BERTOLA DE GIORGI, Aurelio
Nacque a Rimini il 4 ag. 1753, da Antonio Bertolli (detto poi Bertola), di famiglia nobile. Compiuti i primi studi nel seminario di Todi, dove era vescovo il suo parente Francesco Pasirti, entrò a sedici anni nel monastero senese di Monteoliveto, mutando il proprio nome originario di Severino in quello di Aurelio.
Temperamento irrequieto e mondano, si stancò presto della vita religiosa, e, fuggito dal monastero, cercò una diversa sistemazione nella carriera delle.armi, che lo portò fino in Ungheria. Non reggendo tuttavia la sua debole costituzione alle fatiche militari, egli finì per ritornare al suo monastero, dove gli fu affidato un incarico di lettore. Acquistata una certa notorietà letteraria con i suoi primi versi, e in particolare con Le Notti Clementine, ottenne nel 1776 di esser chiamato alla cattedra di storia e geografia nell'Accademia di marina di Napoli. Gli anni trascorsi in questa città furono forse i più sereni della sua vita: il suo ingegno brillante, le sue doti di ìmprovvisatore, il suo notevole, fascino personale gli aprirono subito le porte della società aristocratica napoletana, dove non solo colse invidiati successi galanti ma si legò di amicizia con alcuni nobili letterati, come Antonio di Gennaro, duca di Belforte. Nel 1783 lasciò Napoli di propria volontà per raggiungere Vienna, attiratovi dalla presenza del suo concittadino monsignor Giuseppe Garampi, nunzio apostolico presso la corte imperiale. E in effetti, per interessamento del Garampi, gli fu accordato di cambiare la condizione di monaco olivetano in quella, assai. più libera, di prete secolare, e gli fu affidata la cattedra di storia universale nell'università di Pavia, dove cominciò ad insegnare nel 1784.
Nella città lombarda, allora vivacissimo centro culturale e letterario (vi insegnavano fra gli altri il Volta, il Mascheroni, lo Spallanzani, lo Scarpa), il B. ebbe accoglienza non meno favorevole che a Napoli, come dimostra anche la nomina a "principe" della locale Accademia degli Affidati, che gli venne conferita nel 1785. Pur attendendo con impegno all'insegnamento universitario, da Pavia egli si spostava di frequente nelle altre città lombarde e venete per visitarvi gli amici letterati e le sue numerose ammiratrici, fra cui figuravano dame note per cultura e spirito come Elisabetta Mosconi (da cui ebbe un figlio), Isabella Teotochi Albrizzi, Paolina Secco Suardi Grismondi, Silvia Curtoni Verza. Viaggi più lunghi lo portarono in Svizzera, dove conobbe il Gessner, e lungo la valle del Reno. Aggravatesi le sue condizioni di salute, nel 1793 lasciò Pavia per tornare nella città natale. Qui fece in tempo a vedere la venuta dei Francesi e a mostrare la sua simpatia per la nuova situazione politica, accettando la nomina a membro del Comitato d'istruzione pubblica dell'Emilia, collaborando al Giornale patriottico e redigendo un opuscolo intitolato Idee di un repubblicano sopra un piano di pubblica istruzione. Si spense a Rimini il 30 giugno 1798.
L'opera letteraria del B. deve essere collocata e valutata nell'ambito di quel pacifico rinnovamento dei gusto, che avviene nell'interno della cultura arcadico-illuministica intorno agli ultimi decenni del Settecento. A questo rinnovamento egli collabora in modo notevole, distinguendosi in particolare per la sua ricerca di una poesia che, partendo dall'edonismo e dal descrittivismo settecenteschi e senza oltrepassarne decisamente i limiti, giungesse ad esprimere, se non proprio la vita del "sentimento" nell'accezione romantica del termine, almeno i fremiti di una "sensibilità" capace di assaporare le sottili e deliziose emozioni di un fresco e immediato contatto con la natura e di un tenero abbandono alle dolci malinconie del cuore. Ad orientare il B. in tal senso contribuisce in modo decisivo - oltre che naturalmente la sua indole personale, e in particolare quella irrequieta curiosità e sensualità che si rivela anche nella vita pratica - l'incontro con alcune tipiche manifestazioni della letteratura preromantica straniera.
