politiche: membro del Consiglio superiore dell'istruzione pubblica dal 1861, fu dal 1866 al 1870 anche provveditore agli studî per la provincia di Napoli, e poi, per le legislature X, XI e XII deputato al Parlamento, ai cui lavori non prese peraltro mai parte attiva. Nel 1872 fondò, insieme con F. Fiorentino, V. Imbriani, A. C. De Meis e altri, il Giornale napoletano di filosofia e lettere, a cui collaborò intensamente, occupandosi soprattutto di recenti concezioni psicologiche e naturalistiche e della posizione che, rispetto al loro empirismo, dovesse assumere la filosofia (specialmente da ricordare, tra gli scritti dedicati dallo S. a questi problemi, sono le due opere postume Esperienza e metafisica e Introduzione alla critica della psicologia empirica, edite l'una da D. Jaja, Torino 1888, e l'altra da G. Gentile negli Annali delle università toscane, XXXIV, Pisa 1915). Gli ultimi anni della sua vita furono malinconici: la caduta della Destra, che aveva segnato anche la cessazione del suo mandato parlamentare, fu da lui sentita come riprova della vanità di quegli sforzi, con cui egli aveva cercato di collaborare al rinnovamento spirituale della nazione. Né avrebbe certo preveduto il vivo fervore di ristampe e di studî a cui le sue opere, per merito precipuo di G. Gentile, che, scolaro di D. Jaja, poteva considerarsi indirettamente suo discepolo, diedero luogo nella rinascita idealistica del sec. XX.
Dal punto di vista del suo contributo alla storia della filosofia, l'opera dello S. si accentra soprattutto, come si è detto, intorno alla tesi della "circolazione del pensiero europeo". Questa tesi è anzitutto determinata, nello S., dall'esigenza polemica di combattere l'angusto nazionalismo dei cattolici e dei giobertiani, che per l'ideale del "primato" italico avversavano ogni possibile influsso della nuova filosofia germanica sulla cultura della nazione: filosofia della quale lo S. avverte invece l'importanza, e che quindi sente la necessità di assimilare. La conciliazione delle due esigenze è raggiunta dallo S. con una forma più lata di nazionalismo, che viene a risolvere lo stesso pensiero germanico nel ciclo storico di quello italiano. Grande importanza, a questo proposito, hanno gli studî spaventiani sul pensiero del Rinascimento: Bruno e Campanella gli si svelano eome iniziatori di quello stesso pensiero moderno, continuatori del quale sono poi, fuori d'Italia, Cartesio e Spinoza e Kant e i postkantiani. D'altra parte anche Rosmini e Gioberti, in un primo tempo semplicemente combattuti, vengono più tardi riconosciuti dallo S. come rappresentanti, sia pur meno vigorosi, di quelle stesse posizioni ideali che oltralpe sono impersonate da Kant e da Hegel: col che si conclude il "circolo" del pensiero europeo, movente dall'Italia per ritornare in Italia. Come si vede, resta nella concezione storico-filosofica dello S. da un lato un certo colore nazionalistico, del resto ampiamente giustificato dalle esigenze polemiche e dallo stesso ambiente risorgimentale: d'altro lato, tornano in essa molti motivi della costruzione dialettica che il Hegel aveva dato della storia della filosofia come processo genetico trapassante di sistema in sistema, e quindi anche molte delle sue astrattezze. Ma il suo merito fondamentale è nel porre di fronte alla cultura italiana una considerazione organica della storia della filosofia, la quale non solo supera senza paragone ogni tentativo del genere compiuto sino allora in quell'ambito, ma anche, e soprattutto, fa sentire il problema storico del pensiero come il suo stesso problema teoretico, e quindi contribuisce in larga misura alla rinascita speculativa nazionale.
Minore, invece, può dirsi il diretto contributo teoretico arrecato dallo S. a tale rinascita. Pur non essendo certo hegeliano nel senso pedestremente ortodosso in cui lo è, per es., il suo collega napoletano A. Vera, egli resta tuttavia legato assai strettamente al mondo di Hegel; e in questo senso il suo influsso determina quella relativa sopravalutazione del hegelismo, di cui il pensiero italiano si affranca poi solo lentamente. Spunti di profonda rielaborazione critica della dialettica hegeliana sono bensì in alcuni studî concernenti le prime categorie della Logica e la loro deduzione, su cui lo S. tornò più volte; vi si comincia sempre meglio a delineare quella trasvalutazione attualistica della dialettica (il motivo per cui la categoria dell'essere trapassava in quella del non essere viene additato nell'azione stessa del pensiero), che poi, dopo gli ulteriori accenni dello Jaja, viene sviluppata pienamente dal Gentile (v. per ciò, principalmente, il frammento inedito pubblicato dal Gentile stesso nel volume La riforma della dialettica hegeliana, 2ª ed., Messina 1923, pp. 45-71). Parallelamente, e specie nella fase più tarda della sua evoluzione mentale, lo S. prepara il posteriore orientamento del pensiero italiano, in quanto cerca di superare l'antitesi tra il razionalismo hegeliano e l'empirismo naturalistico, e tende per ciò a una concezione dell'esperienza che, pur opponendosi con energia agli aspetti superficiali del positivismo, tenga conto delle esigenze concrete di quest'ultimo.
In ogni modo, come si è detto, diminuirebbe la statura dello S. chi la commisurasse soltanto agli effettivi risultati teorici della sua opera di pensatore e di storico della filosofia. Egli è anzitutto un maestro e un polemista: insegna, più che ogni altro, agl'Italiani il modo in cui debbono studiare la storia del pensiero per riacquistare coscienza dei suoi più profondi problemi, e non si stanca di combattere contro le molteplici forme di acrisia che si oppongono a tale sforzo tendendo a mantenere la cultura nazionale in uno stato di sopore tradizionalistico. In questo senso, un libro come La politica dei Gesuiti resta ancor oggi senza confronto più vivo di quanto sia, per es., Logica e metafisica. In questo non si ha, nella sostanza, che un'acuta esposizione e interpretazione della logica hegeliana, la cui utilità è soprattutto didattica e introduttiva: nell'altro volume, invece, è una polemica serrata e vivacissima, la cui vitalità ed efficacia rimane immutata finché non muti il termine stesso della polemica. Ad esso deve quindi ricorrere chi vuole conoscere lo S. più vivo.
Bibl.: Fondamentale, G. Gentile, Discorso sulla vita e sulle opere di B. S., pubblicato come introduzione alla silloge degli Scritti filosofici sopra citata, Napoli 1900, 2ª ed., in volume a sé, col titolo B. S., Firenze s. a. (1920). Ivi, pp. 201-15, bibliografia degli scritti dello S. Cfr. inoltre, dello stesso Gentile: B. S. nel primo cinquantenario della sua morte, in Annali della R. Scuola normale superiore di Pisa, III (1934), pp. 165-182. Per il carteggio dello S., parzialmente pubblicato dal Croce e dal Gentile, v. le indicazioni della bibliografia sopra citata, p. 212. Sulla riforma della dialettica hegeliana tentata dallo S., v. G. Gentile, La riforma della dialettica hegeliana, 2ª ed., Messina 1923, pp. 31-44.