BERNARDO MARIA da Napoli (al secolo Severo Antonio Giacco)
Nacque a Napoli il 28 sett. 1672, da Domenico e da Anna Corbo. Iniziò i suoi studi umanistici presso i gesuiti e dimostrò ben presto non comuni qualità, sì che suo padre intendeva avviarlo alla professione legale. Ma a sedici anni, il 29 nov. 1688, B. entrò nell'Ordine dei frati minori cappuccini, pronunciando i voti solenni nel convento di Caserta, ove ebbe come lettore di teologia il padre Simone Caracciolo. Compì la sua preparazione con nove anni di operoso ritiro nel convento di Nocera, applicandosi in particolare alle Sacre Scritture e alla patristica.
A ventotto anni B. esordì come oratore sacro a Piedimonte d'Alife, e vi si trattenne anche a predicar la quaresima per le insistenze della principessa A. Sanseverino Gaetani. Ma l'intenso sforzo al quale si sottopose nocque alla sua già delicata salute, così che a mezzo del suo quaresimale B. dovette abbandonare il pulpito. Fu inviato allora dai superiori nel convento di Cava de' Tirreni, e qui - dopo la sua guarigione - tenne per sette anni il lettorato di filosofia, teologia, diritto canonico e sacra eloquenza. Intorno al 1717 passò al convento di Arienzo, ove rimase fino alla morte. In questi anni si era recato di frequente a Napoli e in altre minori città della Campania a recitar le sue prediche, accolte con grandissimo favore non solo dal popolo, ma da tutti i letterati del tempo, fra i quali Gianvincenzo Gravina e Giambattista Vico.
Strettissimi furono i legami d'amicizia e di reciproca stima fra B. e il Vico. Del carteggio fra i due ci restano solo alcune lettere relative al periodo 1720-1729. Con la prima di esse, datata da Napoli il 4 luglio 1720, il Vico inviava ad Arienzo il De uno universi iuris principio et fine uno per chiedere il parere di B.: e ne ebbe giudizio favorevolissimo. A lui il Vico sottopose anche l'epitalamio Giunone in danza, stampato nel gennaio 1721 in una raccolta per le nozze di G. B. Filomarino; il De constantia iurisprudentis (1721); l'orazione in morte della contessa A. di Althan (1724); e infine, nel 1725, i Principi di una scienza nuova,esponendogli i suoi dubbi e le sue amarezze, e ricevendone ancora incoraggiamenti e lodi. Il Vico rivide ed emendò anche le iscrizioni latine che B. aveva composto per alcuni ritratti di cappuccini illustri di cui intendeva far dono al convento di Arienzo. Al convento è indirizzata l'ultima lettera del carteggio, in data 4 dic. 1729, che concerne le I. B. Vici in Acta Eruditorum Lipsiensia Notae.
Teologo della corte di Napoli, B. tenne a lungo nel suo Ordine le cariche di definitore e di vicario provinciale della provincia napoletana. Morì ad Arienzo il 5 o il 6 giugno del 1744, e un anno dopo i letterati napoletani ne fecero celebrare solenni funerali nella chiesa di S. Anna de' Lombardi. Recitò l'elogio il padre Gerardo degli Angeli, dei minimi di s. Francesco da Paola, e composero iscrizioni in verso e in prosa per il tumulo A. S. Mazzocchi, G. A. Sergio e G. A. Di Gennaro.
B. diede alle stampe solo due opere: l'Orazione funebre nella morte del duca Gaetano Argento, presidente del S. Real Consiglio di Napoli (Napoli 1731; Bologna 1738), che aveva pronunciato nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara, e l'Orazione in lode di S. Catello, vescovo e protettore della città di Castellammare (Napoli 1738).
Le Orazioni sacre uscirono postume a Napoli nel 1744 in un solo volume. Una raccolta completa in tre tomi fu data alle stampe a Napoli nel 1746-47, con lo stesso titolo: il tomo I reca alle pp. I-XLVI un'ampia biografia di B., scritta forse dal suo discepolo padre Bernardo Capece Minutolo. L'opera, pur se non completa di tutte le prediche, fu ristampata più volte (Milano 1747, voll. 2; Venezia 1747, voll. 2; Napoli 1749, vol. I; Venezia 1752 e 1758, voll. 3; Napoli 1763 e 1773, voll. 3; Napoli 1850, voll. 2).
La profonda ammirazione che circondò B. in vita, e in parte anche dopo la morte, è giustificata dalla novità della sua arte oratoria, che si rifà a modelli della letteratura trecentesca e cinquecentesca toscana, interrompendo così - per la prima volta in questo genere - la tradizione dei predicatori barocchi napoletani. Egli considera il panegirico come "una specie di poema in sermone sciolto", e le orazioni sacre in genere come "trasporti di fantasia da credula pietà riscaldata"; ed è portato perciò a rinunciare allo stile fiorito e ridondante, alle iperboli, alle complicate similitudini, e persino alle citazioni latine dalla Sacra Scrittura. Non può negarsi che la troppa cura formale lo porti talvolta ad una imitazione pedissequa e stucchevole dei suoi modelli. Tuttavia, il calore e l'originalità delle immagini, tratte piuttosto dalla vita quotidiana che dai libri, risultano gradevoli ed efficaci.
Fonti e Bibl.: G. B. Vico, L'Autobiografia, il carteggio e le poesie varie, Bari 1911, pp. 89, 97, 128, 138, 141, 142, 144 s., 146, 157, 159-166, 175 s., 178 s., 209 s., 261, 265; Id., Scritti vari e pagine sparse, Bari 1940, pp. 236 s., 253, 283, 294, 327; Id., Versi d'occasione e di scuola,Bari 1941, pp. 315 s. 318; Id., Opere,Milano-Napoli 1953, pp. 53, 107-112, 117-119, 139-141; Bernardo da Bologna, Bibliotheca scriptorum Ordinis minorum s. Francisci Capuccinorum,Venetiis 1747, pp. 49 s.; Bonaventura da Sorrento, I Cappuccini della Provincia monastica di Napoli e Terra di lavoro, S. Agnello di Sorrento 1879, p. 42; Apollinare da Valenza, Bibliotheca fratrum minorum Capuccinorum provinciae Neapolitanae, Romae-Neapoli 1886, pp. 61-64, 177; B. Croce, Iscriz. latine di G. B. Vico pel conv. dei cappuccini di Arienzo,in Napoli nobilissima, XIII,1 (1904), pp. 4-6; L. Ventura, G. Vico e le sue relaz. coi francescani,in Arch. francìsc. hist.,III(1910), 1, pp. 28-38; 2, pp. 231-238; E. Santini, L'eloquenza ital. dal Concilio tridentino ai giorni nostri,I,Milano 1923, pp. 188 s.; F. Nicofini, La giovinezza di G. B. Vico,Bari 1932, p. 66; G. Natali, il Settecento,Milano 1936, pp. 374, 1121 s.; Felice da Mareto, Tavole dei capitoli generali dell'Ordine dei FF. MM. Cappuccini,Parma 1940, p. 209; Lexicon Capuccinum,Romae 1951, coll.211 s.; Dictionnaire d'Histoire et de Géogr. Ecclés., VIII, col. 686; Encicl. cattolica, VI, col. 307.