MINOZZI, Bernardo
– Nacque a Bologna il 2 ag. 1699.
I primi anni di attività si ricostruiscono in base all’autobiografia manoscritta redatta intorno al 1765 (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., B.95, cc. 185-186; notizie in Zucchini; Lui; Grandi, 1997) e alle informazioni concordi della letteratura successiva (Crespi; Lanzi): intorno al sedicesimo anno d’età, avendo dimostrato una naturale inclinazione «a far paesi» (Crespi, p. 194), il M. fu indirizzato all’affermato paesaggista Nunzio Ferraioli il quale, a sua volta, gli suggerì di avviarsi anzitutto allo studio di figura, che il giovane compì presso Angelo Michele Cavazzoni e integrò con la frequentazione dell’accademia del nudo. Il discepolato presso Ferraioli, condiviso per alcuni mesi con Carlo Lodi, si protrasse per un decennio evolvendo in «una sorta di vera e propria società» (Grandi, 1997, p. 24 n. 25). L’assenza di documenti e la perdita di gran parte di un’amplissima produzione pittorica, su muro e da cavalletto, grafica e incisoria, riferita dalle fonti, rendono problematico l’assestamento del catalogo del M., ai cui inizi sembra doversi collocare l’esecuzione del paesaggio nel rame di Donato Creti con Scena pastorale (Belfast, Art Gallery), identificato con quello che Marcello Oretti registrò in casa del mercante Antonio Buratti (Roli, 1967, p. 60 n. 44).
Intorno al 1727, anno in cui sposò Maria Trebbi (Longhi), il M. si affrancò dal maestro e avviò un’attività in proprio (Crespi, p. 194). Probabilmente debitori della precedente esperienza furono però i primi incarichi che il M. avrebbe ricevuto dall’Inghilterra, sia dall’impresario irlandese Owen Mc Swiny (o Sweeny), già committente di Ferraioli, sia da «diversi altri dilettanti» per i quali avrebbe dipinto «diversi quadri […] particolarmente all’acquerello, lumeggiati in carta, di maniera tutta sua propria» (ibid.), non identificati. La particolare sensibilità luministica che sembra essere stata dominante in quelle prime operazioni, intonata agli esiti della produzione franco-fiamminga, fu evidentemente ricercata anche per un’accorta strategia commerciale messa in atto dal mercante Andrea Forni che immise sulla piazza lagunare molti fogli del M., spacciandoli come opere di un altrimenti ignoto pittore oltramontano, «Monsù Bernardo» (ibid., p. 195; Roli, 1967, p. 198; Grandi, 1980, p. 337). Probabilmente il M. si trovava già a Venezia quando nel 1729 firmò come paesista celebre bolognese il verso del disegno a seppia, bistro e acquerello con Paesaggio con figure (Bergamo, Accademia Carrara), cui può affiancarsi, per analogia di esiti «dughettiani», l’acquerello con Paesaggio con figure e viandanti (coll. Franchi; Grandi, 1998, p. 112). Al breve soggiorno veneziano, conclusosi presumibilmente intorno al 1730 e responsabile di un aggiornamento del M. sulla lezione di Marco Ricci, dovrebbe afferire anche il foglio a penna e seppia con lumeggiature di biacca, raffigurante un Paesaggio con cavaliere (Venezia, Fondazione Cini, inv. 31416; Id., 1980, p. 337).
Dopo il rientro in patria e il prosieguo di una fitta produzione non identificata per numerosi committenti italiani e stranieri (Crespi, p. 195), il M. si trasferì a Firenze per un soggiorno di circa sei anni, probabilmente articolato in due tempi, il primo dei quali concluso nel 1738 e il secondo nell’aprile del 1740 (Grandi, 1998, p. 112), che si rivelò determinante per l’ampliamento della sua rete di contatti: la presenza di sue opere presso Francesco Maria Niccolò Gaburri (Id., 1980, p. 314) fa supporre che in quel contesto il M. avesse conosciuto Paolo Anesi, uno tra i più probabili incentivi all’immediatamente successivo soggiorno romano. Nel 1735 il M. fu aggregato dell’Accademia fiorentina del disegno, per la quale avrebbe continuato a corrispondere tasse fino al 1756 (Farneti - Bertocci, p. 173 n. 8) e per cui espose, nel 1737, vari dipinti nel chiostro della Ss. Annunziata (Crespi, p. 195; Roli, 1977, p. 278).
Al periodo fiorentino possono essere ricondotti tanto la serie di cinque gouaches e tre disegni con Paesaggi (Berlino-Dahlem, Staatliche Museen), facenti parte di un gruppo stilisticamente omogeneo assimilabile ad alcune tempere in collezioni private fiorentine (Grandi, 1980, pp. 337 s.; Id., 1997, p. 25 n. 34), quanto il gruppo di acquerelli con Paesaggi provenienti dalla collezione Santarelli (Firenze, Galleria degli Uffizi, Gabinetto dei disegni) in cui è riconoscibile il momento di maggior avvicinamento del M. alla cifra stilistica di Lodi (Id., 1980, p. 338).
