NAVAGERO, Bernardo
– Nacque a Venezia nel 1507, dal patrizio Gianluigi e da Lucrezia Agostini, di famiglia non nobile.
Si formò presso l’Università di Padova, ma la morte del padre lo costrinse ad abbandonare gli studi di diritto e a farsi carico, appena ventenne, della gestione degli affari familiari. Datosi alla carriera forense, si distinse come oratore (nel 1524 compose l’orazione funebre per il cardinale Marco Corner e nel 1538 quella per il doge Andrea Gritti: la prima perduta, la seconda manoscritta nella Biblioteca nazionale Marciana).
Sposò la figlia del successore di Gritti, Pietro Lando (doge dal 1539 al 1545), Istriana, che morì dando alla luce il secondo figlio nel 1548.
Savio agli Ordini nel 1532, nel 1535 fu sindaco inquisitore in Dalmazia insieme con Marcantonio Da Mula, al quale si legò di duratura amicizia; nel 1540 fu ambasciatore straordinario presso il cardinale Ercole Gonzaga, reggente del ducato di Mantova, con il compito di presentare le condoglianze della Repubblica per la morte del duca Federico II. Nel 1543-46 fu ambasciatore ordinario presso l’imperatore Carlo V a Bruxelles, una legazione molto faticosa che lo obbligò a seguire l’imperatore nei suoi continui spostamenti e durante la quale fu quasi in fin di vita per una brutta febbre, da cui fu guarito grazie all’intervento di Andrea Vesalio, medico personale di Carlo V.
Nella relazione presentata al Senato al termine della missione mostrò ammirazione per l’imperatore, «principe nelle grandezze ove egli si è ritrovato, e nelle vittorie che ha avute, molto continente e modesto», pio e devoto, con la conseguenza «che tutta la sua corte non si potria dire quanto sia modesta, senza vizio alcuno, e ben creata»; «pazientissimo» nelle udienze pubbliche e diligente nell’affrontare le questioni postegli, scrupoloso al punto di essere a volte considerato un po’ lento nel deliberare; generoso nel «rimunerare coloro che l’hanno servito nelle guerre»; «modesto e moderato» nel vestire, così come nel mangiare, nella caccia e negli altri svaghi. Insisteva anche sulla difficile situazione in Germania, sui sostanziali insuccessi nelle guerre contro la Francia e contro i turchi e sul fatto che Carlo V fosse « molto travagliato e confuso della mente», già stanco del potere e desideroso di ritirarsi a vita privata.
Appena rientrato in patria, fu nominato podestà a Padova (1546-48), negli anni del processo per eresia a Francesco Spiera e della propaganda protestante svolta da Pier Paolo Vergerio presso lo Studio. Si è ipotizzato che anche Navagero abbia nutrito in quel momento simpatie riformate ed egli è di fatto citato come luterano nei costituti di Pietro Manelfi del 1551. Le accuse non trovano però conferma in nessuna altra fonte ed è piuttosto prova del contrario che fosse particolarmente apprezzato da un fiero inquisitore come Paolo IV.
Nel 1548 fu inviato come ambasciatore straordinario a Torino per l’entrata trionfale in città di Enrico II re di Francia. Fu poi bailo a Costantinopoli (1550-52) e in una fase critica dei rapporti tra Venezia e i turchi, allora in piena espansione (nel 1551 presero Tripoli, roccaforte dei Cavalieri di Malta, e nello stesso periodo il corsaro ottomano Dragut minacciò Napoli), seppe muoversi con sagacia, procurandosi la stima del sultano Solimano il Magnifico e dei suoi ministri.
Nella relazione al Senato del 1553 descrisse con vivacità il funzionamento fiscale e amministrativo dell’Impero ottomano, illustrando inoltre gli aspetti personalistici del potere del sultano, del quale per altro lodava il senso della giustizia, l’intelligenza e l’inclinazione alla pace.
Al rientro dalla Turchia, fu membro del Consiglio dei dieci, poi riformatore dello Studio di Padova; nel 1555 era tra i provveditori al Sale. Dal settembre 1555 al marzo 1558 fu oratore presso Paolo IV, coadiuvato dal segretario Antonio Milledonne, e in tale veste fu testimone delle tensioni tra il pontefice, Carlo V e Filippo II, sorte in seguito ai provvedimenti papali contro i Colonna e sfociate nella guerra condotta da Paolo IV contro il Regno di Napoli dal settembre 1556 al settembre 1557 fino alla riappacificazione con Filippo II.
