PASQUINI, Bernardo
PASQUINI, Bernardo. – Nacque a Massa in Valdinievole (oggi Massa e Cozzile, Pistoia) il 7 dicembre 1637, da Francesco di Michelangelo e da Maria Gentile di Bartolomeo Castellini.
Si ha notizia di una sorella, Aurelia (battezzata a Massa, 8 novembre 1641), unitasi in matrimonio con Francesco Ricordati di Buggiano (Pistoia); dalla loro unione nacquero, tutti a Buggiano, Caterina Francesca Elisabetta (7 luglio 1674), Gentile Maria (3 ottobre 1675), Felice Bernardo (13 gennaio 1678, morto a Roma, 16 agosto 1727), Antonio Maria (1° febbraio 1680), Giovanni Francesco (2 dicembre 1680).
Dopo i primi studi a Uzzano con Mariotto Bocciantini, si trasferì a Ferrara, dove nel 1650 fu cresimato e dove visse con lo zio, Giovanni Pasquini, che lo fece studiare con i migliori musicisti attivi nella città. Nel maggio-giugno 1653 e poi da febbraio 1654 a novembre 1655 fu organista della locale Accademia della Morte. Nel dicembre 1655 era entrato al servizio del nobile romano Innocenzo Conti, luogotenente generale delle armi della Chiesa, che lo condusse a Roma. Non ha fondamento la notizia secondo cui avrebbe studiato con Antonio Cesti e Loreto Vittori, originata dal fraintendimento di alcune affermazioni di Giuseppe Baini (Memorie storico-critiche, II, 1828, pp. 70, 74).
Dal 1660 in avanti, menzionato come «Bernardo della Chiesa Nova», Pasquini è presente nelle liste di musicisti ingaggiati per le musiche straordinarie a S. Maria Maggiore e l’anno seguente a S. Luigi dei Francesi e a S. Ivo alla Sapienza; in quegli anni era infatti organista in S. Maria in Vallicella (Chiesa Nuova), dove aveva probabilmente assunto l’incarico nell’ottobre 1657, subentrando a Fabrizio Fontana, per restarvi fino al 1664. Nel febbraio di quell’anno venne nominato organista in S. Maria Maggiore, ottenendo anche il posto di organista del Senato e del Popolo Romano nella chiesa di S. Maria in Aracoeli. Il fulmineo subentro nei due incarichi al posto del defunto organista Francesco Muzi lascia presumere che la sostituzione fosse preparata da tempo e che dunque all’epoca Pasquini godesse di una protezione d’altissimo rango: si presume che fosse entrato nell’orbita del cardinale Flavio Chigi, nipote di Alessandro VII, poiché fu uno dei quattro musicisti che qualche mese dopo il porporato portò con sé nella missione politico-diplomatica alla corte di Francia, svoltasi tra aprile e ottobre 1664. Non ha riscontri la notizia che Pasquini abbia suonato davanti a Luigi XIV.
Nel novembre 1667 Pasquini, inquadrato nei ruoli come «aiutante di camera», entrò al servizio di Giovan Battista Borghese, principe di Sulmona, con il ragguardevole stipendio di dieci scudi al mese, il godimento di un appartamento in un palazzo della famiglia in piazza Borghese e il posto di organista nella cappella Borghese in S. Maria Maggiore. Da settembre 1669 a febbraio 1670 accompagnò il principe e la consorte, Eleonora Boncompagni, in un viaggio a Venezia durato fino al carnevale, in compagnia dei colleghi Carlo Mannelli, Francesco Verdone e Giuseppe Fede.
Nell’ottobre 1672 Pasquini esordì come operista con La sincerità con la sincerità overo Il Tirinto, «favola drammatica per musica» di Giovanni Filippo Apolloni, andata in scena nel palazzo Chigi di Ariccia sotto l’egida degli accademici Sfaccendati, promossa e sostenuta dal cardinale Chigi. Pochi mesi più tardi, durante il carnevale 1673, fu rappresentata al teatro di Tordinona la sua seconda opera: L’amore per vendetta overo L’Alcasta (dramma di Apolloni, destinato in origine ad Antonio Cesti); per la stessa stagione Pasquini mise mano alla partitura dell’Eliogabalo di Aurelio Aureli, musica di Giovanni Antonio Boretti, aggiungendovi un prologo, alcune scene comiche e qualche aria.
