MAGGI (de Madiis), Bertolino (Bartolomeo)
Nacque presumibilmente a Brescia prima della metà del XIII secolo, figlio di Berardo, uno dei fratelli (forse il maggiore in età) di Emanuele, il fondatore della potenza della grande casata bresciana; fu cugino del vescovo Berardo e di Maffeo, i due massimi esponenti dei Maggi fra Duecento e Trecento. Il padre fu attivo politicamente almeno dal 1219, già allora in posizione di un certo rilievo; nel 1257 il M. rappresentò il fratello Emanuele, allora a Roma. Non fu difficile dunque per lui inserirsi, come altri esponenti della famiglia, nell'attività politica, anch'egli come podestà professionale, con una carriera di notevole spessore (seconda solo, fra i Maggi, a quella del cugino Maffeo).
Il suo primo incarico pubblico sinora noto è quello di capitano del Popolo di Parma nel secondo semestre del 1279: un battesimo del fuoco, che lo pose subito di fronte a questioni molto delicate. A seguito delle condanne al rogo inflitte dagli inquisitori domenicani, infatti, scoppiò un tumulto che indusse i frati ad allontanarsi dalla città; il M. con le altre autorità civiche si adoperò per ottenerne il rientro recandosi anche, "ad excusandum commune Parme", a Firenze presso il cardinale Latino Malabranca. Durante il suo capitaniato vennero inoltre distrutte le case dei Putagli e soprattutto furono promulgate norme antimagnatizie.
Come altri esponenti dei Maggi, il M. non mancò negli anni successivi di dedicare il suo impegno anche al Comune di Brescia, nel quale si andava affermando - nella delicata fase di fuoruscita dal regime angioino - l'egemonia del vescovo Berardo Maggi. Insieme con Pietro Avogadro, infatti, il M. rappresentò (7 marzo 1283) il Comune in un trattato di reciproca assistenza militare e politica fra le città di Milano, Cremona, Modena, Piacenza e appunto Brescia, contro il marchese del Monferrato. Analogamente a quanto accadde per altri consanguinei, prevalse tuttavia per il M. la carriera itinerante nelle città dell'Italia centrosettentrionale. Le tappe del suo cursus honorum furono le podesterie di Firenze (1284, sino al gennaio 1285) e di Siena (1286); il capitaniato del Popolo (1287, secondo semestre) e la podesteria (1288, secondo semestre) di Bologna; la podesteria di Piacenza (1290, primo semestre), di Modena (1291, secondo semestre), di Padova (1301, primo semestre).
Sono segnalati dalle cronache alcuni episodi di rilievo, come gli importanti lavori alle porte di Bologna ("eodem anno facti fuerunt muri cum merlis ad omnes portas civitatis", cfr. Memoriale historicum), e l'originale severità con la quale il M. punì un chierico di famiglia aristocratica appendendolo in una gabbia di ferro fuori del palazzo comunale, non potendolo giustiziare.
Allo stato attuale delle ricerche, le notizie sulle vicende patrimoniali e sull'attività politica svolta dal M. negli anni nei quali fu lontano dai riflettori e visse presumibilmente in Brescia non sono molto abbondanti. Il 21 maggio 1305 figura comunque nel Consiglio dei quattrocento del Comune di Brescia, che ratifica un accordo con Verona scaligera e Mantova bonacolsiana, confuso nel lungo elenco dei cives (mentre suo figlio Berardo compare ai primissimi posti dell'elenco, al fianco di Maffeo Maggi).
Il M. tornò a svolgere un ruolo politicamente rilevante nella decisiva congiuntura della successione al vescovo Berardo Maggi, accompagnando alla fine del 1308 a Tolosa, presso papa Clemente V, il giovane figlio Federico eletto vescovo, perché fosse consacrato. Non è noto se nel febbraio 1311, quando fu rovesciato il regime signorile dei Maggi e si instaurò il potere guelfo di Tebaldo Brusati, il M. abbia accompagnato Maffeo, il signore spodestato, nell'esilio. Si sa comunque che nello stesso anno egli prestò senza interessi la forte somma di 8793 fiorini al figlio Federico, vescovo della città, continuando dunque a operare in quella logica di fedeltà alla famiglia e alle istituzioni urbane che aveva caratterizzato il suo operato. Nel 1313 partecipò alla pace di Gussago, una precaria tregua fra i partiti bresciani.
Del M. non conosciamo il luogo e la data della morte.
Il M. ebbe cinque figli (forse da una prima moglie il cui nome non è noto; sposò in seconde nozze Aimolina Griffi, esponente di una prestigiosa casata bresciana). I quattro maschi ebbero tutti un ruolo pubblico, sia pure (con l'eccezione di Federico) a livelli modesti. Guglielmo fu podestà di Lucca nel primo semestre del 1299; Berardo (Berardino) fu podestà eletto di Piacenza (nel 1309) e poi podestà di Perugia nel secondo semestre dello stesso anno. Gli altri due figli furono invece avviati alla carriera ecclesiastica: Federico fu vescovo di Brescia e poi di Piacenza; Maffeo, che aveva ottenuto (in difetto di età) un canonicato a Brescia, fu arcidiacono e ricoprì incarichi di qualche peso (per es. partecipò, durante l'assedio del 1311, al concilio provinciale convocato a Bergamo da Cassone Della Torre). La figlia Caracosa sposò Gerardino Brusati (ai massimi livelli dunque dell'aristocrazia bresciana).
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