Paolo IV richiese espressamente l’intervento militare della Repubblica di Venezia contro gli Spagnoli già prima dello scoppio della guerra ma il governo veneziano preferì la linea di neutralità chiaramente illustrata al Senato il 15 novembre 1556 da Niccolò da Ponte (1846, p. 419), allora savio del Consiglio: essendo la situazione creatasi estremamente grave «perché si vede attaccata una guerra e appiccato un fuoco in Italia, che la travaglierà tutta», era necessario agire sul papa per convincerlo a concludere al più presto la pace con gli imperiali, evitando lo smembramento dello Stato della Chiesa tra francesi e spagnoli e l’inizio di una nuova stagione di instabilità politica in Italia, che avrebbe comportato danni gravissimi anche a Venezia.
Alla richiesta di un’alleanza militare antispagnola finalizzata alla conquista del Regno di Napoli, formulata da Paolo IV nel luglio 1556 anche con generose offerte territoriali, Navagero, conformemente alle direttive del suo governo, replicò che la Repubblica voleva solo la pace. Nonostante questo rifiuto, Paolo IV non cessò di sperare nell’aiuto veneziano, continuando a fare pressioni su Navagero e mandando a Venezia nel dicembre 1556 il cardinal nipote Carlo Carafa, il quale non ottenne tuttavia l’appoggio militare richiesto. Il governo veneziano, da parte sua, inviò in missione a Roma e presso il viceré di Napoli Fernando Álvarez di Toledo – accampato nei pressi dell’Urbe alla testa dell’esercito spagnolo, minacciando la città di un secondo sacco – i segretari Febo Cappella nell’ottobre 1556 e Marcantonio De Franceschi nel settembre 1557. Quest’ultimo svolse un ruolo importante nelle trattative che portarono alla pace di Cave, con la quale fu sanzionata la fine del conflitto, ma prima di tale epilogo Navagero dovette giustificare più volte la neutralità veneziana con ragioni che non sempre soddisfecero Paolo IV, il quale, deluso dall’esito fallimentare della missione del cardinal nipote, sospettava addirittura che Venezia volesse legarsi ai suoi nemici.
Navagero dovette anche confrontarsi con le richieste di Paolo IV riguardanti la repressione dell’eresia a Venezia, nel contesto dell’offensiva contro gli spirituali. In particolare, dovette difendere Vittore Soranzo, richiesto a Roma per essere processato dal S. Uffizio, e Alvise Priuli, cui Paolo IV aveva tolto l’accesso al vescovato di Brescia in quanto eretico e collaboratore del cardinale Reginald Pole.
Conclusa la legazione a Roma, nel 1558 fu ambasciatore straordinario presso Ferdinando d’Asburgo, eletto imperatore; l’anno seguente fu di nuovo nominato podestà di Padova, nonché, insieme con Niccolò da Ponte, ambasciatore straordinario presso Francesco II di Francia, al fine di congratularsi per il trattato di pace Cateau-Cambrésis. Un’analoga missione svolse in Spagna, presso Filippo II, Marcantonio Da Mula .
Dopo la morte di Agostino Lippomano, vescovo di Verona (luglio 1560), fu tra i candidati a succedergli, ma nel gennaio 1561 la scelta cadde su Girolamo Trevisan. Poco dopo, il 26 febbraio, segno della stima di cui godeva a Roma grazie alla sua legazione del 1555-58, fu fatto cardinale.
La nomina arrivò del tutto inattesa a Venezia. Il governo della Repubblica avrebbe voluto che diventasse cardinale il patriarca Giovanni Grimani, in realtà sospetto di eresia, e per favorire la sua designazione si sarebbe dovuto attivare Marcantonio Da Mula, ambasciatore presso papa Pio IV, anch’egli fatto cardinale lo stesso giorno. Lo stesso Navagero durante la legazione presso Paolo IV aveva perorato con insistenza, ma inutilmente, la causa di Grimani.
Quando fu elevato alla porpora, Navagero era tra i savi del Consiglio e il governo della Repubblica gli accordò il permesso di accettare la nomina, dopo la quale prese l’ordine sacerdotale. A Da Mula invece fu tolta la licenza di rientrare in patria, essendo proibito che un ambasciatore veneziano ricevesse benefici dal principe presso il quale svolgeva il suo incarico.
Divenuto vescovo di Verona nel settembre 1562, Navagero acquisì ulteriore prestigio nel marzo 1563 quando Pio IV lo inviò al concilio di Trento in qualità di legato papale. Diresse i lavori del concilio, insieme con l’altro legato, il cardinale Giovanni Morone, dall’aprile al dicembre 1563, distinguendosi per le capacità di mediazione. Durante la permanenza a Trento, tenne accuratamente informato delle vicende conciliari il governo veneziano, a riprova di un permanente forte legame con la città natale.
Chiuso il concilio, rientrò a Verona, dove, nonostante la vecchiaia e la malattia, si dedicò alla cura della diocesi, avvalendosi di collaboratori come Niccolò Ormanetto, Adamo Fumano, Filippo Stridonio, e indisse un sinodo diocesano per dare attuazione ai decreti tridentini.