A partire dagli anni Settanta, Pasquini compose almeno un oratorio e diverse cantate spirituali per la cappella di palazzo Borghese in occasione della novena di Natale o per la Settimana santa, fra cui l’oratorio Caino e Abele (1671; testo di Apolloni); il Dialogo per musica di Christo portante la croce e pendente in quella (1678) e il Christo orante: cantata a due con stromenti (1682). Compose pure prologhi e intermedi per alcune commedie date nel palazzo a carnevale, come, per esempio, La Verità conosciuta (1676) di Giuseppe Berneri.
La dipendenza dal principe Borghese non limitò le possibilità lavorative di Pasquini, anzi le favorì notevolmente, consentendogli di estendere il raggio dei suoi committenti, in gran parte legati ai Borghese da rapporti familiari (Chigi, Pamphili, Pallavicini, Doria) o dall’appartenenza alla fazione filospagnola, come l’ambasciatore di Spagna Luís Francisco de la Cerda, marchese di Cogolludo, duca di Medinaceli. Negli anni Settanta-Ottanta numerosi oratori di Pasquini furono eseguiti sotto il patrocinio di eminenti personalità in importanti istituzioni romane, e spesso ripresi in altre città (Ferrara, Modena, Vienna, Faenza, Palermo, Lucca, Firenze): S. Alessio (1675, testo di Pietro Filippo Bernini, committente Cristina di Svezia) e S. Agnese (1678; testo e committenza di Benedetto Pamphili), furono dati nell’oratorio di S. Maria in Vallicella; Agar e Assuero, entrambi su testo di Bartolomeo Nencini, per l’arciconfraternita dei Fiorentini nel 1675; più tardi il Divae Clarae triumphus (1682; Francesco Noceti), con il patrocinio di Mario Mattei Orsini, duca di Paganica, dedicato ai principi di Neoburgo allora in visita a Roma; e L’idolatria di Salomone (1686; forse di Lelio Orsini) al collegio Clementino, probabilmente con il patrocinio del cardinale Decio Azzolini. Nel 1687 Pasquini compose un’Accademia per musica, su testo di Alessandro Guidi, eseguita in onore di Giacomo II d’Inghilterra a palazzo Riario per iniziativa di Cristina di Svezia, con la partecipazione – secondo il libretto – di cinque solisti, un coro di 100 cantanti e un’orchestra di 150 strumenti con a capo Arcangelo Corelli.
Dopo la chiusura del teatro di Tordinona, Pasquini collaborò alle stagioni carnevalesche promosse da gruppi di aristocratici romani in altre sedi: al teatro dei Bernini al Corso, sotto la direzione del celebre architetto Gian Lorenzo e dei suoi figli, con le commedie per musica La donna ancora è fedele (1676, dramma di P.F. Bernini) e Il Trespolo tutore balordo (1677, «opera drammatica per musica» di Giovanni Cosimo Villifranchi, modificata forse da Lorenzo Beatucci, tratta da una commedia di Giovan Battista Ricciardi); al teatro Capranica, con Dov’è amore è pietà (1679; «drama musicale» ricavato, forse da Giuseppe Domenico De Totis, dall’Ipermestra di Giovanni Andrea Moniglia) e L’Idalma overo Chi la dura la vince (1680, «comedia per musica» di De Totis). Nel dicembre 1680, nel teatro del Casino di S. Marco a Firenze, andò in scena Il Sidonio (dramma di Giuseppe Giacomini) commissionato dagli accademici Affinati e dedicato al loro protettore Francesco de’ Medici. Un’altra opera di carattere eroico, Il Lisimaco (dramma di Giacomo Sinibaldi), fu data nel febbraio 1681 a Roma nel teatro della Pace.
