BERNI DEGLI ANTONI, Vincenzo
Nacque a Bologna il 25 apr. 1747 da Francesco e da Virginia Landi. Di famiglia borghese benestante, conseguì la laurea in utroque iure nell'ateneo cittadino. Coltivò fin da giovane anche il gusto settecentesco per l'erudizione e gli esercizi letterari, dal che ha origine la sua vasta produzione letteraria (poesie e commedie) ed erudita, palesante una cultura varia e nel contempo farraginosa, priva di rinnovamento critico.
I suoi studi giuridici, d'altra parte, lo portarono presto sulla strada della professione forense, mentre nel 1776 veniva chiamato a coprire nell'università bolognese la cattedra di ius civile. Tenne le sue lezioni sul Corpus iuris, senza lasciar traccia d'opere a stampa, sebbene si abbia notizia che alcuni dei suoi corsi circolassero manoscritti, apprezzati per il vasto apparato di riferimenti alle fonti classiche, nonché alla tradizione storiografica italiana e alla giurisprudenza culta del Cinquecento. Elementi tutti che del resto sostanziarono, con accenti e altezze di toni diversi, tutta la tradizione giuridica italiana fin dalla metà del Seicento e che trovarono alla fine del Settecento una loro tardiva e deteriore espressione nelle ambizioni autonomistiche del municipalismo italiano.
Il B., il quale aveva ricoperto la carica di uditore di camera dei cardinali G. A. Archetti e A. Vincenti, legati pontifici della provincia e città di Bologna, nel 1796, col sopraggiungere dei Francesi, si trovò messo ai margini dei nuovi sviluppi che prendeva la vita cittadina. Rimasto fedele al vecchio ordine istituzionale, egli palesa nella sua corrispondenza col Vincenti la sua incapacità ad intendere il corso nuovo degli avvenimenti: finì per chiudersi in una intransigenza legittimistica che lo portò, nel giugno del 1798, ad abbandonare lo Studio bolognese, rifiutando di prestare il giuramento di fedeltà richiesto.
Il 1799, con l'ingresso delle truppe austriache in Bologna, doveva nuovamente aprirgli la strada alla vita pubblica. Chiamato nell'agosto a far parte della reggenza, presieduta dal marchese Francesco Ghisilieri, il B. di lì seguiva il rapido capovolgersi della situazione a favore dei Francesi. Questa volta egli si mostrò molto più duttile, e non tardò ad inserirsi nel nuovo ordine istituzionale, conseguendo la carica di commissario delle Finanze nella Cispadana e di regio procuratore nel Tribunale supremo di revisione del Regno italico, e la nomina a cavaliere del regio Ordine della Corona di Ferro.
Ma non fu certo tale adesione al nuovo regime a mutare l'orizzonte del B., che rimase sempre quello strettamente municipalistico in cui aveva maturato le sue prime esperienze civili. La caduta dell'impero napoleonico non doveva quindi coglierlo in difficoltà, ma gli dava anzi la possibilità di svolgere e manifestare tutti quei motivi che erano connessi a tale sua formazione: è dal 1814 che data infatti la maggior parte della produzione pubblicistica e letteraria del Berni. Primo in ordine di tempo quel Voto per la verità, memoria in difesa delle prerogative del vecchio Senato bolognese che doveva accompagnare i tentativi svolti a Vienna dal conte Aldini a favore di una soluzione che garantisse a Bologna il governo autonomo delle Legazioni sotto l'alta signoria del pontefice.
Tale memoria circolò allora manoscritta per il divieto che il Consalvi pose alla sua pubblicazione, poiché da parte della Curia si riteneva che non poco tale iniziativa ostacolasse a Vienna la diplomazia pontificia nella rivendicazione dei territori delle Legazioni. Ebbe in seguito due edizioni, una del 1820 e una del 1831 sempre a Bologna, segno non lieve del favore che le tesi municipalistiche ivi sostenute incontrarono, e non solo in un ambito conservatore e legittimista, se poterono essere riprese nel moto insurrezionale del 1831, tanto che alcuni autori (Sorbelli, Lanciotti) ebbero poi erroneamente a far risalire tale memoria del B. a quel periodo (il Pepoli inoltre la ristampò in appendice al suo volumetto sul Berni).
