BERTOLA de' Giorgi, Aurelio
Poligrafo e poeta. Nato a Rimini nel 1753, a sedici anni vestì l'abito di monaco olivetano, ma poco dopo scappò in Ungheria e si fece militare. Rientrato in patria e nell'ordine, fu mandato lettore a Montoliveto di Siena, dove, per la morte di Clemente XIV, scrisse in istile younghiano le Notti clementine (Arezzo 1775). Napoli, dove fu professore di storia nell'Accademia di Marina, gl'ispirò le rime più belle, specialmente il famoso Addio a Posillipo. Dopo un decennio circa, recatosi a Vienna, ottenne di svestire l'abito monastico, e divenne abate, e come il Frugoni era stato il prototipo dell'abate galante bassamente epicureo, così egli fu il prototipo dell'abate epicureo sentimentale, che ama il Rousseau. Fu il primo divulgatore della letteratura tedesca tra noi (Idea della poesia alemanna, Napoli 1779, e Idea della bella letteratura alemanna, Lucca 1784). Nell'84 fu chiamato a leggere storia universale nell'università di Pavia. Frutto di questo insegnamento fu un trattato pubblicato a Pavia nel 1787, Della filosofia della storia, che è il primo libro italiano che porti questo titolo. La sua presenza a Pavia, dove fu eletto principe dell'Accademia degli Affidati, determinò, col rifiorimento dell'Accademia, un certo risveglio letterario. Nel 1787 peregrinò per la Svizzera, e si fermò a Zurigo per visitare il Gessner, di cui aveva tradotto egregiamente gl'Idillii, e dettò l'Elogio (Pavia 1789); percorse le rive del Reno, che descrisse nelle Lettere Renane (Rimini 1795), "primo viaggio romantico e da touriste". Lasciò l'insegnamento nel 1793. Nel '97 fece parte dell'amministrazione centrale dell'Emilia, e fu compilatore del Giornale patriottico. Dall'amministrazione centrale dell'Emilia chiamato a far parte del Comitato d'istruzione pubblica (1797), dettò le Idee d'un repubblicano su un piano di pubblica istruzione. L'anno dopo morì. Le varie opere indicate dànno al Bertola un luogo cospicuo tra i poligrafi del Settecento: ma egli fu soprattutto poeta.
L'edizione d'Ancona del 1815, che accoglie tutte le Poesie "approvate" del Bertola, contiene favole ed epigrammi, odi, idillî (Poesie campestri e marittime), scherzi, le Quattro parti del giorno per musica, ottave, sestine, terzine, sonetti, le poesie tradotte dal tedesco. Il meglio è negl'idillî e negli scherzi, o canzonette. Col Bertola l'Arcadia, un'Arcadia ringiovanita dal contatto dei più celebri poeti stranieri che avevano seguito avviamenti consoni ad essa, fa le sue ultime più belle prove. Egli sente la natura come pochi; tenta di coglierne toni e sfumature sin allora inavvertiti, e nelle poesie e nel Viaggio vuol ricopiare la campagna "tal quale è oggigiorno, senza il vecchio cerimoniale d'Arcadia": ma in realtà tende a ritrarre il patetico e l'idillico con una sensibilità, che in lui non è, come in altri contemporanei, affettazione, ma natura.
Bibl.: P. Pozzetti in De Tipaldo, Biografie d'illustri italiani d. sec. XVIII, II, p. 130; C. Tonini, la cultura letter. e scientifica in Rimini, Rimini 1884, II, p. 363 segg.; G. Zanella, S. Gessner e A. B., in Paralleli letter., Verona 1885; F. Flamini, A. B. e i suoi studii su la letter. tedesca, Pisa 1895; G. Biagi, Un abate verista, in Aneddoti letterari, 2ª ed., Milano 1896; G. Scotti, La vita e le opere di A. B., Milano 1896, estr. dal Pensiero italiano; A. Roffi, Studii su A. de' Giorgi Bertola, Forlì 1914.