Negli anni Ottanta diverse opere di Pasquini andarono in scena nel teatro di palazzo Colonna: La Tessalonica (1683; dramma di Nicolò Minato), L’Arianna (1685; di Cosimo Bani), probabilmente Il silenzio d’Arpocrate (1686; di Minato), I giochi troiani (1688; di Carlo Sigismondo Capece) e La caduta del regno delle Amazzoni (1690; festa teatrale di De Totis); le ultime due, tratte da comedias spagnole coeve, furono messe in scena, sotto la direzione la prima dell’architetto Carlo Fontana e la seconda del nipote Girolamo Fontana, per volontà dell’ambasciatore spagnolo Cogolludo. Lo stesso ambasciatore commissionò una serenata eseguita il 25 agosto 1687 in piazza di Spagna: dovette trattarsi dell’Applauso musicale per il giorno festivo della chiarissima reale maestà di Maria Luigia a 5 voci e archi (Firenze, Conservatorio, Mss., D.2359). Per un’altra occasione politico-diplomatica aveva composto, in collaborazione con Alessandro Melani e Alessandro Scarlatti, un atto della «tragedia» Santa Dimna del cardinal Pamphilj (palazzo Pamphilj, 4 febbraio 1687, in onore dell’ambasciatore del re d’Inghilterra, Scozia e Irlanda Giacomo II Stuart).
All’inizio degli anni Novanta, Pasquini poté lavorare anche per il cardinale Pietro Ottoboni, nipote di Alessandro VIII, componendo il di lui dramma Il Colombo overo L’India scoperta, andato in scena nel dicembre 1690 al teatro Tordinona. È probabile che al patrocinio di Ottoboni siano da ricondurre altri due drammi sacri rappresentati nel Seminario Romano, istituzione di cui il porporato era protettore: Alessio (1690) ed Eudossia (1692, testo di Alessandro Pollioni), quest’ultima replicata tre volte lo stesso anno nel palazzo della Cancelleria.
Diverse opere di Pasquini furono riprese fuori di Roma, come L’Alcasta (Napoli 1676, Pisa 1676, Genova 1677), La donna ancora è fedele (Macerata 1680, Firenze 1684, Perugia 1686), Idalma (Ravenna 1683, Firenze 1685, Genova 1688, Livorno 1692, Ferrara 1693), Il Lisimaco (Perugia 1682, Napoli 1683, Pisa 1687, Firenze 1690, Ferrara 1693), L’Eudossia (Siena 1696, Genova 1699).
Pasquini fu licenziato dal principe Borghese nel luglio 1692, quando questi decise di ridurre il numero dei dipendenti; colse l’occasione per recarsi in Toscana, dove la sua presenza a Buggiano, in casa del cognato, è attestata in un documento datato 15 ottobre 1692 (Bonaventura, 1923, p. 197). Può darsi che a questo viaggio sia da connettere una ripresa del Tirinto a Firenze nel teatro degli accademici Effimeri in quell’anno.
Nel maggio 1693 Pasquini fu riassunto al servizio stabile di Marcantonio Borghese, principe di Rossano, figlio di Giovan Battista: collaborò alle musiche per le conversazioni e le devozioni nella cappella del palazzo, dove, nel 1694, fu eseguito un «oratorio di s. Maria di Sorìa», probabilmente da lui composto, ultimo suo impegno documentato in casa Borghese.
Dalla metà degli anni Novanta, Pasquini si ritirò progressivamente dalle attività che ne avevano segnato la carriera di compositore ed esecutore. Nel marzo 1695 suonò per l’ultima volta come clavicembalista all’oratorio del Crocifisso di S. Marcello; e nella quaresima 1696 come organista nelle quarantore a S. Lorenzo in Damaso, sotto il patrocinio del cardinale Ottoboni.