Sembra che su tale argomento il B. tornasse nel 1816 in una memoria manoscritta, di cui ci è pervenuta soltanto notizia, dal titolo Alcune osservazioni al Breve di N. S. del 6 luglio 1816, ove si avanzavano dubbi e lamentele per l'atteggiamento preso dal pontefice Pio VII in merito alle tesi sostenute dal Voto.
Il B. non rimase per molto lontano dal restaurato governo pontificio: nel 1816 veniva fatto giudice di appello. Sono di questi anni numerose memorie pubblicate in opuscoli a stampa e sul Giornale arcadico di Roma. Tra queste conviene ricordare il libello che il B. scrisse in polemica con le tesi sostenute da G. Vicini nel suo Voto consultivo nella questione di simultanea successione di cristiani ed ebrei all'intestata eredità di un loro congiunto (Bologna 1827).
Il Vicini sosteneva nella sua opera la piena parità di diritti civili tra ebrei e cristiani sulle orme dei principi sanciti dalla legislazione napoleonica, contro le tesi antisemitiche di R. F. Ferdinando Jabalot (Giornale ecclesiastico di Roma [1825], pp. 98-130),che traevano spunto da una vicenda successoria, apertasi a Bologna. Contro di lui il B. con le sue Osservazioni al voto consultivo dei signor avvocato Giovanni Vicini…,dedicate al cardinal Giuseppe Albani, legato di Bologna, s. l. (ma Pesaro) 1827,riprendeva le tesi dello Jabalot, sulla base di un'analisi della legislazione pontificia, che voleva essere per l'appunto una conferma di queste, ma che per lo scarso rigore della trattazione giuridica, per il continuo e disorganico richiamo a motivi storici e teologici, non si elevava dal piano d'una violenta e retriva requisitoria antisemita.
Il B. mori a Bologna il 4 marzo 1828.
Opere: Oltre a quelle che sono state già citate si ricordano le seguenti: Poesie, Bologna 1786; Li veri adoratori adorano in spirito e Verità, ibid. 1793; Di qual modo usar si debba delle acque Porrettane. Canto bernesco, Imola 1820; Disamina degli Elementi di zoologia dei signor abbate Camillo Ranzani, Forlì 1820; Discorso intorno alla prima parte dei secondo tomo di Elementare zoologia del prof. abbate C. Ranzani,Imola 1820; Sonetti di autori bolognesi, pubblicati da U. B. e P. Costa, Bologna 1821; Fra l'illustrissimo consiglio dei partecipanti e il signor L. Borghi, Risposta a favore del detto consiglio, ibid. 1821; Lettera apologetica al signor avv. V. Amici, Pesaro 1823; Osservazioni critiche sull'operetta del prof. F. Orioli intorno l'intendimento del cane e degli altri bruti, Roma 1824 (estr. del Giornale Arcadico, XXI, 2, 1820); Commedie, Bologna 1825; Versi, ibid. 1825.
Bibl.: G.Salvainoli Marchetti, necrologio, in Giornale Arcadico di sc. lett., ed arti, XXXVIII(1828), pp. 392-395; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 40 s.; C. Pepoli, Ricordanze biografiche…, I, Bologna 1881, pp. 1-88; C. Tivaroni, L'Italia durante il dominio francese (1789-1815), I, Torino-Roma 1899, p. 371; Id., L'Italia durante il dominio austriaco (1815-1849), II, Torino-Roma 1892, p. 113; G. Vicini, G. Vicini giuriconsulto e legislatore…, Bologna 1897, pp. 191-93; A. Sorbelli, Opuscoli, stampe alla macchia e fogli volanti…, Firenze 1927, pp. XXIX s.; G. Vincenti Mareri, Un diplomatico del secolo decimottavo…, Milano 1931, pp. 228, 316, 320, 325, 332 e n. 1, 335, 392; L. Simeoni, Storia dell'univ. di Bologna, II, Bologna 1940, pp. 130, 146; D. Lanciotti, Il gov. delle provincie unite ital., Roma 1941, p. 110; L. Pásztor-P. Pirri, L'Arch. dei governi provvisori di Bologna e delle Prov. unite del 1831, Città del Vaticano 1956, p. 526; A. Berselli, Movimenti politici a Bologna dal 1815 al 1853, in Boll. del Museo del Risorg., Convegno di Studi sul Risorgimento, Roma 1961, pp. 216 s.; A. Sorbelli-G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle bibl. ital., XLIII, p. 48.