Morì a Verona il 13 aprile 1565 e fu sepolto nella cattedrale.
Poco prima aveva rinunciato al vescovato, riservandosi i frutti della mensa episcopale, a favore del nipote Agostino Valier, futuro cardinale, che fu anche suo biografo. Secondo l’ambasciatore veneziano a Roma Giacomo Soranzo, Navagero: «ed appresso il pontefice ed appresso i cardinali e tutta la Corte era in stima tale, che poteva come qualsivoglia altro sperare il pontificato» ([1565] 1857, p. 140).
Le relazioni e la corrispondenza diplomatica sono edite in Relazione di B. N. ritornato ambasciatore da Carlo V nel luglio 1546, inLe relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. Albèri, s. 1, I, Firenze 1839, pp. 289-368; Relazione di Mantova, ibid., s. 2, II, ibid. 1841, pp. 7-24; Relazione di Roma, ibid., s. 2, III, ibid. 1846, pp. 365-416; Relazione dell’Impero Ottomano... fatta in Pregadi nel mese di febbraio del 1553, ibid., s. 3, I, ibid. 1840, pp. 33-110; La corrispondenza di B. N., ambasciatore veneziano a Roma (1555-1558). Dispacci al Senato, 7 settembre 1555-6 novembre 1557, a cura di D. Santarelli, Roma 2011; La corrispondenza di B. N., ambasciatore veneziano a Roma (1555-1558). Dispacci al Senato, 8 novembre 1557-19 marzo 1558. Dispacci ai Capi dei Dieci, 4 ottobre 1555-13 marzo 1558, a cura di D. Santarelli, Roma 2011.
Fonti e Bibl.: N. Da Ponte, Orazione di Niccolò da Ponte savio del Consiglio detta nel Senato veneto, sopra lo scrivere a Roma per procurare la pace fra il pontefice e il re di Spagna, in Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. Albèri, s. 2, III, Firenze 1846, pp. 419; G. Soranzo, Relazione di Roma 1565, ibid., IV, ibid. 1857. p. 140; A. Valier, Bernardi Naugerii S.R.E. cardinalis Veronensis Ecclesiae administratoris vita..., in Id., Opusculum numquam ante hac editum de cautione adhibenda in edendis libris nec non Bernardi cardinalis Naugerii vita..., Padova 1719, pp. 61-98; L. Manin, Elogiodel cardinale B. N. vescovo di Verona, in Sessioni pubbliche dell’Ateneo veneto tenute negli anni MCCCXII, MCCCXIII, MCCCXIV, Venezia 1814, pp. 1-32; L.-P. Gachard, Trois années de l’histoire de Charles-Quint (1543-1546) d’après les dépêches de l’ambassadeur vénitien B. N., Bruxelles 1865; G. van Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Münster 1923, p. 331; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1922, ad ind.; VII, ibid. 1923, ad ind.; F. Giannetto, Il problema della pace veneziana. Azione politica in corte di Roma di B. N., Messina 1957; C. Ginzburg, I costituti di don Pietro Manelfi, Firenze-Chicago 1970, pp. 17, 49, 70; H. Jedin, Storia del concilio di Trento, IV, 1, Brescia 1979, ad ind.; IV, 2, ibid. 1981, ad ind.; F. Ambrosini, Storie di patrizi e di eresia nella Venezia del ’500, Milano 1999, ad ind.; G. Benzoni, Trento 1563: una discussione tra veneziani in trasferta, in Per il Cinquecento religioso italiano. Clero cultura società, a cura di M. Sangalli, I, Roma 2003, pp. 31, 33 s.; D. Santarelli, La riforma della Chiesa di Paolo IV nello specchio delle lettere dell’ambasciatore veneziano B. N., in Annali dell’Istituto italiano per gli studi storici, XX (2003-04), pp. 81-104; Id., Paolo IV, la Repubblica di Venezia e la persecuzione degli eretici. I casi di Bartolomeo Spadafora, Alvise Priuli e Vittore Soranzo, in Studi veneziani, n.s., XLIX (2005), pp. 311-378; F. Di Palma, B. N. Al servizio di Venezia nel secolo della diplomazia e del dissenso religioso, tesi di laurea, Università di Roma Tre, facoltà di scienze politiche, a.a. 2007-08; D. Santarelli, Itinerari di ambasciatori veneziani alla corte di Carlo V, in Medioevo adriatico, II (2008), pp. 121-152; Id., Il papato di Paolo IV nella crisi politico-religiosa del Cinquecento: le relazioni con la Repubblica di Venezia e l’atteggiamento nei confronti di Carlo V e Filippo II, Roma 2008, ad indicem.