Ai primi di settembre 1698 Pasquini si recò in Toscana, dove fu ospite del gran principe di Toscana Ferdinando de’ Medici a Pratolino. Nel gennaio 1699 era ancora in Toscana, forse a Livorno, ma a causa dell’ingiustificato ritardo nel rientrare a Roma fu licenziato dal principe Borghese, irritato che i Medici avessero trattenuto per molti mesi un suo dipendente senza averlo neppure avvisato. La questione si risolse a prezzo di lunghe trattative condotte dall’agente toscano a Roma, Antonio Maria Fede, e dal soprano Francesco De Castris, uomo di fiducia del gran principe, che scriveva da Livorno, forse impegnato nel locale teatro degli Avvalorati nelle recite di due opere di Scarlatti, cui Pasquini prese parte in veste di clavicembalista, concluse infine nel febbraio 1699 con i chiarimenti offerti dalla corte medicea al Borghese e la riassunzione di Pasquini, che ritornò a Roma a fine marzo.
Nell’ultimo decennio del secolo e nei primi anni del successivo Pasquini approntò alcuni volumi manoscritti contenenti brani cembalo-organistici (alcuni sono oggi conservati a Berlino e Londra), ordinandoli in modo sistematico, per destinarli alla formazione del nipote Felice Bernardo Ricordati giunto a Roma tredicenne verso il 1691, come pure d’altri allievi e ammiratori i cui nomi ricorrono in più d’un caso a margine dei brani stessi.
Fra i personaggi che lo poterono frequentare in privato e avere da lui lezioni o copie di musiche, il mercante inglese Philip Weak e il nobile scozzese John Clerk, da identificare con «lo Scozzese» o «l’Inglese di Scotia» che Pasquini omaggiò con la celebre Toccata con lo scherzo del cucco e altri brani inclusi nel manoscritto berlinese.
Dal necrologio apparso nelle Notizie istoriche degli arcadi morti (1720) si apprende che la casa di Pasquini era «frequentata da quanti sovrani capitarono in Roma al suo tempo, e spezialmente dal duca di Mantova, dal duca di Modena, dal principe d’Harmestat [sic], dal principe di Meclenbourgh». Parziale conferma di questa testimonianza è offerta da un documento di spesa «per donativo per impiegarle in un anello» donato a Pasquini da Francesco II, duca di Modena, in occasione di un viaggio a Roma nel 1687 (Bernardo Pasquini: le cantate, 2012, p. XXXIV).
Da fonti biografiche del secolo XVIII si ha notizia di diversi musicisti che vennero a Roma per studiare con Pasquini: tra questi Johann Philip Krieger, inviato a Roma dal margravio Cristiano Ernesto di Bayreuth nel 1673, e Georg Muffat dall’arcivescovo di Salisburgo Massimiliano Gandolfo di Künburg nel 1681-82. Inoltre Pasquini, pur non avendo accettato l’invito di Leopoldo I a recarsi a Vienna, accolse alcuni organisti inviatigli a Roma dall’imperatore per «apprendere il di lui stile di sonare» (Notizie istoriche, 1720): tra questi si possono forse identificare Ferdinand Tobias Richter nel 1683 e Carlo Domenico Draghi nel 1692.
Nell’ottobre 1704 Pasquini si dimise da organista di S. Maria Maggiore; al suo posto venne contestualmente assunto l’allievo prediletto Tommaso Bernardo Gaffi. Si ha notizia d’altri allievi di Pasquini, oltre a Gaffi e Ricordati: Francesco Gasparini, Giuseppe Fabbrini, maestro di cappella nel duomo di Siena (Settecento musicale erudito, 2010), e Francesco Maria Ricci, organista nel Duomo di Firenze (Giacomelli, 2002).
Il 26 aprile 1706 Pasquini fu accolto nell’Accademia d’Arcadia con il nome di Protico Azetiano, assieme ad Arcangelo Corelli e Alessandro Scarlatti.
Pasquini morì a Roma il 21 novembre 1710.
Fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina dove, nel 1713, su incarico del nipote Felice Bernardo Ricordati e dell’allievo Gaffi, lo scultore Pietro Papaleo realizzò un monumento funebre, con busto ed epigrafe, ancor oggi esistente.
I suoi beni, tra cui una ricca collezione di quadri, furono divisi fra i nipoti Felice Bernardo e Giovanni Francesco Ricordati. Nel 1923 gli ultimi discendenti dei Ricordati vendettero allo Stato italiano, per la somma di 2000 lire, un lotto di documenti di Pasquini e un suo ritratto, opera di Andrea Pozzo, oggi visibile nel conservatorio di Firenze.
Pur generalmente noto, oggi, come virtuoso di clavicembalo, ai suoi tempi Pasquini fu un apprezzato compositore di opere, oratori e cantate. In campo teatrale compose una quindicina di opere che abbracciano un po’ tutti i generi del dramma e della commedia per musica e che, in molti casi, circolarono – come pure gli oratori – anche fuori Roma. Di notevole rilevanza fu la sua attività didattica, che contribuì non meno delle sue musiche a fare di lui un vero e proprio mito vivente in tutta l’Europa, al pari di Corelli.
Opere (oltre a quelle menzionate). Oratori e cantate spirituali: Sant’Eufrasia (testo di Sebastiano Lazzarini, Roma, 1678); Salutatione angelica, dialogo per musica a 2 voci (Messina, Confraternita Ss. Annunziata, 1681); I fatti di Mosè nel deserto (Giovan Battista Giardini; Modena, 1687); Il martirio dei santi Vito, Modesto e Crescenzia (Domenico Filippo Contini; Modena, 1687); La purità trionfante overo Martiniano il santo (Giovanni Andrea Lorenzani; Roma, S. Girolamo della Carità, 1688, in collaborazione con Giovanni Lorenzo Lulier, Tommaso Bernardo Gaffi, Giovanni Ercole, Luca Amadori); La sete di Cristo (Minato; Modena, 1689); Davide trionfante contro Goliath (Firenze, Congregazione dell’Oratorio, 1694); Or ch’in ciel fra densi orrori, cantata a 2 voci, 2 violini e basso; Padre, Signore e Dio, cantata a 2 voci, 2 violini e basso; S’apriro i cieli, soprano, 2 violini; In lode di san Filippo Neri («Fermate, onde del Tebro») cantata a 5 voci (Francesco De Rossi?) (Le fonti sono segnalate in Morelli, 2002). Serenate e cantate profane con strumenti: Erminia in riva al Giordano («Vaneggia chi crede»), 4 voci, 2 violini, 2 viole e basso (1672?); Il colosso della costanza, 4 voci e strumenti (Roma, Seminario Romano, 1689); La Didone («Sovra un’accesa pira»), soprano, 2 violini e basso. Cantate: 41 per soprano, 2 per mezzosoprano, 1 per tenore, 6 per basso, 3 a tre voci, 2 a due voci (edizione completa, con descrizione delle fonti, in Bernardo Pasquini: le cantate, 2012). Composizioni per clavicembalo e organo: toccate, preludi, suites, partite, variazioni, capricci, canzoni, ricercari (Berlino, Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz, Landsberg 215; autografo); «tastate», arie, correnti, «passagalli», versetti, 14 sonate (denominate Bassi) e 14 sonate per due clavicembali (Londra, British Library, Add. 31501; parzialmente autografo); 60 Versetti per organo e 1 Pastorale (Bologna, Biblioteca dello studio teologico di S. Antonio). Opere teorico-pratiche: Saggi di contrappunto, 1695, (Berlino, Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz, Landsberg 214); Regole per ben suonare il cembalo o organo (Bologna, Museo della musica, DD.138/2). Edizione moderna della musica per tastiera e delle opere teorico-pratiche a cura di A. Carideo et al., vol. I-II, Colledara 2000-2002; III-VIII, Latina 2006-2009. Per le fonti delle opere teatri, cfr. Crain, 1965, e New Grove, 2001.
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