METGE, Bernat
Scrittore catalano, nato a Barcellona circa il 1350 e probabilmente ivi morto poco dopo il 1410. Scrivano della tesoreria di Pietro III il Cerimonioso, segretario e consigliere di Giovanni I e di Martino I, le funzioni da lui esercitate a corte, in un periodo di rapide trasformazioni sociali e di appassionati contrasti tra il vecchio e il nuovo, gli suscitarono contro inimicizie e accuse, traendolo nell'intrico di processi dai quali uscì ogni volta felicemente. Le loro date coincidono con quelle della sua produzione letteraria e ne rivelano il carattere occasionale di diversione, di polemica e di sfogo.
Vi si può seguire, entro un'atmosfera d'incipiente umanesimo, il progressivo affermarsi delle influenze culturali italiane e il pronto svincolarsi della nuova letteratura dalle forme tradizionali di stampo provenzale e francese. Abbandonando il metro delle noves rimades di cui aveva fatto prova nel Libre de Fortuna e Prudencia (1381), arido trattatello morale in foggia di avventurosa visione, il M. passa alla prosa con la Historia de Valter e Griselda (1388), elegante versione del rimaneggiamento latino che il Petrarca fece dell'ultima novella del Decamerone. Con un equilibrato sentimento della forma, sollevando a dignità classica in agile scioltezza di ritmo e di clausole il catalano parlato, il M. si fa eco nel Somni (1398), l'opera sua maggiore in quattro libri, delle questioni religiose e morali e delle passioni politiche che preoccuparono l'opinione pubblica alla morte di Giovanni I. Questi, apparsogli in sogno insieme con le ombre di Orfeo e di Tiresia, disserta, contro l'epicureismo dell'autore, sull'immortalità dell'anima, attenendosi soprattutto ai Dialoghi morali di Gregorio Magno, alle Tuscolane di Cicerone e alla Summa contra Gentiles di San Tommaso. Dopo aver parlato dello scisma, egli lascia a Orfeo il compito di descrivere l'inferno dietro la scorta di Virgilio. Interviene Tiresia che, riecheggiando letteralmente il Corbaccio, inveisce contro le donne; il che provoca una loro appassionata difesa da parte dell'autore, il quale ritorce le accuse contro gli uomini e ricorda le donne più famose esaltate nel De claris mulieribus del Boccaccio e da Valerio Massimo. Nel Somni l'adesione alle fonti è quasi sempre di traduzione o di ricalco, risultandone un'opera inorganica la cui tessitura, nonostante i pregi stilistici che agevolano il trapasso dall'uno all'altro argomento, si dirada in esile trama che lascia trasparire il suo carattere accidentale e frammentario. Prodotto significativo del movimento intellettuale dell'epoca, questa opera ci svela nel loro confluire le correnti del pensiero contemporaneo e fissa un momento critico e risolutivo, dopo il quale la letteratura catalana s'avvierà alla conquista del classicismo.
Ediz.: Les obras d'en B. M., a cura di R. Miquel y Planas, Barcellona 1910; Lo Somni, ed. J. M. de Casacuberta, ivi 1924; Obres menors, ivi 1927.
Bibl.: A. Farinelli, Italia e Spagna, I, Torino 1929, pp. 272 segg., 331 segg.; M. Casella, Il "Somni" d'en B. M., in Archivum Romanicum, III (1910), pp. 145-205; A. Par, Sintaxi catalana segons los escrits en prosa de B. M., in Beihefte z. Zeits. f. rom. Philol., LXVI, Halle 1923.