STROZZI, Bernardo
Pittore detto il Cappuccino o il Prete genovese. Nacque a Genova nel 1581, morì a Venezia nel 1644. A Genova fu preso in quella corrente pittorica, profondamente intrisa d'ogni sorta di manierismi, nella quale si mescolavano il vano decorativismo del Bergamasco, il baroccismo ormai disossato del Salimbeni e del Vanni, e gli apporti di naturalismo dei molti Fiamminghi che passavano per Genova sulla via di Roma. L'eccezionale sua istintiva virtù di vero pittore riuscì a riscattare in parte anche le sue opere giovanili più fiammingheggianti (come la Cuciniera di Palazzo Rosso, o il Giovedì grasso e il Venerdì Santo di palazzo Giorgio Doria) dal cadere nel "genere"; e lo rese attento ad accogliere prima elementi caravaggeschi, poi influenze del Rubens (a Genova nel 1606-1608 e nel 1620) com'è provato dai dipinti più maturi del suo periodo genovese, quali il Vescovo di palazzo Durazzo Pallavicino, la Berenice del Castello Sforzesco di Milano, il Cavaliere di Malta di Brera, ecc. Ma fu solo nel periodo veneziano che, al contatto di quella grande pittura, le sue virtù straordinarie di colorista (compositore vero non fu mai, né inventore) s'affermarono a pieno. Fuggito dal convento e dai frati che ve lo richiamavano, riparò tra le Lagune e vi rimase dal 1630 fino alla morte: ivi non fu scolaro, ma successore del Liss, col quale, e con il Fetti, compì la triade rinnovatrice del Seicento pittorico veneziano, preparatrice delle glorie settecentesche. Anche il Liss, già morto, seguì nelle sue prime tele a Venezia, dove si avvicinò pure ai grandi cinquecentisti, sopra tutti al Veronese, da cui trasse limpidezza e libertà di colore, e anche qualche spunto inventivo: in opere sue quali il Cristo della moneta degli Uffizî e della chiesa del Beato Enrico a Treviso, l'Invitato a nozze agli Uffizî e all'Accademia Ligustica di Genova (1636); la Predica del Battista di Vienna; l'Annunciazione di Budapest e, sopra tutte, il Ratto di Europa di Poznań, l'aria diviene argentea, il tocco di colore puro e netto, da preludere al Settecento. Altre opere sue si svolgono in un'atmosfera tra giorgionesca e caravaggesca (es., le Allegorie di Casa Donà delle Rose a Venezia). Ma forse lo Str. migliore è nei ritratti: qui la necessità di una più attenta penetrazione del soggetto lo porta spesso a rinsaldare le sue doti più decorative che costruttive: la sua doviziosa pasta di colore, che tenderebbe a sfarsi in una fluidità densa, è trattenuta con sobrietà e riesce spesso a definire la figura con una prontezza che rammenta il Velázquez (es., i ritratti del doge Erizzo a Vienna, del procuratore Grimani in Palazzo Barbaro a Venezia, ecc.).
Bibl.: G. Fiocco, B. Str. (coll. Bibl. d'arte illustrata), Roma 1921: id., B. Str. a Venezia, in Dedalo, II (1920-22), pp. 646-65; O. Grosso, Note e appunti su B. Str., in Rass. d'arte, IX (1922), pp. 155-63; id., B. Str. a Genova, in Emporium, LVII (1923), pp. 243-56; M. Labò, in Il comune di Genova, 31 luglio 1924 e 30 aprile 1925; G. Delogu, Di alcuni dipinti inediti dello Str., in L'Arte, XXXII (1929), pp. 27-32; V. Lazareff, Beiträge zu B Str., in Münchner Jahrb. d. bild. Kunst, n. s., VI (1929), pp. 11-30; G. Fiocco, La pittura veneziana del Seicento e Settecento, Verona 1929.