L'interesse del B. per questa letteratura si manifesta già chiaramente nel poemetto giovanile Le Notti Clementine (ispirato dalla morte del papa Clemente XIV e stampato per la prima volta, col titolo La Notte, a Perugia nel 1774), che è un tentativo di trasportare nel verso italiano, anzi in sesta rima, i motivi e le forme della poesia notturna e sepolcrale dello Young. Ma assai più importante e fecondo, perché più congeniale al suo temperamento e al suo gusto, è il contatto del B. con la letteratura tedesca, alla quale egli rivolge la sua attenzione dal 1774 in poi, pubblicando alcune traduzioni, specialmente degli Idilli del Gessner e di altre liriche germaniche contemporanee, le quali confluiscono, insieme con alcuni saggi critici, nell'Idea della poesia alemanna (Napoli 1779), più tardi ampliata col titolo Idea della bella letteratura alemanna (Lucca 1784). Appunto sotto la suggestione di tale esperienza nascono le opere letterarie più originali del B.: le Poesie campestri e marittime (Genova 1779), dove l'influenza arcadica rimane tuttavia assai forte; le Favole (Verona 1783, in seguito più volte ristampate e aumentate fino a raggiungere il numero di centotrenta), interessanti, più che per il loro contenuto morale, per la maliziosa "ingenuità" dello stile; le Lettere campestri (pubblicate per la prima volta nel volume II delle Operette in verso e in prosa, Bassano 1785), primo tentativo di una prosa poetica, tra descrittiva e patetica, modellata sull'esempio del Gessner; l'Elogio di Gessner (stampato nel vol. III delle già ricordate Operette,Bassano 1789), commossa rievocazione di una visita al poeta preferito, sullo sfondo di una Svizzera candida e patriarcale; e infine il Viaggio sul Reno e ne' suoi contorni (Rimini 1795), in cui quei paesaggi stranieri, idillici e insieme esotici, forniscono all'autore, meglio che quelli napoletani e riminesi delle Lettere campestri, una occasione particolarmente idonea a svegliare la sua tenue ma genuina poesia della "sensibilità" deliziosamente oscillante fra i diletti della contemplazione della natura pittoresca e quelli della meditazione teneramente malinconica.
Strettamente legata a questa attività letteraria è l'opera critica del B., la quale, mentre costituisce da un lato una preziosa conferma e illustrazione della genesi e dei caratteri del gusto dello scrittore, dall'altro, proprio muovendo da tale gusto, riesce a penetrare con un'adesione e una finezza critica ignota non solo agli altri critici italiani del Settecento, ma agli stessi romantici, poeti e forme d'arte più congeniali al sensibile edonismo bertoliano.
Notevoli in tal senso sono gli stessi saggi compresi nell'Idea della bella letteratura alemanna e l'Elogio di Gessner, ai quali va riconosciuto, dal punto di vista critico, non solo il merito generico di aver promosso l'interesse per una letteratura ancora poco nota in Italia, ma anche quello più specifico di averne illustrato con positiva simpatia alcuni aspetti nuovi o ostici, più di quanto oggi possa sembrare, alla media dei lettori italiani contemporanei, soprattutto "quel certo bisogno di risentire l'influenza della natura nella sua primitiva purezza", e di aver sottilmente caratterizzato, se non la poesia troppo robusta di un Lessing, di uno Schiller, di un Goethe, la fragile arte del Gessner e della lirica minore del Settecento tedesco nel suo particolare sapore tra candido e manierato, tra familiare e letterario.
Criticamente più impegnative e mature sono tuttavia altre opere successive. Le Osservazioni sopra Metastasio (Bassano 1784), se valgono a chiarire i rapporti tra la poetica del B. e quella arcadica, costituiscono al tempo stesso una aderente caratterizzazione della poesia e soprattutto dello stile metastasiano, del quale viene sottolineata non solo la "chiarezza", anzi la "limpidezza", ma anche e specialmente la suggestione musicale, "quel supremo artificio di una precisa, simmetrica, melodiosa collocazione di voci, e di una spontanea distribuzione de' più morbidi accenti". A sua volta, il Saggio sopra la favola (Pavia 1788), nato come una illustrazione dei criteri che avevano guidato l'autore nel comporre le proprie Favole, contiene una garbata e spesso acuta revisione dei giudizi tradizionali intorno ai principali favolisti antichi e moderni - da Esopo, ammirato per la sua "ingenuità", per il suo equilibrio tra naturalezza e raffinatezza, al La Fontaine, di cui viene indicata come dote specifica e insieme come limite la squisita malizia psicologica e artistica - nonché certi rapidi ma suggestivi accenni, per esempio, al "passaggi dilicatissimi" del Petrarca, già "ripresi dai commentatori come un vizioso deviamento", o a certi tratti "ingenui", che "come tali non sono oggi sentiti che da pochissimi", del Boccaccio, del Sacchetti, del Passavanti e di altri scrittori di quella età. Ma il capolavoro del B. critico è forse il Saggio sopra la grazia nelle lettere ed arti, letto a Pavia nel 1786, ma in seguito rielaborato, e pubblicato postumo ad Ancona nel 1822. Il concetto di "grazia", in cui il gusto personale del B. si condensa nella sua forma più pura, più libera da addentellati con il raziorialismo e il moralismo illuministico, consente qui infatti al critico di trascorrere in mezzo agli artisti "morbidi e dilicati" da lui preferiti, con giudizi freschi e spregiudicati, e talvolta ancora stimolanti, come ad esempio sul Sacchetti, sulle commedie veneziane del Goldoni, sul Correggio, sul Pergolesi, sul Paër.