Nel 1738 il M. si trasferì a Roma dove si trattenne per oltre due anni eseguendo un’ampia serie di disegni di vedute dal vero, quattro delle quali identificabili con quelle pervenute alle collezioni del Prado (Id., 1998, p. 114). Ancora da Roma, nel 1741, il M. inviò una lettera a Gaburri consegnandogli notizie sul pittore Andrea Lucarelli (Zibaldone Gaburriano).
In quello stesso anno rientrò stabilmente a Bologna dove mise in atto i frutti di una cultura composita alimentatasi della visione diretta, fra le altre, delle opere di Claude Lorrain, Salvator Rosa, Gaspar Dughet, Jan Frans van Bloemen. Alla prolungata e intensissima attività bolognese, attestata, fra l’altro dai numerosi «paesi» registrati da Oretti nelle collezioni pubbliche e private in città e nel contado, e solo in rarissimi casi eseguite in collaborazione con pittori figuristi, appartengono, forse tra le prime prove, le due piccole tempere con Paesaggio arcadico con figure (Bologna, Collezione Cassa di risparmio; Chiarini), e i due oli con Paesaggio con borgo e corso d’acqua e Paesaggio con chiesa (proprietà P.F. Savelli) espressivi, questi ultimi, di una raggiunta nuova maturità originata dal sedimentato intreccio di stimoli diversi.
Tra il 1745 e il 1747 il M. lavorò alla sua maggior commissione pubblica: la decorazione dell’anticamera del Gonfaloniere nel palazzo pubblico, comprensiva di quattro grandi tempere e sei sovrapporte, della quale sopravvivono due quadri con l’Arrivo della processione della Madonna di S. Luca a porta Saragozza e Paesaggio con soldati, e le cinque sovrapporte con Paesaggi, che vennero presentate, nel 1747, come «prova assai plausibile del suo talento» per l’ammissione tra gli aggregati dell’Accademia Clementina, della quale sarebbe stato eletto principe il 30 ott. 1750 (Grandi, 1980, p. 336; Farneti, p. 116).
Per sedici anni il M. mise il suo talento a servizio dei Caprara la cui villa a «Le Budrie» di Persiceto ospitò, nell’anticamera al piano nobile, nove suoi paesaggi (Ariuli, p. 115), perduti, così come non identificabili i numerosi altri «paesi» che, anche in forma di sovrapporte, il M. avrebbe eseguito per altre residenze della famiglia, come si evince dall’inventario post mortem dell’eredità della contessa Maria Vittoria, redatto il 16 febbr. 1780 (Getty Provenance Index).
Nel 1760 venne pubblicata a Bologna da Luigi Guidotti la Scelta di paesi inventati, ed intagliati da Piero Jacopo Palmieri, e da altri bolognesi per uso de pittori dilettanti, contenente, in apertura, due paesaggi incisi all’acquaforte dal M. (De Boni; Grandi, 1997, p. 27 n. 58). Forse intorno a questa stessa data, in previsione delle nozze tra il senatore Ulisse Giuseppe Gozzadini e la contessa Anna Segni celebrate nel gennaio 1761, il M. lavorò accanto al figurista Ubaldo Gandolfi eseguendo la parte paesistica della decorazione della volta di un salone del piano nobile del loro palazzo senatorio (Lui). Il modesto pagamento di 5 lire corrisposto nel giugno 1764 dai Gozzadini per un lavoro, evidentemente di scarsa entità, eseguito dal M. nel palazzo di Villanova presso Bologna, oggi in stato di semiabbandono, suggerirebbe comunque un rapporto non estemporaneo tra artista e committenza (ibid.).
Sulla base delle dichiarazioni del M., a una fase estrema della sua attività sarebbero da collocare i «paesi» già nel casino di Prospero Marsili Rossi, due dei quali identificabili con le tempere con Paesaggi (coll. privata), caratterizzate da una declinazione «al sublime» e da una drammatizzazione delle figure altrimenti inconsuete nella sua produzione (Grandi, 1980, p. 337).
La restante, amplissima produzione del M., che vantò tra i suoi estimatori Francesco Algarotti e Pierre Jean Mariette e ora distribuita nelle collezioni pubbliche internazionali (Id., 1998, p. 114), rimane a conferma di un successo ininterrotto goduto dal pittore fino a inoltrato Ottocento.
Gli ultimi anni del M. lo videro rivestire un ruolo ancora attivo all’interno della Clementina.
Per l’anno accademico 1766-67 fece parte della commissione giudicatrice dei premi Fiori e Marsili Aldrovandi per la classe di architettura (Benassi, p. 242); nel giugno 1768, fu il primo ad essere nominato, insieme con Antonio Beccadelli, assunto degli infermi, con l’incarico, ovvero, di «visitare gli accademici ammalati e di procurare loro ciò di cui abbisognavano» (ibid., p. 183 n. 278); il 19 ott. 1768 fu vice principe (Farneti, p. 120); nello stesso anno partecipò alla redazione di una proposta di regolamentazione delle attività dell’istituto, volta ad arginarne la decadenza e a difenderne il prestigio, approvata e trascritta negli atti accademici il 25 ott. 1768 (Benassi, p. 243).
Il M. morì a Bologna il 5 marzo 1769.
Lasciò due figli che si sarebbero entrambi specializzati nel genere del quadraturismo pur sortendo esiti molto diversi: del minore Angelo, battezzato a Bologna il 12 apr. 1742 e morto nella città natia il 13 marzo 1825 (Bergomi, 2003), è nota, infatti, solo una limitata attività svolta in subordine a imprese condotte dal più affermato fratello Flaminio Innocenzo.
Fonti e Bibl.: L. Crespi, Vite de’ pittori bolognesi …, Roma 1769, pp. 194-196; C.C. Malvasia, Pitture, scolture ed architetture … di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1792, p. 150; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1809), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, p. 133; F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 656; A. Longhi, Il palazzo Vizani (ora Sanguinetti) …, Bologna 1902, p. 31; F. Malaguzzi Valeri, Palazzi e ville bolognesi. La villa Barbieri già Pepoli a San Lazzaro, in Cronache d’arte, V (1928), 1, pp. 112, 115 s., 118-120; R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, pp. 379 s.; Mostra del Settecento bolognese (catal.), Bologna 1935, pp. 100 s.; G. Zucchini, Paesaggi e rovine nella pittura bolognese del Settecento, Bologna 1947, pp. 5 s., 13, 26, 40-44, tavv. LI, LII; G. Cuppini - A.M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1967, pp. 335 s., 359; R. Roli, Donato Creti, Milano 1967, pp. 60 n. 44, 85, 198; Le collezioni d’arte della Cassa di risparmio in Bologna. I dipinti, a cura di A. Emiliani, repertorio delle opere a cura di F. Varignana, Bologna 1972, pp. 391 s., tavv. 133 s.; M. Chiarini, I disegni italiani di paesaggio dal 1600 al 1750, Treviso 1972, pp. XLVII, 79, tav. 151; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1850. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, pp. 30, 117, 161, 197-199, 278; R. Grandi, L’arte del Settecento emiliano. Architettura, scenografia, pittura di paesaggio (catal.), Bologna 1980, pp. 312-315, 335-338, figg. 349-350, 352-353; Marcello Oretti e il patrimonio artistico nel contado bolognese … , indice ragionato a cura di D. Biagi, in Documenti, 1981, n. 15, p. 73; Marcello Oretti e il patrimonio artistico privato bolognese …, a cura di E. Calbi - D. Scaglietti Kelescian, ibid., 1984, n. 22, p. 137; M. Farneti, I maestri dell’Accademia Clementina (1710-1803), in Atti e memorie dell’Accademia Clementina, n.s., XXIII (1988), pp. 116, 120 s.; R. Roli, La pittura in Emilia Romagna nella prima metà del Settecento, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, I, pp. 264 fig. 368, 268; II, p. 797; V. Maugeri, Ferraioli (Ferraiuoli), Nunzio (Menzio), in Dizionario biografico degli Italiani, XLVI, Roma 1996, p. 432; R. Ariuli, Architettura e arredo di villa Caprara a «Le Budrie» di Persiceto, in Il Carrobbio, 1997, n. 23, pp. 10, 115; E. Riccomini, in Ospiti 5. B. M. Paesaggio con borgo e corso d’acqua. Paesaggio con chiesa, Bologna 1997, pp. 6 s.; R. Grandi, ibid., pp. 9-16, 20, 22, 24 s., 27, 29-35; Id., Di bella mano. Disegni antichi dalla raccolta Franchi (catal.), Bologna 1998, pp. 112-115 (con bibl.); F. Lui, Ubaldo Gandolfi e B. M. a palazzo Gozzadini: gli antefatti della «stanza paese» a Bologna, in Nuovi studi, V (2000), 8, pp. 148 s., 151, 155 nn. 25 s., 156 nn. 27, 31-33, 158 n. 59, figg. 183-189; F. Farneti - S. Bertocci, L’architettura dell’inganno a Firenze. Spazi illusionistici nella decorazione pittorica delle chiese fra Sei e Settecento, Firenze 2002, pp. 165, 173 n. 8; O. Bergomi, Un apparato di Flaminio Minozzi in memoria di padre De Angelis, in Strenna storica bolognese, LIII (2003), pp. 65, 74 nn. 12 s. (per Angelo); S. Benassi, L’Accademia Clementina. La funzione pubblica, L’ideologia estetica, Bologna 2004, ad ind.; O. Bergomi, B. M., in La pittura di paesaggio in Italia. Il Settecento, a cura di A. Ottani Cavina - E. Calbi, Milano 2005, pp. 258-260; Zibaldone Gaburriano, a cura di B.M. Tomasello, in Studi di Memofonte, 2008, 1, http://www.memofonte.it/; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 583.
S. Falabella