Una valutazione assai meno positiva merita invece il trattato Della filosofia della storia, stampato a Pavia nel 1787: si tratta di una compilazione piuttosto faticosa, anche nello stile, di idee che erano da tempo presenti nella speculazione storiografica settecentesca.
Opere: Un elenco delle opere del B., con l'indicazione delle loro varie edizioni, si trova nel saggio bibliografico di G. Pecci, Le opere a stampa di A. B., in Studi su A. B. nel secondo centenario della nascita (1953), Bologna 1954, pp. 285-319. Si ricordano le principali raccolte: Operette in verso e in prosa, Bassano 1785-1789, voll. 3 (l'unica pubblicata dal B. stesso); Poesie, Ancona 1815, voll. 6 (contiene tutte le poesie approvate dall'autore); Poesie e prose, Firenze 1818, voll. 3; Alcune operette in prosa, a c. di B. Gamba, Venezia 1829. Tra le più recenti ristampe: il Viaggio pittorico e sentimentale sul Reno,a c. di A. Baldini, Firenze 1942; la scelta di poesie e prose poetiche in Lirici del Settecento, a c. di B. Maier, Milano-Napoli 1959, pp. 741-806; la scelta di prose critiche in Dal Muratori al Cesarotti, IV, Critici e storici della poesia e delle arti nel secondo Settecento, a c. di E. Bigi, Milano-Napoli 1960, pp. 785-839.
Bibl.: Studi di carattere complessivo: I. Teotochi Albrizzi, Ritratti, Roma 1946, pp. 46-48; G. Biagi, Un abate verista, in Aneddoti letterari, Milano 1887, pp. 63-76; G. Scotti, La vita e le opere di A. B., Milano 1896; A. Roffi, Studio su A. de' G. B., in La Romagna, XI(1914), pp. 257-310; O. Saccozzi, Il migliore B., in Rivista di sintesi letteraria, III(1937), pp. 433-76; G. Natali, Il Settecento, Milano 1944, pp. 459-60, 724-27, 1089-90; W. Binni, Preromanticismo ital., Napoli 1948, pp. 255-70; F. Flora, A. de' G. B., in Studi su A. B…, cit., pp. 1-26; A. Piromalli, A. B. nella letter. del Settecento, Firenze 1959. In partic. sul B. artista: G. Carducci, Della poesia melica ital. e di alcuni poeti erotici del sec. XVIII, in Opere, XV, Bologna 1936, pp. 124-30; A. Baldini, A. B. sul Reno, in Cattedra d'occasione, Firenze 1941, pp. 109-23; M. Fubini, introduzione a Lirici dei Settecento, pp. LXXVII-LXXX, XC-C. Sul B. critico: F. Flamini, A. B. e i suoi studi intorno alla lett. ted., Torino 1895; A. Farinelli, Poesia germanica, Milano 1927, pp. 501-19; B. Croce, S. Gessner e un suo ammiratore ital., in Quaderni della critica, nn. 17-18 (1950), pp. 118-25; A. Noyer Weidner, Die Auffldrung in Oberitalien, München 1957, pp. 269-82; B. Maier, La critica di A. B., in Studi su A. B…, pp.141-94; E. Bigi, nota introd. alla scelta delle prose critiche dei B., in Dal Muratori al Cesarotti, IV,pp. 785-796. Per altre indicazioni bibliogr. si veda il cap. IV (A. B. e la critica) dello studio di A. Piromalli e la nota bio-bibliografica del Maier in Lirici del Settecento, pp. 741-44.